mercoledì 18 maggio 2011

E adesso al lavoro. di Concita De Gregorio



Più si guarda da vicino il voto di domenica e più si allarga il sorriso. Hanno davvero vinto - in tanti e tanti luoghi - la lealtà, la competenza, la politica intesa come servizio, l’energia delle nuove generazioni. Hanno davvero perso l’arroganza, la pagliacciata e l’insulto, i candidati posticci e macchiettistici da tv del pomeriggio, la rabbia che acceca i servitori più realisti del re, gli Olindo e Rosa del Cavaliere. Ha torto, ancora una volta, il povero Sandro Bondi quando dice che «è solo grazie all’impegno di Berlusconi che è stato possibile raggiungere questo risultato». È una mezza e per lui triste verità. È vero che le 28 mila preferenze sono (come il Sultano in persona disse poche settimane fa prevedendone almeno 55 mila), «il suo funerale».

È vero anche che più di Letizia Moratti restano sul tappeto di fiori di Milano Daniela Santanchè e i suoi sbocchi di bile, i suoi epigoni e i suoi pessimi consigli. L’altra parte della verità, però, è che a Milano con Pisapia hanno vinto i giovani dirigenti dei municipi, i ventenni e i trentenni che si sono messi al servizio della causa, Stefano Boeri che, sconfitto alle primarie, ha dato una prova suprema di lealtà e passione candidandosi in lista (il più votato a Milano, col Pd), Anna Puccio, Davide Corritore, Maurizio Baruffi e tutte le donne e gli uomini protagonisti di questa vittoria.

La candidata del centrosinistra va al ballottaggio ad Arcore, sotto la Villa. Roberto Lassini, l’autore dei manifesti «Br in procura», ha ottenuto 872 voti e non è stato eletto. Ornella Vanoni, a sostegno della signora Moratti, ne ha presi 36. Quelli della sua famiglia, pronipoti compresi. La ragazza del Pdl che ha promosso una raccolta di firme per contestare Nicole Minetti è stata la più votata fra i candidati del Terzo Polo.

Vanno al ballottaggio Varese, città di Maroni, e Novara, città di Cota. La disfatta leghista (dal 14 al 9 per cento a Milano) non dipende solo dalla “candidata sbagliata” a palazzo Marino, con tutta evidenza. A Olbia il centrosinistra passa al primo turno, il Pd Scanu il più votato in assoluto. A Siena il pilota Nannini, fratello di Gianna, che aveva fatto campagna elettorale dicendo «ho fatto anche io il bunga bunga», ha visto la polvere. Cinzia Cracchi, al centro della vicenda Del Bono a Bologna, ha preso 26 voti. Maurizio Cevenini, che ha rinunciato alla corsa a sindaco per motivi di salute, 11 mila. A Torino sono stati premiati i giovani assessori di Chiamparino: Ilda Curti, Roberto Tricarico, Marta Levi. A Latina il fasciocomunista Pennacchi, forte di un’ottima spropositata stampa, si ferma allo 0.6. Meno personaggi, più persone: evviva.

Mi sembra un’ottima notizia, infine, il bel successo dei giovani candidati del Movimento 5 Stelle. Per quanto Grillo si ostini a dire che «destra e sinistra sono uguali», dalle parole degli eletti traspare una matura consapevolezza delle differenze, dell’impegno che serve per farle emergere e della responsabilità che ne consegue. Mi auguro che a Napoli il Pd sappia leggere nel voto il tramonto della trentennale stagione che qui si chiude e sappia sostenere con convinzione il successo di De Magistris. Infine, mi sembra un voto che rimette in circolo molte energie fino a ieri disperse, che riassorbe l’astensione, che premia la sinistra assai più del centro. La cui moderazione, del resto, ha dato punti a quella dei sedicenti moderati. Credo che le donne, non solo a Milano, abbiano avuto un ruolo decisivo. Del resto che il vento stava cambiando lo hanno segnalato loro, un milione di loro, il 13 febbraio. E adesso al lavoro, che siamo appena all’inizio. Dopo le città il governo: si vada finalmente a votare. La parola ai cittadini, alzi la mano chi ne ha paura.



