lunedì 15 marzo 2010

Da Bertolaso al “salva-liste”, il Vaticano abbraccia Berlusconijad di don Paolo Farinella


Il boccone che mangia Giuda nell’ultima di Cena con Gesù, è un boccone amaro, quello del tradimento. Esso però fu uno solo, a differenza di noi che ci stiamo ingozzando di «bocconi» di ogni specie e forma. Giuda aveva ancora un minimo di pudore perché agì di notte, mentre i Giuda che sono al governo e in parlamento non si vergognano più dei tradimenti, ma addirittura se ne vantano e agiscono alla luce del sole. Il delirio di impunità è così forte e virulento che questi assassini del diritto e della Legge oltre che denigratori conclamati di illegalità, non si fanno più scrupolo di salvare le forme: a loro interessa portare a casa subito e tutto. Non starò a ripetere cose e fatti detti e ridetti, battuti e ribattuti, mi limito solo ad alcune stravaganze per esercitare la mia coscienza a non addormentarsi nemmeno per un momento.

Lunedì 8 marzo 2010 a Genova, il prof. Paolo Prodi (fratello di Romano) e storico di professione ci ha intrattenuto con una riflessione pacata e amare su «Quando i cattolici non erano moderati» agivano con la profezia del vangelo, risalendo sempre la china del confronto con il mondo del potere. Vi fu un tempo, quando non era papa, in cui Joseph Ratzinger, faceva l’elogio della coscienza come resistenza anche all’autorità suprema della Chiesa. Oggi che Joseph è papa, dobbiamo anche sopportare di ascoltare il suo segretario di Stato, tale prima donna Tarcisio Bertone il quale ciancia che in caso di eventuale conflitto tra coscienza e autorità prevale l’autorità, ponendosi così da sé, se ve ne fosse ancora bisogno, fuori dalla dottrina «tradizionalista» della stessa Chiesa.

Il papa sabato 6 marzo 2010 ha ricevuto Bertolaso e il «nobiluomo» Gianni Letta, con la scusa di ricevere il volontariato della protezione civile. Ha pontificato Bertolaso che sembrava una puttana che si metteva in vendita dispensando aforismi e sapienza davanti alle eminenze vaticaniste ridenti e beote: «Basta parlare di scandali perché la protezione civile sono i suoi volontari». Il papa ha fatto la sinfonia di rito, senza dire una parola di quelle che avrebbe dovuto dire e invece come suo solito, tace e diventa complice. Beato lui che non vede, non sente e in più non parla.

Nessuno ha detto che il termine «volontariato/volontario» è alquanto equivoco se non da abolire. Dicesi «volontario/a» colui o colei che offre il proprio tempo senza ricevere in cambio denaro o altro. I volontari della protezione civile agiscono tutti e tutte gratuitamente o hanno un riconoscimento per il loro impegno? Se sì non sono volontari, se no, non credo che starebbero nella protezione civile che è un carrozzone speculativo e corrotto di cui abbiamo visto solo la cima in questi giorni. D’altra parte questa protezione civile è fatta ad immagine del capo del governo: uomo di rispecchiato senso dell’altruismo, della gratuità e del disinteresse. Berlusconi scegli i suoi uomini, essendo Dio, a sua immagine e somiglianza e cioè corruttibili e quindi corrotti e di conseguenza corruttori. Il «nobiluomo» Letta/Mazzarino che regge il flabello dell’ossequio liquaminoso ad ogni ombra di gerarchia ecclesiastica, protetto dal papa e dal segretario di Stato-prima donna, continua imperterrito a tramare contro lo Stato, la Repubblica, le Istituzioni e ad imporre leggi ignoranti, ma con la forza di distruggere l’anima resistente della Legge come dimensione degli spiriti e della nazione.

Il papa non doveva riceverli, almeno ora a immoralità aperta e ancora fumante. La gente che vede Bertolaso e Letta/Mazzarino accanto a lui non può non pensare che non sono colpevoli se poi aggiungiamo che il Minzolini fa passare l’idea che Mills è stato assolto, il cerchio è completo: Berlusconi è innocente e con lui tutto il convento. Il papa a questo punto ha responsabilità e colpe, a meno che non sia ricattato, cosa non del tutto scevra di dubbi. Mi dicono che la protezione civile italiana abbia fatto pulire i giardini vaticani a spese naturalmente del popolo italiano saldamento radicato non nelle radici cristiani, ma in quelle più solide del Vaticano.

