domenica 14 agosto 2011

Default Italia 89 Giorni al Fallimento: Etica e Manovra Bis! Da www.mentecrtica.net


Libertà di licenziare il fallito e il suo fiscalista.

Per una volta sono d’accordo con Tremonti. Bisogna avere le mani più libere nel licenziare in questo paese. Soprattutto e, per primi, vanno licenziati il fallito ed il suo fiscalista.

Come premessa bisogna dire che il fallito ed il fiscalista di cui sopra sono solo dei volonterosi carnefici, i sonderkommando della situazione. Stanno solo eseguendo gli ordini di un’oligarchia sovranazionale con caratteristiche di associazione per delinquere di stampo mafioso e terroristico che, rifiutandosi di accettare che il capitalismo per come lo conosciamo è ormai un cadavere gonfio e puzzolente che butta fuori da tutti i buchi, assassinato da quella neoplasia maligna che si chiama neoliberismo, crede di salvare il proprio potere corrotto cancellando tutto ciò che di diritti dei lavoratori e walfare state è rimasto nei nostri paesi.

L’oligarchia scatena le sue cellule terroristiche finanziarie ed in un pomeriggio mette a ferro e fuoco un paese dopo l’altro. Poi manda lettere minatorie ai volonterosi governanti di questi paesi affinché imbraccino la mannaia e facciano pagare ai lavoratori e alle fasce più deboli della popolazione il costo dei loro vizi e della loro infinita ingordigia. Per poter ancora di più divaricare la forbice tra ricchi e poveri, per sentirsi loro ancora più ricchi, gettando nella disperazione intere popolazioni, devono distruggere l’architettura stessa degli stati nazionali, la sicurezza di chi lavora, la vita di milioni di persone. Ma chi era Bin Laden in confronto?

Eppure nessuno li ferma, perché i governanti delle varie nazioni, gli avventizi che occupano i posti di rappresentanza nei governi e che fanno la passerella al G8 come i pagliacci al circo, sono i loro camerieri e le loro puttane, gente che abbindola il popolo alle elezioni con il populismo più ributtante, fa promesse e poi in realtà fa solo quello per il quale è stata eletta: fare gli interessi dell’oligarchia e in subordine i propri come regalia da parte del potere superiore.

L’Italia è un caso particolare. C’è al potere un servo padrone che, invece di fare gli interessi dei superiori, ha perso tutto questo tempo ad evitare di finire in galera, impegnando il Parlamento del suo paese nella logorante legiferazione ad personam in difesa del suo flaccido e delle sue aziende. Come direbbero a Roma, si è allargato un po’ troppo. Tra l’una e l’altra delle quaranta leggi fattegli su misura, badava a dire che la crisi, ovvero la scaletta di macelleria sociale da eseguire per conto dei superiori, non esisteva e che era solo un disturbo della percezione. Non crediamo che l’abbia fatto per pura magnanimità nei nostri confronti, per risparmiarci le lacrime ed il sangue. Era semplicemente con la testa da un’altra parte, a seguire i suoi affari. In Italia e all’estero, con gli amici figli di Putin e i compagni di bunga bunga nel deserto.

Come aggravante nel caso Italia c’è da considerare il paradosso che questo signore che ci governa è uno che, nonostante un’opposizione più comprensiva di una mamma e che considera le sue aziende “patrimonio culturale del paese” (cit. D’Alema), l’utilizzo intensivo a scopo propagandistico del suo monopolio mediatico – che nessuno in questi anni ha osato infrangere (vedi alla voce opposizione); nonostante, ripeto, una quarantina di leggi ad personam tagliate su misura per sé e per le sue aziende, l’utilizzo dell’arma della corruttela e di una sorta di compulsione allo shopping di deputati e senatori, rimane un imprenditore sempre sull’orlo del fallimento, come fosse colpito da un’oscura maledizione faraonica. La sua azienda ammiraglia, Mediaset, nonostante operi in regime di quasi assenza di concorrenza, soprattutto in termini di raccolta pubblicitaria, in un anno ha fatto registrare in Borsa una perdita del – 47,14%. Ecco perché l’altro giorno il nostro in Parlamento, con la crisi che prendeva ad asciate la porta, si è messo a dare i consigli per gli acquisti: “Comprate titoli Mediaset, peffavore signo’ “.

Il secondo elemento che rende il caso italiano particolare è il fatto che uno abituato alla gabola ed alla via traversa non poteva che mettere al governo dell’economia italiana, cioè al governo delle entrate e delle uscite, un tributarista fiscalista, ovvero la persona meno adatta del mondo per fare gli interessi dello Stato. Il fiscalista può anche aver scritto libri e tenuto lezioni all’Università ma, per definizione, studia il modo per far pagare meno tasse ai suoi clienti e quindi sottrae per mestiere risorse allo Stato. E’ simile all’avvocato che deve far di tutto per non farti condannare, soprattutto se sei colpevole.