Ruby, emissari inviati in Marocco: via libera a indagini.


Mentre la Camera dei Deputati ha depositato alla cancelleria della Corte Costituzionale il ricorso per conflitto di attribuzione con la magistratura di Milano sul caso Ruby votato dall’Aula di Montecitorio lo scorso 5 aprile, sono entrate nel vivo le indagini della procura di Roma sulla vicenda dei due presunti emissari che, nello scorso febbraio, si sarebbero recati in Marocco e, dopo aver avvicinato un’impiegata dell’anagrafe, avrebbero tentato di corromperla al fine di far retrodatare l’atto di nascita di Karima El Mahroug e farla apparire maggiorenne, come riportato dal Fatto Quotidiano.

A dare il via libera agli accertamenti, affidati al procuratore aggiunto Alberto Caperna ed al sostituto Roberto Felici, è la richiesta a procedere, firmata dal Guardasigilli Angelino Alfano, arrivata a Piazzale Clodio. Si tratta di un atto necessario per avviare accertamenti in presenza di reati commessi da italiani all’estero. Tentata corruzione, per il momento contro ignoti, il reato ipotizzato dagli inquirenti dopo l’apertura del fascicolo processuale fatta il 14 marzo scorso in seguito alla denuncia presentata da Nicolò Ghedini e da Piero Longo, difensori del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, attualmente sotto processo a Milano per sfruttamento della prostituzione proprio in relazione ai presunti festini nella sua villa di Arcore in cui partecipò Ruby.

I fatti al centro dell’inchiesta sarebbero avvenuti il 7 febbraio scorso a Fkih Ben Salah, luogo in cui è nata Ruby. All’indomani della pubblicazione della notizia dal Fatto Quotidiano i legali di Berlusconi annunciarono di aver ricevuto il mandato di predisporre un’apposita denuncia all’autorità giudiziaria al fine di accertare la veridicità dei fatti.

Secondo quanto riportato dai quotidiani, i due emissari, provenienti forse da Milano e accompagnati da un interprete marocchino che lavorava in un consolato in Italia, si sarebbero presentati alla funzionaria dell’anagrafe offrendole alcune migliaia di euro per modificare il certificato di nascita di Ruby, anticipando la data di due anni, dal primo novembre 1992 al primo novembre 1990. La funzionaria si sarebbe però rifiutata. Gli inquirenti della capitale si attiveranno ora per sentire la versione della dipendente dell’anagrafe.

“Se le notizie in ordine ad una asserita attività volta a modificare nel registro delle nascite la data di registrazione di Karima El Mahroug, fossero vere si tratterebbe con ogni evidenza di un grave, ma maldestro tentativo di falsificazione al fine di fare, eventualmente, di questo falso un illecito uso – dichiararono Ghedini e Longo – è necessario che le autorità italiane e del Marocco accertino con urgenza se esiste questa funzionaria, se il fatto è realmente accaduto e, in tal caso, l’identità dell’interprete e dei due presunti italiani che avrebbero posto in essere le condotte descritte”.



A Napoli il più votato è accusato di devastazione. -


Boom di preferenze per il candidato pdl Marco Nonno, coinvolto nei gravi disordini per la discarica di Pianura ed attualmente imputato. Ecco la classifica delle preferenze


Sono terminati gli scrutini nelle 886 sezioni di Napoli. Il più votato in assoluto in città risulta Marco Nonno, tra le fila del Pdl, con 3604 voti. Nonno, già consigliere comunale, è un imputato: è accusato di concorso in devastazione in quanto avrebbe ordinato di bruciare alcuni autobus durante le proteste dei cittadini contro la riapertura della discarica di Pianura, quartiere alla periferia di Napoli.

LEGGI: E A QUARTO ELETTO CANDIDATO IN CARCERE PER CAMORRA

Il secondo più votato, con 3271 preferenze, è Marco Mansueto, anche lui del Pdl e consigliere uscente. Arriva terzo, invece, Antonio Borriello, anche lui uscente, capogruppo del Pd in Consiglio comunale, con 3181 preferenze.

