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sabato 12 febbraio 2022

Energie rinnovabili, in Puglia il primato non basta: pronta l’autorizzazione di altri 500 impianti. - Rosanna Lampugnani

 

Eolico e fotovoltaico, la regione produce il 70% in più del suo fabbisogno. Il nodo del consumo di suolo: gli agricoltori sono penalizzati. Ora serve un piano strategico.

Iren energia, società multiutility attiva in Piemonte, Liguria e in Emilia Romagna, puntando sulle produzioni rinnovabili, ha acquistato in Puglia il più grande parco solare d’Italia, il “Troia solar park” che si estende su circa 150 ettari e produce 103 megawatt, e quello più piccolo di Palo del Colle, di circa 70 ettari, che produce 18,5 megawatt, con una capacità energetica complessiva di 121,5 megawatt. L’operazione sarà formalizzata entro questo trimestre e avrà un valore di 166 milioni - ha spiegato la società che ha ceduto gli impianti, la danese European energy , che detiene anche un gasdotto italiano di circa 2 Gw di capacità e investirà nei prossimi quattro anni 800 milioni. Iren energia e European energy hanno anche siglato un accordo sulla pipeline di sviluppo della società danese pari a 437,5 mwp, distribuiti tra Lazio, Sicilia e Puglia. Dunque la Regione persegue nella sua vocazione energetica alternativa, come sottolineano i dirigenti dell’assessorato Sviluppo economico.

Puglia prima in Italia per produzione di energie alternative.

In Italia la Puglia è la prima produttrice di energia da fonti alternative, pari a 3621,5 Gw/h, il 50% di ciò che viene consumato nella regione. Complessivamente, calcolando anche le produzioni fossili, la Puglia produce il 70% in più del fabbisogno e il surplus è ceduto a Campania e Basilicata in cambio dell’acqua necessaria al Tacco. In particolare, restando alle energie alternative, sono in esercizio 174 impianti, di cui 79 di fonte eolica, 87 da fonte fotovoltaica, 6 per la produzione di biomasse e 2 per l’energia da fonte cogenerativa. Sono in corso di realizzazione 83 impianti, di cui 60 di energia eolica, mentre in fase autorizzativa da parte della Regione sono 148 gli impianti eolici e 322 quelli fotovoltaici. La distribuzione territoriale non è omogenea perché – come sottolinea anche il sindaco di Troia, Leonardo Cavalieri – è la provincia di Foggia quella maggiormente interessata, con 46 impianti eolici e 105 fotovoltaici.

Energie rinnovabili, la scelta di Foggia.

Ma perché Foggia? Come mai European energy prima e Iren energia poi hanno scelto di investire soprattutto nella Daunia? «Perché vicino al nostro Comune c’è il casello autostradale della rete di Terna», fondamentale per immettere nel sistema l’energia prodotta, ricorda il sindaco, il quale, pur non opponendosi alle rinnovabili, pone due questioni: «Gli impianti, una volta realizzati e gestiti da remoto, non danno occupazione, piuttosto ne sottraggono, perché i terreni agricoli cambiano funzione, snaturando l’economia del territorio». Cavalieri, pur sapendo che la compravendita dei terreni avviene tra un privato e una società, lamenta l’impossibilità dell’ente locale di esprimersi sulle transazioni: «Grazie al Piano all’utilizzo del Piano urbanistico, legato comunque al Piano paesaggistico regionale, possiamo fissare limiti per gli impianti». Infatti il “Troia solar park” ridimensionato conta “solo” 275mila pannelli solari, distribuiti su un’area equivalente a 200 campi di calcio. In sostanza il sindaco denuncia la mancanza di concertazione tra i vari soggetti istituzionali, così come la Regione cui tocca decidere l’idoneità dei terreni per l’installazione degli impianti, nella bozza della relazione sui dati energetici, sottolinea la necessità di porre la massima attenzione «sul potenziale ulteriore consumo del suolo, senza rallentare la ricerca di nuove tecnologie che porteranno all’implementazione delle rinnovabili».

Nel documento dell’assessorato guidato da Alessandro Dell Noci, si aggiunge che se per utilizzare al meglio i fondi del Pnrr lo Stato ha accentrato una serie di competenze (il 18 gennaio si è insediata la commissione speciale per la valutazione di impatto ambientale dei progetti per gli impianti di energie rinnovabili, voluta da Draghi e guidata da Massimiliano Atelli), tuttavia il decreto semplificazioni 77 del maggio scorso «non reca alcuna indicazione utile, ma contiene invece una serie di rinvii alle Regioni che non aiutano in alcun modo il raggiungimento dei risultati che il governo si aspetta». Quanto agli enti locali, aggiungono i dirigenti dell’assessorato, «la partecipazione di questi alle conferenze di servizi è sporadica e quasi sempre l’intervento procedimentale non sfrutta gli strumenti che le norme mettono a disposizione (opere di mitigazione, ristoro ambientale, possibilità di realizzazione di progetti di interesse locale a compensazione degli interventi da fonte Fer)».

Energie rinnovabili, in Puglia serve un progetto strategico.

In conclusione, se è positivo che la Puglia diventi sempre più green sul fronte energetico, è necessaria l’elaborazione di un progetto strategico che tenga dentro un’idea per il futuro della Regione e gli strumenti per realizzarlo, anche perché, come sottolineato recentemente dal presidente regionale di Confindustria, «il nostro territorio è fortemente provato nella sua vocazione produttiva dagli aumenti di luce e gas (55% e 41,8% nel 2022) e dai rincari delle materie prime. Siamo al punto che i nostri prodotti non solo hanno un costo aumentato enormemente, ma, in più, devono confrontarsi con le differenti politiche energetiche degli altri Paesi europei». Sergio Fontana, quindi, ribadisce la necessità di una transizione energetica sostenibile, ma al contempo addita la Francia che sta pensando «al nucleare di nuova generazione». Insomma, bisogna fare chiarezza, e in fretta, guardando all’Agenda 2030 per la strategia della biodiversità e al 2026, scadenza del Pnrr.

https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/cronaca/22_febbraio_09/energie-rinnovabili-puglia-primato-non-basta-pronta-l-autorizzazione-altri-500-impianti-0561677c-8984-11ec-ae73-595424bfd521.shtml

giovedì 27 febbraio 2020

Ufo, boom avvistamenti in Puglia: raddoppiati dall'anno precedente. - Gianpaolo Balsamo


Si tratta di oggetti volanti non identificati. Il presidente del Centro ufologico mediterraneo: «Andiamoci cauti, non è detto che ogni Ufo sia un'astronave aliena.»   