Il fiscalista nasconde i profitti aziendali per evitare di farti salire nello scaglione superiore di aliquota e farti pagare più tasse, utilizza la falsa fatturazione sempre per farti rimanere sotto un certo livello. E, soprattutto, se l’Agenzia delle Entrate o la GdF ti entra da tergo sui garretti lo stesso perché i conti sono comunque sbagliati, lui non è responsabile. Al massimo cambi consulente perché fargli causa costerebbe troppo.

Vi meravigliate quindi che questi due ci abbiano condotti a questo punto? Non sarà facile rimediare ai danni da loro prodotti ma almeno intanto lasciamo che siano vittime dei loro stessi proclami. Licenziati in tronco, senza preavviso. E di giuste cause ce n’è una marea.

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La cicala e la formica.

La manovra c’è. O quasi: nel senso che a giudicare dalla conferenza stampa di Tremonti e Berlusconi sembrerebbe di capire che alcune poste, pur valorizzate nel loro ammontare finale, debbano essere ancora definite nella composizione e, forse anche determinazione dei loro addenti, probabilmente questa notte stessa dai funzionari del Ministero dell’Economia, guidati dallo stesso Ministro e dai suoi più stretti collaboratori. (Con ogni probabilità mancherà il prezioso contributo dell’on. Milanese, ma, insomma, si farà di necessità, virtù).

La manovra c’è, anche se una manovra c’era già, varata da appena qualche giorno e già scaduta, manco fosse una confezione di latte fresco. La manovra c’è, ma non è detto che non sia semplicemente di passaggio, nel senso che fra qualche giorno o qualche mese ve ne potrebbe essere un’altra ancora più robusta e, soprattutto, più capiente, in grado cioè di recepire altre misure, non alternative a quelle precedenti, ma aggiuntive. Il cliente ha sempre ragione: se ordina del prosciutto e non ne specifica la quantità, il povero pizzicagnolo non può fare altro che affettare e aggiungere, almeno finché il cliente non gli dirà che va bene così.

La manovra c’è, perché è giusto che ci sia. Mettiamola giù così: cos’altro puoi fare se hai il terzo o quarto debito del mondo, ma non hai la terza o quarta economia del mondo? E ancora: l’esplosione del debito risale agli settanta ed ottanta, nella seconda repubblica l’incremento è di pochi decimali. Insomma, fra un mantra e l’altro l’allusione alla favola di Esopo riproposta nella poesia di La Fontaine sembra molto chiara: che cosa avete fatto quest’estate? Avete cantato? E adesso ballate.

E noi balliamo, un po’ per simpatia/invidia nei confronti di John Travolta e un po’ perché ci vergogniamo di aver fatto la figura delle cicale, specialmente quanto ci sferzano, ricordandoci di essere ladri del futuro dei nostri stessi figli. Ballando, ballando ci dimentichiamo di non essere stati noi a portare i capitali in Svizzera o negli altri paradisi fiscali, anche perché le nostre entrate non ci hanno consentito mai di fuoriuscire dagli inferni fiscali; di non avere ville in Sardegna, né yacht o jet per arrivare sin lì; non abbiamo avuto la fortuna di essere corrotti, né concussi; non possediamo la Ferrari e neppure un Suv (per quanto, ad essere onesti, abbiamo l’impianto a gas ed anche la finanziaria).

Acqua passata, non macina più. L’importante è che adesso, grazie alla manovra, ci salviamo, anche se il nostro patrimonio patirà qualche piccola sofferenza. E se dovessimo essere licenziati senza giusta causa o giustificato motivo? E se ci taglieranno la liquidazione che avevamo già mentalmente impegnato per sposare la figlia e per togliere lo scoperto? E se i nostri redditi resteranno limati al punto di non poter più conguagliare quello del figlio precario in una grande città del nord? Come dice Checco Zalone in una splendida caricatura di Vendola: “Bambino, ma tu, da me, che cazzo vuoi?”

Basta, siamo seri. Non ho la competenza in materia economica per capire se questa manovra potrà realmente salvarci o se finiremo comunque come la Grecia (o come le tigri del sud-est asiatico). La mia impressione, intanto, è che siamo parte di un sistema che può paragonarsi alle costruzioni poste in essere con le carte da gioco, dove la sottrazione di una carta fa franare l’intera impalcatura, per cui non è affatto scontato che, malgrado questa sanguinosa manovra, non si finisca comunque nel baratro.

Ma, pur non volendo replicare le argomentazioni di una parte politica alla quale va comunque imputata carenza di proposta (oltre che gravi responsabilità gestionali per gli anni nei quali ha governato), mi sembra evidente che andremo incontro ad una ulteriore caduta della domanda interna a causa della massiccia flessione dei redditi di fasce larghissime della popolazione (peraltro, già stremate). Questa accelerazione di una tendenza già in atto andrà a combinarsi con una scarsa competitività sui mercati esteri di aziende, che in linea di massima, una volta private della leva della svalutazione, hanno agito pressoché esclusivamente sulla riduzione dei costi (a partire da quelli del personale), preferendo trasferire nei patrimoni personali qui surplus, che andavano reinvestiti nella ricerca e nell’innovazione.