Tra i più votati ancora un uscente: Ciro Fiola con 2955 voti. Gabriele Mundo, del Pdl, volto nuovo in via Verdi, ha ottenuto 2879 voti. Bene Stanislao Lanzotti, altro riconfermato sempre del Pdl con 2747 voti. Aniello Esposito, nuovo in Consiglio, candidato del Pd, ha ottenuto 2578 voti, seguito da Salvatore Guangi del Pdl con 2571 preferenze. Per Forza Sud Socialisti liberali il più votato è Domenico Palmieri, uscente, con 2514 voti.

http://napoli.repubblica.it/cronaca/2011/05/18/news/a_napoli_il_pi_votato_accusato_di_devastazione-16424817/?ref=HREA-1




Mamma li Centri. - di Vittorio Zucconi.


“Non lasciamo che Milano finisca nelle mani dei centri sociali, è questo il messaggio che vuole mandare Silvio Berlusconi”. La Pravdanchè, l’organo del Cremlino di Arcore e della badante plastificatamilano_11032006_0 che tappa pubblicitariamente i buchi del Giornale, indica quale sarà il nuovo fantoccio agitato per far paura ai milanesi e riportare le pecorelle smarrite nell’ovile del pastore: i Centri Sociali. Falliti la Minaccia Islamica (la lista “Io Amo Me Stesso” di Allam Magdi ha raccolto un sensazionale 0,51%), i Rom (ma dove sono finiti i Rom?), le BR in Procura (500 voti per Lassini nonostante la sfilata sul pullman del Milan campione), il Cancro in Toga, il Furgone Rubato, l’Invasione degli Immigrati, le Moschee in Piazza del Duomo, restano i cari, vecchi, immarcescibili centri sociali con il loro sabba di demoni pronti a invadere la città in un’apocalisse finale di violenza. Sembra una patetica riesumazione di vecchi stracci, ma non lo è. Non mi meraviglierebbe se tra adesso e la domenica del ballottaggio, assistessimo a una improvvisa offensiva di spaccavetrine e bruciamacchine attribuita al Leonka e ai centri sociali o a qualche altro “grave episodio di violenza” (scegliete voi a chi attribuirlo, va bene anche la solita zingara accusata falsamente di rubare un bambino) che “suscita allarme tra i cittadini”. Attenzione alla belvetta ferita, ma non morta. Sono pronti a tutto, perchè se perde Milano, e anche Napoli è seriamente a rischio dopo quel miserabile 38% preso dal San Gennaro di Casoria protettore di Letizia (Noemi) che aveva promesso miracoli, buona notte Silvio. Altro che 5 Stelline e Martinitt con le webcam.



Le compagnie “moderate” della Moratti. Dai neofascisti a Ordine nuovo agli amici dei boss. - di Mario Portanova


Il sindaco di Milano dopo l'attacco a Pisapia rivendica "io sono moderata di nascita". Oggi, però, il suo partito è zeppo di nostalgici di Mussolini e Hitler. Ma anche di vecchi estremisti di sinistra come l'avvocato Gaetano Pecorella

“La mia è la storia di una persona moderata per nascita”, rivendica Letizia Moratti, “mentre dall’altra parte vi è una persona che non può certo considerarsi moderata” . Prende una piega stravagante l’ultimo miglio di campagna elettorale del sindaco di Milano. Dopo aver attaccato l’avversario Giuliano Pisapia su una vecchia storia degli anni Settanta, la Moratti introduce l’innovativa concezione di moderatismo genetico.

Come se non ci fossero stati tanti casi, a volte drammatici, di terroristi rossi nati in morigerate famiglie democristiane, o di figli degli anni di piombo cresciuti come cittadini ligi allo Stato. E anche ammesso che moderati si nasca, come diceva Totò per i signori (“e io lo nacqui, modestamente”…), tutti sanno che Pisapia è figlio di Giandomenico, uno dei più insigni giuristi italiani, che non combattè con Fidel Castro sulla Sierra Maestra ma guidò la commissione ministeriale sul nuovo codice di procedura penale varato nel 1989 e tuttora in vigore, non a Cuba ma nella Repubblica italiana. La Moratti si è attribuita persino una “formazione professionale moderata”, dal che si deduce che esistano mestieri in sé estremisti, magari proprio quello che fa Pisapia: l’avvocato.

