giovedì 15 dicembre 2016

Referendum sul Jobs act: la Consulta decide sull'ammissibilità l'11 gennaio. - Silvio Buzzanca

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Nel Pd adesso si cerca di correre ai ripari per evitare un nuovo ko referendario: modificare la legge o congerlarlo con il voto anticipato.

ROMA - “Una rogna”. Matteo Renzi definisce così l’ipotesi che la Corte Costituzionale, la decisione è prevista l’11 gennaio, dichiari ammissibili i tre referendum presentati dalla Cgil che chiedono l’abolizione del Jobs Act e il ritorno all’articolo 18, la cancellazione dei voucher e il ritorno alle garanzie per i contributi dei lavoratori delle ditte che subappaltano lavori. Con il via libera della Consulta il governo dovrebbe fissare la data del voto fra il 15 aprile e il 15 giugno. E con l’aria che tira, è il ritornello che gira fra i democratici, quelli del No avrebbero un’altra bella occasione per dare una seconda mazzata a Renzi e ai suoi progetti di rivincita. Anche se questa volta il referendum prevede il quorum. E allora nel Palazzo già si pensa e si lavora su come disinnescare questa mina vagante. Fino all’idea estrema: sconfessare, la riforma voluta da Renzi, considerarla defunta e trovare altre soluzioni per evitare il voto popolare.
 
La prima ipotesi però è la più semplice e si incastra perfettamente nelle strategie renziane. Si sciolgono le Camere e si va a votare a giugno: Renzi ha in testa la data dell’11 giugno. In questo caso la legge parla chiaro: i quesiti referendari vanno congelati e spostati di un anno perché non si possono tenere insieme elezioni politiche e referendum. La via più semplice. Una soluzione che però deve fare i conti con la riluttanza del presidente della Repubblica a sciogliere le Camere e con i tempi del varo delle nuove leggi elettorali per Camera e Senato. C’è chi, infatti, vorrebbe correre, iniziare a discutere subito, prima del giudizio della Consulta sull’Italicum. Scegliendo la soluzione apparentemente più facile: tornare al Mattarellum.
 
Il deputato del Pd Michele Nicoletti ha appena presentato una proposta di legge per ripristinare la legge con cui abbiamo votato nel 1994, 1996 e 2001. C’è chi, invece, vuole aspettare la Consulta e la sua decisione e ripartire da cosa diranno i giudici costituzionali. E cosa di non poco conto fra i sostenitori di questa tesi c’è Anna Finocchiaro, presidente della Affari costituzionali del Senato e ora ministro per i Rapporti con il Parlamento che dovrà occuparsi d tessere la tela delle nuove leggi elettorali.
 
Così, di fronte all’incertezza sulla reale durata del governo Gentiloni si affaccia una nuova ipotesi: modificare il Jobs act, rivedere le norme sui voucher. Ne ha parlato all’ultima riunione dei gruppi del Pd Cesare Damiano, come conferma il capogruppo del Pd a Montecitorio Ettore Rosato: «Sì, in un intervento è stato citato il tema». Per i voucher ha spiegato Damiano tutto è più facile: basta recuperare la legge Biagi e farli tornare veramente strumenti per pagare collaborazioni occasionali. Il terzo quesito ha natura molto tecnica e, anche se si tenesse, non può certo assumere valore politico.
 
Il discorso è più complicato sulle possibili modifiche all’articolo 18. Che dall’abrogazione delle norme sul Jobs act verrebbe esteso alle aziende con più di 5 dipendenti. Damiano ha posto il problema e avrebbe anche detto al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini “il Jobs act mi sembra defunto”. Ma sconfessare la legge sarebbe un altro duro colpo alla narrazione renziana “dell’abbiamo fatto in tre anni più di quello che altri hanno fatto in dieci anni”. Una clamorosa marcia indietro che si aggiungerebbe al no popolare alle riforme, alle prese di distanza dello stesso Renzi dell’attuazione della Buona scuola e alla parziale bocciatura della Consulta della riforma della Pubblica amministrazione. Ma fare delle modifiche alla legge vigente e convincere la Cassazione che il nuovo testo eri il quesito del referendum è molto arduo. Ecco allora tornare in pista l’ipotesi principale: andare alle elezioni politiche e rinviare tutto di un anno. Una tesi che sostiene il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. " Se si vota prima del referendum sul Jobs Act, il problema non si pone. Ed è questo, con un governo che fa la legge elettorale e poi lascia il campo, lo scenario più probabile. Sulla data dell'esame della Consulta è tutto come previsto". 