La protezione civile non si muove senza l’avallo della presidenza del consiglio (Mazzarino/Letta e Berlusconi): viene il dubbio che diventa certezza che questi qua di là e di qua del Tevere sono una combriccola di mafiosi renitenti, recidivi e immorali che si tengono insieme in forza del principio: «una mano lava l’altra e tutte due lavano il viso». Favori di scambio di stile camorristico-‘ndranghetoso. Per favore, qualcuno può smentire che i giardini papalini siano stati puliti dalla protezione civile? Sfido che il papa dalle scarpette rosse, targate Prada, riceva i «volontari» che per lui lavorano, oh, si! gratis. Capisco così che Bertolaso possa pontificare anche davanti al papa, magari presentando le massaggiatrici pronte a lanciarsi in diretta al bacio della sacra pantofola.

Mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio per gli affari giuridici della Cei, nei giorni scorsi era intervenuto con durezza sul «decreto interpretativo» del governo per la riammissione delle liste del Pdl per le Regionali nel Lazio. Il lucido monsignore ha detto (7 marzo 2010):

«Cambiare le regole del gioco mentre il gioco è già in atto è altamente scorretto, perché si legittima ogni intervento arbitrario con la motivazione che ragioni più o meno intrinseche o pertinenti mettono in gioco il valore della partecipazione. La definizione giusta è quella data dal presidente della Repubblica, quando ha parlato di un grandissimo pasticcio. In democrazia non si può fare una distinzione fra ciò che sono le regole e quello che è il bene sostanziale. Le regole non sono un aspetto accidentale del vivere insieme, ma quelle che dettano il binario attraverso cui incamminarci. La democrazia è una realtà fragile che ha bisogno di essere sostenuta e accompagnata da norme, da regole, perché altrimenti non riusciamo più ad orientarci e se dovesse essere frutto dell’arbitrio di qualcuno o improvvisata ogni giorno mancherebbe certezza del diritto. Ci sono state leggerezze, manchevolezze, approssimazioni nell’affrontare il gioco democratico che non sono a favore di nessuno», ha poi spiegato, e «questo affrontare con approssimazione il gioco democratico significa che forse siamo impreparati a una democrazia sostanziale. E’ un brutto precedente e un atteggiamento arrogante della maggioranza».

L'articolo è molto lungo, non lo riporto tutto, ma chi volesse farlo, può continuare a leggerlo su:



domenica 14 marzo 2010

Tutti gli uomini del presidente - Marco Lillo e Peter Gomez

14 marzo 2010
Nome per nome ecco la squadra che imbavaglia l'informazione . Contro Santoro,Berlusconi diceva a Innocenzi (Agcom): "Elabora una strategia e aprite il fuoco". E il vicepresidente della vigilanza Lainati ricordava: "Sono un soldato". Ferri(Csm) indicato come il consulente che dava una veste giuridica ai documenti usati nella "strategia" contro Annozero.

Non c’è solo l’Agcom nella squadretta di manganellatori messa in piedi sotto il comando di Silvio Berlusconi per azzittire gli show politici sulla Rai. A Il Fatto Quotidiano risulta che numerose intercettazioni trascritte dalla Guardia di Finanza riguardano la Commissione di vigilanza sui servizi radiotelevisivi. In particolare un ruolo chiave nella “strategia” messa in piedi da Silvio Berlusconi per arrivare allo stop di Michele Santoro (una vera ossessione per il Cavaliere) lo riveste Giorgio Lainati, deputato del Pdl e vicepresidente della Commissione. Questo ex giornalista Mediaset promosso dal padrone deputato nel 2001 è sempre stato unbulldog degli interessi del Cavaliere nel Parlamento. Quando il commissario dell’Agcom Giancarlo Innocenzi (il coach della squadretta del presidente) deve riunire tutti i fedelissimi insediati nei gangli dell’informazione, è proprio Lainati il primo della lista. Innocenzi entra in fibrillazione alla fine di novembre quando si scopre che Santoro, dopo la puntata con Patrizia D’Addario, dopo la trasmissione incentrata sul sottosegretario Nicola Cosentino e la camorra, ora sta preparando un focus sul caso Berlusconi-Mills. Più che il commissario dell’Autorità Garante delle Comunicazioni, sembra il commissario tecnico della squadretta del suo padrone e dirama le convocazioni per un incontro urgente.

Il presidente del Consiglio gli ha dato un incarico preciso: “Elaborare la strategia per arrivare alla chiusura di
Annozero ma anche di Ballarò’e magari di Parla con me”. Innocenzi chiama subito la sua sporca mezza dozzina per organizzare un incontro. Da vero pasdaran della causa che arriva a dire: “Per me conta solo una persona”, cioè l’amato Berlusconi (da lui definito indifferentemente “Capo” o “Padrone”) si lancia ventre a terra a caricare “gli uomini del presidente”.

