Renzi-show al Quirinale mette il veto su Conte. Poi comizia: “Niente veti”. Le vere consultazioni: “onorato” con Bin Salman, che l’Onu accusa sul caso Khashoggi, loda il costo del lavoro saudita.
“Buongiorno a tutti, è un grande piacere per me essere qui con il grande principe ereditario Mohammed bin Salman. Grazie davvero per questa opportunità. Per me è un particolare privilegio parlare con te di Rinascimento”. Mentre Matteo Renzi sale i gradini di marmo del Quirinale per le consultazioni di una crisi che lui stesso ha causato, c’è un altro Renzi a migliaia di chilometri di distanza che intervista (eufemismo) l’erede al trono di un regime brutale, accusato tra l’altro della morte di Jamal Khashoggi, il giornalista fatto a pezzi e sciolto nell’acido nel 2018 nel consolato saudita di Istanbul.
L’evento a cui partecipa Renzi si svolge a Riyad, capitale del Regno. È stato trasmesso il 27 e il 28 gennaio sui canali telematici del Future Investment Initiative, una piattaforma della famiglia reale saudita. Il contributo di Renzi con Bin Salman è stato registrato nei giorni scorsi e mandato in onda ieri, mentre l’ex premier rientrava precipitosamente a Roma (su un volo privato offerto dal Fii) per guidare la delegazione di Italia Viva al Quirinale.
Due Renzi in contemporanea: quello pubblico, senatore e capo di partito, di fronte a Sergio Mattarella per la soluzione di una crisi scatenata per sanare il “vulnus democratico” del governo Conte. L’altro è il personaggio privato, imprenditore di se stesso, conferenziere a libro paga di un regime autoritario che calpesta i diritti umani, a Ryad nel quadro di un accordo da 80mila dollari per far parte del board della Future Investment Initiative.
In video l’ex premier si mostra sorridente e affettuoso. Sfoggia completo e cravatta scuri, una camicia bianca e l’inglese maccheronico che l’ha trasformato in uno dei meme di successo del 2021. Si esprime con ampi gesti, senza timidezze. Si dice particolarmente entusiasta di parlare di Rinascimento, paragona quindi l’epoca storica che ha visto fiorire la sua Firenze e le città italiane con l’eccezionale sviluppo del regime saudita negli ultimi anni: “Io sono l’ex sindaco di Firenze, la città del Rinascimento. Il Rinascimento italiano divenne grande dopo la peste, dopo una pandemia. Credo che l’Arabia Saudita potrebbe essere il luogo di un nuovo Rinascimento per il futuro. Quindi, Vostra altezza, grazie molte e benvenuto”.
L’intervista di Renzi dura poco più di un quarto d’ora. Per l’ammirevole quantità e qualità di complimenti che l’ex premier italiano riesce a pronunciare in un tempo così ridotto, assume la fisionomia di un’intensissima marchetta, molto ben retribuita. “Quando in tutto il mondo parliamo di Arabia Saudita – aggiunge un entusiastico Renzi con prosa quasi carveriana – parliamo dell’importanza del vostro Paese come un attore molto buono nella Regione, nel mondo; ma molte persone ignorano i grandi sforzi nello sviluppo delle città, dalle piccole città alle grandi città come Riyad” (la traduzione è letterale, ndr).
Il principe è in camicia nera, kefiah a trama biancorossa in testa, barba curata e sorriso di gesso. Sembra condividere il buon umore quasi fanciullesco del suo interlocutore.
Le domande di Renzi sono inesorabili: “Qual è, Vostra altezza, il ruolo di Riyad per guidare la trasformazione del Regno? Pensa che questo progetto sia capace di attrarre nuovi talenti? Per me è stato davvero impressionante lavorare con giovani uomini e donne in molti progetti sauditi, siete una delle più incredibilmente giovani popolazioni del mondo”.
Pochi secondi dopo, dal sorriso sussiegoso di Renzi esce la vera perla della giornata, la pietra miliare della sua trasferta saudita: “Non parlatemi del costo del lavoro a Riyad, perché da italiano sono molto geloso”.
L’ha detto davvero: l’ex presidente del Consiglio ha lodato il mercato del lavoro saudita. Quello di un Paese dove non esistono partiti politici, figuriamoci i sindacati. Dove non si sa nemmeno cosa sia uno sciopero. Dove i salari dei lavoratori autoctoni non sono nemmeno così bassi (1.300 dollari di media secondo il governo locale), ma il trattamento degli stranieri è assimilabile allo schiavismo (come denuncia tra gli altri Amnesty International) e le donne guadagnano la metà degli uomini. Renzi ne è “invidioso”: lui si è dovuto accontentare del Jobs Act.
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