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mercoledì 30 luglio 2025

Glioblastoma, nuova terapia sperimentale.

 

Tre pazienti con glioblastoma, uno dei tumori cerebrali più letali che esistano. Una nuova terapia sperimentale. E risultati che hanno lasciato tutti a bocca aperta.

Sentite un po' questa storia dal Mass General Cancer Center. Il glioblastoma è roba seria: sopravvivenza media di appena 15 mesi. Ma questi ricercatori hanno provato qualcosa di rivoluzionario.

Hanno preso le cellule immunitarie dei pazienti, le hanno riprogrammate come soldati speciali contro il tumore, e le hanno iniettate direttamente nel cervello. Non nel sangue, direttamente dove serve. La terapia si chiama CARv3-TEAM-E e combina due strategie: cellule che riconoscono due bersagli diversi sul tumore, più molecole che chiamano rinforzi dal sistema immunitario.

I risultati? Incredibili. In pochi giorni dal trattamento, tutti e tre i pazienti hanno mostrato una drastica riduzione del tumore. Uno di loro ha avuto una regressione quasi completa.

Ma ecco il colpo di scena: dopo alcuni mesi, il tumore è tornato a crescere in tutti i pazienti.

Diciamoci la verità, non è ancora la cura definitiva. Ma vedere un tumore cerebrale letale ridursi così rapidamente è un segnale che siamo sulla strada giusta. I ricercatori ora stanno studiando come prolungare questi effetti.

La scienza non si ferma mai, e questa è solo l'inizio di qualcosa che potrebbe cambiare tutto.

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Un 38enne recupera la vista grazie a una terapia genica: primo caso al mondo a Napoli.

 

Un uomo affetto da sindrome di Usher torna a vedere dopo un intervento sperimentale alla Clinica Oculistica della Vanvitelli. È il primo paziente trattato con una terapia genica a doppio vettore sviluppata dal TIGEM.

Raggiunto un traguardo senza precedenti per la medicina italiana, un paziente affetto da una rara malattia genetica ha recuperato la vista grazie a una nuova terapia sperimentale. Il trattamento, realizzato presso la Clinica Oculistica dell'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli", ha restituito la vista a un uomo di 38 anni colpito dalla sindrome di Usher di tipo 1B. Si tratta del primo caso al mondo in cui una terapia genica a doppio vettore si è dimostrata clinicamente efficace per combattere una patologia oculare ereditaria. Il protocollo è stato sviluppato dal TIGEM (Istituto Telethon di Genetica e Medicina), e i risultati fanno di Napoli il primo centro internazionale ad aver avviato il trattamento su pazienti reali.

Cosa sono le terapie geniche e come funzionano

 Le terapie geniche mirano a correggere mutazioni genetiche alla base di numerose malattie rare, trasferendo all'interno delle cellule versioni corrette dei geni difettosi. Si utilizzano vettori virali modificati, capaci di trasportare il materiale genetico terapeutico là dove serve, senza provocare infezioni. Questo approccio può ripristinare la funzionalità cellulare, ridurre i sintomi o, in alcuni casi, riportare alla normalità funzioni perse. Finora la terapia genica era impiegata con successo in alcune malattie del sangue e immunodeficienze. Nel campo oculistico, i progressi sono più recenti, ma promettenti.

Cos'è la sindrome di Usher di tipo 1B

 La sindrome di Usher è una malattia genetica rara che combina sordità congenita e perdita progressiva della vista. Il tipo 1B è una delle forme più gravi: si manifesta con sordità alla nascita, alterazioni dell'equilibrio e, entro i primi dieci anni di vita, con una retinite pigmentosa che compromette la vista fino alla cecità. La causa è una mutazione del gene MYO7A, coinvolto nella produzione di una proteina fondamentale per la funzione dei fotorecettori della retina. Attualmente, non esistono terapie risolutive per la componente visiva della malattia, il che rende ogni avanzamento terapeutico una svolta cruciale per i pazienti.

