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martedì 26 marzo 2024

Atlantide

 

La ricerca di Atlantide è andata ben oltre le antiche conoscenze lasciate da Platone. Molti ricercatori oggi continuano a sfogliare gli archivi, mentre altri effettuano esplorazioni alla ricerca di quella terra mitica che sarebbe diventata lo stato più potente in un remoto passato . Studi approfonditi sulle antiche piramidi egiziane e su altre grandiose strutture suggeriscono che furono costruite molto prima di quanto si crede comunemente. Inoltre, alcuni archeologi sostengono che geroglifici, affreschi, simboli e disegni furono applicati agli edifici nel secondo o terzo millennio a.C., mentre le strutture stesse potrebbero avere circa 20mila anni. L’erosione dell’acqua e del vento, ha contribuito a trarre tali conclusioni, che non potrebbero essere raggiunte nelle moderne condizioni climatiche. Un tempo il territorio del Nord Africa era un fiorente paradiso, con enormi città sparse sul territorio. Erodoto e Tolomeo ne menzionarono l'unicità, Lawrence d'Arabia voleva trovarlo, ma non ebbe il tempo di realizzare il suo sogno. Si diceva che fosse bello e coinvolgente, come "un pezzo di paradiso in terra". In essa vissero e operarono saggi e astrologi, Esculapio e alchimisti. Questo paese era un vero paradiso. Una conferma indiretta di ciò, può essere trovata nelle raccolte arabe di antiche leggende. Ad esempio, in Libia fino al 2013 esisteva un trattato che descriveva la vita dei locali vissuti nel XII millennio a.C. 

A causa delle ostilità nel paese, questo e molte altre reliquie furono distrutte o rubate. Un quadro simile è stato osservato in Iraq, Siria e altri paesi di questa regione. Durante i combattimenti in questi paesi, è stato osservato l'intaglio intenzionale di antichi manufatti. Alcuni di loro furono salvati e altri andarono perduti per sempre. Si ritiene che in un lontano passato esistesse un potente stato arabo sul territorio della penisola arabica e del Nord Africa. Secondo varie fonti, fu qui che l'umanità imparò per la prima volta la metallurgia, e la gioielleria e che la medicina era in anticipo di diversi millenni sui tempi. Non sorprende che trovino sepolture di persone con protesi, teschi con evidenti segni di trapanazione e denti curati, dai 6 ai 10 mila anni fa. L'Atlantide araba era abitata dagli Aditi che, secondo le leggende, erano discendenti diretti di Noè . Sul territorio dei moderni paesi arabi si trovano antichi insediamenti. L'intero mondo antico sapeva che non esisteva altro luogo dove si producevano resine aromatiche e incensi meravigliosi. La vita dei cittadini era straordinaria e misteriosa. Si diceva che conoscessero i riti della resurrezione dai morti. Come i leggendari Atlantidei , sapevano volare, conoscevano il segreto dell'eterna giovinezza. Inoltre, gli abitanti di questa regione erano impegnati nell'estrazione e nel commercio dell'ambra e dei suoi prodotti, che si trovavano in grandi quantità solo in questi luoghi ed erano molto richiesti dagli antichi. In termini di valore, l'ambra a quei tempi era valutata più dell'oro. Le fotografie scattate dai satelliti della NASA, hanno confermato che tra le sabbie arabe esistevano davvero delle città. Gli archeologi nello studiare le immagini satellitari, hanno notato la convergenza di linee sottili, nonché segni di strutture nascoste sotto le dune di sabbia. All'inizio degli anni '90, le prime pagine dei principali giornali del mondo erano piene di resoconti di una importante scoperta archeologica. I rapporti affermavano che era stata trovata Iram la maestosa città araba "l'Atlantide delle sabbie". Gli antichi trattati arabi parlavano di città maestose. Un gruppo di ricerca canadese è giunto alla conclusione che i deserti non si formano dal nulla. Questo è il risultato di una potente esplosione. Cioè, si può immaginare che una volta qui esistesse un vero centro culturale, lo stato più ricco e avanzato in vari settori. Se prendiamo in considerazione tale teoria, allora possiamo supporre che questa civiltà non fosse l'unica sulla Terra e che l'emergere di uno o più forti concorrenti porti a inevitabili rivalità. Il paradiso arabo è stato distrutto da un'arma potente . Decine delle città più belle si trasformarono immediatamente in polvere. I giardini divennero una terra desolata senza vita. Le sabbie ed il tempo, nascondono le ricchezze di una grande civiltà. Dopo diverse migliaia di anni, le persone tornarono in queste terre e fondarono nuovi paesi. Le strutture più persistenti dell'Atlantide araba (il termine è stato dato da ricercatori americani) si sono rivelate delle piramidi . Furono queste ad essere le prime a essere portate alla luce dagli egiziani per far rivivere la grandezza perduta. Orientalisti e ricercatori del mondo arabo, che riuscirono a studiare un po' le fonti primarie e i materiali dell'antichità, giunsero alla conclusione che una volta nei territori sopra descritti esisteva uno stato potente. Ciò che sono riusciti a portare alla luce e a restaurare non è più dell’1% di quella grande civiltà, che ora riposa sotto milioni di tonnellate di sabbia. E forse lì da qualche parte, sotto uno strato di sabbia, un giorno ritroveranno la sorgente dell'eterna giovinezza, che, secondo le leggende arabe e l'onnipresente Erodoto, era proprietà degli Aditi. Questo è solo l’inizio del grande lavoro che attende gli scienziati in futuro. Ci sono ancora molti misteri, e il mistero è solo leggermente socchiuso. 

