mercoledì 6 marzo 2013

Poco prima della rivoluzione - Dario Fo



"Molti mi scrivono e mi telefonano, addirittura c’è chi mi ferma per strada, chiedendomi: “Ma non le pare che Grillo, a parte il suo talento, sia di fatto un populista?
Fermi tutti - rispondo – voi sapete che significato abbia l’espressione populista?
Il dizionario dice che populista è colui che intende migliorare la posizione del popolo permettendogli di sfuggire alle violenze della classe dominante, ai ricatti e allo sfruttamento

Quindi è un termine positivo completamente opposto all’altro termine: demagogo. Forse coloro che con tanta leggerezza usano la definizione di ‘populista’ per denigrare un oppositore, dovrebbero ritornare sul dizionario e consultare il termine alla voce demagogo e scoprirebbero che al contrario, quell’espressione, significa ‘colui che con ipocrisia ben calcolata, cerca di sfruttare l’ingenuità di una popolazione per trarne vantaggi indegni’.
Quindi, miei cari, avete sbagliato termine.
Ora, è buona norma quando si attribuisce un comportamento a qualcuno, specie verso Grillo, conoscere il significato del termine che si usa.
Attenzione, questa mia non è una banale pedanteria lessicale, ma qualcosa che impone una seria attenzione alla conoscenza del linguaggio. 
Quindi è un valore che impone un atteggiamento molto serio, specie in un confronto dialettico corretto. 
Questa particolare attenzione vale soprattutto oggi, nel momento in cui all’istante tutti i media, i partiti e soprattutto i soloni della politica, quelli che a loro dire avevano capito tutto del nuovo movimento contestatario fin dall’inizio, si trovano oggi completamente spiazzati col sedere a terra immersi nella boagna della realtà. 

Costoro in coro o intonando da solisti la loro sentenza, assicuravano si trattasse della solita sbruffonata senza alcuna coerenza politica: “Li abbiamo già visti – sghignazzavano – gli exploit de ‘l’uomo qualunque’ e i movimenti contestatari del ’68... nascere e con la stessa velocità esplodere e poi sfasciarsi alla prima curva della realtà."
La ragione di quelle effimere meteore è senz’altro la dabbenaggine di una generica protesta, priva di una minima analisi politica, arraffata piuttosto nel solito calderone anarcoide alla cui testa si susseguono velleitari Lenin o i soliti bordighisti, caricature di capopopolo, alla Cola di Rienzo e Masaniello, che infatti finirono addirittura linciati dai propri sostenitori.
Quello che poi è accaduto alla fine di una campagna elettorale condotta da tutti i partiti in modo a dir poco scellerato si è rivelato, per quanto riguarda i 5 Stelle, un successo fuori da ogni previsione.
Io stesso che l’ho vissuto da dentro il MoVimento sono rimasto completamente sconvolto dal risultato finale. 
Un evento di questa portata non si era mai verificato in tutta Europa. Non comprenderlo ieri e oggi vuol dire essere completamente ottusi.
Purtroppo in politica abbiamo una massa di imbesuiti pieni di sé che credono di risolvere la loro dabbenaggine con i trucchetti e le strizzatine d’occhi. 
In questo momento stiamo assistendo ad una specie di danza dei tarlocchi storditi. Dopo aver creato il caos ora non sanno che pesci pigliare e fingono certezza e chiarezza di idee e di programma.
Fa bene Grillo a denunciare immediatamente come ha fatto in questi giorni, le manovre giustamente definite "il mercato delle vacche" , orchestrate da parte di alcuni esponenti del PD, che cercavano di coinvolgere persone del MoVimento 5 Stelle con l'intento di offrire loro cariche in un ipotetico prossimo governo. 

Tentativo giustamente denunciato come il solito modo puttanesco di fare politica. Per attuarlo però bisogna avere a disposizione persone disposte a vendersi e il MoVimento a 5 Stelle, i suoi eletti, i suoi attivisti, i suoi elettori, ahimè non sono in vendita. Questi manovratori centro-sinistri insistono a muoversi fuori dalla storia e non se ne rendono conto. 