Stravaganze a parte, Letizia Moratti è davvero una moderata? Sulla scheda elettorale, tra le liste che la sostengono c’è la Destra di Francesco Storace, che sul sito web milanese accoglie i simpatizzanti con citazioni di Julius Evola (noto moderato di corrente antisemita), croci celtiche, utili link a Casa Pound o alla Fondazione Pinochet. In campagna elettorale, la moderata Letizia si è accompagnata (e abbracciata) a Roberto Jonghi Lavarini, politico di riferimento del neofascismo e del movimento naziskin milanese, accolto a braccia aperte nel Pdl due anni fa.

Lo stesso Pdl candida a Palazzo Marino nomi di punta dell’estrema destra cittadina, come Marco Clemente (quello che conversava con Pino Amato, uomo di Forza Nuova arrestato con l’accusa di essere l’estorsore del clan Flachi), protagonista dei raduni più nostalgici e sostenuto anche dagli ultras del calcio, che quanto a moderazione non scherzano.

La grande tradizione moderata di Letizia Moratti si è sposata spesso con gli eredi di Benito Mussolini e Adolf Hitler. Nel 2006, l’allora candidata al primo mandato sfilò alla manifestazione del 25 aprile spingendo la carrozzella del padre, ex partigiano e deportato a Dachau. Fu fischiata e si innescarono polemiche roventi sull’intolleranza della sinistra.

Tre giorni dopo, però, la Moratti presentò il suo programma e annunciò di aver siglato un accordo elettorale con la Fiamma Tricolore e Azione Sociale. Cioè con gli eredi duri e puri dell’Msi e con la santa alleanza tra Alessandra Mussolini, Adriano Tilgher e Roberto Fiore. Nell’ordine: la fiera nipote del Duce che insieme ai nazisti faceva deportare i partigiani; l’ammiratore di Adolf Hitler (incorso soltanto “in alcune storture”) ; l’attuale leader di Forza nuova, condannato negli anni di piombo per banda armata e associazione sovversiva, e fuggito latitante in Inghilterra, che non concesse l’estradizione. Poi arrivò la prescrizione, come racconta lui stesso.

Nella sua moderata gioventù, Letizia Moratti non dev’essersi accorta che gli anni Settanta furono molto movimentati anche a destra, e che diversi suoi attuali compagni di partito erano vicini a gruppi violenti, quando non li dirigevano. Come Ignazio La Russa, attuale dominus del Pdl a Milano, nonché ministro della Difesa. La Russa era un giovane dirigente dell’Msi negli anni in cui i neofascisti scendevano in piazza con catene e coltelli. Fu lui, ha raccontato recentemente a Gianni Barbacetto su Il Fatto Quotidiano il suo vecchio camerata Tommaso Staiti di Cuddia, “a volere più d’ogni altro la manifestazione del 12 aprile 1973 in cui fu ammazzato l’agente Antonio Marino”, poliziotto della Celere colpito da una delle bombe a mano che alcuni giovani di destra si misero a lanciare. “La Russa s’impuntò”, continua Staiti. “Il 12 aprile dovevamo riuscirci. A tutti i costi. Man mano che la data s’avvicinava, diventava chiaro a tutti che sarebbe stato un massacro”. E chissà se il sindaco Moratti ha mai visto in azione l’uomo che di fatto dirige il suo partito in città, come appare per esempio nel film di Marco Bellocchio “Sbatti il mostro in prima pagina”.

Se non bastassero gli ex camerati, il Pdl di Letizia Moratti non si fa mancare neppure gli ex estremisti di sinistra. Un esempio per tutti, quello di Gaetano Pecorella, vicino al Movimento studentesco milanese in anni piuttosto vivaci, poi avvocato del famigerato “soccorso rosso”, e ancora nel 1990 candidato di Democrazia proletaria.

