Lunedì 8 marzo 2010 a Genova, il prof. Paolo Prodi (fratello di Romano) e storico di professione ci ha intrattenuto con una riflessione pacata e amare su «Quando i cattolici non erano moderati» agivano con la profezia del vangelo, risalendo sempre la china del confronto con il mondo del potere. Vi fu un tempo, quando non era papa, in cui Joseph Ratzinger, faceva l’elogio della coscienza come resistenza anche all’autorità suprema della Chiesa. Oggi che Joseph è papa, dobbiamo anche sopportare di ascoltare il suo segretario di Stato, tale prima donna Tarcisio Bertone il quale ciancia che in caso di eventuale conflitto tra coscienza e autorità prevale l’autorità, ponendosi così da sé, se ve ne fosse ancora bisogno, fuori dalla dottrina «tradizionalista» della stessa Chiesa.
Il papa sabato 6 marzo 2010 ha ricevuto Bertolaso e il «nobiluomo» Gianni Letta, con la scusa di ricevere il volontariato della protezione civile. Ha pontificato Bertolaso che sembrava una puttana che si metteva in vendita dispensando aforismi e sapienza davanti alle eminenze vaticaniste ridenti e beote: «Basta parlare di scandali perché la protezione civile sono i suoi volontari». Il papa ha fatto la sinfonia di rito, senza dire una parola di quelle che avrebbe dovuto dire e invece come suo solito, tace e diventa complice. Beato lui che non vede, non sente e in più non parla.
Nessuno ha detto che il termine «volontariato/volontario» è alquanto equivoco se non da abolire. Dicesi «volontario/a» colui o colei che offre il proprio tempo senza ricevere in cambio denaro o altro. I volontari della protezione civile agiscono tutti e tutte gratuitamente o hanno un riconoscimento per il loro impegno? Se sì non sono volontari, se no, non credo che starebbero nella protezione civile che è un carrozzone speculativo e corrotto di cui abbiamo visto solo la cima in questi giorni. D’altra parte questa protezione civile è fatta ad immagine del capo del governo: uomo di rispecchiato senso dell’altruismo, della gratuità e del disinteresse. Berlusconi scegli i suoi uomini, essendo Dio, a sua immagine e somiglianza e cioè corruttibili e quindi corrotti e di conseguenza corruttori. Il «nobiluomo» Letta/Mazzarino che regge il flabello dell’ossequio liquaminoso ad ogni ombra di gerarchia ecclesiastica, protetto dal papa e dal segretario di Stato-prima donna, continua imperterrito a tramare contro lo Stato, la Repubblica, le Istituzioni e ad imporre leggi ignoranti, ma con la forza di distruggere l’anima resistente della Legge come dimensione degli spiriti e della nazione.
Il papa non doveva riceverli, almeno ora a immoralità aperta e ancora fumante. La gente che vede Bertolaso e Letta/Mazzarino accanto a lui non può non pensare che non sono colpevoli se poi aggiungiamo che il Minzolini fa passare l’idea che Mills è stato assolto, il cerchio è completo: Berlusconi è innocente e con lui tutto il convento. Il papa a questo punto ha responsabilità e colpe, a meno che non sia ricattato, cosa non del tutto scevra di dubbi. Mi dicono che la protezione civile italiana abbia fatto pulire i giardini vaticani a spese naturalmente del popolo italiano saldamento radicato non nelle radici cristiani, ma in quelle più solide del Vaticano.
La protezione civile non si muove senza l’avallo della presidenza del consiglio (Mazzarino/Letta e Berlusconi): viene il dubbio che diventa certezza che questi qua di là e di qua del Tevere sono una combriccola di mafiosi renitenti, recidivi e immorali che si tengono insieme in forza del principio: «una mano lava l’altra e tutte due lavano il viso». Favori di scambio di stile camorristico-‘ndranghetoso. Per favore, qualcuno può smentire che i giardini papalini siano stati puliti dalla protezione civile? Sfido che il papa dalle scarpette rosse, targate Prada, riceva i «volontari» che per lui lavorano, oh, si! gratis. Capisco così che Bertolaso possa pontificare anche davanti al papa, magari presentando le massaggiatrici pronte a lanciarsi in diretta al bacio della sacra pantofola.
Mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio per gli affari giuridici della Cei, nei giorni scorsi era intervenuto con durezza sul «decreto interpretativo» del governo per la riammissione delle liste del Pdl per le Regionali nel Lazio. Il lucido monsignore ha detto (7 marzo 2010):
«Cambiare le regole del gioco mentre il gioco è già in atto è altamente scorretto, perché si legittima ogni intervento arbitrario con la motivazione che ragioni più o meno intrinseche o pertinenti mettono in gioco il valore della partecipazione. La definizione giusta è quella data dal presidente della Repubblica, quando ha parlato di un grandissimo pasticcio. In democrazia non si può fare una distinzione fra ciò che sono le regole e quello che è il bene sostanziale. Le regole non sono un aspetto accidentale del vivere insieme, ma quelle che dettano il binario attraverso cui incamminarci. La democrazia è una realtà fragile che ha bisogno di essere sostenuta e accompagnata da norme, da regole, perché altrimenti non riusciamo più ad orientarci e se dovesse essere frutto dell’arbitrio di qualcuno o improvvisata ogni giorno mancherebbe certezza del diritto. Ci sono state leggerezze, manchevolezze, approssimazioni nell’affrontare il gioco democratico che non sono a favore di nessuno», ha poi spiegato, e «questo affrontare con approssimazione il gioco democratico significa che forse siamo impreparati a una democrazia sostanziale. E’ un brutto precedente e un atteggiamento arrogante della maggioranza».
Mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio per gli affari giuridici della Cei, nei giorni scorsi era intervenuto con durezza sul «decreto interpretativo» del governo per la riammissione delle liste del Pdl per le Regionali nel Lazio. Il lucido monsignore ha detto (7 marzo 2010):
«Cambiare le regole del gioco mentre il gioco è già in atto è altamente scorretto, perché si legittima ogni intervento arbitrario con la motivazione che ragioni più o meno intrinseche o pertinenti mettono in gioco il valore della partecipazione. La definizione giusta è quella data dal presidente della Repubblica, quando ha parlato di un grandissimo pasticcio. In democrazia non si può fare una distinzione fra ciò che sono le regole e quello che è il bene sostanziale. Le regole non sono un aspetto accidentale del vivere insieme, ma quelle che dettano il binario attraverso cui incamminarci. La democrazia è una realtà fragile che ha bisogno di essere sostenuta e accompagnata da norme, da regole, perché altrimenti non riusciamo più ad orientarci e se dovesse essere frutto dell’arbitrio di qualcuno o improvvisata ogni giorno mancherebbe certezza del diritto. Ci sono state leggerezze, manchevolezze, approssimazioni nell’affrontare il gioco democratico che non sono a favore di nessuno», ha poi spiegato, e «questo affrontare con approssimazione il gioco democratico significa che forse siamo impreparati a una democrazia sostanziale. E’ un brutto precedente e un atteggiamento arrogante della maggioranza».
L'articolo è molto lungo, non lo riporto tutto, ma chi volesse farlo, può continuare a leggerlo su:
Alcuni punti sarebbero utili per una seria riflessione; purtroppo la forma è inaccettabile per il linguaggio banale e talvolta triviale [ oltre la (voluta? ) inesattezza delle scarpe rosse "Prada"! ]... Peccato ... di presunzione! Un po' di ... cenere!
RispondiEliminaAl di là del colore delle scarpe credo che Don Farinella abbia ragione in tutto e per tutto, poichè in certe occasioni ci vorrebbe un pò più di coerenza, di umiltà e di VERITA'. Sono a fianco di Don farinella come credente e come cittadino. Antonio.
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