Mettetevi bene in testa che questa, amici miei, non è la solita solfa da sala giochi di lobby del potere e dell’intrallazzo, dove un bell’inciucio con tangente premia la società dei furbacchioni. 
Questo che sta esplodendo davanti ai vostri occhi è l’inizio di una rivoluzione! 
E come diceva una vecchia canzone: "Suonate le trombe fate pernacchi stavolta non volano solo gli stracci ma si fracassa tutto il papocchio e andiamo camminando insieme come una festa di nozze , il primo che sfalsa vola di sotto". Ma non finisce qui.


Ecco che all'istante i nostri gattopardi indelebili cercano di inventarsi una' altra pantomima, nuova di zecca, così vanno piagnucolando:"Come possiamo risolvere? Noi, è vero abbiamo usato qualche trucco per anni, rimanendo inattivi e silenti e tenendo nascosto nel cassetto le proposte fondamentali tipo il conflitto di interessi, la riduzione dei parlamentari, il problema degli aerei da bombardamento e strage che oltretutto ci costano miliardi, pur di difendere fino alla morte i nostri privilegi prebende e le paghe da nababbi". 
Ma ora, lacrimando, i pentiti ci dicono: "Oggi stiamo dimostrando di aver capito il nostro errore e siamo qui proni e inginocchiati disposti a fornire una alleanza attraverso la quale portare a termine finalmente i programmi che voi stessi sceglierete come essenziali."

Fermi lì! 


Attenti che la manfrina del gatto e la volpe la conosciamo già da tempo. 
Non vorremmo che come noi abbocchiamo alla proposta ecco che voi cominciate le omelie del: "Purtroppo ci sono le regole da rispettare, la democrazia si sa è insidiosa, ci vuole tempo, bisogna accettare modifiche, rimandare"...danzare offrendo le natiche comode al capo danza di governo. Il tempo passa e naturalmente ci troveremo da capo beffati e cornuti. Mi dispiace per voi cari maestri dello sberleffo ma stavolta la danza è un'altra, è cambiata l'orchestra, i musici e anche i ballerini e non è più il tango col casquè ma un Rock. (grammelot cantato)
Col lancio in aria di chi fa il furbo e ci allunga troppo le mani sul culo." (grammelot cantato)


Dario Fo


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Coop rosse e Compagnia delle Opere, quanto è bello realizzare affari insieme. - Gianni Barbacetto


Coop rosse e Compagnia delle Opere, quanto è bello realizzare affari insieme


Quando al Meeting di Rimini nel 2003 Pierluigi Bersani, allora responsabile economico dei Ds, indicò in Cl il modello su cui rifondare la sinistra. La trasversale alleanza tra mondo cooperativo bianco e rosso per gestire appalti nel welfare e nell'edilizia. In attesa dell'Expo 2015.