Naturalmente riaccendere il faro sull'articolo 18 e i voucher, riattizza la conflittualità fra sindacati e imprese. "I voucher  per la Cisl vanno sicuramente cambiati e aboliti nei settori dell'agricoltura e dell'edilizia, dove sono diventati uno strumento selvaggio di precarietà del lavoro", dice la segretaria Annamaria Furlan. Susanna Camusso risponde invece al ministro Poletti che esclude la tenuta del referendum causa elezioni politiche. "Mi pare dotato di una sfera di cristallo", dice la leader della Cgil. Per la Camusso "insistere sullo slittamento del referendum significa non avere il coraggio di affrontare i problemi". E comunque, conclude, per noi "vale il merito e non la data". Invece il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia dice: "Arriva il referendum? Io imprenditore attendo e non assumo. E questo  è il capolavoro italiano dell'ansietà, di far vivere il paese in un clima perenne di incertezza totale".


http://www.repubblica.it/politica/2016/12/14/news/referendum_sul_jobs_act_la_consulta_decide_sull_ammissibilita_l_11_gennaio-154079936/

Sole 24 Ore, aperto fascicolo per falso in bilancio. Acquisiti i documenti contabili.

Sole 24 Ore, aperto fascicolo per falso in bilancio. Acquisiti i documenti contabili

A tre settimane dalla notizia di un buco da 50 milioni di euro e a due giorni dall'ispezione Consob con il supporto della Guardia di finanza, che in passato aveva ricevuto più esposti sulle anomalie di alcune operazioni, l'ipotesi è stata iscritta nel registro delle notizie di reato della Procura di Milano.

Comincia a prendere forma il fascicolo della Procura di Milano sui conti del gruppo Sole 24 Ore. A tre settimane dalla notizia di un buco da 50 milioni di euro e a due giorni dall’ispezione Consob con il supporto della Guardia di finanza, che in passato aveva ricevuto più esposti sulle anomalie di alcune operazioni, c’è l’ipotesi iscritta nel registro delle notizie di reato. È, naturalmente, il falso in bilancio. Però ora non ci sono indagati, ma il pm di Milano Fabio De Pasquale, titolare dell’indagine, ha disposto l’acquisizione dei bilanci degli ultimi anni presso Kpmg, la società che ha certificato i conti del gruppo.
Nei giorni scorsi la procura di Milano aveva ricevuto un esposto dell’Adusbef sulla gestione della società con le ipotesi dei reati di falso in bilancio e false comunicazioni sociali, che in parte ricalcava un documento analogo presentato nel 2010 dai membri del sindacato interno dei giornalisti, tra i quali Nicola Borzi. Lo stesso che, sempre in qualità di azionista oltre che dipendente dell’editrice, il 5 e il 7 ottobre del 2016 ha presentato all’authority di vigilanza sui mercati due nuovi esposti incentrati sul caso delle vendite digitali del quotidiano. L’Adusbef chiedeva alla magistratura di indagare, oltre che su presunte ipotesi di reato degli amministratori del Sole 24 Ore, anche sulla presunta omessa vigilanza della Consob. Per l’associazione dei consumatori l’ispezione di mercoledì 19 ottobre arriva con un ritardo di oltre 5 anni.
bilanci raccontano una parabola calante, come ha raccontato il Fatto Quotidiano. Quando il gruppo si quotò – 6 dicembre 2007 – aveva un valore di Borsa di 750 milioni, oggi ne vale 51. Il patrimonio netto era di 347 milioni e oggi è di 28 milioni. La posizione finanziaria netta, cioè soldi in cassa, era positiva per 149 milioni mentre oggi è negativa per 30 milioni. Le perdite cumulate superano il miliardo di euro. Dove sono finiti questi soldi e come è stato possibile che nessuno, dai presidenti ai componenti dei collegi sindacali, se ne sia accorto? Che qualcosa non funzionasse è emerso ufficialmente solo qualche mese fa quando è arrivato il nuovo ad Gabriele Del Torchio.
Intanto dopo le dimissione del cda, presieduto da Giorgio Squinzie la nomina pro tempore di Carlo Robiglio e Luigi Abete, due giorni fa Confindustria ha depositato la propria lista per il rinnovo del consiglio di amministrazione: Giorgio Fossa è indicato come candidato presidente e Luigi Gubitosi, Patrizia Micucci e Livia Salvini come amministratori indipendenti. In lista anche Giuseppina Mengano Amarelli, Marcella Panucci, Massimo Tononi, Luigi Abete, Edoardo Garrone, Carlo Robiglio e Francesca Di Girolamo.