Francamente non vedo come potremo uscire vivi dal combinato disposto della caduta della domanda interna e della scarsa competitività delle esportazioni, atteso che negli ultimi decenni (segnatamente negli anni della seconda repubblica) i governi di destra e di sinistra che si sono alternati hanno vivacchiato alla giornata, impegnati angosciosamente ad inseguire le scadenze del debito pubblico, a rubare e a rubacchiare, senza mai provare a misurarsi con un vero progetto di società per il futuro del Paese e (questa volta sì) per i nostri figli.

Questa, secondo me, è la colpa più grave della cosiddetta casta, altro che gli scandali delle case o i menù delle (fraterne) mense di Camera e Senato, che tanto appassionano oggi i frequentatori rabbiosi dei network più pensosi, al pari dei fruitori voraci di X Factor e del Grande Fratello. A pensarci bene, la casta non è altro che la proiezione verso il potere di un Paese (ma forse bisognerebbe dire di un Occidente), nel quale l’egoismo e l’individualismo più sfrenato hanno fatto smarrire ai singoli cittadini il senso del rapporto con la società di appartenenza. La ricerca del piacere e della soddisfazione dei nostri piccoli e grandi desideri ci ha lentamente, ma inesorabilmente spinti a ritenerci sciolti da ogni responsabilità verso il Paese, il comune, gli amici, perfino la famiglia.

Mi rendo conto che apparirò stravagante, eppure mi sono convinto che la fuoriuscita dalla crisi economica passa attraverso la strettoia del superamento della crisi sociologica. Solo una vera e propria rivoluzione etica, che veda protagonisti le nuove generazioni e segnatamente le donne, potrà avere la credibilità per avviare un percorso di risanamento morale ed economico, rivitalizzando con nuova linfa la fondamentale relazione fra il singolo individuo e la società, intesa come spazio e tempo, destinati a produrre vita ben oltre la vita stessa dei singoli individui.

Penso ad un percorso difficile e ricco d’incognite, lungo il quale si rende oramai necessario governare i processi di accumulazione, di cui vanno ridisegnati i limiti ed i confini, coniugandoli con una radicale sensibilità sociale, che metta a lavoro tutte le energie disponibili, dispiegandole secondo i meriti, ma senza mortificarne le debolezze. Penso, ad esempio, ad un percorso virtuoso, che neghi la possibilità di un rapporto di 1 a 470 fra la retribuzione massima e minima dei dipendenti di una stessa azienda.

Penso, tanto per rendere meno serioso il discorso, ad un Paese nel quale i calciatori milionari che minacciano lo sciopero, vengano messi ai minimi contrattuali, facendo spazio alle giovani riserve (un Paese, voglio dire, che sia indotto ad affrontare con serenità il rischio di vedere fuggire all’estero i pallonari più talentuosi ed anche performance meno esaltanti dei club nazionali e della stessa Nazionale).

Non è il caso che continui con i mille esempi possibili e comunque non esaustivi. Quello che serve è un recupero totale del concetto di responsabilità in ogni posto di lavoro e, più in generale, nella vita sociale. Ecco, per me, questo sarebbe economicamente più produttivo di qualunque manovra o, quanto meno, ne costituirebbe un presupposto indispensabile per l’effettivo successo.


http://www.mentecritica.net/liberta-di-licenziare-il-fallito-e-il-suo-fiscalista/informazione/cronache-italiane/lameduck/20911/



Così la manovra fa alzare la tensione nel governo.


berlusconi in ritardo

La manovra aggiuntiva approvata in fretta e furia dal governo dopo le pressioni dell'Europa e dei mercati sta rischiando adesso di accendere un po' troppe micce nella polveriera del Pdl. Le migliori parole per descrivere la situazione all'interno della maggioranza e del governo le ha usate Umberto Bossi. «Bisognava fare questa manovra pesantissima», dice, rassegnato. Ma aggiunge: «È stato un giorno infernale, al punto che Berlusconi al mattino ha fatto incontrare i ministri, prima del Cdm, per paura che venisse fuori un casino, scontri». Gli scontri non ci sono stati, almeno nel consiglio dei Ministri, ma già oggi molti non lesinano parole dure contro Tremonti e il suo provvedimento, tanto da spingere Fabrizio Cicchitto a mettere le mani avanti.

CALDEROLI: MODIFICHE SI' A SALDI INVARIATI
E la base della Lega è furiosa (leggi qui), tanto da spingere il ministro Calderoli ad avvisare:chi dissente è fuori. Poi cerca di scendere a patti: «Il testo può essere modificato soltanto a saldi invariati ma non può essere smontato perché si rischierebbe il default economico del Paese».



Tutte le misure: pensioni,
feste abolite, tfr, tagli a servizi pubblici


Berlusconi e Tremonti: cuore gronda
sangue, ma tagliate 54mila poltrone


Regioni ed enti locali in rivolta:
è disastro sociale (Formigoni, Rossi, Errani, Alemanno...)