La terapia sperimentale: come funziona il doppio vettore

 La terapia adottata per la sindrome di Usher di tipo 1B è basata su un sistema "a doppio vettore", una tecnica all'avanguardia che supera uno dei limiti principali della terapia genica: la capienza dei vettori virali. Il gene coinvolto nella patologia, MYO7A, è infatti troppo grande per essere contenuto in un singolo vettore. Il team guidato da Francesca Simonelli ha risolto il problema dividendo il gene in due porzioni trasportate da due distinti vettori, iniettati sotto la retina. Una volta all'interno delle cellule, le due metà si ricompongono per produrre la proteina mancante. Il trattamento è stato ben tollerato e ha dimostrato i primi effetti positivi già a pochi giorni dall'intervento.

Il primo paziente e il ritorno alla vista

 Il protagonista di questo risultato è un uomo di 38 anni, affetto fin dalla nascita da sordità e da una progressiva perdita della vista. Prima dell'intervento, riusciva a vedere solo ombre indistinte. Oggi riconosce volti, legge sottotitoli da lontano, si muove autonomamente anche in ambienti scarsamente illuminati. "Non è solo vedere meglio: è iniziare a vivere", ha dichiarato l'uomo, il primo al mondo a essere sottoposto a questa nuova terapia. A un anno dal trattamento, eseguito nel luglio 2024, non è più ipovedente e ha recuperato gran parte del campo visivo.

I numeri dello studio LUCE-1 e i risultati sugli altri pazienti

 Il caso rientra nello studio internazionale LUCE-1, avviato nel centro partenopeo in collaborazione con istituti di Londra. Finora, oltre al primo paziente, altri sette sono stati trattati tra ottobre 2024 e aprile 2025. Le prime somministrazioni hanno usato dosi basse e intermedie della terapia, dimostrando un buon profilo di sicurezza: nessun evento avverso serio, e infiammazioni oculari risolte con terapia corticosteroidea. A breve si passerà a testare un terzo dosaggio su altri sette pazienti. L'obiettivo è dimostrare l'efficacia e la riproducibilità del metodo anche su più ampia scala.

Cos'è il TIGEM e perché è centrale nella ricerca

 Il TIGEMIstituto Telethon di Genetica e Medicina, con sede a Pozzuoli, è uno dei centri di ricerca più avanzati d'Europa nel campo delle malattie genetiche rare. Fondato dalla Fondazione Telethon, è guidato dal genetista Alberto Auricchio, ed è anche il nucleo da cui è nata AAVantgarde Bio, azienda che sponsorizza lo studio LUCE-1. Il TIGEM ha messo a punto la piattaforma tecnologica che consente di utilizzare vettori doppi per geni troppo grandi, una frontiera della terapia genica che amplia le possibilità di trattamento per molte patologie finora irrisolvibili.

Un traguardo per la ricerca genetica italiana

 Il risultato ottenuto a Napoli è stato celebrato anche dalle istituzioni. "Questo traguardo descrive l'eccellenza della ricerca pubblica italiana e la sua capacità di trasformare visione e dedizione in progresso reale per il Paese", ha dichiarato Maria Rosaria Campitiello, del Ministero della Salute. Il rettore Gianfranco Nicoletti ha sottolineato l'importanza del ruolo dell'Università Vanvitelli nella sperimentazione clinica, riconoscendo l'impegno della professoressa Simonelli e del suo team. La ricerca pubblica, supportata anche dai fondi del PNRR, dimostra di essere in prima linea per offrire risposte concrete ai pazienti.