Chi ricorda più queste parole? “Se vuole rifondarsi, la sinistra deve partire dal retroterra di Cl. 
La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’800, il partito socialista arriva dopo, il partito comunista dopo ancora. E i movimenti del Sessantotto sono tutti morti, solo l’ideale lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare, è lo stesso ideale che è alla base delle cooperative, un dare per educare”. A parlare così è Pierluigi Bersani. E’ l’agosto del 2003, quando l’attuale segretario del Pd è responsabile economico dei Ds e viene accolto con scrosci d’applausi dal popolo di Cl al Meeting di Rimini.
L’alleanza tra il mondo ciellino e la sinistra italiana ha una storia ormai lunga. È vero che Comunione e liberazione ha sempre sostenuto con determinazione il centrodestra di Silvio Berlusconi, perdonandogli tutto, dalle barzellette con bestemmia al bunga-bunga. Ma è anche vero che si è sempre tenuta una mano libera, da allungare a sinistra. Soprattutto quando ci sono affari da spartire insieme. Ora, con Silvio in declino e il Pdl in crisi, quella mano diventa più forte e visibile. La “trasversalità” (guai a chiamarla inciucio) diventa esplicito progetto politico.
Bersani al Meeting di Rimini del 2006 aggiunge una clamorosa rivelazione: “Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del Partito comunista italiano, per un po’ pensò di chiamare il nuovo partito Comunità e libertà. Perché tra noi e voi le radici sono le stesse”. Ovazione. Tre anni prima, nel 2003, era nato l’Intergruppo parlamentare sulla sussidiarietà, che ha tra i suoi più assidui ed entusiasti frequentatori da una parte Maurizio Lupi (ciellino di Forza Italia-Pdl), dall’altra Enrico Letta (Ds, poi Pd). L’Intergruppo si propone come “tavolo di discussione bipartisan ideato per creare un dibattito trasversale sul tema della sussidiarietà”, proclama Lupi. “Il suo obiettivo principale è promuovere l’iniziativa privata dei cittadini in forme di autorganizzazione per sperimentare un rapporto più evoluto fra programmazione statale e soggetti privati. Le diverse nature politiche dei promotori dell’Intergruppo ne hanno fatto un caso singolare nel panorama italiano”.
Non così singolare, in verità, vista la propensione italiana all’inciucio. In questo caso, più sociale che politico. La parola d’ordine è “dal welfare state alla welfare society”, vale a dire: meno Stato sociale e meno intervento pubblico, per dare più spazio alle cooperative, sia cielline, sia rosse.
Se poi si vuol trovare l’atto fondativo di un patto tra mondo ciellino e sinistra, il primo passo di un lungo cammino insieme, si deve risalire ancora più indietro nel tempo: al luglio 1997, quando nasce Obiettivo Lavoro, agenzia per fornire lavoro temporaneo. A fondarla sono, insieme, la Lega delle cooperative e la Compagnia delle opere, coop rosse e ciellini. Ne diventa presidente Pino Cova, ex segretario della Cgil Lombardia e della Camera del lavoro di Milano, amministratore delegato è Marco Sogaro, della Cdo.
Ma sono gli affari a dare sostanza concreta ai progetti “alti”. Coop rosse e imprese della Cdo si spartiscono ormai tranquillamente molti appalti pubblici. A Milano, il nuovo ospedale di Niguarda nascerà con le strutture realizzate dalla coop Cmb di Carpi e i servizi gestiti da aziende della Compagnia delle opere. I motori delle due centrali, quella bianca e quella rossa, si stanno già scaldando anche per i lavori dell’Expo 2015: già pronte le coop Cmb, Unieco e Ccc. Anche il monumento al formigonismo, il nuovo grattacielo sede della giunta lombarda, è nato dalla stessa alleanza: Infrastrutture lombarde, la potentissima stazione appaltante controllata dalla Regione di Roberto Formigoni, per Palazzo Lombardia ha assegnato appalti anche a Cmb di Carpi e a Ccc di Bologna, oltre che all’Impregilo di Massimo Ponzellini, a Pessina, a Cile e a Montagna Costruzioni, azienda socia della Cdo e presente nel suo consiglio direttivo.
Le coop sono ben piazzate anche negli appalti del nuovo polo fieristico di Rho Pero (Cmb di Carpi) e del Portello (Cmc di Ravenna). Ma il sistema è pervasivo e nazionale, se è vero che funziona, per esempio, anche a Vicenza: il nuovo ospedale di Santorso sarà tirato su da Summano Sanità, società formata insieme da coop (anche qui Cmb) e Cdo.
 Gli amici di Cl sono tanti, nel Pd. Bersani e Letta, ma anche Matteo Renzi. Il più amico di tutti era Filippo Penati, accolto nel 2004 dall’allora presidente della Cdo milanese, l’ex Pci e imputato di Mani pulite Massimo Ferlini, con queste parole: “Lo abbiamo invitato nella sua veste di presidente della Provincia. Ma lo conosciamo come un vero riformista dai tempi in cui era sindaco di Sesto San Giovanni”. Dna comune, evidentemente.