All’appello dei fedelissimi registrato dagli investigatori i convocati sono il direttore generale della Rai,
Mauro Masi; il consigliere di amministrazione dell’azienda pubblica , Alessio Gorla e - difficile anche solo a immaginarsi - un magistrato importante: Cosimo Ferri. Proprio lui il potente presidente della settima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, quella che stabilisce gli incarichi direttivi. Innocenzi lo convoca ogni volta che c’è da prendere una decisione importante. Per esempio, prima di preparare le due lettere che dovevano essere inviate dall’Agcom e dal direttore generale della Rai Mauro Masi per soffocare in una tenaglia Annozero, Innocenzi chiede al consigliere della Rai Alessio Gorla (che subito le fornisce in via riservata) le carte che servono a Cosimo Ferri. Nei fedeli resoconti al premier delle sue attività, Innocenzi cita sempre Cosimo Ferri come uno degli uomini che stavano dando una mano per supportare con adeguate motivazioni legali la strategia per colpire i nemici mediatici del Cavaliere. Innocenzi riferisce a Lainati tutte le sue mosse. Gli racconta di avere chiamato il direttore generale della Rai Mauro Masi, il consigliere di amministrazione della concessionaria pubblica, Alessio Gorla e di avere comunicato a tutti l’obiettivo: “Bisogna trovare una soluzione per evitare che Santoro faccia il processo Mills”. Nelle telefonate è citato spesso ma non appare mai il presidente dell’Agcom. Mentre il suo braccio destro, Roberto Viola, è in contatto continuo con Innocenzi e funge da pontiere tra i due. Comunque a giudicare dai risultati, tra tutti proprio Giorgio Lainati, si rivelerà il giocatore decisivo della partita. Alla fine, dopo mille fallimenti e mille lavate di capo del capo ai suoi “killer” pasticcioni e incapaci è stata proprio la commissione di vigilanza a regalare l’assist vincente che ha permesso all’Agcom di segnare il goal. Il provvedimento firmato dall’Autorità (e annullato dal Tar due giorni fa) che è riuscito a ottenere l’oscuramento di Annozero, Ballarò e delle altre trasmissioni politiche durante la campagna elettorale delle regionali, infatti, è stata l’attuazione di un regolamento approvato dalla Commissione di Vigilanza il 10 febbraio scorso. Quel regolamento, è stato censurato implicitamente dai giudici amministrativi che non potevano certo annullarlo senza scatenare un conflitto tra potere giudiziario e legislativo.

Ma nella motivazione dell’annullamento dell’atto dell’
Agcom è evidente la censura per un regolamento parlamentare che impone di applicare a tutte le trasmissioni preelettorali le severe regole delle tribune. Non c’è dubbio che il protagonista di quella partita, l’uomo che ha promosso e difeso contro ogni critica il regolamento che imbavaglia gli show politici pubblici lasciando campo libero a quelli privati del suo ex datore di lavoro, è proprio Lainati. Quando Innocenzi lo chiama dopo l’ennesima trasmissione di Michele Santoro indigesta al Capo, il vicepresidente della commissione parlamentare che dovrebbe garantire l’informazione corretta a tutti i cittadini risponde: “Io faccio il soldato, voi ditemi quello che devo fare e io lo faccio”.

Lainati è il pasdaran della squadretta e morde il freno quando lo chiamano per la battaglia. È infuriato anche con il Cavaliere che continua a scegliere uomini troppo mosci, come
Fabrizio Del Noce o Mauro Masi, che lui chiama Alice nel paese delle meraviglie. È colpa del presidente del Consiglio che li ha messi in quei posti se la meta non arriva. E Santoro riesce ad andare in onda. Dopo la puntata di Annozerosul caso Mills è lui stesso a proporre a Innocenzi: “Facciamo un esposto e vediamo cosa riuscite a farci poi voi dell’Agcom”. I due organizzano subito un incontro con i parlamentari del centrodestra più vicini. L’ex sottosegretario alla Giustizia Iole Santelli, oggi membro della commissione di Vigilanza anche lei, risponde alle convocazioni e alle telefonate prontamente. Ma anche il presidente della commissione parlamentare, Alessio Butti, e il leghista Davide Caparini, a sentire Innocenzi e Lainati, sono d’accordo. Chissà se è tutto vero quello che dicono al telefono, una cosa è certa, alla fine la commissione di Vigilanza riuscirà nel suo obiettivo.

da Il Fatto Quotidiano del 14 marzo 2010

sabato 13 marzo 2010

L’ultima battaglia del Patriarca

[Die Zeit]

La fine di Berlusconi sembra essere imminente. Paradossalmente, ne potrebbe beneficiare anche la mafia.

Quanto riuscira’ Berlusconi a resistere? Per quanto tempo riuscira’ a rimanere ancora al potere? Queste domande vengono sollevate dopo ogni nuovo scandalo. Storie di sesso, accuse di corruzione, ora anche l’accusa specifica di un pentito mafioso che ha dichiarato che Berlusconi ha avuto contatti fin dal 1993 con Cosa Nostra in Sicilia. Le accuse suonano sempre più drammatiche, gli allarmismi di Berlusconi nei confronti di un “complotto comunista” risuonano sempre piu’ come un disco rotto. Sempre più spesso, Berlusconi minaccia nuove elezioni. La convinzione degli italiani che non vi sia alternativa a lui è la sua ultima speranza di rimanere al potere.

