martedì 21 luglio 2015

Formazione, stangata per politici e burocrati. Condannata Monterosso, assolto Lombardo. - Riccardo Lo Verso e Accursio Sabella

, Politica

Il caso degli extrabudget. La sentenza dei giudici contabili diventa definitiva. La condanna più pesante è per il segretario generale Patrizia Monterosso che dovrà restituire alla Regione quasi 1,3 milioni di euro.

PALERMO - Stangata confermata. La sentenza dei giudici contabili diventa definitiva. La condanna più pesante è per il segretario generale Patrizia Monterosso che dovrà restituire alla Regione quasi 1,3 milioni di euro. Accolto invece il ricorso dell'ex governatore Raffaele Lombardo difeso dall'avvocato Gaetano Armao e del funzionario Salvatore Di Francesca, difeso dal legale Massimiliano Mangano. "Sconto" per l'ex assessore Carmelo Incardona che dovrà risarcire circa 800 mila euro, circa 30 mila in meno rispetto alla condanna di primo grado. Confermata l'assoluzione della funzionaria Loredana Esposito (anche lei difesa dall'avvocato Mangano).

La sezione d'appello della Corte dei Conti ha condannato politici e burocrati per la nota vicenda degli extrabudget. Fondi assegnati a enti di formazione siciliani in aggiunta a quelli previsti dal Prof 2007. Condannati pure gli ex assessori Santi Formica (dovrà restituire 379 mila euro), Luigi Gentile (224 mila euro), la dirigente Alessandra Russo (378 mila euro), Maria Carmela Di Bartolo (474 mila euro) e l'ex dirigente del servizio Rendicontazione, Nino Emanuele (365 mila euro).

Regge, dunque, e in maniera definitiva, la ricostruzione del vice procuratore Gianluca Albo in primo e di Diana Calaciura in appello, secondo cui, si era in presenza di una “trasgressione dei canoni comportamentali”. Quei canoni previsti dal “buon senso comune, secondo cui un ente privato non può gestire arbitrariamente risorse pubbliche” e dal “buon senso gestionale” che deve rispondere ai principi di trasparenza ed economicità. Insomma, non è possibile incrementare la cifra dei finanziamenti già stanziati. Si deve spendere quanto si riceve. Vietato sforare anche di un solo centesimo il budget. L'indagine era stata condotto dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Palermo.

A nulla sono servite le tesi difensive secondo cui, sarebbe venuto meno il danno erariale visto che la Regione ha avviato le procedure per recuperare le somme erogate, circa 4 milioni di euro, attraverso lo strumento della compensazione o le ingiunzioni di pagamento agli enti. Per farla breve, gli enti che avevano ricevuto dall'assessorato, per il solo 2007, le somme in extrabudget sono stati chiamati a restituire quei soldi anche attraverso il blocco dei finanziamenti dell'Avviso 20 o di altri dei quali fossero destinatari.


http://livesicilia.it/2015/07/21/extra-budget-della-formazione-condannata-monterosso-assolto-lombardo_649915/

Cardinali milionari: terreni, ville, denaro. Tutte le ricchezze del clero, alla faccia dell’umiltà.