C’ERA UN GIUDICE A BOLZANO ...- Marco Lillo


Luis Durnwalder


Robert Schulmers non è in ufficio. Il procuratore della corte dei conti del Trentino Alto Adige ha appreso di essere indagato dalla Procura di Roma per due reati gravissimi mentre era in vacanza con la famiglia.
Durnwalder,DURNWALDER,
Il giovane magistrato rischia fino a 11 anni di galera per calunnia e offesa al Capo dello Stato per colpa delle lettere all'associazione nazionale magistrati contabili nelle quali denunciava le ingerenze del suo capo, Salvatore Nottola, nelle indagini che disturbavano il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder, che a sua volta aveva presentato un dossier a giugno contro l'attività della Procura della Corte dei Conti al presidente Napolitano.
Durnwalder,DURNWALDER,
Schulmers ha deciso di lavare i panni sporchi descrivendo quelle che lui considera ingerenze, non solo della Procura generale della Corte dei Conti, ma anche del Quirinale, davanti ai 400 colleghi e all'associazione dei magistrati della Corte dei Conti. Forse sperava in una reazione. Il risultato è stato che il presidente dell'associazione nazionale dei magistrati, più volte contattato dal Fatto per dire una parola su questa vicenda, non si è mai degnato di richiamare. E mette ansia questo silenzio di 400 magistrati di fronte alle lettere pubblicate tra il 25 febbraio e il primo marzo sul sito dell'Anmc e solo il 3 marzo dal Fatto.
Giampaolino LuigiGIAMPAOLINO LUIGI
I magistrati contabili sono bravi a fare i calcoli e hanno capito che costa troppo tenere la schiena dritta quando si ha di fronte il potere vero, quello che può farti male se osi parlare, come è accaduto a Schulmers. Quello che può contare sull'appoggio del presidente della Repubblica, del presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino (presidente del Consiglio che giudica sui procedimenti disciplinari) e del Procuratore Generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola, che esercita l'azione disciplinare.
Il triangolo di potere che ha stritolato Schulmers conta poi sull'appoggio di tutta la stampa che non ha pubblicato una riga delle lettere di Schulmers. E ora anche della Procura della Repubblica di Roma che indaga sulla presunta vittima delle ingerenze, Schulmers.
Per capire questa storia bisogna partire dall'inizio. La provincia autonoma di Bolzano è un'isola felice dove le strade sono pulite, i cittadini fanno la raccolta differenziata e il turismo prospera tra masi e agriturismi finanziati generosamente dalla Provincia che tiene il 90 per cento dei soldi prodotti su queste terre. Dal 1989 regna Luis Durnwalder, leader incontrastato della SVP, il partito di lingua tedesca alleato con il centrosinistra alle ultime elezioni. Senza i voti della SVP di Durnwalder - al Quirinale per prendere l'incarico non sarebbe andato Bersani ma Berlusconi.
Luis DurnwalderimagesLUIS DURNWALDERIMAGES
Durnwalder è un sovrano illuminato che bada al sodo e per anni la Corte dei Conti non ha avuto da ridire sulla sua gestione. Poi è arrivato come sostituto nel 2006 e poi come capo della Procura della Corte dei Conti del Trentino Alto Adige un ragazzo cresciuto a Bolzano con l'idea che la legge è uguale per tutti. Si chiama Robert Schulmers. Nell'aprile 2008 la Procura della Corte dei Conti indaga sui fondi spesi per la società (in perdita) che gestisce l'aeroporto di Bolzano.