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martedì 27 febbraio 2024

PLATONE AVEVA RAGIONE? - Minerva Elidi Wolf

 

Il grande filosofo Platone, una delle menti più grandi della storia umana, sul finire della sua carriera venne deriso dai suoi contemporanei a causa di uno scritto che stava componendo. La delusione fu così grande che egli decise di non completare il secondo dei tre racconti sull’argomento, e di non iniziare nemmeno a scrivere il terzo (doveva essere, infatti, una trilogia). Perché i Greci, un popolo abituato ad ascoltare storie di ogni genere, e spesso a crederci, derisero nientemeno che il grande Platone?
Ebbene, nel dialogo “Timeo” e nel dialogo parziale “Crizia” (rimasto incompiuto), Platone racconta che alcuni “misteriosi sacerdoti egiziani” della città di Sais, raccontarono al celebre statista ateniese Solone (638 a.C. – 558 a.C.) una storia. Platone (428 a.C. – 348 a.C.), circa 200 anni dopo, ricevette per vie traverse questa storia, e l’ha usata come una delle fonti da cui ricavare il suo racconto. E fin qui nulla di strano.
In questo racconto Platone dice molte cose. Tra l’altro, racconta l’esistenza di una “Grande Isola” vicino alle “Colonne D’Ercole” Sardegna, Sicilia ,Corsica?. Lui la chiama “Atlantide” o “Terra di Atlante”. I greci del suo tempo sapevano che oltre 40 anni prima di Platone, il celebre storico Erodoto (484 a.C. – 430 a.C.), nelle sue “Storie” chiamò con il nome “Atlante” la catena montuosa dell’odierno Marocco. Tra l’altro, ancora oggi conserva quel nome: Monti dell’Atlante. Per un greco di quel tempo, il nome “Atlantide” o “Terra di Atlante” indicava una terra che si trovava evidentemente ai piedi del monte Atlante. Ma tutti sapevano che non c’era nessuna “grande isola” ai piedi dell’Atlante.
Nel suo racconto, citando i “misteriosi sacerdoti egizi”, Platone affermava che quell’isola esisteva 9.000 anni prima di Solone, quindi 11.500 anni fa. E qui scoppiarono le risate. Per la gente di quel tempo, 9.000 anni prima di Solone il mondo non esisteva nemmeno (per esempio, la tradizione ebraico-cristiana pone la nascita del mondo al 4.000 a.C. circa). Per circa 2.000 anni la gente ha riso di questa affermazione di Platone. Non trovando nessuna “Grande Isola” vicino al monte Atlante, diversi scrittori la hanno “piazzata” un po' ovunque: chi in Sardegna, chi in Irlanda, chi a Cuba, chi in Indonesia. Onesti tentativi di risolvere il “rebus”.
Ma “la Terra di Atlante” è sempre rimasta lì, dove aveva detto Platone. Infatti, pochi anni fa, un piccolo, minuscolo oggetto di metallo, il satellite giapponese PALSAR, ha reso giustizia al celebre filosofo greco. Chiunque siano stati i “misteriosi sacerdoti egiziani” che avevano raccontato a Solone (e tramite lui a Platone) che vicino ai monti di Atlante, nella Terra di Atlante (o Atlantide) esisteva una grandissima isola, avevano ragione. L’articolo della rivista “Nature”, del 10 Novembre 2015, intitolato “African humid periods triggered the reactivation of a large river system in Western Sahara”, a prima firma di C. Skonieczny, parla “di un grande sistema fluviale nel Sahara occidentale, che trae le sue sorgenti dagli altopiani dell'Hoggar e dalle montagne dell'Atlante meridionale in Algeria. Questa cosiddetta valle del fiume Tamanrasett è stata descritta come un possibile vasto e antico sistema idrografico”. L’articolo continua scendendo nei dettagli dal punto di vista geologico. Per farla breve, il PALSAR ha scoperto un mega-fiume gigantesco, oggi inaridito, che partiva proprio dai monti di Atlante e tagliava tutto l’angolo a Nord-Ovest dell’Africa, sfociando nella odierna Mauritania.