Ufo, boom di avvistamenti nei cieli pugliesi: nel 2019, segnalano gli esperti del Cufom (Centro ufologico mediterraneo) le segnalazioni di oggetti volanti non identificati sono raddoppiate rispetto all’anno precedente e, tra le sei province pugliesi, quella salentina sembra essere quella maggiormente interessata dal fenomeno. È quanto sostiene il presidente del Centro Ufologico Mediterraneo, Angelo Carannante, che grazie alle attività di avvistamento fatte dal Centro nel corso degli anni, evidenzia che la presenza di oggetti volanti, constatata anche da persone comuni, è molto forte nel territorio della provincia di Lecce.

E non è un caso che «oggetti non identificati» siano stati avvistati nel «tacco» d’Italia anche agli inizi del 2020. Lo scorso 9 gennaio, per esempio, uno strano oggetto è stato avvistato a Miggiano.
Altra segnalazione di Ufo è stata registrata a Trepuzzi il 9 dicembre 2019, quando alcuni oggetti volanti non identificati hanno ruotato a cerchio, a bassa quota, rincorrendosi l’un altro: il caso è ancora sotto indagine per escludere ipotesi convenzionali come fari di discoteche o laser o altro.

Andando indietro nel tempo, invece, come dimenticare sempre in tema di avvistamenti quello storico di un presunto «disco volante a Manduria, nel Tarantino, il 26 agosto 2012?
Interessante fu anche l’ufo del Salento del 13 novembre 2015, quando fu ripreso in video una sfera che si muoveva tra le nuvole e che ad un certo punto sembrò tornare indietro per un breve tratto.
Il 14 maggio 2011, invece, a Cassano delle Murge, mentre una persona fotografava un aereo con tanto di scia chimica, si accorse della presenza di un vero e proprio disco volante scuro nei pressi della voluminosa scia lasciata dal velivolo. Uno spettacolare oggetto sigariforme, forse con sporgenze laterali (ali?), venne fotografato a Monte Sant’Angelo mentre si librava nel cielo azzurro alle spalle di inconsapevoli testimoni.

Insomma, gli alieni stanno dunque invadendo la Puglia? «Andiamoci cauti – risponde il presidente del Centro ufologico mediterraneo, Angelo Carannante, ente che studia, con approccio scientifico, il fenomeno degli avvistamenti di Ufo.
«Innanzitutto - spiega - vale la pena ricordare che l’acronimo “Ufo” significa «Unidentify Flying Object“, ossia “oggetto volante non identificato”. Questo significa che non ogni oggetto che non viene identificato sia necessariamente un’astronave aliena: può trattarsi di un pallone sonda, di un drone, di un riflesso o riverbero della luce, addirittura di una macchia sul monitor. Bisogna comprendere che cosa sono davvero gli Ufo: il nostro Centro ufologico mediterraneo li studia oramai da un decennio sulla base delle segnalazioni che ci arrivano da ogni parte d’Italia. Ben diversi sono invece gli “Ifo” (Identified Flying Object), cioè oggetti ben identificati e “battezzati”».

Come mai c’è tanta omertà in merito al fenomeno Ufo? «Guardi, lei ha toccato un tasto davvero delicato dell’ufologia. Chi dichiara di aver avvistato un ufo è visto come un pazzo o come qualcuno che ha fumato qualcosa o ha bevuto molto. Lo ritengo un aspetto incredibile. Tantissime persone, è pur vero, credono al dio della loro religione o all’oroscopo proprio per atto di fede. Invece, quando si parla di ufo, è il caso di dirlo,… apriti cielo. Oggetti materiali che volano sulle nostre teste e di cui rifiutiamo l’esistenza, nonostante siano filmati, fotografati, rilevati dai radar, magari visti in un solo momento da migliaia di persone. In realtà c’è molta reticenza. In Italia, il fenomeno Ufo, mi creda, a differenza di altri paesi è visto come un problema di ordine pubblico, tanto è vero che alcune forze dell’ordine sono dotate di registri degli avvistamenti Ufo.

Grosse agenzie di stampa italiane, non vogliono più pubblicare i nostri avvistamenti. Cover up? Probabile. Poi, stranamente pubblicano notizie di avvistamento ufo o di ufologia in generale, che riguardano l’estero. La cosa non le sembra strana?»

Presidente Carannante, è possibile che dietro al fenomeno Ufo ci sia una realtà extraterrestre? Perché le immagini degli ufo non sono mai nitide?
«Non solo è possibile, ma è probabile, anche se non per tutti gli avvistamenti, la stragrande maggioranza dei quali è spiegabile con fenomeni convenzionali (astri, sky lantern, satelliti, volatili, aerei, fenomeni naturali, ecc.). Tuttavia, alcune volte proprio non si riesce a trovare spiegazioni ed i fenomeni presentano caratteristiche “intelligenti” nel senso che gli Ufo sembrano guidati o teleguidati da qualcuno, interagendo, non di rado, con i testimoni.
Non mancano testimonianze di incontri con strani esseri, molto difficili da provare. Non esistono, poi, immagini nitide di ufo, perché gli oggetti volanti non identificati, nella grande maggioranza dei casi sono lontani in cielo. Consideri poi la difficoltà di inquadrarli, ad esempio, con un cellulare. Mettiamo ancora la non grande qualità delle fotocamere, la distanza dell’oggetto, l’inevitabile movimento del braccio dell’operatore, gli intensi campi energetici da cui sono avvolti gli ufo. Insomma tutti fattori che non permettono di avere immagini chiare. Guardi paradossalmente, quando vede immagini di bellissimi dischi volanti su internet, dove regnano i fake, allora l’avvistamento al 99% è falso».

VITA INTELLIGENTE SUL «PIANETA ROSSO».

La Puglia non è solo la regione con un numero maggiore di avvistamenti Ufo. Dalla Puglia, infatti, prende origine una nuova sconvolgete ipotesi che riguarda Marte, da anni nel mirino degli scienziati. Dopo Venere e Giove, infatti, è proprio Marte il pianeta più facilmente individuabile dalla Terra per via della grande luminosità relativa e del caratteristico colore rosso.
Ebbene, secondo uno studioso pugliese, l’ing. Ennio Piccaluga, originario di San Severo e componente dello staff scientifico del Centro Ufologico Mediterraneo, su Marte ci sono state alcune città. Distrutte, forse, da un immane cataclisma ma ci sono. «Per ora non ce lo diranno – spiega Piccaluga – ma noi lo sappiamo». L’ingegnere, d’altra parte, non è nuovo a simili anticipazioni scientifiche. Infatti, contrariamente a quanto sosteneva la scienza ufficiale che identificava Marte come un corpo desolato, privo di espressioni biologiche, già nell’anno 2007, a seguito dei suoi studi e delle sue ricerche, Piccaluga scriveva su un giornale tematico («Area 51» allora in edicola) che su Marte c’era acqua salata. La NASA lo ha scoperto ufficialmente nel 2015, dopo ben 8 anni.