Questa convinzione si sta sgretolando. Anche se il Partito Democratico di centro-sinistra all’opposizione continua a mostrare un quadro triste di se stesso. Per ben otto mesi il Partito Democratico è rimasto senza leader, ovvero proprio al momento in cui le scappatelle sessuali di Berlusconi hanno ridicolizzato l’Italia agli occhi dell’opinione pubblica mondiale.

Ma a parte le strutture partitiche dell’opposizione, si e’ creata un’ opposizione extra-parlamentare. Ci sarebbe, in primo luogo, una Chiesa sempre piu’ apertamente contro il Presidente del Consiglio; cio’ rappresenta una novità nella storia del dopoguerra. Ci sarebbero gli intellettuali che sono rimasti in silenzio per troppo tempo. Un appello dello scrittore Roberto Saviano a Berlusconi di affrontare i suoi casi giudiziari e’ già stato firmato da 500.000 cittadini. Migliaia di scolari e studenti hanno protestato ancora una volta questo autunno contro il governo. Sabato a Roma si sono radunati centinaia di migliaia di giovani per un “No Berlusconi-Day” organizzato da blogger. La protesta pacifica organizzata via Internet ha fatto sembrare ancora piu’ vecchio il ferito patriarca Berlusconi. Persino il suo mass-media, la seducente e inebriante televisione, con la quale ha tenuto sotto controllo l’Italia tanto tempo è ormai vecchia.

Le azioni della generazione di Internet mostrano che la cultura della protesta in Italia non è ancora completamente soffocata. Tuttavia, politicamente non è più chiaramente etichettabile come nel passato. Alla manifestazione a Roma si potevano udire cori per Gianfranco Fini. Ironia della sorte Fini, tuttora presidente della camera e vice di Berlusconi, è anche il suo critico più risoluto. Dall’estero, Fini sta ricevendo molto supporto e sostegno. Nel partito viene invece attaccato, di recente è stato anche minacciato di espulsione dal partito. L’uomo che una volta considerava Mussolini come “il più grande statista del 20mo secolo”, si presenta ora come un difensore delle istituzioni democratiche contro il suo primo ministro. Un neo-fascista sdoganato come alfiere della democrazia: questa è l’Italia di oggi. Ed è forse l’unica possibilità del paese.

Il ruolo di Fini non è ancora chiaro: è il suo atteggiamento vero, o fa solo la parte del critico che Berlusconi stesso si e’ scelto? Ci sono forti indicazioni che Fini non voglia attendere altri tre anni per assumere il potere nel partito e il paese. Fini sente che potrebbe essere troppo tardi per lui e il suo progetto: l’abbandono di una cultura del capo che è sia antidemocratica che anacronistica, e la costruzione di un partito conservatore moderno ed europeo.

Perche’ non solo per Berlusconi si sta chiudendo la rete, anche per Italia. Per 15 anni, in questo paese tutto cio’ che accade e’ incentrato solo attorno a Berlusconi, la politica non conosce altri temi, Berlusconi stesso neppure. Lui non conosce limiti, di certo non quelli dettati dalla Costituzione. Quando Berlusconi mina e indebolisce le istituzioni democratiche, fa il gioco della mafia. Questo è il grande pericolo per l’Italia, ed è un pericolo reale. Per salvarsi da possibili condanne giudiziarie, il Premier vuole ora ridurre la durata dei processi e quindi cio’ vale anche per i casi contro la mafia. Cio’ vorrebbe dire consegnare il paese nelle mani dei boss per tutelare gli interessi del capo del governo – sempre ammesso che glielo si lasci fare.

I seguaci di Berlusconi hanno a lungo avuto vantaggi in tutti i modi da lui. Berlusconi ha offerto loro denaro, influenza e potere. Adesso questi si rendono conto di essere finiti in un vicolo cieco. E cercano una via d’uscita. Ma probabilmente l’ultima battaglia del Patriarca lasciera’ anche a loro un cumulo di macerie. Il berlusconismo probabilmente non si concluderà in una necessaria pulizia e ricambio interno, ma in sfinimento. Indietro rimarra’ un paese politicamente demoralizzato, che già ha pagato. Perché, a dispetto delle attivita’ dei Blogger e delle manifestazioni studentesche, in questi ultimi anni, tanti giovani laureati hanno voltato le spalle all’Italia come mai prima nel passato era successo. I migliori abbandonano un paese spossato e a pezzi.