«Certamente la manovra è aperta al confronto in Parlamento con le forze dell'opposizione ma essa non è allo sbando né può essere rovesciata come un guanto», dice il presidente dei deputati del Pdl Cicchitto. Stesso atteggiamento difensivo è quello dimostrato Ignazio La Russa. «La manovra è perfettibile e passerà al vaglio del Parlamento che potrà migliorarla», dice il ministro. E del resto, tra le file dello stesso Pdl c'è già chi pensa agli emendamenti da proporre, dopo aver definito il provvedimento di Tremonti «deludente». Sono in nove, al momento, i frondisti capeggiati dall'ex ministro Antonio Martino, ma le fila sono destinate a ingrossarsi.

A loro prova a rispondere Stefano Saglia, sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico: «Ai colleghi che alzano il dito e dicono non ci sto dico basta. È un inutile stillicidio. Tutti sono pronti a dire che la manovra non va ma pochi hanno idee alternative». «È tempo - continua il sottosegretario - di smetterla di giocare. Il Pdl si dimostri partito. Gli emendamenti si devono presentare solo con il consenso del segretario Alfano e del Capogruppo. Se la manovra si può migliorare lo si deve fare stando nel perimetro della maggiorana. Sennò tutti a casa».

Sarà, però un altro ministro mette le mani avanti sulle possibile dimissioni di Giulio Tremonti. A farlo è Saverio Romano, che certo giustifica il possibile cambio di passo con un «se lasciasse, sarebbe solo per stanchezza». Meno dorotee le parole di un altro ministro ancora. Stefania Prestigiacomo, addirittura, accusa Tremonti di aver inserito tra i tagli, quello al Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. «Cancellare il Sistri, magari per rendere la vita più facile alla categoria dei parrucchieri, come è stato surrealmente argomentato, è un errore gravissimo, una follia. Quanti predicano legalità e rigore dovrebbero farsi un esame di coscienza, e capire che stavolta hanno fatto un regalo alle ecomafie».


Lavoro, così l'Italia si deprime 1 milione e mezzo gli scoraggiati.


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L'Italia conta oltre 1,5 milioni di scoraggiati, ovvero di persone che non cercano più un lavoro perché ritengono di non trovarlo. A certificarlo è l'Istat, con riferimento ai dati del primo trimestre del 2011. Dalle cifre emerge come il fenomeno colpisca soprattutto le donne e il Mezzogiorno. Quasi la metà degli scoraggiati, precisamente 698 mila (45% del totale) è, infatti, rappresentata da donne meridionali.


Contributi dei ricchi, macelleria di verità. - di Alberto Capece Minutolo


A Charles Bukowski mancherebbero le parole, troppo anche per lui: vecchi sporcaccioni e pure vecchi imbroglioni, più tirannosauri che tiranni. Vecchi bugiardi. Il compiacimento con cui questa genia di lestofanti tirati, cotonati, e griffati ha spacciato la sua manovra di macelleria sociale per un provvedimento equo, è repellente per l’insincerità e l’intento truffaldino.

Il famoso contributo di solidarietà per chi guadagna più di 90 mila euro l’anno è stato lo scudo dietro cui si sono rifugiati per dimostrare l’equanimità del provvedimento. Ma oltre ad essere una misura fatua, temporanea e inutile è stata anche un raggiro. E lo si è visto quando si è scoperto che il contributo del 5% o del 10% oltre i 150 mila euro, è deducibile. In poche parole è solo una frazione di quanto sbandierato.

E’ ovvio infatti che deducendolo, cala l’irpef totale e il sacrificio diventa sempre più esiguo. Facciamo qualche esempio.

Il contributo per fascia di reddito lordo

Reddito 90.000 Contributo 50 euro

Reddito 100.ooo Contributo 500 euro

Reddito 120.oo0 Contributo 1500 euro

Reddito 200.000 Contributo 8000 euro

Reddito 300.000 Contributo 18000 euro

Reddito 500.000 Contributo 38 mila euro

Bene, cominciamo a fare un po’ di calcoli che semplicità riferirò a un ipotetico personaggio, sposato con due figli che vive in Lombardia, Con 91.000 euro pagherà di irpef pagherà 32.023 euro ma se può dedurre i 50 euro di contributo ne pagherà soli 32.001, vale a dire tutto quello che questa persona sarà chiamata a dare per tre anni è di 27 euro. 2,20 euro al mese su un introito netti di oltre 4400.

La stessa cosa accade per il reddito da 100 mila che teoricamente prevede un salasso di 500 euro, ma che alla fine è di soli 278 euro. Per i 120 mila invece dei 1500 previsti, ne rimarranno da pagare solo 855. Per il reddito da 200.000 dal contributo di 8000 euro si scende a 4560. Per i 300 mila da 18000 si arriva a 10.260 E infine per il mezzo milione si passa dai 38.000 teorici a 16.340,

Da notare che tutto questo calcolo è stato fatto senza ipotizzare detrazioni che anche se piccole potrebbero in pratica azzerare il contributo o se un po’ più consistenti arrivare addirittura a far pagare addirittura meno rispetto a prima. E non è certo un’ipotesi balzana pensare che questo accadrà in un numero non marginale di casi. I commercialisti ci sono per questo.