Appartamenti, edifici, terreni: le fortune di tutti i cardinali, dati aggiornati ad aprile 2014.
“San Pietro non aveva conto in banca” ha detto papa Francesco I di recente, il cui nome certo esprime un’intenzione quanto meno a ispirarsi alla povertà, a quella “chiesa dei poveri” tanto cara al fondatore dell’ordine mendicante per eccellenza.
Un conto in banca sembrano averlo però molti sotto la mano di Santa romana Chiesa. E anche bello cospicuo, senza contare le proprietà e i beni. Precisiamo, moltissimi ottenuti in modo assolutamente lecito, per eredità familiari o lasciti testamentari, molti dei quali raccontati dal giornalista Mario Guarino, su Vaticash, il suo nuovo libro di inchiesta edito da edizioni Koinè.
Condensati in queste pagine vi sono mesi di ricerche catastali, sui patrimoni personali di oltre cento alti prelati, dati aggiornati all’aprile 2014, tutti dichiarati regolarmente al fisco. Insomma, nessuno scandalo giudiziario, nessun libro denuncia, ma una riflessione su ricchezza e povertà religiosa, con frequenti rimandi ai vangeli e citazioni di Bergoglio.
Tra i nomi che compaiono nel libro, molto ricco e ben documentato, compare anche Monsignor Liberio Andreatta, il responsabile dell’Opera Romana Pellegrinaggi, con 38 fogli di visure immobiliari al catasto, terreni coltivati tra la Maremma e le campagne di Treviso, un edificio di 1432 metri quadrati e tre immobili in usufrutto e una serie di fabbricati rurali tra Fibbianello e Semproniano. Oppure l’arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, con 8 appartamenti e sei monolocali, 22 vani abitativi, edifici residenziali, terreni coltivati, tra cui un vastissimo agrumeto.
L’arcivescovo ciellino Ettore Balestrero, classe ’66, pur ricoprendo il ruolo di nunzio apostolico in Colombia., conserva numerose proprietà in Italia, tra cui una residenza di dieci vani a Roma, in via Lucio Afranio, altre quattro unità immobiliari a Genova e un appartamento in nuda proprietà a Stazzano, nell’Alessandrino, dove risulta anche possessore di molti terreni agricoli e boschi da taglio. Passando per il vescovo Giorgio Corbellini, comproprietario di circa 500 ettari di boschi, due fabbricati e altre centinaia di ettari di pascoli e terreni seminativi sulle colline di Bettola (Piacenza). Il cardinale Domenico Calcagno presidente dell’Apsa, intestatario di un appartamento di 6,5 vani in via della Stazione di San Pietro e altri quattro edifici residenziali nel suo paese natale.Inoltre, insieme a due parenti, è comproprietario di oltre 70 ettari di campi e vigneti in Piemonte.
E ancora gli appartamenti di Camillo Ruini, di Carlo Maria Viganò e, per terminare in bellezza, un caso a dir poco “singolare”: quello di don Agostino Coppola, ex parroco di Carini, arrestato e condannato perché complice del clan mafioso dei corleonesi. Fu lo stesso che sposò in segreto Totò Riina quando era in latitanza. Smessi i panni da uomo di Chiesa, a don Coppola vennero sequestrati tutti i beni scoperti dai giudici di Palermo. Eppure, ad oggi, misteriosamente l’ex prete risulta proprietario di 83 ettari di uliveti e 14 di agrumeti a Carini. A nome del defunto e dei suoi familiari è registrato pure il possesso perpetuo (con l’antico sistema dell’enfiteusi) di altri 49 ettari di campagne e due fabbricati a Partinico.
Un viaggio attraverso nomi più o meno noti, che di certo riserverà non poche sorprese.

Antonino Balasso




Dopo che lo sparatore di cazzate, coordinatore di Fratelli d'Italia di Ferrara, (uno che dice che se scaviamo una buca abbastanza profonda, lui uccide tutti i migranti che sbarcano) si è autosospeso dal partito come un coglione in un sospensorio, ha fatto il giro del mondo la foto dell'altro coglione con la svastica che si sente male durante una manifestazione di suprematisti bianchi ed è soccorso da un poliziotto nero. 

Una raccomandazione ai razzisti: già siete coglioni, vedete almeno, se siete anche vecchi, di evitare figure di merda, e di mandare a puttane un'intera manifestazione solo perché siete loffi come dei cachi.

https://www.facebook.com/natalinobalasz/photos/a.374431482575012.93967.130309930320503/1045888115429342/?type=1&theater

lunedì 20 luglio 2015

Assemblea Pd 2015, il suk del Senato infiamma i dem. Verdini promette posti e accordi con Renzi, le contro-offerte di Silvio. - Alessandro De Angelis