La Procura sequestra persino gli immobili dei consiglieri della società. Cose mai viste a Bolzano. Durnwalder tuona: "È un precedente pericoloso, un'invasione di campo nella politica". Quell'anno Napolitano incontra il presidente altoatesino che - secondo i bene informati - si lamenta. Nel 2011 il procuratore Schulmers cita in giudizio 19 persone, tra cui Durnwalder, per il rimborso IRAP per tre milioni pagato a una società privata partecipata dalla Provincia, la tensione sale.
Il 25 maggio 2012 le difese chiedono l'annullamento dell'inchiesta e undici giorni dopo, il 5 giugno Durnwalder incontra Napolitano al Quirinale. Per i giornali dell'epoca dovrebbero parlare solo della "situazione politica in Alto Adige". In realtà Durnwalder, come ha confermato in alcune interviste in questi giorni, consegna un promemoria su carta non intestata in merito ai problemi con la Corte dei Conti.
schulmersSCHULMERS
Lui dice oggi "sull'aeroporto e sull'energia". Il presidente altoatesino trova terreno fertile. I solerti funzionari del Colle intervengono e tre giorni dopo, 8 giugno 2012, il procuratore generale Nottola chiama Schulmers e gli chiede una nota perché deve parlare con un personaggio importante. Il 9 giugno 2012 Schulmers invia la sua nota per rintuzzare gli attacchi del Colle.
A metà giugno Nottola incontra Schulmers e gli confida di avere incontrato un personaggio importante del Quirinale che ha cercato di delegittimare Schulmers parlando di presunti insuccessi processuali del procuratore. Schulmers su sua richiesta consegna uno specchietto delle sentenze per dimostrare che non è propio un incapace. Il 29 giugno il presidente della Corte dei Conti Giampolino è a Bolzano per il giudizio di parifica e in quell'occasione - scrive Schulmers - gli consiglia di stare tranquillo con i vertici della Provincia.
schulmersSCHULMERS
Giamapolino nega persino l'incontro e sostiene di essere andato a Bolzano solo per l'inaugurazione dell'anno giudiziario in altra data. Il 28 settembre del 2012 Napolitano è invitato a Bolzano da Durnwalder per ricevere persino un'onoreficenza "dell'Austria inferiore". Italia e Sud-Austria tubano come piccioncini, se non fosse per quel procuratore birichino che il 4 ottobre 2012 cita in giudizio la giunta compreso il presidente Durnwalder per l'assegnazione di due consulenze (una a un ex politico SVP) per complessivi 30 mila euro.
IL 17 ottobre 2012 la procura della corte dei conti sequestra le carte del fondo spese del presidente. La Provincia solleva il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale e la Presidenza del Consiglio dei ministri si costituisce al fianco di Schulmers.
Il 25 gennaio però c'è il colpo di scena: il Procuratore generale Nottola chiede al procuratore altoatesino di "revocare il decreto di sequestro e archiviare la vertenza" perché non sarebbe "opportuno" coinvolgere la Presidenza del Consiglio. Schulmers fa di testa sua e accelera invece di frenare: il 15 febbraio formalizza l'accusa contro Durnwalder contestandogli l'utilizzo del fondo del presidente per 1 milione e 653 mila euro in 17 anni.
tribunale piazzale clodioTRIBUNALE PIAZZALE CLODIO
Dieci giorni dopo, il 26 febbraio Schulmers si leva i sassolini dalle sue scarpe di montanaro. E sono macigni che rotolano fino a Roma. Scrive al presidente dell'Associazione nazionale magistrati contabili Tommaso Miele e la mail, letta da 400 magistrati della mailing list, ha per oggetto "ingerenze indebite a Bolzano". Il 28 febbraio Nottola risponde che è tutto falso. Il primo marzo Schulmers invia una seconda mail durissima e il 3 marzo Il Fatto pubblica il carteggio. Ieri la Procura di Roma indaga Schulmers. I suoi colleghi tacciono ancora. Tutti.