mercoledì 14 dicembre 2016

Vincenzo De Luca indagato per istigazione al voto di scambio. Pm sente il portavoce sul caso fax. - Vincenzo Iurillo



Poi saranno ascoltati anche altri responsabili della campagna elettorale. "Quando hai la coscienza tranquilla si va avanti oppure qui moriamo di avvisi di garanzia mentre i cittadini non hanno neanche i servizi essenziali" commenta il governatore.

L’accusa: istigazione al voto di scambio. Un solo iscritto nel registro degli indagati: Vincenzo De LucaPromettere fritture di pesce per far votare Sì al referendum sulle riforme potrebbe essere un reato. Chiuso il fascicolo inizialmente aperto a modello 45, che consente solo accertamenti generici su fatti non costituenti reato, la Procura di Napoli ne ha aperto un altro a modello 21, con una ipotesi di reato e un presunto responsabile, il governatore Pd della Campania. Il modello 21 consente agli inquirenti di ascoltare persone, fare ulteriori acquisizioni documentali, disporre atti di indagine altrimenti impossibili.
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La decisione di procedere con un passo più spedito è nata dall’ascolto e dall’analisi attenta dell’ormai famoso file audio di una riunione tra il governatore Pd della Campania e circa 300 sindaci e amministratori locali svoltosi al Ramada di Napoli il 15 novembre, pubblicato in esclusiva su ilfattoquotidiano.it. L’audio è stato acquisito dalla Finanza il 24 novembre. Si sente De Luca incitare i sindaci a darsi da fare per votare e far votare Sì al referendum costituzionale perché il premier Matteo Renzi “manda fiumi di soldi” in Campania. Si sente De Luca indicare come esempio il sindaco di Agropoli, Franco Alfieri, il campione “delle clientele scientifiche, che bella cosa”, spronandolo a raccogliere almeno 4000 voti offrendo agli elettori “una frittura di pesce” oppure “portali sulle barche” (“vedi tu come Madonna devi fare…”), e sollecitando agli altri primi cittadini a fare come lui. 
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Il pm Stefania Buda ha colto una sfumatura della riunione: De Luca che fa il nome di Paolo Russo, il suo portavoce, come destinatario e collettore dei “fax da inviare” con il numero delle persone incontrate in campagna elettorale e una indicazione più o meno precisa del numero dei voti che si prevedeva di raccogliere per la riforma Boschi. Russo è un giornalista molto stimato tra gli addetti ai lavori, tesse con cura, pazienza e grande professionalità i rapporti, quasi mai semplici, tra un vulcanico governatore e una stampa spesso molto critica verso le sue esternazioni e i suoi guai giudiziari di De Luca. Proviene dalla redazione di Salerno de Il Mattino’, dove ha avuto ruoli apicali. La redazione staccata della città dove De Luca è stato sindaco per più di venti anni.