Tra neri e rossi non scampano i verdi. Forse il sindaco di Milano ignora che Mario Borghezio, colonna della Lega nord, alleato fondamentale del Pdl nella corsa elettorale milanese, l’11 luglio 1976 fu fermato dalla polizia vicino a Ventimiglia con la macchina zeppa di volantini di Ordine nuovo, organizzazione neonazista protagonista della strategia della tensione. I volantini auspicavano “uno, dieci, cento, mille Occorsio” (il magistrato Vittorio Occorsio era stato ucciso da Ordine nuovo il giorno prima a Roma), lanciavano minacce al “bastardo Luciano Violante”, con un bel “Viva Hitler” a coronare il tutto. Un episodio di cui Borghezio “non parla volentieri”, scrisse Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, in un’intervista in cui il parlamentare leghista ammetteva comunque di aver fatto parte della Jeune Europe, movimento fondato dall’Ss belga Jean Thiriart.

In quegli stessi anni bui, tra l’altro, un certo Silvio Berlusconi aveva in tasca la tessera della loggia P2, associazione segreta coinvolta in una ragnatela di trame eversive. Altro che il presunto furto di un furgone. Forse Letizia Moratti è nata moderata, come dice lei. Ma crescendo ha cominciato a frequentare cattive compagnie.



Le fatture che coinvolgono Scajola Ecco gli appalti ad Anemone. - di Marco Lillo


Nelle carte dell'indagine sulla cricca spuntano due prove non ancora valutate.


Le due fatture che inguaiano Claudio Scajola portano la data del 30 aprile e del 31 giugno 2002. Riguardano una fornitura di condizionatori per un lavoro svolto dalla Tecnocos e provano cheAnemone ha lavorato al Viminale nel periodo in cui il titolare del dicastero non era Giuseppe Pisanu, come si è creduto finora, ma proprio Scajola, beneficiato due anni dopo degli assegni usati per comprare la casa vicino al Colosseo. Quelle fatture sono depositate negli atti dell’indagine di Perugia sulla cosiddetta “Cricca dei grandi eventi”, ma nessuno finora si era reso conto della loro importanza. Dopo la chiusura dell’indagine perugina dove Scajola non è mai stato iscritto nel registro degli indagati, Berlusconi ha dichiarato: “Quello che è successo al mio amico Claudio Scajola, uscito totalmente estraneo da una vicenda che ha profondamente ferito lui e la sua famiglia è una clamorosa dimostrazione della necessità di una riforma della giustizia”. Ieri Scajola ha pubblicato sul web un trattatello di 12 pagine dedicato alla vicenda dell’appartamento pagato “a sua insaputa” grazie ai 900 mila euro degli assegni di Anemone. A giorni si attende il suo ingresso al governo.
Nelle carte dell'indagine sulla cricca spuntano due prove non ancora valutate


Finora si è detto che Anemone non ha preso nemmeno un appalto dal Viminale, quando era retto da Scajola. Per controllare questa affermazione, il Fatto Quotidiano ha riletto le carte, a partire dalle due fatture emesse dalla Simait Service Srl, un fornitore storico di Anemone che si è occupato anche dei condizionatori della casa del ministro nel 2004. Simait fattura a Tecnocos di Anemone con questa motivazione: “Ns. riferimento commessa n. 26/2002 del 4 febbraio 2002 per la fornitura e posa in opera di impianto di condizionamento per una fornitura di impianti di condizionamento aria per condizionatore multisplit e inverter presso il ministero degli Interni di Roma”. La seconda fa riferimento alla commessa del 14 febbraio del 2002 per altri condizionatori sempre “presso il ministero degli Interni”.