La sperimentazione non si ferma. I prossimi pazienti arruolati riceveranno dosaggi differenti per testare ulteriormente efficacia e durata del trattamento. Gli studiosi confidano che l'approccio a doppio vettore possa essere esteso ad altre malattie oculari ereditarie legate a geni troppo grandi per i vettori tradizionali. Se i risultati saranno confermati, si aprirà una nuova stagione nella medicina oculistica, con trattamenti personalizzati capaci di restituire funzioni vitali a chi pensava di averle perse per sempre. Napoli, ancora una volta, si conferma laboratorio d'innovazione al servizio della salute. 

https://www.tgcom24.mediaset.it/salute/terapia-genica-napoli-recupera-vista-sindrome-usher_101590399-202502k.shtml

sabato 6 marzo 2021

Tumori, anticorpi intelligenti li colpiscono al cuore.

Una cellule tumorale del pancreas (fonte: Min Yu,USC Norris Comprehensive Cancer Center)


Incoraggianti i test sui topi, verso terapia più facile e sicura.

Si può mandare il tumore al tappeto, anche sferrando colpi considerati finora proibiti, grazie ai nuovi anticorpi a doppia azione che gli esperti chiamano 'bispecifici'. La loro peculiarità è quella di poter legare la cellula tumorale e allo stesso tempo anche i linfociti T del sistema immunitario, diventando una sorta di ponte che facilita il riconoscimento e l'eliminazione delle cellule malate risparmiando quelle sane. La validità di questo approccio, che potrebbe aprire la strada a una nuova immunoterapia più facile e sicura, è dimostrata su cellule umane e modelli animali in tre diversi studi, guidati dalla Johns Hopkins University e pubblicati sulle riviste Science, Science Immunology e Science Translational Medicine.

Nel primo lavoro, i ricercatori hanno messo nel mirino un bersaglio tumorale molto sfuggente, localizzato per lo più nel nucleo delle cellule e per questo irraggiungibile per molte terapie: si tratta della proteina p53, un oncosoppressore che in molti tumori risulta mutato e spento. Nei topi malati di mieloma multiplo, gli anticorpi bispecifici sono riusciti a riconoscere e legare la proteina mutata anche quando era presente in minime quantità sulla superficie delle cellule tumorali, inducendo i linfociti T a eliminarle in modo selettivo.

Nel secondo studio, condotto su cellule umane prelevate da tumori di polmone e pancreas, gli anticorpi hanno dimostrato di poterle distruggere in maniera mirata colpendo un altro target molto elusivo, la proteina mutata RAS.

Infine l'ultimo studio, realizzato su cellule umane e topi con diversi tipi di leucemia e linfoma, ha dimostrato l'efficacia di anticorpi bispecifici diretti contro due bersagli molecolari presenti sui linfociti T malati, che in questo modo vengono colpiti risparmiando quelli sani.

Questi risultati indicano che la ricerca sugli anticorpi bispecifici ha imboccato una strada promettente, che potrebbe portare a una nuova immunoterapia più facile da usare perché non richiede di essere personalizzata, a differenza per esempio delle terapie Car-T basate sui linfociti T del paziente stesso modificati in laboratorio e poi reinfusi. Per realizzare appieno il potenziale di questi nuovi anticorpi, però, ci sono ancora diversi problemi da risolvere, come sottolinea Jon Weidanz, immunologo dell'Università del Texas e imprenditore biotech. Nel suo editoriale su Science osserva ad esempio che gli anticorpi sono piccole molecole che finiscono per essere eliminate in fretta dal sangue: per questo motivo bisognerà immaginare una formulazione o un metodo di somministrazione (ad esempio attraverso una piccola pompa impiantata) che permetta di mantenere nel tempo una concentrazione adeguata del farmaco in circolazione.

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2021/03/05/tumori-anticorpi-intelligenti-li-colpiscono-al-cuore_73a38ef6-e042-45d0-92e2-83372502b29b.html

giovedì 14 novembre 2019

Danno da 200mln,inchiesta dirigenti Aifa.



Indagine C. Conti su limitazioni imposte a farmaco più economico.