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Il pm ieri ha sentito Russo come testimone, il primo di quella che si preannuncia una discreta sfilata: il giornalista ha negato che quei fax siano stati mai inviati ed ha ridimensionato – come era ovvio – la portata ‘clientelare’ delle affermazioni di De Luca, proseguendo sulla linea delle “battute goliardiche” tenuta dal presidente sin dal primo giorno. Il giornalista ha fatto i nomi di alcune persone presenti all’incontro, tra i quali quelli di un cronista di una testata locale, per confutare in qualche modo che si trattasse di una riunione a porte chiuse (anche se si sente De Luca dire “non ci sono giornalisti” e riderne). La Procura, dopo aver sentito Russo, intende sentire anche i responsabili del comitato referendario campano per il Sì: Piero De Luca, figlio del presidente, e Francesco Nicodemo, ex consigliere comunale di Napoli e fino a pochi giorni fa capo della comunicazione social del premier Renzi. Nicodemo e De Luca jr verranno ascoltati come testimoni nei prossimi giorni. La Procura vuole fare tutti gli accertamenti necessari a valutare come  fu raccolto il consenso e se ci furono altre riunioni di quel tipo. Al vaglio degli inquirenti ci sarebbe anche un altro aspetto: il ruolo di commissario in pectore alla sanità campana con cui De Luca si presentò alla platea; il riferimento ai laboratori (“ci sono 400 laboratori, sono tanti voti”) come agli studi professionali sarebbe stato fatto non a caso. Peraltro nei giorni successivi De Luca ha incontrato le associazioni della sanità privata accreditata, i cosiddetti ‘signori delle cliniche’, in circostanze dove il ruolo istituzionale e la campagna elettorale si sono intersecate in un grumo. Il pm intende convocare anche qualche sindaco. E incomincerà da Franco Alfieri.
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Dopo la pubblicazione dell’audio la commissione Antimafia aveva chiesto informazioni alla Procura di Napoli per capire se ci fossero i presupposti perché si muovesse l’organismo parlamentare. “Abbiamo sempre agito così per avviare le nostre inchieste e useremo lo stesso metodo” aveva dichiarato la Bindi contro la quale De Luca si era scagliato dicendo in un’intervista che era “un’infame, da ammazzare“. De Luca ha preferito non commentare direttamente la notizia della nuova indagine. “Quando hai la coscienza tranquilla si va avanti oppure qui moriamo di avvisi di garanzia mentre i cittadini non hanno neanche i servizi essenziali” ha detto all’inaugurazione di tre servizi operativi nell’Ospedale del Mare. De Luca. Tuttavia riferendosi a Verdoliva, commissario per l’ultimazione della struttura, ha detto che è necessario “avere dirigenti che non hanno paura di mettere una firma, e che mettono in conto di ricevere un avviso di garanzia”.
“Credo che sia un atto dovuto che si accerti quanto accaduto in alcune giornate della campagna referendaria” commenta il sindaco di Napoli Luigi de Magistris. “Mi sembra corretto che ci siano delle verifiche giudiziarie perché quello che abbiamo ascoltato e visto in questa campagna elettorale è andato molto oltre la dialettica politica”. De Magistris, nel sottolineare che non gli competono ”valutazioni su fatti giuridici”, ha rimarcato la sua posizione “distante dal punto di vista politico dal metodo, dal contenuto, dalla forma e dai toni con cui alcuni hanno cercato di orientare il voto verso il Sì in questa campagna referendaria”. Secondo l’ex pm il 4 dicembre “la gente ha guardato molto più lontano e non sono bastati gli appelli a fritture di pesce per condizionare un voto che è stato inequivocabile in favore del No e che ha dato una bella batosta all’accoppiata Renzi – De Luca”.

martedì 13 dicembre 2016

Onde gravitazionali, una strana eco fa traballare la Relatività.