La “valle del fiume” del Tamanrasett ha una ampiezza di 90 km circa. La foce di questo mega-fiume, oggi situata sotto il mare, era larga 400 km. Era un “mostro” paragonabile al Rio delle Amazzoni, un fiume così grande che in diversi punti è indistinguibile dal mare. Questo vuol dire che questo fiume poteva raggiungere una ampiezza simile da costa a costa. Immaginate un osservatore a livello del terreno. Come avrebbe fatto a capire che si trattava di un fiume, oppure di un mare, se la costa opposta era a 90 km di distanza? Ad eccezione della salinità delle acque (ma non sappiamo se questo aspetto fosse compreso), nulla avrebbe permesso a quell’osservatore di capire se si trattasse di un fiume o di un mare. Tanto per dire, è una distanza superiore allo stretto di Messina e allo Stretto di Gibilterra messi insieme.
Guardando la regione dall’alto, si comprende che quando scorreva il mega-fiume Tamanrasett, durante “l´Ultimo Periodo Umido Africano”, (tra 14.500 e 7.000 anni fa circa, con strascichi fino a 5.500 anni fa), tranne che per un piccolissimo pezzettino a Nord-Est, la “Terra di Atlante”, o “Atlantide”, o territori a Sud del Monte Atlante, era davvero un´isola. A Nord era circondata dal Mar Mediterraneo. Ad Ovest era circondata dall’Oceano Atlantico. A Sud era circondata dal mega-fiume Tamanrasett. Ad Est era quasi completamente circondata dallo stesso fiume, tranne un pezzetto costituito dalla catena montuosa di Atlante. Si può davvero chiamarla “isola”? Nel senso greco “Sì”.
Tutti conosciamo cosa è il Peloponneso, una delle zone più importanti della Grecia. Ebbene, il Peloponneso ha esattamente la stessa conformazione geografica della “Terra di Atlante”. È una “quasi isola”, attaccata alla terraferma da un piccolo istmo. Cosa vuol dire il termine Peloponneso? Questa parola deriva dal greco Πέλοπος νῆσος (Pelopos Nesos), vale a dire “Isola di Pelope”. Questa è una prova non confutabile che per i greci dei tempi antichi, una “quasi isola” come il Peloponneso poteva essere considerata un νῆσος, o “isola”. Nulla di strano quindi se Solone, e dopo di lui Platone, chiamarono la “quasi isola” del Monte Atlante, o Atlantide, con νῆσος, o “Nesos”, il termine che noi traduciamo con isola nel senso moderno del termine.
Quella era davvero l’Isola di Atlantide? Quella “quasi isola” non può essere considerata “Atlantide” se non supera “l’esame dei cerchi”. Cosa vogliamo dire? Nel suo racconto Platone dice che nelle vicinanze dell’Isola di Atlantide si trovavano 2 strutture uniche nel loro genere. Secondo il racconto, una di queste strutture geologiche naturali era stata creata direttamente da Poseidone, e quindi la chiamiamo “Isola di Poseidone”. Si trattava di una montagnetta centrale, attorno alla quale c’erano 3 anelli di mare e 2 di terra, perfettamente concentrici. Non viene detto nulla riguardo alla sua grandezza. Viene detto che era “sacra”, inaccessibile e disabitata.