Le date delle fatture dimostrano che c’è un buco nelle ricostruzioni di investigatori e giornalisti. Non è vero che la scalata di Anemone è iniziata con il contratto per i lavori di ristrutturazione della sala crisi del Viminale nel settembre del 2002, due mesi dopo l’arrivo di Pisanu. Sulla base di questa affermazione – nonostante siano provati i vantaggi ottenuti da Scajola – l’ex ministro non è stato indagato perché, per dirla con il brocardo latino, c’è il do di Anemone ma non c’è l’ut des di Scajola. Insomma c’è un regalone da un milione di euro, ma manca la controprestazione. Non tanto perché i 21 contratti firmati dal 2002 al 2009 dalle società di Anemone per un centinaio di milioni di euro abbiano come controparte il Provveditorato delle Opere pubbliche del ministero delle Infrastrutture.

Tutti sanno che si tratta di un contraente formale che esegue le direttive del committente reale, che spesso era il ministero dell’Interno. Scajola era escluso perché la stagione d’oro di Anemone al Viminale, così si era detto finora, era iniziata solo dopo il 4 luglio del 2002, quando Scajola si dimette dopo aver dato del “rompicoglioni” al professor Marco Biagi. E invece non è così. E basta leggere le carte di Perugia per capirlo. Già nell’elenco dei lavori sequestrato ad Anemone e allegato all’informativa del Ros dei Carabinieri del 29 aprile 2010, spunta un contratto per “manutenzione dei locali del compendio del Viminale” datato 13 maggio del 2002.

Ma anche il primo contratto importante, quello da 2 milioni e 494 mila euro per la “Ristrutturazione degli ambienti destinati alla Sala Situazioni, all’area di crisi agli uffici contermini e all’archivio dell’Onorevole Ministro-Compendio del Viminale” che risulta firmato il 19 settembre 2002, stando alle fatture della Simait pubblicate oggi dal Fatto, risale a febbraio del 2002. “Quando Pisanu arriva”, spiegano al Fatto i collaboratori dell’ex ministro Pisanu, “i lavori della sala di crisi e dell’ufficio erano stati già appaltati ed erano quasi terminati”. Non basta: Scajola diventa ministro altre tre volte e in tutti e tre i casi Anemone si occupa di ristrutturare i suoi uffici: al ministero dell’Attuazione del programma nel 2004, al ministero Attività produttive (23 mila e 880 euro) nel 2005 e poi ancora al ministero dello Sviluppo economico: 31 mila euro pubblici spesi per “lavori nella stanza di riposo e attiguo bagno del ministro”. Sono importi piccoli. Ma nelle carte dell’indagine c’è traccia di un intervento più importante. Il 3 aprile del 2009 Bertolaso, dice al telefono al dottor Guidelli che “i ministri Tremonti e Scajola hanno trasferito sul conto (della Protezione civile) 226 milioni di euro e quindi pagheranno tutti gli stati di avanzamento dei lavori a La Maddalena”. Proprio quelli che interessavano ad Anemone e Balducci.


Il premier: case abusive, stop alle ruspe La Lega insorge: «Parli prima con noi».


Berlusconi: sospendere gli abbattimenti fino a dicembre Ma Calderoli lo gela: «La legge è uguale per tutti»

NAPOLI - Un provvedimento del Consiglio dei Ministri sospenderà gli abbattimenti di case «fino alla fine dell'anno, per valutare situazione e rimediare». È la promessa di Silvio Berlusconi che riceve però l'immediato stop della Lega che con Calderoli afferma: «Sicuramente dovrà parlarne anche con noi». «Personalmente - aggiunge Calderoli - indipendentemente da dove siano collocati gli immobili, sono contrario a fermare abbattimenti già disposti di costruzioni abusive, che tra l'altro non avrebbero neppure potuto essere sanate nei precedenti condoni edilizi. Non possono esistere nel Paese zone franche per la legge - conclude l'esponente del Carroccio - perché la legge deve essere uguale per tutti».