I ricercatori hanno analizzato i dati di Ligo che hanno portato alla scoperta delle onde gravitazionali e che erano stati generati dalla collisione tra due buchi neri (fonte: Maxwell Hamilton)
I ricercatori hanno analizzato i dati di Ligo che hanno portato alla scoperta delle onde gravitazionali e che erano stati generati dalla collisione tra due buchi neri (fonte: Maxwell Hamilton)


Piccole anomalie captate dallo strumento Ligo


Una strana 'eco' nelle onde gravitazionali potrebbe mettere in crisi la teoria della relatività: l'osservazione delle 'vibrazioni' dello spazio tempo, una delle più attese conferme della teoria di Einstein, potrebbe trasformarsi in un boomerang. E' quanto sostiene lo studio pubblicato sul sito ArXiv da Jahed Abedi, del Politecnico Sharif di Teheran: i ricercatori avrebbero rilevato la traccia di alcune anomalie nel segnale captato dallo strumento americano Ligo, lo stesso che ha portato a scoprire le onde gravitazionali. 

Traballa la Relatività?
I ricercatori hanno analizzato gli stessi dati di Ligo che hanno portato alla scoperta delle onde gravitazionali e che erano stati generati dalla collisione tra due buchi neri. E' emerso così che i dati in arrivo da Ligo indicherebbero che l'interno dei due buchi neri sarebbe diverso da come lo aveva descritto Einstein. Quella regione sarebbe cioè governata dalle leggi proprie della meccanica quantistica e le misteriose eco percepite insieme ai segnali delle onde gravitazionali sarebbero appunto delle particolari firme dovute a effetti quantistici. "E' sicuramente uno studio interessante, ma i dati sono ancora troppo pochi per giungere a delle conclusioni: sarà necessario osservare ancora molti eventi di questo tipo per ridurre le tante incertezze", ha osservato Gianluca Gemme, coordinatore nazionale della collaborazione europea Virgo per l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). "I buchi neri sono un po' il territorio di confine tra il mondo della teoria della relatività e quello della meccanica quantistica, due teorie che non vanno d'accordo tra loro", ha aggiunto. "Non sappiamo - ha detto ancora - che cosa ci sia dentro i confini di un buco nero": al momento, ha detto ancora "questo è un territorio ignoto", che "forse può essere spiegato solo dalla meccanica quantistica".


http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/spazioastro/2016/12/12/onde-gravitazionali-una-strana-eco-fa-traballare-la-teoria-della-relativita-_e8f35596-0a1f-4846-8eba-1f03f71a9d78.html

La cabala della politica. - Michele Ainis

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C'È UN folletto, c'è un diavolo burlone dietro questa crisi di governo. Le prove? Basta mettere in sequenza i fatti. O i numeri, che si ripetono come in una giostra. Dal 12.4 (voto finale della Camera sulla riforma costituzionale) al 4.12 (voto popolare al referendum) fino al 24.1 (voto della Consulta sull'Italicum). Insomma: 1, 2, 4. I primi tre numeri, ma senza il tre.
E SENZA l'ausilio di Minerva, dea della ragione. Anzi: con una serie di distorsioni logiche, se non di veri e propri paradossi. Sono almeno sette, come i peccati capitali.

Primo: le dimissioni. 

Renzi le avrebbe rassegnate su due piedi, subito dopo il ko del referendum; Mattarella gli ha chiesto d'aspettare l'approvazione della legge di bilancio. Sicché quest'ultima, a sua volta, è stata timbrata dal Senato su due piedi, o meglio nello spazio di due giorni. Dimostrando così che il bicameralismo paritario non è affatto un intralcio, che il Senato non è affatto un freno. Dipende dal pilota, non dal motore. E il pilota, in questo caso, è come se si fosse dimesso per due volte: da palazzo Chigi e dalla sua riforma.

Secondo: la fiducia. 