DENIS VERDINI

Piomba nel cuore dell’assemblea del Pd il suk del Senato. Perché sull’operazione “responsabili” Denis Verdini ha sferrato l’affondo finale, come ai tempi di Razzi e Scilipoti. Entro una settimana, i gruppi. La promessa ricevuta da più di un senatore riguarda un prossimo ingresso nel governo, in cambio del sostegno sulle riforme (e non solo): come sottosegretario nel prossimo rimpasto di settembre ma prima ci sarebbe posto come presidente di commissione, visto che le presidenze alla Camera si rinnovano già martedì. Insomma, si sa quanto sia abile Denis Verdini a chiedere, come si diceva un tempo, di arruolarsi in marina promettendo un entusiasmante giro per il mondo.
A garanzia della bontà dell’offerta il plenipotenziario di Berlusconi con diversi processi a carico, compresa la bancarotta fraudolenta nell’ambito dell’inchiesta sul credito fiorentino, avrebbe addirittura ripetuto che sulle ricompense politiche Luca Lotti sarebbe d’accordo. Il pressing è estenuante perché, sottotraccia, l’avversario che si è ritrovato Verdini nel suk è un esperto di aste, anzi uno per cui le aste le gestiva in prima persona: Silvio Berlusconi. Che da Arcore ha iniziato a contattare i senatori in bilico, smontando una per una le promesse di Verdini. Attenzione, dice l’ex premier, non fidatevi perché io lo conosco bene Verdini. Quando c’era da chiedere un aiuto economico, prosegue Silvio, quello stava dalla mattina alla sera ad Arcore. Ora, siccome è preoccupato dalla procura di Firenze, pensa che il giglio magico sia una polizza sulla vita. In ogni caso, l’operazione è tutta personale: “E poi – è la convinzione di Berlusconi – Renzi si sta indebolendo. Prima o poi sarà costretto ad aprire alle larghe intese. Restate qui che vi conviene, altro che Denis”.

Nulla può raggiungere, nel suk, un livello di mercanteggiamento come quello tra due, Verdini e Berlusconi, che hanno condiviso segreti indicibili e indicibili metodi. Tanto che in uno degli ultimi incontri, quando Denis ha sbattuto le mani sul tavolo, ha urlato una frase che suonava così: “Silvio, non provare a prendermi in giro, perché dopo tanti omicidi (politici, ovviamente, ndr) che abbiamo fatto assieme, conosco i tuoi metodi”. Però stavolta Verdini è convinto di avere un asso nella manica. La voce è arrivata anche nel governo dove, per dirne una, Lupi l’ha condivisa con preoccupazione con qualche collega: l’operazione Verdini la fa perché ha la garanzie che alle prossime elezioni sarà alleato con Renzi. L'accordo, va dicendo in giro Verdini, già ci sarebbe. Proprio questo spiega il crescendo di insofferenza della minoranza del Pd. L’ex capogruppo Roberto Speranza, nella sua intervista all’HuffPost, ci è andato giù duro: “Si pensa a scorciatoie affidando la stabilità a una nuova operazione responsabili con gli amici di Verdini, Consentino a Lombardo. Siamo al dunque e mi auguro che Renzi all’assemblea del Pd faccia chiarezza”. Pier Luigi Bersani, intervistato da Tommaso Labate alla Festa dell’Unità di Roma, ci ha messo il carico: “Non consentiremo che si butti fuori la sinistra per far entrare Verdini. Non abbiamo fatto tutto questo per fare un partito pigliatutto”. Neanche Gotor pure si affida a giri di parole: “Spero che ci sia una smentita, che purtroppo non è ancora arrivata, relativa a eventuali intese con Verdini, Cosentino e Lombardo sulle riforme costituzionali. Non è possibile fare del calciomercato - sottolinea - anche perché una squadra che acquista Cosentino, Verdini e Lombardo evidentemente sta cambiando schema di gioco e categoria e questo è inaccettabile”.
Lo schema di gioco alle prossime politiche, secondo lo schema di Verdini, ricalca quello di De Luca in Campania o di Emiliano in Puglia: il candidato e le liste di “impresentabili”. Ovvero Renzi premier, sostenuto dal Pd, e una lista “per Renzi” con Verdini, i responsabili e quelli di Ncd che non vogliono tornare nel centrodestra. È lo schema della “coalizione della Nazione” che rafforza il premier, indebolendo (come avvenuto nelle regioni) il suo partito. E poco importa che questo presupponga una modifica della legge elettorale. Per Renzi conta la vittoria e questo Italicum la rende incerta. In parecchi sono certi che lo cambierà, dopo il Senato. In un capannello al Senato, l’altro giorno lo spiegava pure una vecchia di volpe come Pier Ferdinando Casini, che col premier parla spesso, perché è scattata una simpatia a pelle: “Vedrete, Matteo cambierà la legge elettorale. Gli conviene una coalizione”. E Verdini è pronto.

domenica 19 luglio 2015

Borsellino ucciso perché indagava sulla trattativa, trovato il fascicolo. E spuntano nomi “pesanti”. - Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza

La ricostruzione dei giornalisti del Fatto, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, mette i brividi: Borsellino è stato ucciso perché stava indagando, formalmente, sulla trattativa Stato-Mafia. La conferma arriva dal ritrovamento di un fascicolo assegnato a Borsellino in data 8 luglio 1992 (11 giorni prima di essere ucciso…) in cui viene fuori l’ufficialità dell’indagine e i nomi delle persone coinvolte. Nomi pesanti. Nomi di capimafia. Nomi di politici. Nomi di esponenti dei servizi segreti.