Cern conferma, particella scoperta e' Bosone Higgs.


Cern conferma, particella scoperta e' Bosone Higgs


Particella scoperta in 2012 e' quella prevista nel 1964.

ROMA - E' effettivamente il bosone di Higgs previsto nel 1964 la particella scoperta nel 2012 al Cern di Ginevra. La conferma dal primo identikit presentato oggi dai fisici del Cern a La Thuile.
Oltre a determinare la massa delle particelle, il bosone di Higgs potrebbe aver dato il primo impulso all'espansione dell'universo. Lo indicano i dati preliminari presentati dai fisici del Cern riuniti in un convegno a La Thile. I dati riguardano una proprietà chiamata spin e che può essere visualizzata come il senso di rotazione di una particella e indicano che lo spin del bosone di Higgs sarebbe uguale a zero, proprio come prevede la teoria di riferimento della fisica, chiamata Modello Standard.

Stiglitz.



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La riscossa siciliana, Crocetta: “Sì all’articolo 37 dello Statuto. Roma? Ce ne freghiamo”. - Antonella Sferrazza


“Chi non osa nulla, non speri in nulla” diceva Schiller. E la Sicilia, finora, ha osato ben poco sul tema dell’Autonomia speciale. I governi regionali che si sono succeduti negli ultimi anni, qualche volta, hanno chiesto allo Stato italiano  il rispetto delle prerogative sancite dallo Statuto, che ricordiamo è parte della Costutuzione italiana. Ma, non ci si è spinti al di là di qualche lettera, di qualche incontro nella Capitale e di qualche diatriba dialettica.
La musica sembra cambiare con Rosario Crocetta. Il nuovo Presidente della Regione siciliana, infatti, sta mostrando i muscoli. Almeno per qualla parte dello Statuto che, se applicato, potrebbe rivelarsi importantissimo per le casse regionali. Parliamo dell’articolo 37, secondo cui le imprese che hanno gli stabilimenti produttivi nell’Isola, ma sede legale altrove, devono pagare qui parte delle imposte.
Crocetta, nel corso della conferenza stampa di stamattina (in cui si è parlato anche della sopressione delle province), ha annunciato che: “La Sicilia lo applicherà. E se Roma non è d’accordo ce ne fregheremo”.  La presa di posizione del Presidente, è l’unica via percorribile se si vuole porre fine ad una ingiustizia che la Sicilia subisce da oltre 60 anni.
Sperare che il governo nazionale rinunci, infatti, ad un ricco bottino, è da sciocchi. Non l’ha mai fatto, né lo farà. Di che cifre parliamo? Solo pensando ai grandi gruppi industriali, come quelli del petrolchimico – che hanno portato inquinamento e malattie in Sicilia, e che continuano a versare le imposte al Nord – e  magari mettendoci pure le banche, si tratterebbe di circa 1,5 miliardi di euro all’anno, come ha ricordato stamattina il Presidente.
A ben guardare, la posta in ballo è molto più sostanziosa. Come ha dimostrato in un dettagliato studio sull’argomento il docente d Economia Aziendale, Massimo Costa, tra i maggiori esperti in tema di Autonomia, il furto legalizzato in danno della Sicilia ammonta almeno a 5 miliardi di euro l’anno solo per la mancata applicazione dell’articolo 37. Se poi si aggiungono gli altri (36-38, ad esempio) la rapina statale supera i 10 miliardi euro (qui potete leggere i dettagli dell’analisi). 
Un bottino che Roma non molla. Ma, poiché anche il governo nazionale è tenuto al rispetto della Costituzione, quindi dello Statuto, ecco la decisione di Crocetta di andare avanti senza se e senza ma. Senza inutili trattative con uno Stato sordo quando si tratta di soldi dei siciliani. Finora, una pubblicistica intrisa di pregiudizi e, probabilmete, pilotata dagli interessi del Nord, ha trascurato questi ‘particolari’. Dando fiato alle trombe stonate di chi ha descritto un Sud e una Sicilia inondati da risorse pubbliche. Tesi ampiamente smentita dagli economisti della Svimez, l’Associazione per lo sviluppo industriale. 
Che succederà ora? Crocetta ha detto che l’assessore regionale all’Economia, Luca Bianchi (che è anche un componente Svimez) sta lavorando al provvedimento. I tempi non dovrebbero essere lunghi. E se Roma alza la voce?
Pazienza. Un popolo coraggioso deve avere la forza di difendersi. Perché questo è un caso di legittima difesa. Eventualmente si potrebbe ricordare che la Sicilia dispone di mezzi necessari per farsi ascoltare: le raffinerie, per cominciare. Oltre il 40% circa della benzina e del gasolio utilizzati in Italia, proviene dagli impianti di raffinazione dell’Isola. Chiuderle significherebbe mettere in ginocchio il Paese. Che, forse allora, si mostrerebbe più sensibile dinnanzi ai diritti dei siciliani. 
C’è da aggiungere che Crocetta, stamattina in confereza stampa, ha parlato anche del ripristino dell’Alta Corte in Sicilia. Ma sull’argomento non è stato molto chiaro, o quantomeno, non abbiamo avuto modo di chiedere un chiarimento. Non ha parlato cioè della nomina dei giudici, passaggio essenziale per fare tornare in vita una istituzione che già c’è (non ha bisogno di essere istituita, come si dice in giro).  Una istituzione, come diceva il Presidente della Regione, Giuseppe Alessi “che è stata sepolta viva”. Approfondiremo anche questo tema in un prossimo articolo. 