Nei giorni scorsi, l’ing. Piccaluga insieme al presidente del Cufom, Angelo Carannante, proprio a San Severo ha tenuto una conferenza di «Esoarcheologia» (archeologia fuori del pianeta Terra) relativa a presumibili resti di antiche città marziane organizzata dall’Archeoclub di San Severo.
Il pubblico, è inutile dirlo, è stato numeroso e incuriosito. Si è parlato del «pianeta rosso» e di come Marte sia ormai un campo di battaglia tra i sostenitori di una vita aliena su di esso e la schiera opposta decisamente negazionista.
«Il fatto, decisamente provato e quindi incontrovertibile – ha spiegato l’ing. Piccaluga che ha anche mostrato foto e filmati relative alle ultime scoperte sul pianeta nostro vicino - è che in alcune zone di Marte, sembra che tutto sia a pezzi come se in passato vi sia stata una catastrofe naturale o addirittura dovuta a guerre tra opposte fazioni che alla fine avrebbe spazzato via finanche l’atmosfera del pianeta rosso. Fra gli argomenti più convincenti, le foto dei vari rover (un veicolo adibito al trasporto su un corpo celeste) (Curiosity, Opportunity, ecc.) che scorrazzano sul pianeta rosso, ma anche le foto originali NASA inviate a Terra dalla sonda “MRO” (Mars Reconnaissance Orbiter), foto in altissima risoluzione e ricche di particolari sconcertanti fra cui, appunto, tracce che sembrano rappresentare resti di antiche città in rovina».

Su Marte, secondo l’esperto di San Severo ed autore di diversi libri («Ossimoro Marte», «Ritorno su Lahmu») sarebbe stato fotografato di tutto: statue (per tutte: la famosa «sirenetta»), piramidi, strutture regolari che farebbero pensare a costruzioni, sfere sospese, artefatti, ingranaggi, addirittura apparenti animali.
Dunque, secondo il ricercatore originario di san Severo, si su Marte ci sarebbero state delle città che sono state abbandonate in tempi passati, dopo un ipotetico, grande cataclisma che sembrerebbe aver colpito il pianeta rosso circa 10mila anni fa (teoria VAS, Velikovski Ackerman Spedicato). All’epoca, secondo questi ricercatori, Marte era forse un pianeta lussureggiante, ricco di vita e di oceani profondi migliaia di metri. Queste presumibili città erano quindi subacquee, site a circa 3000 metri di profondità, nella località marziana denominata dalla Nasa «Chaos di Atlantide».

Ma perché i governi e gli enti spaziali non ci dicono nulla? «Per la stessa ragione per cui mantengono il segreto sugli ufo, per mantenere la pace sociale e non destabilizzare la società di fronte alla realtà di esseri provenienti da altri mondi», risponde il presidente del Cufom, Angelo Carannante. «Sia ben chiaro, le prove definitive di queste ipotesi “marziane” si avranno quando sbarcheremo su Marte con equipaggi umani e lo esploreremo approfonditamente».

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/video/gdm-tv/1207568/ufo-boom-di-avvistamenti-in-puglia.html?fbclid=IwAR3nMnk7eTQ_s0JDSg7Azh4VNgWagv1KhHOzb74ADSV7MMJ9JIBr9k9htI8

domenica 10 marzo 2019

Puglia come le Maldive: scoperta la prima (meravigliosa) barriera corallina in Italia.

Puglia come le Maldive: scoperta la prima (meravigliosa) barriera corallina in Italia, a Monopoli
Una scoperta inaspettata, eccezionale: nel mare Adriatico, al largo di Monopoli, in provincia di Bari, c’è una piccola e meravigliosa barriera corallina. Una vera e propria distesa di coralli finora rimasta celata all'uomo. La notizia è stata pubblicata sulla rivista scientifica Scientific Reports. A scoprire la barriera corallina in Puglia sono stati i ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, guidati dal direttore Giuseppe Corriero.
Barriera corallina scoperta a Monopoli (Bari), in Puglia.
E' lunga almeno 2,5 chilometri - anche se si pensa che possa avere un’estensione maggiore, da Bari a Otranto, con alcuni tratti di interruzione - e si trova a una profondità compresa tra i 30 e i 55 metri sotto il livello del mare, dunque maggiore rispetto a quelle delle barriere coralline caraibiche o delle Maldive. La barriera, simile a quelle che si trovano in Australia, alle Maldive o nel Mar Rosso, sarebbe il primo esempio di questo genere nel mar Mediterraneo.
Serviranno ulteriori esplorazioni per definire i confini di questa 'muraglia' di spugne e coralli che, secondo alcune ipotesi, potrebbe arrivare fino al Salento. Sulla base delle ultime osservazioni e della recente mappatura del fondo, i ricercatori hanno stimato che la nuova barriera scoperta abbia una lunghezza notevole, seppure non in modo uniforme, pari ad almeno 135 km: in direzione del capoluogo pugliese, da un lato, e fino a Otranto, dall'altro.
Puglia come le Maldive: scoperta la prima barriera corallina in Italia.
Se il modello sembra identico a quello di marca equatoriale, a rendere unica la barriera corallina pugliese sarebbero almeno due peculiarità. La prima: la profondità di circa 50 metri, stando a quanto riferisce il professor Corriero a La Gazzetta del Mezzogiorno. Quindi l'habitat e i suoi colori: "Nel caso delle barriere delle Maldive o australiane, continua Corriero, i processi di simbiosi tra le madrepore (animali marini che costituiscono i banchi corallini) sono facilitati dalla luce, mentre la nostra barriera vive in penombra e quindi le madrepore costituiscono queste strutture imponenti di carbonato di calcio in assenza di alghe". Ecco, dunque, i colori più "soffusi, dati da spugne policrome con tonalità che vanno dall'arancione al rosso, fino al viola".
barriera corallina pixabay-2
http://www.today.it/attualita/barriera-corallina-puglia.html?fbclid=IwAR2y8vicSqWXCh3TyPtO4kDpHalKOWRWz71cikhqL7jjvY_oUoPwKAgK0Gs

domenica 28 ottobre 2018

Il «quarto potere» nel ghetto di Borgo Mezzanone. - in Inchieste/Terre di migranti - Emma Barbaro

Nel ghetto di Borgo Mezzanone, Foggia

Baracche e rimessaggio nell’area nigeriana. A destra, due giovani nigeriane // Emma Barbaro

C’è una Puglia che non troverete nelle guide turistiche e nei percorsi mainstream. È la Puglia dei ghetti e dei caporali. La Puglia in cui lo Stato e l’anti-Stato sono un’unica: una realtà inscindibile.