In piena stagione stragista, a metà giugno del ‘92, un anonimo di otto pagine scatenò fibrillazione e panico nei palazzi del potere politico-giudiziario: sosteneva che l’ex ministro dc Calogero Mannino aveva incontrato Totò Riina in una sacrestia di San Giuseppe Jato (Palermo). Una sorta di prologo della trattativa. Su quell’anonimo, si scopre oggi dai documenti prodotti dal pm Nino Di Matteo nell’aula del processo Mori, stava indagando formalmente Paolo Borsellino. Con un’indagine che il generale del Ros Antonio Subranni chiese ufficialmente di archiviare perché non meritava “l’attivazione della giustizia”.
IL DOCUMENTO dell’assegnazione del fascicolo a Borsellino e a Vittorio Aliquò, datato 8 luglio 1992, insieme alle altre note inviate tra luglio e ottobre di quell’anno, non è stato acquisito al fascicolo processuale perché il presidente del Tribunale Mario Fontana non vi ha riconosciuto una “valenza decisiva” ai fini della sentenza sulla mancata cattura di Provenzano nel ‘95, che sarà pronunciata mercoledì prossimo.
Ma le note sono state trasmesse alla Procura nissena impegnata nella ricostruzione dello scenario che fa da sfondo al movente della strage di via D’Amelio. In aula a Caltanissetta, infatti, nei giorni scorsi, Carmelo Canale ha raccontato che il 25 giugno 1992, Borsellino, “incuriosito dall’anonimo” volle incontrare il capitano del Ros Beppe De Donno, in un colloquio riservato alla caserma Carini, proprio per conoscere quel carabiniere che voci ricorrenti tra i suoi colleghi indicavano come il “Corvo due”, ovvero l’autore della missiva di otto pagine.
Quale fu il reale contenuto di quell’incontro? Per il pm, gli ufficiali del Ros, raccontando che con Borsellino quel giorno discussero solo della pista mafia-appalti , hanno sempre mentito: una bugia per negare l’esistenza della trattativa, come ha ribadito Di Matteo ieri in aula, nell’ultima replica. Tre giorni dopo, il 28 giugno, a Liliana Ferraro che gli parla dell’iniziativa avviata dal Ros con don Vito, Borsellino fa capire di sapere già tutto e dice: “Ci penso io”.
Il primo luglio ‘92, a Palermo il procuratore Pietro Giammanco firma una delega al dirigente dello Sco di Roma e al comandante del Ros dei Carabinieri per l’individuazione dell’anonimo. Il 2 luglio, Subranni gli risponde con un biglietto informale: “Caro Piero, ho piacere di darti copia del comunicato dell’Ansa sull’anonimo. La valutazione collima con quella espressa da altri organi qualificati. Buon lavoro, affettuosi saluti”.
NEL LANCIO Ansa, le “soffiate” del Corvo sono definite dai vertici investigativi “illazioni ed insinuazioni che possono solo favorire lo sviluppo di stagioni velenose e disgreganti”. Come ha spiegato in aula Di Matteo, “il comandante del Ros, il giorno stesso in cui avrebbe dovuto cominciare ad indagare, dice al procuratore della Repubblica: guardate che stanno infangando Mannino”.
Perché Subranni tiene a far sapere subito a Giammanco che l’indagine sul Corvo 2 va stoppata? Venerdì 10 luglio ‘92 Borsellino è a Roma e incontra proprio Subranni, che il giorno dopo lo accompagna in elicottero a Salerno. Borsellino (lo riferisce il collega Diego Cavaliero) quel giorno ha l’aria “assente”. Decisivo, per i pm, è proprio quell’incontro con Subranni, indicato come l’interlocutore diretto di Mannino. È a Subranni che, dopo l’uccisione di Salvo Lima, l’ex ministro Dc terrorizzato chiede aiuto per aprire un “contatto” con i boss.
È allo stesso Subranni che Borsellino chiede conto e ragione di quella trattativa avviata con i capi mafiosi? No, secondo Basilio Milio, il difensore di Mori, che ieri in aula ha rilanciato: “Quell’incontro romano con Subranni è la prova che Borsellino certamente non aveva alcun sospetto sul Ros”.
Il 17 luglio, però, Borsellino dice alla moglie Agnese che “Subranni è punciuto”. Poche ore dopo, in via D’Amelio, viene messo a tacere per sempre. Nell’autunno successivo, il 3 ottobre, il comandante del Ros torna a scrivere all’aggiunto Aliquò, rimasto solo ad indagare sull’anonimo: “Mi permetto di proporre – lo dico responsabilmente – che la signoria vostra archivi immediatamente il tutto ai sensi della normativa vigente”.