Lo scorso febbraio fu bocciato nel «Milleproroghe», la norma che prevedeva la sospensione degli abbattimenti per gli abusi edilizi in Campania. Una norma che avrebbe dovuto sospendere 60 mila demolizioni fino al prossimo 31 dicembre. La rappresentanza parlamentare campana del Pdl e del centrodestra aveva sostenuto questa battaglia fino a trasformarla in una occasione di recupero. Una norma su cui però c'erano stato le obiezioni del ministro dell’economia, Giulio Tremonti, che aveva annunciato radicali modifiche del provvedimento a seguito dei rilievi formulati dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ora sembra che Berlusconi, con queste parole, voglia ripescare quel provvedimento.

Berlusconi intervistato da radio Kiss Kiss il giorno prima del suo arrivo a Napoli è tornato anche sul dramma rifiuti sparando a zero contro il Comune. «Nel 2008 - ha spiegato il premier - siamo riusciti a mettere fine alla tragedia che aveva portato Napoli in negativo in tutto il mondo poi ho lasciato tutto nelle mani dell'amministrazione comunale, indicando ciò che doveva essere fatto, due termovalorizzatori e nuove discariche. Non è stato fatto nulla di questo. Ancora siamo dovuti intervenire con i militari. Penso che la soluzione sia possibile solo se si realizzeranno i termovalorizzatori. La Regione ha rispettato tempi degli appalti e il problema à il periodo di transizione. La differenziata – aggiunge Berlusconi – sarà la sfida principale della nuova amministrazione che ho fiducia sarà targata Gianni Lettieri. Credo che con l'ausilio di Guido Bertolaso, che si è offerto di aiutare, si potrà risolvere tutto».

Anche il candidato sindaco del Pdl, Gianni Lettieri, è intervenuto in giornata sul tema rifiuti promettendo di abolire la Tarsu: «Fino a quando non sarà rimosso l’ultimo sacchetto di immondizia dalle strade della città – ha annunciato - i napoletani non pagheranno la tassa sui rifiuti. Mi impegno a sconfiggere l'emergenza rifiuti, una volta e per tutte, nel più breve tempo possibile in questo modo: avvio immediato della raccolta rifiuti porta a porta, con conseguente eliminazione dei cassonetti dalle strade, per innalzare subito la percentuale di differenziata; smaltimento dei rifiuti parte in una regione italiana, parte in uno stato estero, che sono già stati individuati ed hanno dato disponibilità; realizzazione in otto mesi del sito di compostaggio lavorando giorno e notte. Nel frattempo – ha concluso Lettieri - non posso consentire che i napoletani paghino per un servizio di cui non usufruiscono. Nella legge speciale per Napoli sono già individuati gli strumenti necessari per la copertura finanziaria di questa misura».

«Ecco cosa intende la destra quando parla di legalità!» è stato il commento del candidato sindaco del Pd, Mario Morcone, alle dichiarazioni di Silvio Berlusconi sullo stop alle demolizioni di case abusive. «In una città invasa dai rifiuti e con problemi di inquinamento - ha continuato Morcone - invece di pensare a tutelare l'ambiente e sostenere il nostro territorio con iniziative che mirino alla qualità della vita, dell'aria e dell'acqua, il premier annuncia l'ennesima legge ad hoc, promettendo fondi e misure a sostegno». «Spero che in questa fantomatica legge - ha concluso l'ex prefetto - ci siano almeno i 150 milioni sottratti a Napoli dal nuovo federalismo voluto da Berlusconi, ostaggio dalla Lega».

«Siamo al ridicolo. Berlusconi promette lo stop alle demolizioni delle case abusive in Campania e un istante dopo la Lega lo smentisce, minacciando l'altolà», dice Massimo Donadi, presidente dei deputati di IdV. «Da un lato è vergognoso che per una manciata di voti Berlusconi annunci l'ennesima immorale sanatoria sulle case abusive, costruite anche in parchi naturali e zone ad alta inedificabilità» aggiunge Donadi. «Dall'altra l'immediata presa di distanza della Lega, per bocca del ministro Calderoli, ci fa capire che la tanto millantata unità dell'alleanza tra PdL e Carroccio ha la stessa solidità di un cubetto di ghiaccio sotto il sole di Ferragosto».

Carlo Tarallo

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/politica/elezioni2011/notizie/-stop-demolizioni-fino-dicembre-190628510414.shtml