http://italiadallestero.info/archives/9153

Il reato si fa Stato - Antonio Padellaro




13 marzo 2010
Dopo aver letto il Fatto molti dicono: sapevamo tutto ma non c’erano le prove. Adesso le prove ci sono. L’inchiesta della Procura di Trani ricostruita da Antonio Massari è un documento nitido e conseguente in ogni suo passaggio sul potere assoluto dell’illegalità in Italia. Il reato che si fa Stato. Davvero esemplare quanto dichiarato dall’onorevole avvocato Longo, luminare dei codici e delle pandette al servizio di Berlusconi che, interpellato sulle pressioni esercitate dal premier per bloccare Annozero, ha così sorriso: se lo avesse fatto davvero sarebbe stato encomiabile visto che è una trasmissione noiosa. È il tono canzonatorio di chi sa che tutto è concesso al suo onnipotente cliente e alla vasta e addomesticata corte di ben retribuiti corifei, legulei e burocrati un tanto al chilo. Sembrava dirci, Longo: nessuno può fermarci e tantomeno un piccolo pm pugliese. Del resto, costoro ti ridono in faccia se provi a denunciare lo scandalo di un’Autorità creata indipendente e a garanzia dei cittadini ma non più tale dopo che un suo membro, per giunta recidivo, viene colto mentre trama con i suoi simili Rai per stroncare trasmissioni e conduttori su mandato del suo vero padrone. E che dire del direttore del Tg1 che rivendica il suo diritto a dire e a fare ciò che più gli aggrada con il piglio del gerarchetto: “Io tirerò diritto”. Lo strapotere arrogante che vanta devianza e impunità non nasce per caso. Ad alcuni leader che oggi a Roma si rivolgono a una piazza come sempre generosa di speranze bisognerebbe chiedere dove diavolo erano quando il piccolo autocrate si sistemava al meglio affari e conflitti d’interesse senza che alcuno nel centrosinistra facesse qualcosa per fermarlo.

Oggi leggeremo sui giornali padronali le solite veline sulla giustizia a orologeria. Si tenterà in tutti i modi di ridicolizzare l’inchiesta e chi l’ha condotta, magari denunciando il colore dei suoi calzini. Lo sanno bene che l’unico vero pericolo può venirgli addosso dai tanti piccoli giudici che fortunatamente non si fanno intimidire. Quelli che scavano nella corruzione delle grandi opere. Quelli che portano alla luce i rapporti tra membri del Parlamento e crimine organizzato. Quelli che non si fanno complici di pasticci sulle liste elettorali. Quelli, infine, che svelano ciò che tanti sapevano ma facevano finta di non vedere.

da Il Fatto Quotidiano del 13 marzo 2010

Masi, l’Agcom e la lettera per fermare Santoro -Antonio Massari

13 marzo 2010
Le minacce di B: se non ci riuscite è una barzelletta, dovreste dimettervi. Il garante: per me ci sei solo tu.

Berlusconi chiede – esplicitamente – ai suo fedelissimi dell’Agcom di elaborare una “strategia” per fermare Santoro. E l’Agcom si attiva. Non soltanto l’Authority: si muovono i vertici della Rai, si attiva l’intervento del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e viene coinvolto persino un membro del Csm. È di “strategia” che parla anche il direttore generale della Rai, Mauro Masi, quando si confronta con il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi, sul tema Santoro: una “strategia” che il Fatto Quotidiano oggi è in grado di rivelare e che vede il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, costantemente informato, giorno dopo giorno, passo dopo passo, di ogni mossa predisposta o da predisporre. Il fattore scatenante si manifesta nel novembre 2009: s’è sparsa la voce che Santoro intende trasmettere una puntata sul “caso Mills”. Berlusconi è stato informato dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro, che a sua volta l’ha saputo da Santoro, che l’ha invitato in trasmissione. E il premier non ci sta: si lamenta pesantemente con Innocenzi. Questa puntata gli risulta insopportabile. Chiede a Innocenzi d’intervenire pubblicamente. Gli suggerisce di esprimersi in maniera dura. Molto dura. Lo sollecita a spingersi fino a criticare l’Authority per cui lavora – l’Agcom – accusandola di immobilismo. Innocenzi annuisce. È talmente consenziente da chiedere , a Berlusconi, il permesso di poter spingere l’acceleratore fino in fondo. Berlusconi non ha titoli per concedere – a un membro dell’Agcom – simili permessi. Ma il permesso viene richiesto. E il permesso viene accordato. Anzi – conclude il premier – fammi sapere la “strategia” che avrai elaborato. Ed ecco il sistema: la “strategia” può ruotare intorno a una “lettera”. Dovrebbe firmarla il capo dell’Agcom, Corrado Calabrò, per poi spedirla al direttore generale della Rai, Mauro Masi. A sua volta, Masi, ricevuta la lettera, potrebbe promuovere dei provvedimenti su Santoro. Serve una “lettera” efficace, però, e a consigliarne il contenuto è proprio Masi. È Masi che indica a Innocenzi la strada maestra per intralciare Santoro e Annozero. Siamo al paradosso: il direttore generale della Rai, che dovrebbe tutelare l’azienda, indica all’Agcom la via per incastrare un giornalista della stessa Rai e uno dei programmi di punta dell’azienda. Tra l’altro, parlando con Innocenzi, è lo stesso Masi che rivendica: la Rai è stata “aggiustata”. Non tutta. Ma quasi. Mettiamo il caso di RaiTre: il direttore Ruffini non c’è più.