Quella posta dall'esecutivo sulla legge di bilancio, che il 9 dicembre ha ottenuto l'assenso di 173 senatori. Ora, la "questione di fiducia " è un po' un ricatto verso i parlamentari della maggioranza: o votate quel tal provvedimento - dice il governo - oppure mi dimetto. Invece stavolta la fiducia serviva per accelerare le dimissioni, non per scongiurarle. Più che una minaccia, recava una promessa. Sicché i senatori si sono trovati nella singolare condizione d'approvare una fiducia per esprimere sfiducia.

Terzo: le consultazioni al Quirinale. 

Dove hanno sfilato 23 delegazioni, un record. Eppure questo Parlamento è figlio del Porcellum, il supermaggioritario bocciato poi dalla Consulta. Morale della favola: nessun maggioritario frappone un argine alla disgregazione, quando gli eletti disfano gruppi e partiti in Parlamento (263 cambi di casacca nella legislatura in corso, altro record). Bisognerebbe correggere il divieto di mandato imperativo, come propongono all'unisono Grillo, Renzi, Berlusconi; ma guarda caso, questa è l'unica riforma che non ci hanno sottoposto.
Quarto: la legge elettorale. Cambierà, ma come? Difficile inventare l'ennesimo modello: il tempo è poco, gli ingegneri sono esausti. Non resta che rivolgersi al mercatino dell'usato, dove si trovano due sistemi bell'e pronti: il proporzionale della prima Repubblica; il Mattarellum con cui ha esordito la seconda. Il nostro prossimo passo sarà il passo del gambero.

Quinto: la Consulta. 

È un giocatore di riserva, ma può segnare il gol che decide la partita. Succederà se le forze politiche non riusciranno a licenziare la riforma dell'Italicum, come nel 2013 non riuscirono a mettersi d'accordo sul superamento del Porcellum. A quel punto intervennero i giudici costituzionali (sentenza n. 1 del 2014); e nacque il Consultellum, tutt'ora vigente nei soli riguardi del Senato. Dopotutto, si tratta semplicemente di replicare l'esperienza. Ma se le leggi elettorali le scrive la Consulta, significa che il Parlamento non ci serve, dunque non ci servono elezioni, dunque non ci servono leggi elettorali. Più che una sentenza, un rompicapo.

Sesto: la legislatura. 

Subito al voto, chiede l'opposizione di destra e di sinistra. Anche con l'Italicum, aggiungono i più spericolati. Ballottaggio alla Camera, proporzionale al Senato: che sarà mai? Sarà un sistema schizofrenico, con esiti opposti nelle due assemblee legislative. E sarà un Carnevale della democrazia, con quel ballottaggio alla Camera dove non si vince nulla, perché le poltrone di governo si vincono in Senato. Urge un corso di lezioni sulle elezioni.

Settimo: il nuovo esecutivo. 

Nuovo? Rimane inalterata la formula politica (il centro del Pd alleato coi centristi) nonché la maggioranza dei ministri. A occhio e croce, parrebbe casomai un rimpasto, per usare un'etichetta dei bei tempi andati. Ovvero la sostituzione di qualche giocatore nella squadra di governo, ma senza porre in discussione il rapporto fiduciario, senza aprire una crisi formale. E se la sostituzione tocca al presidente del Consiglio? Anche in questo caso, non mancano precedenti illustri. Febbraio 1849: Gioberti si trovò costretto a fare le valigie, mentre i suoi ministri rimasero tutti al proprio posto, sorretti da unanime consenso. In quell'occasione, insomma, fu rimpastato il solo presidente del Consiglio. Ecco perciò svelato il senso di tutti questi bizzarri avvenimenti: erano l'antipasto del rimpasto.

http://www.repubblica.it/politica/2016/12/13/news/la_cabala_della_politica-154024805/