La seconda struttura, su cui gli umani edificarono una città, la possiamo chiamare “Isola della Metropoli”. Era una struttura geologica naturale che ricalcava molto da vicino la precedente, ma in questo caso vengono date le sue misure. C’era un’isola centrale pianeggiante ampia circa 900 metri, seguita da 3 cerchi di mare e 2 di terra, perfettamente concentrici. Il totale dell’ampiezza era circa 5 chilometri. Attorno a questa struttura geologica naturale (in cui risiedeva il re e la nobiltà) si estendeva la città vera e propria di Atlantide.
Quante possibilità ci sono di trovare vicino al percorso dell’antico fiume Tamanrasett non una, ma due strutture geologiche naturali formate da cerchi concentrici, una delle quali deve essere ampia 5 chilometri, e avere una specie di isola centrale ampia 900 metri? Direte: “Nessuna!”. Ebbene, come viene detto nel libro “Atlantide 2021 – Il continente ritrovato”, ancora una volta grazie ai satelliti, queste due strutture sono state scoperte proprio lungo il percorso del fiume Tamanrasett.
La prima struttura geologica naturale viene chiamata “Cupola di Semsiyat”. Si trova sull'altopiano di Chinguetti, nel deserto della Mauritania, a 21° 0' Nord di latitudine e 11° 05' Ovest di longitudine. Le sue misure sono esattamente quelle indicate da Platone per l’Isola della Metropoli. La sua ampiezza massima è esattamente di 5 chilometri. Al centro si trova una formazione ampia esattamente 900 – 100 metri, quanto era “l’isola centrale” della Metropoli di Atlantide. Si intravede anche un secondo cerchio interno, esattamente della misura descritta da Platone. La seconda struttura si chiama “Struttura di Richat”, e si trova a circa 20 chilometri di distanza. È ampia circa 40 km, ed è composta da una zona centrale dalla quale partono una serie di “cerchi di roccia”. Ci sono i chiari resti che indicano che una volta quello era un lago da cui affioravano dei “cerchi di terra”. È la rappresentazione perfetta “dell’Isola di Poseidone” descritta da Platone.
Oggi i satelliti hanno mappato tutta la superficie terrestre. Non esistono altre strutture simili sulla Terra che abbiano quelle misure o quelle caratteristiche. Sono “uniche”. Quindi, finché non verrà scoperto nulla di simile in giro per il mondo, in base a tutte le prove fornite dalla più moderna tecnologia, possiamo dire di aver davvero trovato la terra di cui parlava Platone: Atlantide.
Quindi i “misteriosi sacerdoti egiziani” non avevano mentito a Solone, e di conseguenza a Platone, quando gli dissero che ai piedi del monte Atlante, circa 11.500 anni fa, si trovava “una Grande Isola”. Ma questo fa sorgere altre importantissime domande: come lo sapevano? Quale civiltà era a conoscenza di fatti accaduti tra 14.500 e 7.000 anni fa? Questa zona dell’Africa è mai affondata? E che relazione ha “Atlantide” con Nan Madol e il “Continente sommerso” di Sundaland e Sahuland, recentemente scoperto dai ricercatori? Dove sono andati a finire tutti quanti? Un possibile indizio può darlo un unico disegno riportato in tutte le culture antiche, ossia la spirale, la troviamo ovunque sul pianeta. Che il misterioso popolo di Atlantide si sia, dopo la sua distruzione per cause ancora da scoprire, disperso in tutto il globo?