Anche
Tg1 e Tg2 stanno dando un messaggio diverso rispetto al passato. Persino ilTg3 sarebbe in qualche modo cambiato. Per Santoro , però – dice Masi – la questione è diversa. Nella prima fase della strategia Innocenzi sceglie una strada: non si possono fare “processi” in tv soprattutto se, questi processi, sono in corso nelle aule dei tribunali. Anche le docufiction – che poi saranno bloccate – rappresentano un problema. Ci sarebbe un preciso precedente giuridico sui processi in tv. Insomma: la via intravista da Innocenzi lascia presumere che, in base a questo indirizzo – e all’opportuna “lettera” scritta da Masi e firmata da Calabrò – si possa placcare Santoro e Annozero “prima” che vada in onda. Berlusconi si fa risentire: Innocenzi garantisce che sta lavorando alla “strategia” e che incontrerà, per metterla a punto, persino un membro del Csm. Ma la strada indicata da Innocenzi – quella sui processi in tv – non è adeguata. È il segretario generale dell’Agcom Viola ad accorgersene: parliamo del braccio destro del presidente Calabrò. La situazione si chiarisce quando Innocenzi richiama Masi: ha una busta. Dentro c’è qualcosa di scritto. Gliela lascia in un posto dove Masi può leggerla. Anche in questo caso, Berlusconi, viene tempestivamente informato. Prima, però, il Cavaliere inonda Innocenzi dei soliti improperi: il presidente Calabrò dovrebbe lasciare il suo posto, insieme con tutta l’Agcom, che dovrebbe dimettersi in blocco, visto che è una sorta di “barzelletta”.

Innocenzi prende la sua dose quotidiana di rimproveri e poi rasserena il presidente del Consiglio: Masi ha una copia della bozza della lettera. E redarguisce Innocenzi: questa “lettera”, per come è stata elaborata, può servire dopo le trasmissioni. Non prima. Insomma: se Santoro non sbaglia – e la trasmissione su
Mills non è ancor andata in onda – non lo si può sanzionare. Non avverrebbe neanche nello Zimbabwe. E quindi: bisogna ricominciare da zero. Masi offre ancora i suoi consigli: la vicenda va inquadrata pensando al passato. Per esempio, la trasmissione sul caso di Patrizia D’Addario, aveva offerto molti spunti. E in effetti – nei suoi primi “consigli” a Innocenzi – Masi aveva chiesto di portargli tutto il materiale che l’Agcom aveva raccolto su Santoro e Annozero nei mesi precedenti. La “strategia” si evolve fino a questo punto: una lettera, debitamente compilata e poi firmata da Calabrò, potrebbe mettere Masi nelle condizioni di dire a Santoro che, se dovesse infrangere le direttive, la Rai potrebbe pagare una multa pari al 3 per cento del suo fatturato.

Calabrò – che non cederà alle pressioni – sembra intenzionato a non scrivere testi di questo tenore. Innocenzi – per intervenire su Calabrò – chiama persino
Gianni Letta, che si dice disponibile a rintracciarlo. Niente da fare. Calabrò non firma. Masi invierà comunque la lettera e il tormentone ricomincerà la settimana successiva. Sempre a ridosso dell’ennesima puntata di Annozero. Berlusconi s’inalbera e Innocenzi sopporta. Esibendo ancora una volta la sua obbedienza al Cavaliere: lo rassicura spiegando che, per lui, “esiste” soltanto una persona. L’ha confidato anche a un suo collega. E quella persona – s’intende – è Silvio Berlusconi.

da Il Fatto Quotidiano del 13 marzo 2010



Dell’Utri e la cricca contro la puntata Stato-mafia - Peter Gomez




13 marzo 2010
Le telefonate con il “vecchio amico Fininvest” dell’Autority per sanzionare il programma di Rai Due.