Alla fine si scopre che il sacrificio dei ricchi è assai più modesto di quello dichiarato per rendere meno amara la medicina ai ceti medio bassi, anzi che in pratica per molti potrebbe consistere proprio in nulla. Insomma un puro espediente per evitare di far comprendere che si colpiscono i soli noti. Macelleria di verità, con il felice contributo della massima parte dei media.

http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2011/08/14/contributi-dei-ricchi-macelleria-di-verita/


Sardegna: occupata Equitalia.


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Lo avrete sentito tutti al TG1, agli altri TG nazionali, sulle pagine dei giornali, nei commenti in giro.

No? Non ne sapete nulla? Beh, non è colpa vostra che ve ne state in spiaggia. E' che se ne è scritto soltanto in un trafiletto della Nuova Sardegna: a Cagliari le partite IVA, gli artigiani, i pastori esasperatihanno occupato la sede Equitalia. A me pare una notizia molto importante, vista la vessazione e l'oppressione che pratica impunemente questo gabelliere medioevale.

Interessi e oneri che arrivano al 50% del dovuto, richiesta di pagamenti per cartelle del 1992, multe già pagate che vengono inviate altre tre o quattro volte, pignoramenti di abitazioni per somme irrisorie, cartelle pazze. Le vittime sono milioni, ed Equitalia si configura già comeulteriore aggravio alle prossime misure governative che colpiranno pensionati, impiegati, autonomi, risparmiatori.

Ieri sera, durante le chiacchiere vacanziere, si stigmatizzavano le rivolte fatte solo per scassare vetrine e ci si chiedeva ancora come mai l'attenzione dei vessati non si rivolgesse ad obiettivi più seri. Forse perché, se anche succede, nessuno lo saprà mai, ho ipotizzato.

E infatti.

Update: preparatevi ad un ulteriore inasprimento di Equitalia. Il governo ha appena tagliato di 9,5 miliardi i trasferimenti agli Enti locali. E si sa: in questi casi, i Comuni si riducono a fare multe anche ai gerani in divieto di sosta. Con quel che ne consegue.

http://crisis.blogosfere.it/2011/08/sardegna-occupata-equitalia.html


Udite, udite... - di Giulietto Chiesa

fed-follia

Udite, udite, o signori e signore che leggete i giornali dei finanzieri di tutto il mondo, (cioè i “loro giornali”, cioè tutti i giornali del mainstream, e naturalmente tutte le televisioni delmainstream) adesso scoprirete il segreto, uno dei segreti, forse il più importante dei segreti, che sta dietro la crisi della finanza mondiale. Credevate che la Grecia fosse la pietra dello scandalo e che i greci, questi spendaccioni corrotti, dovessero essere salvati, sì, ma insieme privati della loro sovranità nazionale, come gli italiani, del resto, e i portoghesi e gli irlandesi? Vi sbagliavate, ma non è colpa vostra. Le cose stanno diversamente, e tenetevi forte alle vostre sedie. Scoprirete anche come la più grande democrazia del mondo (senza scherzi, sto parlando di quella americana!) è in grado di guardarsi dentro (quasi) fino in fondo.

E questo è un bene. Salvo naturalmente il fatto che nessuno lo saprà. E questo è un male. Eccetto io e voi che leggete queste righe elettroniche (questa roba non andrà mai sulla prestigiosa carta dove scrivono De Bortoli, Riotta, Pigì Battista e altri tristanzuoli che vi hanno raccontato e vi raccontano frottole tutti i giorni).

Prima di tutto la fonte, perchè non abbiate a sospettare che si tratti del solito trucco di un “complottista” inveterato. La fonte è più che ufficiale, unica e irripetibile: GAO Audit (Government Accountability Office). Il Governo è quello degli Stati Uniti d’America. L’Audit è parola inglese che sta per verifica contabile. L’Audit di cui si parla è il primo che sia stato mai effettuato da mano umana (non possiamo escludere il buon Dio) sull’attività della Federal Reserve nei quasi cento anni della sua storia.

Voi direte, stupiti: ma come è possibile? Mai nessuno è andato a guardare dentro quei conti? Risposta esatta, mai nessuno. La Federal Reserve è stata una riserva di caccia al di sopra di ogni controllo. La seconda domanda che vi porrete è: ma perchè proprio adesso? Il fatto è, capirete, che gira il mondo un sacco di gente sospettosa. E costoro sono malfidati: visti i risultati vorrebbero dare un’occhiata alla cassaforte. Così è accaduto un accidente imprevisto. All’inizio quelli che stavano dentro la cassaforte hanno pensato: che guardino pure, intanto non ci capiranno niente. Invece quei temerari hanno capito fin troppo bene. E’ andata così, che Ron Paul e Alan Grayson hanno fatto passare un emendamento alla legge Dodd-Frank che consentiva di fare l’inaudito: controllare i conti della Federal Reserve. Al Senato USA erano distratti in quel momento. Detto fatto, due senatori fuori del comune (cioè con le rotelle non del tutto a posto, come vedremo) hanno fatto la ricerca: la storia meriterebbe che i loro nomi restassero scolpiti come i profili dei presidenti sul Mount Rushmore. Si chiamano Bernie Sanders, indipendente, e Jim DeMint, repubblicano.