Il 2 giugno scorso, festa della Repubblica, siamo rientrati nel gran ghetto di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia. Mentre altrove – sulle pubbliche piazze – si celebrava lo Stato che «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo», che attribuisce «pari dignità sociale» e uguaglianza davanti alla legge, negli antri sperduti della nostra penisola si consumano quotidianamente crimini contro una porzione d’umanità che, ci piaccia o no, continua a esistere. Quella che stiamo per raccontarvi è la rapida evoluzione di ciò che gli esperti, quelli senza reticenze, definiscono «la più grande baraccopoli d’Europa.» Una vergogna a cielo aperto i cui numeri, oggi, sfiorano le 5 mila unità.
Nel ghetto di Borgo Mezzanone, Foggia
FOTO: PRIMI INSEDIAMENTI DELL’AREA NIGERIANA. SULLA DESTRA, MATERASSI ACCANTONATI // EMMA BARBARO
SODALIZI MAFIOSI.
Cumuli di rifiuti e plastiche dati alle fiamme. Il puzzo che sale dalla ex pista del ghetto di Borgo Mezzanone è insopportabile. Eppure, come abbiamo previsto questo inverno, i numeri dei reietti che vivono nel ghetto sono destinati ad aumentare. Così come i nuclei abitativi.
Ma chi fornisce a queste persone la materia prima per la costruzione delle baracche in mattoni e cemento? Chi alimenta lo spaccio di droga e la prostituzione, maschile e femminile, all’interno e all’esterno del ghetto? Chi contribuisce al giro d’affari criminale che si alimenta sulle spalle dei paria dell’umanità?
Le risposte sono inequivocabili. 
L’ultima relazione della Commissione parlamentare antimafia – approvata nella seduta dell’8 febbraio scorso – parla specificatamente di un sistema criminale che, a Borgo Mezzanone, si autoalimenta attraverso il sodalizio tra mafia nigeriana e ceppi mafiosi locali. 
Realizzata col contributo dello scrittore ed etnografo Leonardo Palmisano – tra i primi ad analizzare e monitorare costantemente il fenomeno – la relazione censisce uno stato di fatto. Se la Sacra Corona Unita sembra vivere un momento di declino – la cui forza intimidatoria, tuttavia, continua a essere inversamente proporzionale alla necessità di esibirla – a stringere alleanze con la criminalità made in Nigeria ci pensa la mafia del Gargano. Una volta siglata la pax (provvisoria) tra i gruppi «dei montanari» – area garganica – e quelli «della pianura» – area Capitanata – l’interesse strategico delle cosche sembra essersi incanalato proprio verso l’ex pista di Borgo Mezzanone. Lì dove il traffico d’esseri umani e di stupefacenti sembra essere divenuto una realtà concreta attraverso il placet dei gruppi criminali stranieri.
Il «quarto potere» – così come viene definito dalla già citata relazione – si nutre di uomini e donne giovanissimi, importati direttamente dall’Africa come un tempo si faceva con le materie prime, allo scopo di garantire al sistema un flusso vitale minimo. Le più recenti relazioni della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dna) e della Direzione distrettuale antimafia (Dda) arricchiscono di particolari quella che ormai si è trasformata in una realtà tangibile. Un segnale incontrovertibile del fatto che le istituzioni sanno, monitorano, controllano. Ma perché, allora, non re-agiscono?
Nel ghetto di Borgo Mezzanone, Foggia
FOTO: UNA CAMIONETTA DELL’ESERCITO MONITORA I FLUSSI AL DI LÀ DELLA RETE METALLICA DEL CARA // EMMA BARBARO
IL CARA.
A dispetto di quel che si può ipotizzare, il sistema criminale sembra innescarsi direttamente dal Cara che sorge a ridosso della baraccopoli. Ebbene sì. Le reti metalliche prontamente squarciate in prossimità dell’area nigeriana, assicurano ai bordelli del ghetto un flusso di “materiale umano” da gestire e smistare continuamente. Il numero delle baracche realizzate per assicurarsi il controllo della prostituzione, maschile e femminile, è salito a sei. Tre in più di quelle che avevamo censito non più tardi di qualche mese fa.
La più grande, quella che gli abitanti della baraccopoli definiscono «la discoteca», è il luogo prescelto per i festini a cui partecipano, spesso, i clienti abituali che costellano la provincia di Foggia. Vi si recano addirittura giovanissimi neolaureati per festeggiare “degnamente” la conclusione di percorsi di studio che avrebbero dovuto insegnare loro a vivere, prima ancora che ad assimilare concetti. Ma la pochezza morale, la bassezza delle intenzioni, sembra non avere limiti a Borgo Mezzanone. Il tutto, chiaramente, si svolge sotto lo sguardo vigile degli uomini dello Stato. Esercito, carabinieri e polizia, che non osano spingersi al di là della barriera metallica, osservano flusso e deflusso continuo di persone all’interno dei bordelli. Osservano anche me, mentre cerco di raccogliere elementi utili per tentare di dipanare la matassa. In silenzio, come si conviene.
Più in là, nell’area centrale della baraccopoli, sorge invece la più grande chiesa pentecostale del ghetto. È quello il luogo in cui i nigeriani esercitano una vera e propria azione coercitiva e morale sui ragazzi, innescando le dinamiche dello sfruttamento. Mentre sono lì il prete, appena arrivato sulla pista con un’Audi A5, somministra sermoni ai numerosissimi adepti seduti ad ascoltarlo. A giudicare dagli occhi vacui e dalle movenze di molti di loro, sembrerebbe che la chiesa sia uno dei luoghi cardine in cui avviene lo smercio e la somministrazione di droghe. Che divengono, così, lo strumento ideale per tenere imbrigliati i ragazzi nelle maglie di uno sfruttamento che non conosce distinzioni di sesso, né d’età.
Nel ghetto di Borgo Mezzanone, Foggia
FOTO: LE BARACCHE DELL’AREA SENEGALESE // EMMA BARBARO
“CAVALLO BIANCO”
Al ghetto la chiamano “cavallo bianco”. È una giovane donna, d’età indefinita, che si aggira ubriaca tra le baracche alla ricerca di “protezione”. Cavallo bianco è una zingara romena. Il colore del suo incarnato, dei suoi occhi, la rendono in questo contesto una merce tanto rara quanto pregiata.
«Sono più simile a te, ecco perché tutti questi negri mi vogliono. Così io posso guadagnare un poco di più, senza problemi.»
Sono queste le prime parole che pronuncia quando mi accompagna nella sua lurida stamberga, dove il nuovo protettore riposa indisturbato. Non so perché sceglie di raccontarmi la sua storia. Forse è troppo ubriaca persino per rendersi conto di infrangere la sacra regola del silenzio che vige nel ghetto.
«Cosa faccio per vivere? Ma è semplice. Faccio la puttana. Sono una puttana da quando avevo dodici anni. Non posso lavorare in campagna perché ho ernia sulla pancia, sono già stata operata cinque volte», mi dice scoprendosi il ventre. Osservo bene e scorgo una lunghissima cicatrice che dall’altezza dell’ombelico si dipana verticalmente, a forma di serpente, fino al basso ventre. Ne noto un’altra, più marcata e orizzontale, che quasi si congiunge alla prima.
«Come te la sei fatta questa?», le chiedo incuriosita.
«Questa ho fatto qualche anno fa, per mio bambino. Sai, io avevo un bambino piccolo. Lo avevo chiamato Antonio, come un poliziotto amico mio.»
«Dov’è adesso il tuo bambino?» insisto.
«Mio bambino è…mio bambino è…io ho dovuto vendere mio bambino. Mi hanno portato via Antonio quando stavo in altro ghetto, quello dei bulgari.» E piange, disperata. È in questo preciso momento che cade la maschera. Abbandona la sua risata sgangherata, le grida sguaiate che utilizza come richiamo per i suoi clienti abituali e torna a essere, semplicemente, un essere umano. Quell’umanità violata commuove anche me. Le accarezzo il volto costellato di lentiggini chiare mentre lei alza lo sguardo e mi sussurra dolcemente: «Come sei bella. Mai nessuno ha toccato me così.»
Mi vergogno. Mi vergogno di essere una donna che ha avuto la fortuna di nascere al di là della barriera. Mentre lei, rea di una colpa che non smetterà mai di espiare, è stata violentata dalla vita prima ancora che dal cugino di suo padre. L’uomo che, per la prima volta, le ha dato un mestiere.