La parola chiave è "concordare". Si perchè gli esposti all'Agcom contro
Michele Santoro nascevano spesso da una serie di telefonate tra il membro, in teoria indipendente, dell'authority,Giancarlo Innocenzi, e esponenti del Pdl. L'esempio più chiaro di questo devastante conflitto d'interessi - Innocenzi è un ex sottosegretario del centro destra e un ex dipendente Fininvest- gli investigatori delle Fiamme Gialle di Bari se lo ritrovano in mano, anzi nei registratori, all'indomani di una puntata di Annozerodedicata alla trattativa Stato-Mafia e alle deposizioni del pentito Gaspare Spatuzza su Marcello Dell'Utri e il premier. È venerdì 11 dicembre, cinque milioni di telespettatori la sera prima hanno seguito la trasmissione. Di buon mattino il senatore Dell'Utri, a Palermo per un'udienza d'appello del processo in cui è stato condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, chiama l'ex (?) collega. Il tono tra i due è amichevole, confindenziale. Innocenzi gli chiede quando sarà a Roma perchè vuole discutere con lui le contrommosse. Bisogna infatti che l'imputato presenti un esposto contro il programma. E chiede che l'ex big boss di Publitalia gli dia il numero di "un referente" con "cui concordarlo". Così viene messo in contatto con l'avvocato Fininvest, Andrea Greppo. Innocenzi vuole fare una riunione con il professionista per vedere come impostare il documento. Ha molta fretta. Spiega che non c'è tempo da perdere. Ma Greppo non si occupa direttamente di Dell'Utri. Chi segue il caso è uno dei penalisti del parlamentare, l'avvocato Pietro Federico. Il ricorso sarà concordato con lui. "Stabilite come impostarlo e nel giro di 24 ore verrà depositato", dice Greppo. E infatti il lunedì successivo Federico e Innocenzi si sentono e decidono di incontrarsi alla galleria Colonna. La scena è surreale: Innocenzi, che di fatto è un giudice, stabilisce con una delle controparti cosa scrivere e come scrivere in un documento su cui lui stesso sarà poi chiamato a pronunciarsi. La cronaca dice comunque che Dell'Utri finisce per sparare alto. Il suo esposto sarà indirizzato non solo all'Agcom, ma anche al garante per la privacy e, per conoscenza, alla Corte dei Conti. Lo scenario che però si apre davanti agli occhi degli investigatori è chiarissimo.

Gli esposti devono essere presentati a getto continuo in modo che la Rai abbia tra le mani qualche argomento fondato per arrivare a impedire la messa in onda di
Annozero. Che questo sia il vero obbiettivo degli uomini del premier, i quali hanno preparato una sorta di piano, emerge da decine e decine d'intercettazioni, molte delle quali dedicate al secondo grande obbiettivo della lobby: bloccare prima di tutto le docufiction. E visto che non si può prendersela solo con Annozero i controlli e le disposizioni vengono estesi pure ad altri programmi. Il direttore generale della Rai, Mauro Masi, (non indagato a Trani) fa parte pienamente della partita, anche se Innocenzi e suoi amici lo accusano spesso di essere troppo timido. Un'accusa grave. Soprattutto perché Silvio Berlusconi in persona ha chiesto ai suoi di fare di tutto per fermare Santoro. Mercoledì 9 dicembre anzi Innocenzi e il premier hanno fatto il punto della situazione. Il membro dell'authority ha spiegato per telefono al proprietario di Mediaset di aver preparato, assieme a altri quattro colleghi, un ricorso urgente contro la trasmissione più vista di Raidue, ma di aver problemi anche con il presidente dell'autorità di garanzia, Corrado Calabrò, che ha "annacquato" tutto.

Giovedì 10 dicembre, a un paio d'ore dalla messa in onda della puntata su Spatuzza, Masi, da buon soldato, chiama comunque Innocenzi. Questa volta sembra sul piede di guerra. "Ho inviato una nuova diffida a Santoro annunciando che lo sospendo", spiega. Innocenzi invece illustra le mosse decise con gli altri 4 coleghi, e le difficoltà incontrate negli uffici del garante. Masi sembra disperato: "Ma alora Giancarlo che ci sta a fare l'autorità?", dice, "ancora una volta grazie al mitico Calabrò non abbiamo niente in mano". Così alla fine è Masi a intervenire. Non può fermare Santoro, ma almeno riesce a bloccare le
docufiction. Il consiglio di amministrazione dell'azienda è d'accordo. Ma per Innocenzi anche questo è un problema. "Ci hanno fatto fare una figura di cacca, perchè noi siamo rimasti a temporeggiare per mesi" gli dice per telefono una altro membro dell'authority, il professor Stefano Mannoni, già collaboratore de Il Giornale e de Il Foglio. E lui, un po' sconsolato, risponde "Esatto".