sabato 18 luglio 2015

Crocetta: telefonate medico e manager, insulti a Borsellino.

Lucia Borsellino, Matteo Tutino, Rosario Crocetta, Sicilia, Cronaca


Il testo di alcune intercettazioni del Nas agli atti inchiesta.


(ANSA) - PALERMO, 18 LUG - Mentre continua ad essere avvolta dal mistero la presunta conversazione shock tra il medico Matteo Tutino e il Governatore Rosario Crocetta, smentita dalla Procura di Palermo e confermata dal settimanale L'Espresso, cominciano a venir fuori alcune intercettazioni depositate agli atti dell'inchiesta che riguarda il chirurgo plastico, arrestato tre settimane fa con l'accusa di truffa. 
Stralci delle telefonate vengono pubblicate oggi dal Giornale di Sicilia. Nel marzo 2014, dopo la notifica di avvisi di garanzia allo stesso Tutino e al commissario straordinario dell'ospedale Villa Sofia di Palermo Giacomo Samperi, alcune intercettazioni telefoniche tra i due rivelano quanto conflittuale fosse il loro rapporto con l'allora assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino. 

  Samperi, il cui mandato era stato revocato da Borsellino, parla con Tutino e dice di voler fare un esposto contro l'assessore: "La denuncio per illecito... Me ne sto fottendo, pure che si chiama Lucia Borsellino". e Tutino risponde: "Bravo". Il quotidiano riporta anche una frase che Crocetta avrebbe riferito a Tutino a proposito della revoca di Samperi dal suo incarico: "Ora ma viru io cu Lucia" (ora ci penso io, ndr).

    Il 27 marzo 2014 Samperi e Tutino parlano al telefono: "Io credo che ci sia qualcosa sotto in tutto questo e Lucia e il presidente sono in disaccordo...". "Sì, totale - dice Tutino - ma mi ha detto (il presidente, ndr) stai tranquillo".
    I due si definiscono "uomini del presidente" che operano "per la legalità. La legalità prima di tutto - osserva Tutino - E Samperi aggiunge: "Ma a noi quello interessa, prima di tutto...
    Siamo troppo seri noi".

    Dopo la revoca di Samperi, un dipendente del pronto soccorso di Villa Sofia va da Tutino e gli dice di aver saputo dal fratello che "tutto viene da quella b... della Borsellino e il presidente non la vuole fare muovere da lì". E parla di un dirigente dell'assessorato alla Salute "messo lì appositamente perché dà fastidio alla Borsellino".

    Il 25 Marzo 2014 è il periodo in cui sono in ballo le nomine nella sanità e Tutino, parlando con il segretario particolare di Crocetta, Giuseppe Comandatore, dice: "Senti, lui (Crocetta, ndr) mi ha detto che domani gli devo portare la lista dei pretoriani del presidente". "Sì - dice Comandatore - la porti, vieni al palazzo... lo visiti, gli guardi cose e via". "Avremo bisogno di mezz'ora - dice Tutino - perché gli parlerò di ognuno con il curriculum in modo molto... Sono fedelissimi". (ANSA).

venerdì 17 luglio 2015

Grecia, torna in agenda la ristrutturazione del debito di Atene. Merito dell’asse Draghi-Usa (con buona pace di Schaeuble). - Paolo Fior

Grecia, torna in agenda la ristrutturazione del debito di Atene. Merito dell’asse Draghi-Usa (con buona pace di Schaeuble)

Gli Stati Uniti spingono, Bce e Fmi insistono. Risultato: la partita (tutta politica) è riaperta proprio quando sembrava che il muro tedesco fosse invalicabile. I negoziati saranno lunghi e difficili, specie perché sul tavolo c'è una rimodulazione profonda e non un lifting di facciata. Ma già il fatto di trattare è un punto a favore del governatore centrale nonché un colpo basso alla strategia germanocentrica della Merkel.