Aperto il vaso di Pandora è successo un finimondo. Ma, per così dire, “al chiuso”. Ben Bernanke, attuale portiere della Federal Reserve ha protestato veementemente, seguito a ruota dal predecessore Alan Greenspan, e da altri banchieroni tutti mondiali, e tutti beneficiari, come vedremo, di donazioni varie e gratuite. “Che effetto avrebbero sui mercati del pianeta certe scoperte?”, hanno detto. “Bloccare tutto, fermare, insabbiare!”.

Se queste cose le leggete per la prima volta vuol dire che ci sono riusciti, fino ad ora.

Il fatto è che il senatore Sanders è uno svitato e ha messo tutto, pixel su pixel, sulla sua web page. E la frittata non è più riparabile. Per meglio dire: si ordinerà a tutto il mainstreamdi tacere e nascondere. E magari di pubblicare tutte le storie delle eventuali amanti di Sanders, o di svelare quanti conti in banca ha, e magari se ha sodomizzato il suo cuoco, o ha una collezione di foto pedofile. Cosicchè della faccenda dell’audit della Federal Reserve non ne sentirà parlare nessuno, o quasi. Ma Sanders, DeMint e il buon Dio ci permettono comunque, a noi, che parte del mainstream non siamo, di raccontarvi cosa è venuto fuori. Che è una storia niente male, che, se il mainstream non fosse la cloaca che è, potrebbe perfino metterla in prima pagina. E veniamo al dunque, scusandoci con i lettori se abbiamo fatto in apertura come fece Dostoevskij nel presentare i suoi “ Fratelli Karamazov”, cioè scrivendo un romanzo per introdurne un altro.

Le cifre dunque ci dicono che, tra il dicembre 2007 e il giugno 2010, senza che nessuno sapesse niente, cioè segretamente, la Federal Reserve ha tolto dal brago banche, corporations, governi sotto diverse latitudini e longitudini, dalla Francia alla Scozia, e chissà fin dove è arrivata la sua “beneficenza”, con la non modica cifra di 16 mila miliardi di dollari, cioè sedici trilioni di dollari. Tutto questo ben di Dio sarebbe stato collocato sotto la vocina di bilancio di un “programma onnicomprensivo di prestiti”. Ma nessuno, nemmeno il Congresso americano ne è stato informato. Di quei 16 trilioni non un dollaro è ritornato indietro. Eppure sono stati prestati – pensate o lettori ignari – a tasso zero, cioè gratis et amore dei. Per avere un’idea della cifra, se ancora non avete avuto il capogiro, basti pensare che il prodotto interno lordo annuale degli USA si aggira attorno a 14,2 trilioni e che il debito complessivo degli Stati Uniti viaggia sui 14,5 trilioni.

Dunque, concludendo, un gruppo di banchieri, che non sono stati eletti da nessuno, prende decisioni di portata mondiale, compra e ricatta governi, banche corporations. Perchè lo fanno? Perchè il sistema è esploso e va al collasso, e loro lo drogano con denaro finto, perchè possa continuare a funzionare. E – cosa non meno importante – in questo modo si mettono in condizione di minacciare ricattare, condizionare, sostituire governi e ministri di tutto il mondo. Siamo alla dittatura di un superclan semi criminale, che complotta usando denaro fittizio (da dove credete siano usciti quei 16 trilioni se non dalle “stamperie” segrete della Federal Reserve? Tenendo conto anche che quei soldi non occorre stamparli, ma li si può creare dal nulla schiacciando qualche tasto di un computer). Dunque adesso sappiamo che il famoso TARP (Troubled Asset Relief Program), fissato in 800 miliardi di dollari, era una balla al ribasso, buona per i mercati e per non fare esplodere la protesta dei contribuenti americani. Lo chiamarono (libera traduzione mia) “Programma di salvaguardia degli assetti tossici”. E, in effetti fu proprio un programma per salvare quegli assetti.

Li comprarono perchè non si scoprisse che erano velenosi. Valevano zero, ma vennero acquistati in denaro sonante. Salvarono i truffatori. Il pubblico fu indotto a pensare che questo servisse a qualche scopo. L’unico scopo era di finanziare i truffatori. Che sono gli stessi che ora esigono di essere nuovamente pagati per i crediti illegali (tossici appunto) che erogarono. Solo che la cifra fu venti volte più grande.

Dove sono andati e a chi, e quanto? Adesso sappiamo tutto. C’è l’elenco, eccolo:

Citigroup: $2.5 trillion ($2,500,000,000,000)

Morgan Stanley: $2.04 trillion ($2,040,000,000,000)

Merrill Lynch: $1.949 trillion ($1,949,000,000,000)

Bank of America: $1.344 trillion ($1,344,000,000,000)

Barclays PLC (United Kingdom): $868 billion ($868,000,000,000)

Bear Sterns: $853 billion ($853,000,000,000)

Goldman Sachs: $814 billion ($814,000,000,000)

Royal Bank of Scotland (UK): $541 billion ($541,000,000,000)

JP Morgan Chase: $391 billion ($391,000,000,000)

Deutsche Bank (Germany): $354 billion ($354,000,000,000)

UBS (Switzerland): $287 billion ($287,000,000,000)

Credit Suisse (Switzerland): $262 billion ($262,000,000,000)

Lehman Brothers: $183 billion ($183,000,000,000)

Bank of Scotland (United Kingdom): $181 billion ($181,000,000,000)

BNP Paribas (France): $175 billion ($175,000,000,000)

E molte altre banche minori che qui non staremo a citare. Chi volesse sapere i dettagli può andarseli a vedere qui, qui, qui e ancora qui.