Cavallo bianco ha già cambiato diversi protettori all’interno del ghetto. Il primo, un nigeriano, viene definito come «un grandissimo stronzo. Quello mi faceva fare ficki ficki con tutti, ma poi non mi dava i soldi. E allora vaffanculo, ho detto.» Poi è passata sotto l’ala protettiva di un senegalese che le consentiva di andare con chi più le piacesse allo scopo di dividere, a fine giornata, i guadagni incassati.
«Ora sto con amore mio», mi confessa. «Questo ogni tanto fa ficki ficki con me, ma ora troppo stanco per ramadan. Così io la sera vado alla discoteca, e faccio cazzi miei. Lui mi aiuta perché abbiamo costruito insieme baracca e dividiamo spese. Ma a me non mi frega un cazzo, se domani trovo uno con più soldi vado con quello.»
La sua baracca le è costata 400 euro. Più le spese, incassate direttamente dai nigeriani, per l’affitto del terreno su cui sorge.
«Ma chi vi dà i mattoni e il cemento per costruire le baracche più belle?» domando ancora.
«Vengono da Foggia. Noi chiamiamo e quelli ci portano mattoni, cemento, segatura…tutto quello che serve insomma. Nigeriani controllano che va tutto bene, poi noi costruiamo.»
Nel ghetto di Borgo Mezzanone, Foggia
FOTO: LA CHIESA PENTECOSTALE DI BORGO MEZZANONE // EMMA BARBARO
EVERY NIGGERS IS STAR.
Cavallo bianco mi accompagna in uno dei bordelli. Vorrebbe farmi entrare anche nella famosa discoteca, ma capisco subito che sarebbe troppo rischioso. Molti dei nigeriani del ghetto mi seguono, mi tengono sotto stretta sorveglianza. Mi sento quasi “scortata” da occhi invisibili, celati in ogni punto, pronti a reagire se dovessi fare anche la minima mossa sbagliata. Nella baracca, in cui troneggia un grosso televisore Samsung spento, scorgo un nigeriano steso su un divano in pelle. Non male, per chi vive in un ghetto. Poco lontano intravedo un esserino minuscolo, di due anni o poco più, che viene prontamente sottratto al mio sguardo. Tutti mi hanno sempre ripetuto che non ci sono bambini nel ghetto. Ma è difficile nascondere la verità quando, tra i cumuli di rifiuti non ancora dati alle fiamme, ci sono porta-enfant semi distrutti, passeggini sgangherati, giochi per bambini e pannolini. I bambini, ben nascosti, nel ghetto ci sono eccome. Me lo hanno confermato alcuni testimoni, che hanno voluto restare anonimi.
«Forse qualcuno lo portano poi a Foggia, non stanno sempre qua», mi hanno confessato sottovoce. «Ma noi li vediamo sempre. Se ci sono visite da fuori, li nascondono. Però ci sono.»
Sì, ci sono. Così come ci sono prostitute minorenni prontamente fatte passare per ragazze che hanno già raggiunto la maggiore età. Giusto per limitare i danni, se dovessero essere scoperti. Una di loro è seduta ai limiti della baracca, con uno sguardo impaurito. Non parla in italiano, non si muove, non alza lo sguardo. Provo a presentarmi mentre il suo protettore mi osserva con lo sguardo truce.
«Che lavoro fai?», mi chiede in inglese. So di non poter mentire. Se un bianco entra nel ghetto o è un medico, o è un giornalista o è uno che vuol andare a puttane. Il campo delle ipotesi è piuttosto ristretto. Non faccio in tempo a spiegarle che non sono lì per farle domande. I suoi occhi lanciano uno sguardo di terrore all’indirizzo del protettore che scatta in piedi, pronto a qualsiasi cosa. Vengo invitata gentilmente a lasciare la baracca. E lo faccio.
Nel ghetto di Borgo Mezzanone, Foggia
FOTO: IL PANORAMA DALLA FINESTRA DEL NUOVO RISTORANTE NIGERIANO // EMMA BARBARO
SOLUZIONI A CONFRONTO.
«Quel posto lì va chiuso. So da tempo che il ghetto di Borgo Mezzanone è un inferno, ma va chiuso, senza soluzione di continuità. Quel che posso fare è chiedere un confronto col ministero dell’Interno per verificare, insieme, le modalità con cui gestire lo sgombero.» Michele Emiliano sembra deciso sul destino del gran ghetto. Intervenuto, tra i consensi generali, a una manifestazione organizzata lo scorso 2 giugno da Casa Sankara Associazione Ghetto Out, a San Severo, non ha remore. Abbraccia i bambini, disciplina le folle, raccoglie larghi consensi. Nel corso del suo lungo monologo descrive l’Italia, e la Puglia in particolare, come l’isola felice dei diritti. Il luogo in cui, attraverso un’azione di governo ispirata dal compianto assessore regionale Stefano Fumarulo, si è dato respiro alla voglia di riscatto di tre ex schiavi che si sono ribellati al giogo del caporalato. Nel più comune plebiscito di consensi, il Governatore sembra quasi aver dimenticato che Casa Sankara, purtroppo, è una realtà unica nel suo genere. E che quella unicità non rende meno evidenti le lacune di un’azione di governo che da troppo tempo, ormai, sembra aver completamente bypassato le responsabilità nella gestione delle numerose criticità regionali. Basti pensare alla sospensione della convenzione con Emergency senza aver offerto, al contempo, soluzioni di continuità per la tutela dei diritti alla salute dei giovani migranti che, dal Salento alla Capitanata, soffrono l’impossibilità di poter accedere liberamente alle cure. Assistenza medica affidata, in contumacia, all’azione solitaria delle associazioni – come il Cuamm Medici per l’Africa o ai volontari dei medici col camper – che troppo spesso agiscono nell’impossibilità di coprire tutti i ghetti che costellano la regione. Le responsabilità istituzionali sono troppo evidenti. E non si possono mascherare con un abbraccio dato, a favore di fotografi, a uno dei ragazzi del ghetto giunto fino a Casa Sankara per avere l’opportunità di descrivere al Presidente, con toni accorati, la propria condizione di inumanità.
Più calibrata sulla realtà sembra invece la soluzione offerta dallo scrittore Leonardo Palmisano. Che, su Borgo Mezzanone, ha le idee fin troppo chiare.
«La presenza dello Stato lì è visibile. Lo Stato c’è, è armato fino ai denti, ma non interviene su situazioni che non sono semplicemente illegali, ma criminali. I veri “invisibili” sono loro. Traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, insediamento mafioso e traffico di cibarie, mattoni, cemento. E va chiarito che non si tratta di materiali di risulta, ma di materie prime che vengono trasportate direttamente all’interno del ghetto. 
I leader di Borgo Mezzanone hanno relazioni fitte e ben radicate con il territorio. Poi, parliamoci chiaro. Quel che succede all’interno del Cara, a me puzza. Infatti chiederò al Ministero dell’Interno un’inchiesta sulla gestione di quel centro. Perché non è possibile che nel ghetto vi siano ragazzi e ragazze del Cara che vengono sfruttati tanto nei campi quanto per la prostituzione. Chi gestisce il Cara e quali sono le spese? Quanto ci guadagnano? Gli operatori, sono all’altezza dell’accoglienza? Non è possibile che, ad oggi, non sia pervenuta alcuna denuncia da parte di chi gestisce il Cara. 
La verità è che lì Stato e anti-Stato sono la stessa cosa. In più, si deve pensare al destino di queste persone. Vogliamo consegnarle nuovamente alla mafia dei caporali anche quest’estate? Non penso. Penso invece che serva smantellare il Cara e conseguentemente pensare a una soluzione alternativa per chi vive nel ghetto, ma non è un criminale. I criminali, e quindi la gran parte dei nigeriani che gestiscono questi traffici, vanno consegnati alla giustizia. 
Se questo significa sgombero, ebbene che si pervenga a una soluzione praticabile. Quel posto va smantellato, è inevitabile. Non c’è alternativa. Il rischio di epidemie è altissimo, le violenze sono quotidiane e non possiamo tollerare che tutto ciò avvenga sul territorio italiano, sotto gli occhi impassibili delle forze dell’ordine. L’emergenza l’ha creata lo Stato, con la complice indifferenza della Regione Puglia. E allora, che lo Stato la gestisca, se è uno Stato di diritto.»
fonte: terradifrontiera del 4/6/2018