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venerdì 19 maggio 2023

Amore - Simposio di Platone sul tema.

 


Riassunto del Simposio di Platone — Fonte: Getty-Images

Nel Simposio, dialogo di Platone, il filosofo tratta il tema dell'amore (Eros). Simposio, letteralmente significa ''banchetto'' e proprio in uno dei questi, organizzato da Agatone, si discute del tema dell'amore.

Presso i greci era prassi comune, infatti, scegliere un tema di cui ogni ospite doveva dare una propria opinione, facendolo un piccolo monologo. Il tema era sempre scelto dall'ospitante.

A questo banchetto partecipano oltre a Fedro, Pausania, Erissimaco, Aristofane, Agatone (dopo di lui c'è un piccolo intervento di Alcibiade, ex allievo di Socrate) e infine Socrate, il maestro tanto lodato di Platone.

I DISCORSI DEGLI OSPITI  

Il primo a parlare e a scegliere il tema è Fedro: secondo lui Eros è un dio antichissimo (come Gea, Urano e Cromo) ed è annoverato nei miti di creazione; è molto importante poiché ha proporzionato e armonizzato il mondo (lo ha abbellito).

Il secondo è Pausania: egli distingue un Eros buono, quello di Afrodite-Urania (misurato, senza eccessi o difetti) e un eros cattivo, venereo, passionale ed eccessivo.

Per il medico Erissimaco, il terzo, Eros è un sentimento (paragonato a un farmaco) che cura le anime più inquiete e travagliate, ma può renderle folli: bisogna quindi usarlo con il giusto dosaggio.

Il commediografo Aristofane è il quarto a prendere parola e racconta il mito dell'androgino.

Prima degli uomini c'erano degli altri esseri, i mostri androgini (due esseri umani attaccati tra loro, attraverso il petto), i quali potevano essere composti da due uomini, due donne oppure un uomo e una donna.

Erano molto veloci e potenti perciò sfidarono gli dei; Zeus però non fu d'accordo, li divise in due (l'ombelico è il segno di questa divisione) e disse se non avessero smesso li avrebbe divisi ulteriormente.

La conclusione è la seguente: l'amore non è altro che la ricerca dell'altra metà, la nostalgia dell'unità perduta.

Il tragediografo Agatone è il quinto a parlare e fa un discorso serio che però non ha molto effetto sui presenti.

Egli afferma che: l'amore può avere come oggetto solo il bene e chi ama deve per forza essere bellissimo; bene e bello sono identici e chi è bello ama il bene: tipica concezione del mondo greco, dove la persona più bella e più virtuosa di quella fisicamente brutta, l'aspetto esteriore “mostra” quello interiore.

A questo punto irrompe nella sala Alcibiade che, ubriaco, afferma il suo odio per il maestro: dichiara di averlo amato; Socrate aveva avuto atteggiamenti ambigui, lo aveva illuso ma non si era concesso.

E' l'unico a non fare un discorso su eros. L'ultimo e proprio Socrate, il quale, dopo essersi attirato la simpatia dei commensali, riferisce cosa gli aveva detto Diotima, sacerdotessa di Mantinea: l'amore è una relazione, un rapporto, e in quanto tale prevede la partecipazione di un amante (A) e un amato (B).

L'amore è soprattutto nell'amato che non è bello, perché all'amante manca qualcosa (l'amato). Perciò per Socrate l'amore è la ricerca continua nell'altro di ciò che non si ha.

All'inizio, l'amante ama il corpo, l'anima e le idee dell'amato, quindi l'amore è l'ascesa intellettuale della bellezza di un corpo (anche definita “Scala di Eros”), anche secondo Platone.

Amore del corpo (bello)
Amore dell’anima (bella)
Amore del sapere (bello)
Amore dell’idea di bellezza (del bello in sé)

Altro argomento contenuto nel Simposio è il mito dell’origine di Eros, secondo il quale questo dio è nato in un giorno di festa (il compleanno di Afrodite) da Poros e Penia (due dèi poco noti).

Poros gli ha dato l’intelligenza e la sagacia, mentre Penia gli ha dato la bruttezza, quindi Eros è sempre alla ricerca della bellezza.

Perciò riassumendo i discorsi degli ospiti:

Fedro: argomento mitologico (un dio antichissimo),

Pausania: Civico politico-etico (eros buono e cattivo),

Erissimaco: scientifico (farmaco),

Aristofane: mitologico (il mito dell'androgino, amore=desiderare),

Socrate: relazione tra l'amante e l'amato (ricerca continua).


https://www.studenti.it/riassunto-del-simposio-di-platone.htm

mercoledì 24 giugno 2015

C’è un’Atlantide in Egitto. Splendori della città sommersa. - Aristide Malnati



La Stele di Naucratis, sulla quale viene menzionata la città di Heracleion/Thonis.