L’offensiva diplomatica statunitense e l’arrivo in Europa del segretario al Tesoro Jacob Lew un effetto lo hanno ottenuto subito: da giovedì al centro dell’agenda economica-politica dell’Unione europea c’è la ripresa dei negoziati sulla ristrutturazione del debito greco. Non una ristrutturazione di facciata, ma una rimodulazione profonda, in grado di rendere sostenibile nel tempo il terzo bail-out di Atene. Come verrà fatta – procrastinando di decenni le scadenze, sforbiciando anche i tassi d’interesse o tagliandolo tout court, o ancora in un altro modo ancora – poco importa, le modalità tecnico-giuridiche sono un dettaglio.
Quello che conta è che nelle prossime settimane si discuterà e si deciderà su questo, anche perché i principali creditori della Grecia, vale a dire il Fondo monetario internazionale e la Banca centrale europea, sono in piena sintonia su questa linea. La novità è soprattutto rappresentata dalle dichiarazioni del presidente della Bce, Mario Draghi, che mercoledì ha avuto un lungo incontro con Lew, e che giovedì in conferenza stampa ha detto con chiarezza due cose: che è fuori di dubbio che il debito greco vada ristrutturato e che la Grecia resta nell’euro “whatever it takes”. E’ la traduzione politica di quello che Draghi intende per difesa a oltranza della moneta unica e che emerge in tutta la sua forza con la stoccata che riserva al falco tedesco Wolfgang Schaeuble: “Non farò commenti sulle affermazioni di uomini politici”.
Lo ha detto in conferenza stampa ai giornalisti che lo interrogavano a proposito delle reiterate affermazioni del ministro delle Finanze tedesco sull’opportunità di una Grexit temporanea. In quella frase c’è più di una presa di distanza: c’è la consapevolezza istituzionale di avere un ruolo diverso che impone il dovere di guardare le cose da una prospettiva più alta. Una consapevolezza che è emersa anche in queste drammatiche settimane, con manovre sul filo di lana nel tentativo di salvaguardare l’euro, evitare strappi all’interno del board della Bce stessa, che è composto dai banchieri centrali dell’Eurozona, nel non piegarsi ai diktat e alle pretese, come quella di chiudere i rubinetti della liquidità di emergenza alle banche greche. Una storia, quella di questi giorni, che in buona parte è tutta da scrivere, a partire dalla verità sullo scontro Schaeuble-Draghi che si è consumato nel momento più caldo delle trattative con la Grecia.
La difesa dell’euro, come si è visto, non è solo un fatto tecnico che ha a che fare con le leve della politica monetaria, ma è prima di tutto un fatto politico. Le pressioni americane stanno contribuendo a rimettere in gioco la palla, tanto che giovedì, con il via libera nella notte alle prime riforme da parte del Parlamentogreco, la situazione si è sbloccata: è stato approvato il via libera a nuovi negoziati con la Grecia, sono stati sbloccati gli aiuti immediati da 7 miliardi con anche il via libera di Londra(inizialmente contraria), la Bce ha aumentato di 900 milioni la liquidità di emergenza e soprattutto ha chiesto la cessazione graduale dei controlli di capitale, e soprattutto si è iniziato a parlare di ristrutturazione del debito.
Nulla si sa di come sia finito l’incontro Lew-Schaeuble che pur si è tenuto in tardo pomeriggio a Berlino. Tra poche ore il Bundestag dovrà votare il piano di aiuti alla Grecia e, nonostante molti mal di pancia, sembra certo che passerà. I tedeschi però hanno dovuto marcare comunque il punto con Schaeuble che pur dichiarando di votare a favore ha ribadito che una Grexit temporanea non sarebbe una cattiva idea. E la cancelliera Angela Merkel che ha difeso le posizioni del suo ministro: “Trovo espressamente giusto, in una tale situazione, riflettere e decidere su ogni possibile variante”, ha detto ai parlamentari del suo partito in una riunione straordinaria prima del voto. La trattativa che si sta per aprire sarà lunga e difficile, ma qualche speranza ancora c’è.