sabato 27 ottobre 2018

Tap, il governo ha deciso: “Il gasdotto si deve fare”. Conte: “Con stop costi insostenibili”. I comitati per il No: ‘Dimissioni’.

Tap, il governo ha deciso: “Il gasdotto si deve fare”. Conte: “Con stop costi insostenibili”. I comitati per il No: ‘Dimissioni’

Il governo getta la spugna: il gasdotto verrà completato e arriverà a San Foca, in provincia di Lecce. Il premier prova a rassicurare le comunità locali, che da anni avversano l'infrastruttura: "Strada senza via d'uscita: ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica. Prometto un'attenzione speciale per le comunità locali, la meritano". Di Maio: "Penali insostenibili". Salvini: "Avanti con i lavori". Opposizioni contro il M5s: "Ha preso in giro gli elettori". Malumori tra gli eletti nel Movimento, non solo pugliesi. Il sindaco di Melendugno: "Ce ne ricorderemo".

Il Tap non verrà fermato dal governo. La costruzione del gasdotto proseguirà e l’opera verrà completata con approdo a Melendugno, in provincia di Lecce. A gettare la spugna in una lettera indirizzata ai sindaci pugliesi interessati dal passaggio dell’infrastruttura che collegherà Azerbaijan e Italia è il premier Giuseppe Conte: “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, ma fermare l’opera comporterebbe costi insostenibili“. “Abbiamo fatto un’istruttoria per due mesi, abbiamo verificato tutti gli aspetti di quell’opera e ci sono fino a venti miliardi di euro di penali da pagare, cioè più del reddito di cittadinanza e di quota cento insieme. È questo il problema”, ha spiegato poi il ministro del Lavoro e vicepremier Luigi Di Maio.
Finisce così una delle battaglie storiche del Movimento Cinque Stelle, che si è sempre battuto per contrastare l’opera e nella primavera dello scorso anno aveva assicurato di poterla “fermare in due settimane”. E ancora a settembre con il vicepremier Luigi Di Maio ribadiva: “Eravamo e restiamo NoTap”. Ma la sensazione che il via libera fosse solo una questione di tempo era forte da luglio, quando rassicurazioni erano state fornite proprio dal presidente del Consiglio a Donald Trump durante un bilaterale alla Casa Bianca. Dopo l’ultima verifica sulla documentazione da parte del ministero dell’Ambiente, è arrivata la decisione definitiva.
“Abbiamo fatto di tutto” – “Gli atti sono legittimi”, ha scritto Sergio Costa a Conte ricordando come solo su quello bisogna basare le decisioni. E dopo aver letto la relazione del ministro, il premier ha ufficializzato la decisione: “Mi ero impegnato con le autorità locali e con i rappresentanti delle comunità territoriali, ivi compresi i parlamentari eletti in Puglia, ad effettuare un rigoroso controllo delle procedure di realizzazione dell’opera al fine di verificare tutti i profili di eventuale illegittimità che erano stati segnalati”, ricorda il premier. “Avevo altresì preannunciato che se avessimo riscontrato tali profili di illegittimità non avremmo esitato ad assumere tutti i conseguenti provvedimenti, compresa la decisione di interrompere i lavori – spiega – Da quando ci siamo insediati abbiamo fatto quello che non è mai stato fatto in precedenza. Abbiamo effettuato un’analisi costi-benefici, abbiamo dialogato con il territorio, abbiamo ascoltato le istanze e studiato i documenti presentati dalle autorità locali”.
I malumori nel Movimento – “Vendiamo l’anima alla Lega”, è uno degli sms che rimbalza su alcuni cellulari dei parlamentari M5S più imbestialiti per il via libera, secondo quanto riporta l’Adnkronos. A fremere non sono solo gli eletti salentini ma da tutto il Paese, “perché il ‘vaffa’ alla Tap era una nostra bandiera, ma la sacrifichiamo all’altare di un governo che ci sta cannibalizzando…”, lamenta un deputato campano. Sempre secondo quanto riporta l’agenzia di stampa, alcuni parlamentari, in queste ore, valutano di tirarlo in ballo Beppe Grillo, chiedendogli un intervento diretto “per salvaguardare il Movimento”. “Dopotutto – ragiona una deputata pugliese – Grillo è il nostro garante. E se è pur vero che ora siamo al governo, è altrettanto vero che questa è una battaglia del M5S”. Lo scorso week end, proprio il fondatore dal palco della festa al Circo Massimo aveva detto: “Vogliamo il gas che passa sotto quei cazzo di ulivi della Puglia o non lo vogliamo?”.
Conte: “Fermarla costa decine di miliardi” – Non ci sono spazi di manovra, assicura il presidente del Consiglio: “Ad oggi non è più possibile intervenire sulla realizzazione di questo progetto che è stato pianificato dai governi precedenti con vincoli contrattuali già in essere. Gli accordi chiusi in passato ci conducono a una strada senza via di uscita“. Perché “non abbiamo riscontrato elementi di illegittimità” e “interrompere la realizzazione dell’opera comporterebbe costi insostenibili, pari a decine di miliardi di euro“. In ballo, sottolinea il premier, “ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica“. Ora però, conclude, “è arrivato il momento di operare le scelte necessarie e di metterci la faccia. Prometto un’attenzione speciale alle comunità locali perché meritano tutto il sostegno da parte del Governo”.