(ANSA) - ROMA, 14 NOV - Avrebbero imposto delle limitazioni alla prescrivibilità di un farmaco più economico per curare alcune malattie oculari, provocando un danno all'erario dello Stato di 200 milioni, pari ai maggiori costi sostenuti dal Servizio sanitario nazionale. E' l'accusa contestata ad alcuni membri dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, tra cui dirigenti e componenti pro tempore della Commissione consultiva tecnico scientifica. La Guardia di Finanza sta notificando ai soggetti coinvolti nell'indagine della Corte dei Conti del Lazio un invito a dedurre.

lunedì 27 agosto 2018

Cancro, arriva in Europa terapia antitumorale con cellule del paziente.

Coltura di cellule in laboratorio (Ansa)

Via libera all'immunoterapia Car-T tisagenlecleucel che utilizza i linfociti T per combattere le neoplasie. Potrà essere usata per il trattamento di due forme di leucemia e linfoma, nel caso non funzionino le terapie tradizionali.

Roma, 27 agosto 2018 - Novità importante nel campo della cura di leucemie linfomi. La Commissione europea ha dato l'ok all'uso dell'immunoterapia Car-T tisagenlecleucel per il trattamento di bambini e giovani adulti fino ai 25 anni con leucemia linfoblastica acuta (Lla) a cellule B e per il trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (Dlbcl) nei casi in cui la patologia non risponda alle tradizionali terapie (neoplasie recidivanti o refrattarie). E' la prima volta che la cura per i tumori chiamata 'Car T', che prevede l'uso delle cellule del paziente 'addestrate' a riconoscere quelle tumorali, arriva in Europa. Ad annunciarlo è la svizzera Novartis, che "continua a collaborare con le autorità competenti di tutta Europa - si legge in una nota - per definire un approccio economico equo e basato sul valore, ma che sia al contempo sostenibile per i servizi sanitari nazionali".
IN COSA CONSISTE LA CAR-T THERAPY- E' la stessa azienda a spiegare le potenzialià del nuovo farmaco sviluppato in collaborazione con l'università della Pennsylvania: "Tisagenlecleucel è un trattamento rivoluzionario cheutilizza i linfociti T del paziente per combattere il cancro". La Cart-t therapy consiste infatti nel prelevare i linfociti T del paziente, un tipo di cellule del sistema immunitario, modificandoli perché riconoscano le cellule tumorali e poi reinfondendoli dopo averli fatti replicare. E' anche "l'unica terapia con recettore antigenico chimerico delle cellule T (Car-T) che ha ricevuto l'approvazione regolatoria nella Ue per due distinte neoplasie a cellule B", nonché "è stato anche la prima terapia cellulare Car-T mai approvata dalla Fda statunitense".
IL SI' DELL'EMA - L'autorizzazione della Commissione è arrivata dopo il parere positivo del Chmp, il comitato dell'Ema (Agenzia europea per i medicinali) che si occupa dell'approvazione dei farmaci, a fine giugno. Per Liz Barrett, Ceo di Novartis Oncology, il via libera dell'Emarappresenta "una svolta trasformativa per i pazienti in Europa che hanno bisogno di nuove opzioni terapeutiche. Perseguendo tenacemente il suo obiettivo di ridisegnare la cura del cancro - aggiunge - Novartis sta realizzando un'infrastruttura globale per la fornitura di terapie cellulari Car-T, laddove prima non ne esisteva alcuna".

Peter Bader, capo della Divisione immunologia e trapianti di cellule staminali dell'University Hospital for Children and Adolescents di Francoforte, principal investigator dello studio 'Eliana' sul tisagenlecleucel, parla di "progresso senza precedenti del paradigma terapeutico". Il farmaco, evidenzia in particolare l'esperto, "costituisce una terapia salvavita per i giovani pazienti con Lla che non sono stati trattati con successo con le terapie esistenti e per i quali sono rimaste poche opzioni terapeutiche".