Trovati vicino ad Alessandria i resti di Heracleion: forse ispirò Platone. L'archeologo Frank Goddio: "Le ricchezze e l'impianto urbanistico corrispondono al mito"

E SE ATLANTIDE fosse in Egitto? Precisamente alla foce del Nilo sul Mar Mediterraneo, presso il cosiddetto braccio canopico? A suggerire questa nuova, avvincente ipotesi della misteriosa città scomparsa, sede delle civiltà ideale raccontata da Platone nei dialoghi “Crizia” e “Timeo”, sono i risultati dell’esplorazione sistematica ad opera di un’équipe di archeologi francesi dei fondali davanti ad Abuqir, a 20 km a est di Alessandria d’Egitto. A guidarli è Frank Goddio, forte di studi storici, ma soprattutto avventuroso scopritore di tesori in mezzo mondo, ad iniziare da un galeone spagnolo carico di dobloni d’oro nel Mar cinese meridionale.
Questa volta l’esplorazione è fatta secondo i crismi della scienza, con strumenti avveniristici; e i risultati non si sono fatti attendere: gli esperti hanno identificato i resti di un antico e magnifico abitato, parzialmente coperto dalla sabbia e dalle alghe. La lettura delle tracce degli edifici ha permesso una mappatura dell’intero assetto urbano, dell’intrico di vie, piazze, santuari, templi e monumenti sontuosi: il palazzo dei governatori e naturalmente il porto con l’arsenale e i vari mercati per le merci. Non vi sono più dubbi: si tratta di quel che rimane di Heracleion, la Thonis dell’Antico Egitto, fiorente centro commerciale, strategico per la posizione, che collegava il Nilo col Mar Mediterraneo.
Da qui transitavano raffinati prodotti di ogni tipo: «Ad esempio navi con importanti carichi di vino pregiato, come il famoso rosso di Cipro, che faceva bella mostra sulle tavole imbandite dei faraoni e le cui tracce sono state trovate in anfore sepolte nella tomba di Tut Ankh Amon – racconta Goddio – Heracleion rimase snodo commerciale fino al VI secolo d. C. Sappiamo che Cleopatra faceva arrivare qui le navi con i profumi di Cipro».
L’ÉQUIPE francese ha identificato anfore e giare per vino e olio, preziose ampolle per profumi, boccette e scatolette in ceramica e alabastro per il trucco. Le regine e le bellissime fanciulle di Heracleion tornano così a sedurre in tutta la loro bellezza, mentre l’assetto urbano si precisa campagna dopo campagna: ecco il tempio principale, dedicato a Khonsu, divinità lunare, signore dell’aria e delle tempeste, che i greci associarono a Eracle per la sua potenza, ma che rispetto a Eracle pronunciava (tramite il suo sacerdote) oracoli, fonte di preziosi consigli per naviganti in procinto di affrontare il mare ignoto.
Goddio ha poi identificato (e ricostruito fedelmente grazie alla computer grafica) anche il santuario del dio Amon, sede dei misteri di Osiride: i reperti ritrovati sul fondale, tra cui un’ampia lamina in oro con scrittura in geroglifico, rivelano che qui in particolare durante il regno di Nectanebo I (dal 380 al 362 a. C.) la barca di Osiride, dio degli inferi, veniva portata in processione tra ali di fedeli devoti.
ERANO carichi di offerte di fiori e frutta per ingraziarsi la divinità più importante del vasto pantheon egizio. E non ha più misteri nemmeno il palazzo del potere, sede di governatori e nobili senza scrupoli, favoriti dal faraone stesso. Sofisticate apparecchiature hanno permesso di ridisegnare con sorprendente precisione i viali di sfingi, che portavano a questa specie di reggia, e di ridefinire le stanze delle riunioni e le camere da letto, alcove per amori proibiti tra i governatori e le loro amanti, che, raccontati da fonti dell’epoca, ora trovano conferma.
Ebbene, dalla ricostruzione di Heracleion si ricava la presenza di cinte murarie concentriche, di templi, che potrebbero essere stati a un certo punto dedicati dai commercianti greci a Poseidone e a Zeus, di un palazzo con mura turrite (le cui basi si leggono ancora), un porto protetto su tre lati.
TUTTE caratteristiche molto simili all’Atlantide immaginata da Platone, sicuramente influenzato da modelli reali. E il principale potrebbe essere stato proprio Heracleion, la cui ricchezza è testimoniata dalle centinaia di statue in granito o in calcare di sovrani, regine, divinità, sfingi ritrovate; per non parlare di capitelli e colonne di fine fattura artistica, di rivestimenti in marmo dei palazzi, di centinaia di monete, gioielli, manufatti pregiati, monili preziosi in arrivo su carichi opulenti da tutto il Mediterraneo. «Potrebbe essere davvero Heraclion la fonte di Platone per Atlantide. Tanto più che un modello urbano egizio sarebbe più credibile, vista l’ammirazione del filosofo greco per l’antica civiltà dei faraoni», conclude Goddio.

giovedì 19 febbraio 2015

Soprintendenza del Mare riporta alla luce 39 lingotti di Oricalco.