Di Maio: “Quelli di prima l’hanno blindato bene con le penali” – “Questo non vuol dire che abbasseremo la guardia, noi staremo attentissimi a quello che succederà con quest’opera”, ha aggiunto. “C’è addirittura una parte del cantiere sequestrato dalla Procura e non si faranno sconti a nessuno. Il tema vero è che dalle analisi che abbiamo fatto nell’istruttoria ci sono almeno venti miliardi di penale da pagare cioè che quelli di prima l’avevano blindata bene per fare in modo che, nonostante la sconfitta alle elezioni, potesse andare avanti”.
I capigruppo M5S: “Stop sarebbe danno economico per il Paese” – “Stoppare la Tap ci costerebbe miliardi di euro. Inoltre tutte le verifiche disposte dal governo non hanno fatto emergere alcuna irregolarità nelle procedure di autorizzazione dei lavori, il cui via libera alla realizzazione dell’opera, ricordiamo, è stato dato dai precedenti governi. Noi oggi ci ritroviamo davanti a contratti che se non venissero rispettati ci porterebbero a pagare cifre esorbitanti. Di sicuro vigileremo affinché l’iter dei lavori non arrechi danni alla comunità locale”, hanno detto Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, capigruppo M5S alla Camera e al Senato.
I comitati: “Andate a casa” – Dunque il gasdotto si farà, con buona pace del Movimento No Tap che nelle ultime settimane aveva pesantemente attaccato il governo ricordando le rassicurazioni delle scorse settimane e parlando di “tradimento” da parte degli esponenti pentastellati. Alle penali e ai risarcimenti danni evocati da Conte non crede la comunità salentina, anche perché – dicono da più parti – non sono mai state né quantificate né documentate. E quindi chiedono le dimissioni, perché la giravolta dei pentastellati rispetto alle promesse elettorali è ritenuta insostenibile. “Una perdita di tempo, una presa in giro per calmare gli animi”, dice Gianluca Maggiore, leader del movimento No Tap. “È chiaro – dice – che la nostra battaglia continuerà, come è chiaro che tutti i portavoce locali del M5S che hanno fatto campagna elettorale qui e che sono diventati addirittura ministri grazie ai voti del popolo del movimento No Tap, si devono dimettere adesso“. Il leader NoTap conclude: “Noi siamo qui, sui luoghi della Tap ad aspettare. Vogliamo vedere se gli eletti pentastellati saranno dalla parte della popolazione dimettendosi, o dalla parte di chi vuole imporre l’opera con la forza“.
Il sindaco di Melendugno: “Ce ne ricorderemo” – “Non abbiano chiesto a Conte o alla ministra Lezzi di essere i dottori dei nostri dolori. Ci cureremo da soli le nostre ferite, sapremo rialzarci e continuare a combattere. Conte con questo atteggiamento avalla quella che sarà una follia ingegneristica e la distruzione di un intero territorio. Nel Salento se lo ricorderanno bene“, attacca il sindaco di Melendugno, Marco Potì. Dicendosi “deluso e amareggiato”, l’amministratore locale più coinvolto dalla costruzione del gasdotto se la prende con il premier: “Sono ancora più deluso dalle dichiarazioni di Conte, che parla di ristori per le comunità e di vicinanza ai territori. Il primo ministro può starsene a Roma. Le comunità di questi territori – conclude – non vogliono essere ristorate, né vogliono vicinanza, perché non hanno trovato in questo Governo e nelle forze politiche che lo sostengono il coraggio e la volontà politica di cambiare rispetto a quest’opera verso cui si è dichiarato sempre e totalmente la contrarietà. Sono deluso da questa fretta e superficialità nel voler liquidare queste criticità che conoscevano bene tutti, specie i ministri e i deputati salentini del M5S”.
Salvini: “Avanti”. Pd: “È Ilva 2 la vendetta” – Già sabato, nel punto dove dovrebbero riprendere i lavori per la costruzione del micro-tunnel, è prevista una manifestazione del Comitato No Tap. E che la multinazionale possa aprire il cantiere nel mar Adriatico in tempi brevissimi è l’auspicio di Matteo Salviniche negli scorsi mesi aveva incontrato l’ambasciatore di Tap, Tony Blair, e ripetuto più volte la necessità di andare avanti: “Avere l’energia che costerà meno a famiglie e imprese è fondamentale, quindi avanti coi lavori“, ha detto subito dopo l’annuncio di Conte. La svolta decisa dal governo porta le opposizioni a criticare il M5s, che ha sempre contrastato la realizzazione del gasdotto. La capogruppo di Forza Italia, Maria Stella Gelmini, parlando di “un’ottima notizia” attacca: “Il M5s sapeva di non poter bloccare il gasdotto, ma in Puglia ha fatto la campagna elettorale gridando NoTap, prendendo in giro i cittadini. Che dice Alessandro Di Battista?”. Mentre il coordinatore regionale della Puglia e deputato Mauro D’Attis ironizza: “Frode ai danni degli elettori. Una fattispecie di reato che se esistesse porterebbe alla denuncia da parte di centinaia di migliaia di elettori che hanno votato il M5S”. Per il capogruppo Pd nella commissione Ambiente, Andrea Ferrazzi, “si ripete per Tap il film visto con l’Ilva. I 5Stelle dovranno rispondere ai loro elettori delle bufale raccontate in campagna elettorale. Prossima puntata la Tav, poi il Brennero”. Per l’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, “Tap è Ilva 2 la vendetta – scrive su Twitter – E adesso Luigi Di Maio piantiamola con le perdite di tempo e le sceneggiate e andiamo avanti. Grazie”.
Fonte: ilfattoquotidiano del 26/10/2018