Adesso ci è più chiaro chi sono i nove banchieri che si ritrovano, assieme ai loro complici, in qualche ufficio di Wall Street, o a bordo di qualche nave, una volta al mese per complottare contro le nostre vite, il nostro lavoro, il nostro futuro. Sicuramente sono tutti fedeli partecipanti alle riunioni del Gruppo Bilderberg e della Trilaterale. In un mondo bene ordinato bisognerebbe che venissero arrestati, su mandato, per esempio, della Corte Penale Internazionale. Ma chi ha il potere di spiccare un tale mandato, visto che i governi europei sono tutti complici di questi balordi? Ai quali si dovrebbe aggiungere i dirigenti delle agenzie di rating che non potevano non sapere e che sono state e sono parte della macchinazione. Danno i voti a tutti, e decidono chi è fedele e chi non lo è alle loro operazioni da scassinatori; sorvegliano e fanno il palo prima che arrivi l’opinione pubblica. E questa non può arrivare perchè non sa niente. E non sa niente perchè giornali e tv mentono e distraggono milioni e miliardi di spettatori. Da quei pulpiti ci viene l’accusa di avere troppo consumato. Ma quei pulpiti, materialistici per eccellenza, continuano a spingerci a consumare ancora. E’ il delirio dei balordi.

Come difenderci? Organizzarci per rispondere. Il debito che hanno creato se lo paghino loro, se ci riescono. L’attacco alle nostre condizioni di vita dobbiamo respingerlo. Certo che ricorreranno alla forza, come sta facendo il cameriere Cameron dopo i tumulti di Londra. Come Berlusconi e Fassino stanno facendo con i No Tav della Val di Susa. Ma se milioni di europei capiranno che è giunto il momento di difendersi, partendo dalla difesa del proprio territorio (dove per territorio s’intende tutta la nostra vita, a partire dal nostro cervello e dalla nostra salute), li potremo sbalzare di sella. Dove abitiamo noi, loro sono più deboli e noi quasi invincibili. Se ci organizziamo. Tertium non datur: o li sbalziamo di sella o loro ci distruggeranno. Sicuramente molti di noi, insieme ai milioni che non si possono difendere. Ci porteranno via gli ultimi residui di democrazia, ci renderanno schiavi. Vogliono cancellare la storia di 150 anni di diritti conquistati. Sono la peste moderna. Se vogliamo guarire dobbiamo rispondere alla loro dichiarazione di guerra.

http://www.megachipdue.info/tematiche/beni-comuni/6618-udite-udite.html


Manovra, articolo 18 “intatto” ma a rischio. Solo un miliardo dal pacchetto fiscale. - di Stefano Feltri


Nonostante le rassicurazioni del ministro Sacconi, la contrattazione aziendale potrà superare la norma sui licenziamenti. Basso il gettito di contributo di solidarietà e misure antievasione, Tremonti butta lì la revisione degli studi di settore. L'unica certezza è la stangata al ceto medio.

La manovra bis prende forma (vedi in fondo all’articolo), il capo dello Stato ha già promulgato il decreto che contiene la stangata da quasi 50 miliardi (nella notte la cifra è salita, come rivela il ministro Giulio Tremonti). Poi, dal 22 agosto, inizierà la conversione in legge, al Senato. Senza voto di fiducia, sia per consentire all’opposizione di far passare qualche emendamento – visto che il Quirinale auspica condivisione – sia per una forma di comprensibile prudenza: se i mercati martedì decideranno che anche questo intervento non basta ci sarà modo di rafforzarlo ancora.

Anche perché molte delle misure di cui si cominciano a conoscere i dettagli susciteranno parecchie reazioni. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, nella conferenza stampa di Palazzo Chigi ieri mattina, rassicura sul fatto che l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sui licenziamenti senza giusta causa “non è stato toccato”. Poi, però, precisa che il decreto della manovra incentiva la contrattazione a livello aziendale. E nella singola azienda i rappresentanti sindacali, grazie anche al recente accordo con Confindustria, possono decidere in autonomia come regolare una serie di materie tra le quali i licenziamenti senza giusta causa, “tranne quelli discriminatori”. L’articolo 18 resta, quindi, ma si può decidere di non applicarlo.

Non è l’unica sorpresa. Nella spiegazione che Tremonti fa della manovra si notano almeno altre due cose. Primo: tutto il pacchetto fisco più lotta all’evasione è stimato valere solo un miliardo. Il cosiddetto contributo di solidarietà, pagato dai redditi superiori a 90mila euro, sommato al gettito della lotta all’evasione (tra sanzioni per chi non emette scontrini e spostamento da 5mila a 2500 del divieto di pagamenti in contanti) darebbe quindi pochi spiccioli. Possibile? Soprattutto visto che a questi interventi, butta lì Tremonti come se niente fosse, ci sarà la temuta (dai leghisti soprattutto) revisione degli studi di settore.