Risalgono a 2600 anni fa. Per Platone era il misterioso metallo di Atlantide.

GELA. La Soprintendenza del Mare  riporta alla luce 39 lingotti di Oricalco: risalgono a 2600 anni fa. Per Platone era il misterioso metallo di Atlantide. 
Un tesoro ripescato nel litorale di contrada “Bulala” nel mare di Gela, in una zona che in passato ha restituito i resti di ben tre navi arcaiche. 
All’interno di un relitto databile alla prima metà del VI secolo a. C., 39 lingotti di un materiale nobile, l’Oricalco, simile al moderno ottone, noto nell’antichità come metallo prezioso, tanto da essere considerato al terzo posto per valore commerciale, dopo oro e argento. Secondo le analisi effettuate con “fluorescenza a raggi X” da Dario Panetta della TQ (Thecnology for Quality) con sede a Genova, ciascun esemplare è frutto di una lega di metalli composta per l’80% di rame e per il 20% di zinco e realizzata con tecniche avanzate, la cui lavorazione, i coloni geloti di origine rodio-cretese avevano appreso molto probabilmente dai Fenici. 
Platone parla dell’Oricalco come di un metallo misterioso presente in Atlantide e di elevato valore «a quel tempo il più prezioso dopo l’oro» e che le mura che comprendevano la cittadella ove insisteva il tempio di Poseidone a Clito «risplendevano con la rossa luce dell’Oricalco». Infine che “L’Oricalco, quel metallo che ormai si sente solo nominare, allora era più che un nome, ed era estratto dalla terra in molti luoghi dell’isola”.
I primi ad individuare i preziosi reperti nel mare di Gela sono stati i volontari dell’associazione ambientalista «Mare Nostrum» diretta da Francesco Cassarino. Il recupero è avvenuto con una squadra di sommozzatori della Capitaneria di Porto, della Guardia di finanza e della Soprintendenza del Mare.
I lingotti di Oricalco erano in arrivo a Gela, provenienti verosimilmente dalla Grecia o dall’Asia Minore, quando la nave che li trasportava affondò forse per il maltempo. Il rinvenimento dimostra la ricchezza di Gela in epoca arcaica, circa 100 anni dopo la sua fondazione del 689 a.C. ad opera di Antifemo e Eutimo, nonché  la presenza di ricche e specializzate officine artigianali per la produzione di oggetti di grande valore estetico. La presenza di Oricalco a Gela potrebbe connettersi con l’origine rodia della città. Non è trascurabile il fatto che gli antichi Greci indicavano in Cadmo (figura mitologica greco-fenicia) l’inventore del prezioso metallo. I 39 lingotti pregiati sarebbero stati destinati a un artigianato locale di alta qualità, per decorazioni di particolare pregio.
“Il rinvenimento di lingotti di Oricalco nel mare di Gela apre prospettive di grande rilievo per la ricerca e lo studio delle antiche rotte di approvvigionamento di metalli nell’antichità mediterranea. Finora nulla del genere era stato rinvenuto nè a terra nè a mare. Si conosceva l’Oricalco attraverso notizie testuali e pochi oggetti ornamentali. Inoltre si conferma la grande ricchezza e capacità produttiva artigianale della città di Gela in epoca arcaica come area di consumo di oggetti di pregio. L’Oricalco era, infatti, per gli antichi un metallo prezioso la cui invenzione produttiva attribuivano a Cadmo. Si pone come ora necessario lo scavo del relitto cui appartengono i lingotti poiché è certo che si tratta di un carico di grande importanza storico-commerciale per aggiornare la più antica storia economica della Sicilia." - ha affermato il Soprintendente del Mare, Sebastiano Tusa.