Non riesco a comprendere per quale motivo i governi recedenti hanno stipulato contratti capestro con penali miliardarie da pagare in caso di recessione.
Sapevano che avrebbero perso le elezioni e "dovevano" mantenere saldi gli accordi presi con vincoli contrattuali da capestro?
E se è questo il motivo, perché "dovevano" mantenere saldi gli accordi presi??
E i rappresentanti del Pd e di Fi, colpevoli del misfatto, con quale coraggio inneggiano alla vittoria e ironizzano sulla impossibilità del governo di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale?
Cetta.

domenica 15 luglio 2018

Sorgerà in Puglia il primo spazioporto italiano. Primo volo per turisti spaziali: 2020. - Antonio Pio Piazzolla


La navicella Virgin Spaceship Unity agganciata alla Virgin Mothership Eve. virgingalactic.com

Il primo “gate” italiano verso lo spazio sorgerà nella zona di Taranto-Grottaglie, dove ora vi è l’aeroporto “Marcello Arlotta” ed è da qui che decolleranno i turisti spaziali della Virgin Galactic: lo ha comunicato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dopo l’approvazione dell’Enac (l’Ente Nazionale Aviazione Civile) che ha portato a termine l’iter di analisi per trovare il sito più adatto. L’inaugurazione dello spazioporto è prevista per il 2020, quando il velivolo della Virgin Galactic decollerà dall’Italia per lo spazio.


La notizia si faceva attendere da circa un anno e mezzo, dal momento in cui quando la Altec (azienda partecipata da Asi e Thales Alenia space) ha stretto un accordo con la Virgin Galactic di Richard Branson per realizzare uno spazioporto sulla nostra penisola da cui partiranno i voli suborbitali: la nuova infrastruttura inoltre potrebbe essere la via di accesso allo spazio anche per altri tipi di attività, al di là del turismo, come il lancio di piccoli satelliti, addestramento degli astronauti e test per nuove tecnologie.

Come un aereo di linea ma diretto nello spazio.
Chi spera di vedere in Puglia le imponenti strutture come quella di Cape Canaveral resterà deluso. Nulla a che vedere con le basi spaziali come quelle americane o russe, nessun decollo in verticale, nessun “countdown”. Il decollo avverrà in modo convenzionale (CTOL), nello stesso modo degli aerei di linea: tradizionale pista, classica rincorsa e tanta velocità.

“Altec e Asi hanno lavorato insieme a Enac per definire i criteri di selezione tra tutti gli aeroporti nazionali che vanno dalla lunghezza della pista alle aree di interdizione al volo, fino alla presenza di altri aeroporti in vicinanza della fase di atterraggio. Quello di Grottaglie rientra tra quelli che soddisfano questi criteri per il volo suborbitale e ora è arrivata la decisione di Enac” – spiega Vincenzo Giorgio, amministratore delegato di Altec.

La struttura di Taranto-Grottaglie sarà modificata, verranno aggiunti hangar e spazi per le nuove attività tecniche e scientifiche con servizi annessi per i voli di lusso tra le stelle. Interventi che avranno tempi contenuti per l’inizio dei voli da quello che sarà probabilmente l’unico altro spazioporto di Virgin Galactic al di fuori degli Usa:

“Attendiamo che la compagnia di Branson inizi a essere operativa forse già entro la fine del 2018. Il nostro spazioporto potrebbe entrare in attività già dal 2020. Branson presenta la nuova navetta per turisti spaziali” – aggiunge Vincenzo Giorgio.

Fino a sei passeggeri al costo di 250.000 dollari a testa.
La Virgin sta ancora testando il suo “shuttle panoramico” che viene portato in orbita mediante una “nave madre” chiamata “Space Knight Two” che decollerà fino a un’altezza di circa 15 chilometri: raggiunta tale quota viene sganciata la “Spaceship Two”,un piccolo razzo che può portare a bordo fino a otto persone (sei passeggeri e due piloti), per raggiungere lo spazio alla notevole quota di 100 chilometri: si parla di spazio infatti a partire da 80 km di quota.


Il decollo in solitaria della Virgin Spaceship Unity. virgingalactic.com

Il costo del biglietto si aggira intorno ai 250.000 dollari a persona (circa 210.000 euro) e si potrà svolazzare nella cabina durante i sei minuti di microgravità proprio come un astronauta. Un’esperienza che durerà in totale un’ora e 40 minuti dal decollo al rientro, e si potrà ammirare la Terra quasi come la vedono gli astronauti sulla Stazione Spaziale (che si trova a ben 400 km di quota). La Spaceship Two poi tornerà indietro, il volo suborbitale si concluderà prima di aver compiuto un’orbita intera planando senza motore, come un aliante, per atterrare da dove era partita.

Turismo in orbita, la sfida dei miliardari che si contendono lo spazio.

In attesa di una norma che regolarizzi il tutto.
L’azienda americana non pagherà un affitto per l’uso dello spazioporto dal momento che l’obiettivo è un altro:

“Stiamo valutando diversi modelli di business uno dei quali prevede una società mista di cui faranno parte aziende e istituzioni italiane, come Asi e Altec per esempio, partecipata anche da Virgin Galactic. Una specie di transizione per acquisire il velivolo che decolla dall’Italia e far sì che diventi una realtà più europea e italiana. E magari abbassare un po’ i prezzi” – spiega Vincenzo Giorgio.

Manca però una copertura legale: in Italia infatti non c’è una legislazione per regolamentare lo spazio aereo oltre la quota ordinaria dei voli di linea. Le traiettorie suborbitali sono quindi fuori legge. Da qui i lavoro di Enac insieme alla Federal Aviation Administration americana per mettere a punto normative ispirate a quelle statunitensi.

Un business stellare.
Un business che darà vita ad una serie di attività economiche quali indotto industriale, dei servizi e del turismo, quelle scientifiche – a cominciare dall’addestramento degli astronauti – compresa la creazione di un polo di eccellenza. Una promettente visione futuristica per il mezzogiorno, l’industria spaziale infatti sta aprendo nuovi e redditizi segmenti di mercato.


“Potrà diventare un centro accumulazione di startup spaziali, piccole aziende, dove le università potranno avere laboratori e fare ricerca anche per nuovi attori che vorranno operare nello spazio. Ci sarà la possibilità di fare informazione per il pubblico e divulgazione per gli studenti. Sarà di ispirazione per i giovani, far provare ai bambini simulatori per l’addestramento, attirare i ragazzi e farli incontrare con i centri di ricerca per creare interesse e ispirare chi, in un futuro, potrebbe lavorare alla ricerca aerospaziale” – conclude Giorgio.

https://it.businessinsider.com/sorgera-in-puglia-il-primo-spazioporto-italiano-primo-volo-per-turisti-spaziali-2020/