da Il Fatto Quotidiano del 13 marzo 2010



venerdì 12 marzo 2010

Protezione civile Connection - Luigi De Magistris

Le indagini espletate dalla Procura della Repubblica di Firenze evidenziano le nuove forme di corruzione. Fatti gravi, inquietanti, diffusi, ma non certamente nuovi. Il sistema criminale è il medesimo di quello ricostruito anche in recenti inchieste giudiziarie. Coincidono contesti, nomi, società. Un sistema criminale che ruota, soprattutto, intorno alla gestione del denaro pubblico. Sodalizi criminali che gestiscono finanziamenti europei, statali e regionali. Gruppi di potere criminale in grado di condizionare ogni settore destinatario di sovvenzioni pubbliche: sanità, ambiente, trasporti, infrastrutture, lavori pubblici, formazione, informatica. Tutto, senza che venga lasciato uno spicchio alla rapacità del crimine dei colletti bianchi. Controllano e depredano i fondi destinati per superare l´emergenza ambientale: per smaltire i rifiuti, per depurare le acque, per garantire l’acqua quale bene pubblico, per la lotta alle ecomafie. Arraffano i soldi destinati alle calamità naturali: per i terremoti, per le alluvioni, per i disastri ambientali. Si arricchiscono sulla salute dei cittadini. Prendono soldi mentre la gente si impoverisce e/o muore.

Roba da far accapponare la pelle. Si foraggiano politici corrotti e prenditori di soldi pubblici, si alimenta illecitamente la stessa attività politica. È un sistema collaudatosi nel corso degli anni e realizzato insieme da una fetta consistente della classe politica - in modo assolutamente trasversale -, da imprenditori che si sono arricchiti attraverso un rapporto illecito preferenziale con la politica che poi, a loro volta, finanziano e rafforzano con il voto, dalla mafia imprenditrice ed istituzionale che partecipa alla ripartizione della torta pubblica , da pezzi di ceti istituzionali, anche deputati ai controlli di garanzia e di legalità. Nei luoghi della gestione illecita del potere partecipano anche magistrati, funzionari pubblici, rappresentanti delle forze dell’ordine e della sicurezza. Nella ripartizione della torta mettono loro prestanome. Nel mercimonio delle pubbliche funzioni operano direttamente. Ne ottengono potere, incarichi, prestigio, partecipazione alla gestione di fatti politici ed istituzionali ad altissimo livello.

Non é, quindi, un caso che, nelle carte delle inchieste di Firenze e Perugia, si rinvengono nominativi di persone coinvolte anche nelle inchieste
Why Not ePoseidone da me dirette, o in quelle condotte dal pm Woodcock, quando prestava servizio a Potenza. Imprenditori, monsignori, magistrati, personale dei servizi. Un sistema criminale - corrotto e mafioso - che opera con il collante di servizi segreti (deviati?) e di massonerie deviate.

Nelle ultime inchieste un ruolo inquietante l’hanno svolto alcuni magistrati. Uno per tutti, il procuratore aggiunto di Roma dottor
Toro, ovviamente addetto alla sezione reati contro la pubblica amministrazione. Un gerarca della correntocrazia. Magistrato il cui nome comparve al disonore della cronaca per la vicenda criminale dei furbetti del quartierino. Magistrato il cui nome emergeva nelle indagini - con intercettazioni dal contenuto imbarazzante sul piano morale, ma utili per far carriera in magistratura - effettuate dal dottor Woodcock nei confronti del dottorBarbieri (altro magistrato in servizio tra la Procura di Roma ed il ministero della Giustizia, un altro correntocrate). Magistrato, sempre il Toro, il cui nome compare, unitamente ad altri - tra cui il dottor Nebbioso, anche lui nelle carte dell´inchiesta di Firenze ed anche lui Caronte tra gli uffici romani ed il Ministero della Giustizia - nell´inchiesta Why Not. Magistrato che, poi, si é occupato incredibilmente - anzi ovviamente - di indagare su Why Not e su alcuni protagonisti di quella straordinaria inchiesta (bloccata con ogni mezzo illegale e con un dispiego di forze istituzionali senza precedenti).

Come scrisse
Domenico Starnone, normale devianza. I deviati siamo noi, gli altri sono i normali, i normalizzatori, i conformisti, quelli che prevengono le raccomandazioni del potere prima ancora di riceverle. Potrei continuare ancora, ma molte cose sono nelle stanze segrete di uffici giudiziari che spero ricostruiranno la verità. La questione morale non appartiene solo alla politica. E sarebbe anche interessante comprendere perché il Toro si é dimesso così velocemente e che cosa é avvenuto quando i magistrati romani, ai più alti vertici, sono venuti al corrente degli sviluppi clamorosi ai quali stava conducendo l’indagine di Firenze. E´ la Procura di Perugia, adesso, l´Ufficio che ha il compito più delicato. Quello di capire fino in fondo che cosa é avvenuto ai vertici del più importante ufficio giudiziario d´Italia. E materiale, recente e meno recente, é immane. La luce deve diradare le nebbie, il fresco profumo di libertà deve eliminare il puzzo del compromesso morale.

da
il Fatto Quotidiano del 12 marzo

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