Probabilmente questa è una delle voci destinate a gonfiarsi durante il passaggio parlamentare, magari anche per sopperire ad altre che potrebbero ridursi. Tipo il taglio delle Province sotto i 300mila abitanti da cui il ministro Roberto Calderoli ha preso le distanze in tempo reale, mentre lo presentava in conferenza stampa. Per come è congegnato, alle Province a rischio basta sciogliere la giunta entro il 2012 e farsi rieleggere per essere praticamente in salvo. L’unico comparto della manovra che sembra blindato è quello della stangata al ceto medio, tra intervento sugli statali e aumento delle tasse.

I ministeri devono risparmiare 6 miliardi, se a fine anno non ci sono riusciti i loro dipendenti a Natale non vedranno la tredicesima mensilità. Un’eventualità che per Tremonti è “estremamente improbabile” ma non certo impossibile. Come nota la Uil, i lavoratori rischiano di dover pagare per l’incapacità dei dirigenti di centrare gli obiettivi. Altra novità è che arriva subito la stangata sulle agevolazioni fiscali, che vengono tagliate nel caso (questo sì improbabile) che il Parlamento approvi una riforma del fisco nei prossimi tre mesi. Il taglio a tutti i bonus, dalle detrazioni per i figli a carico a quelle per le partite Iva dei giovani, vale anche per il 2011 e durerà almeno tre anni, portando nelle casse dello Stato un gettito aggiuntivo di 4 miliardi circa.

Per le casse pubbliche il beneficio (e il salasso per i contribuenti) si potrà dunque già avvertire fin da novembre, quando arriveranno gli acconti Irpef. Anche l’altro pilastro della manovra, i tagli agli Enti locali (regioni e comuni) è confermato: almeno 6 miliardi nel triennio, con effetto immediato. Certo, Tremonti promette di nuovo che verranno restituiti almeno i soldi tagliati nel 2010 con la precedente manovra, ma ormai gli amministratori locali non ci credono più.

Certo, poi ci sarebbe la crescita: a parte la cancellazione dei ponti festivi, non c’è moltissimo. Le imprese brindano al blocco del Sistri, il costoso sistema di tracciamento dei rifiuti avversato da Confindustria, ma su liberalizzazioni e privatizzazioni il governo sembra ancora avere le idee un po’ vaghe. Più probabile che entro breve usi l’arma segreta, auspicata anche dalle imprese, per fare ancora un po’ di cassa: alzare l’Iva.

Da Il Fatto Quotidiano del 14 agosto 2011

LE MISURE DEL DECRETO

MINISTERI. Previsto un taglio di 6 miliardi di euro nel 2012 e 2,5 nel 2013.

TREDICESIME. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che non rispettano gli obiettivi di riduzione della spesa potrebbero perdere il pagamento della tredicesima mensilità.

TFR. Pagamento con due anni di ritardo dell’indennità di buonuscita dei lavoratori pubblici, per risparmiare cassa.

PENSIONI DONNE. Viene anticipato dal 2020 al 2015 il progressivo innalzamento a 65 anni (entro il 2027) dell’età pensionabile delle donne nel settore privato.

PROVINCE. Dalle prossime elezioni è prevista la soppressione delle province sotto i 300.000 abitanti, fusione dei comuni sotto i mille abitanti.

PONTI. Le festività infrasettimanali laiche verranno spostate al lunedì.

SCONTRINI. Tracciabilità di tutte le transazioni superiori ai 2.500 euro. È inoltre previsto l’inasprimento delle sanzioni, fino alla sospensione dell’attività, per la mancata emissione di fatture o scontrini fiscali.

PENSIONI ANZIANITA’. Sono previsti interventi disincentivanti per le pensioni di anzianità, con anticipo al 2012 del requisito di 97 anni tra età anagrafica e anni di contribuzione.

CONTRIBUTO SOLIDARIETA’. Viene esteso ai dipendenti privati la misura già in vigore per i dipendenti pubblici e per i pensionati: prelievo del 5% della parte di reddito eccedente i 90.000 euro e del 10% della parte eccedente i 150.000.

ENTI LOCALI. Verranno ridotti 6 miliardi di trasferimenti nel 2012 e 3,5 nel 2013.

PERDITE. Riduzione per le società al 62,5% della possibilità di abbattimento delle perdite.

SERVIZI PUBBLICI LOCALI. Si punta alla liberalizzazione e verranno incentivate le privatizzazioni.

RENDITE AL 20%. La misura riguarda i proventi finanziari e vale circa 2 miliardi di euro. Esclusi i titoli di Stato che restano tassati al 12,5%.

GIOCHI E TABACCHI. Un aumento della tassazione dovrebbe portare allo Stato almeno un miliardo di euro.

VOLI BLU. Parlamentari e alti burocrati potranno volare soltanto in classe economica.