La conferenza di Crocetta in diretta: “Ecco il mio pacchetto tsunami”

La Rivoluzione di Crocetta: addio Province, benvenuto Statuto siciliano

La Sicilia regala all’Italia 10 miliardi di euro l’anno (almeno)

La questione siciliana all’Onu

Le solite bugie sul Sud Italia

Svimez: il Sud Italia più colpito dalle manovre del governo nazionale

Centocinquant’anni di unità? No, di bugie (e omissioni)

Crocetta: “La Sicilia riavrà la sua Alta Corte”

La vera storia dell’Alta corte per la Sicilia? “E’ stata abolita con un colpo di Stato”

http://www.linksicilia.it/2013/03/la-riscossa-siciliana-si-allarticolo-37-dello-statuto-roma-ce-ne-freghiamo/

SE FOSSI LAUREATO IN ECONOMIA E NON IN LETTERE. - Maurizio Pallante



Dopo avere letto il post “La decrescita totalitaria” *, di Stefano Feltri, ho immaginato di essere un “economista”, ed ho fatto un paio di considerazioni. Ad esempio, se fossi laureato in economia e non in lettere, mi domanderei: chi ha governato l’economia e la finanza nei decenni passati, chi la sta governando, chi ha la responsabilità della crisiche sta sconvolgendo i paesi industrializzati, chi è incapace di trovare le misure di politica economica adeguate per uscirne: i laureati in economia o i laureati in lettere?

Se fossi laureato in economia e non in lettere, mi domanderei se è veramente desiderabile, ammesso che sia possibile, uscire dalla crisi con la ripresa della crescita di un prodotto interno lordo in cui incidono in misura significativa gli sprechi di cibo (il 3 per cento del pil), gli sprechi di energia (il 70 per cento dei consumi), gli incidenti automobilistici, il consumo di medicine, le spese di riparazione e di ripristino dei danni ambientali causati da processi produttivi finalizzati alla crescita del prodotto interno lordo, la cura delle malattie causate dalla crescita delle emissioni e delle produzioni inquinanti, la produzione di armi e le guerre.

Se fossi laureato in economia e non in lettere, non eviterei comunque di ripassare la differenza tra la congiunzione “e” e il verbo “è”, perché un conto è dire “meno e meglio” e un altro è dire “meno è meglio”. Se per i talebani della crescita più è sempre meglio, anche quando è peggio (es.: gli sprechi di energia in un edificio mal costruito), i sostenitori della decrescita felice non pensano, né scrivono, che meno è sempre meglio, ma sanno distinguere quando lo è (es.: la riduzione dei consumi di energia in un edificio ben costruito). I talebani della crescita si limitano a usare grossolani criteri di valutazione quantitativi, i sostenitori della decrescita felice utilizzano parametri qualitativi.
Se fossi laureato in economia e non in lettere terrei in una certa considerazione l’insegnamento di un economista tra i più importanti del Novecento, John Kenneth Galbraith, che nel 1968 ha suggerito a Robert Kennedy di rivelare l’inganno dell’equazione tra crescita del Pil e crescita del benessere, perché il Pil cresce anche quando cresce la produzione di merci che peggiorano la nostra vita, come le armi, il tabacco, la riparazione delle automobili incidentate, mentre non può misurare il benessere generato da attività che non generano una compravendita, come le relazioni umane, l’autoproduzione di beni, l’economia del dono e della reciprocità.
Se fossi laureato in economia e non in lettere mi domanderei: se basta il banale buon senso per decidere di produrre cose utili invece di cose inutili o dannose, di utilizzare processi non inquinanti anziché processi inquinanti, di ridurre gli sprechi invece di incentivare un consumo dissipativo delle risorse, come mai i laureati in economia che governano l’economia e la finanza non indirizzano su questa strada gli investimenti per superare la crisi? I laureati in economia sono privi del banale buon senso?
Se fossi laureato in economia e non in lettere mi domanderei se la scelta di aumentare la produttività per far crescere il Pil e rendere le aziende più competitive sul mercato mondiale non comporti una riduzione dell’incidenza del lavoro umano per unità di prodotto e quindi una riduzione dell’occupazione e della domanda a fronte di un aumento dell’offerta; se cioè non aggravi la crisi invece di attenuarla (per non parlare della sofferenza umana di chi non ha occupazione, ma gli esseri umani per chi è laureato in economia sono semplici fattori della produzione, quello che conta è la crescita).
Se fossi laureato in economia e non in lettere, non avrei comunque nessuna ritrosia a leggere ciò che scrivono quelli che la pensano diversamente da me, perché il vero fondamento di una deriva totalitaria è proprio l’intolleranza, soprattutto quando assume l’aspetto di un tabù inviolabile da difendere con tutti i mezzi.

Maurizio Pallante