L’immenso ghiacciaio dell’Antartide in seria difficoltà. - Robert Hunziker

antartica
La crisi del riscaldamento globale sembra stia peggiorando sempre più velocemente. L’Antartide è oggi sotto i riflettori con una sconvolgente ricerca nuova di zecca, dagli sviluppi raccapriccianti.
Se si sciogliesse integralmente l’intera Antartide, provocherebbe un innalzamento del livello del mare di circa 60 m (200’), ma questo non succederà durante il nostro corso di vita. È troppo grande e richiederebbe decisamente troppo riscaldamento e davvero troppo tempo. Ma un collasso di una parte significante dell’Antartide, come l’Antartide occidentale, ha il potenziale, secondo la nuova ricerca, per sommergere Miami e New York durante le nostre vite attuali. È la prima volta questa, in cui delle osservazioni scientifiche giungono ufficialmente alla conclusione che una catastrofe così orrenda sia possibile, così presto!
Miami Beach è già costretta a sollevare le strade di mezzo metro (2 piedi) a causa delle persistenti inondazioni dopo le esperienze del passato. Inoltre, un mare in crescita è la vendetta del riscaldamento globale per le sconsiderate, arroganti, presuntuosamente eccessive antropogeniche (causate dall’uomo) emissioni di CO2 di combustibile fossile.
Le nuove spaventose scoperte includono il ghiacciaio di Pine Island, l’oggetto del lavoro di ricerca di Seongsu Jeong, Ian M. Howat, Jeremy N. Basis, Accelerated Ice Shelf Rifting and Retreat at Pine Island Glacier, West Antarctica, Geophysical Research Letters, 28 November 2016 (Accelerazione della frattura di una calotta di ghiaccio e arretramento nel ghiacciaio di Pine Island, Antartide occidentale, Geophysical Research Letters, 28 November 2016).
Il tenore dell’articolo di Jeong, dovrebbe spaventare a morte chiunque dubiti della solennità e della potenza dietro l’accelerazione del riscaldamento globale. Si dà il caso che il ghiacciaio di Pine Island fosse già la più grande massa al mondo di irreversibile scioglimento di ghiaccio, prima che questa nuova ricerca venisse alla luce, ma la tempistica è sempre stata un po’ confusa. Adesso, con questa nuova analisi, la tempistica sta assumendo una nuova preoccupante dimensione.
Ecco il problema: secondo Ian Howat, professore associato di Scienze della Terra presso l’Università statale dell’Ohio: “questa sorta di formazione di fratture causa un altro meccanismo di arretramento rapido di questi ghiacciai, aggiungendo la probabilità che si possano vedere collassi significanti nell’Antartide occidentale durante la nostra esistenza” (Fonte: Pam Frost Gorder, La rottura della calotta di ghiaccio dell’Antartico occidentale dall’interno, Università statale dell’Ohio, 28 Nov 2016). (Source, Pam Frost Gorder, West Antarctic Ice Shelf Breaking Up From the Inside Out, The Ohio State University, Nov. 28, 2016).
Questa è una minaccia di riscaldamento globale completamente nuova. È grande, veramente grande! È la prima volta che i ricercatori danno testimonianza di “profonde fratture sotto la superficie” che si aprono nel ghiaccio dell’Antartico. “ Questo implica che qualcosa abbia indebolito il centro della calotta di ghiaccio, con la spiegazione più probabile di un crepaccio scioltosi al livello di sostrato roccioso da un oceano riscaldato”, Ibid. La base della lastra di ghiaccio dell’Antartide occidentale giace sotto il livello del mare, in questo modo l’acqua calda dell’oceano può introdursi all’interno, inosservata.
Un oceano riscaldato appare come la causa di come l’oceano abbia assorbito il 90% del calore della Terra, aiutando a proteggere le creature sulla terraferma, come gli umani, da un reale surriscaldamento dannoso. Ma, si raccoglie ciò che si semina, come è stato dimostrato in Antartide; tutto questo calore mondiale ci si sta ritorcendo contro sotto grandi, grosse lastre di ghiaccio.
Qui le differenze rispetto alle ricerche del passato: le fratture si formano generalmente ai margini delle calotte di ghiaccio, dando vita agli iceberg, ma non in profondità e all’interno, come invece evidenzia questa nuova scoperta. Inoltre, la frattura in questione è all’interno a circa 32 km (20 miglia). Il Ghiacciaio di Pine Island (tenendo le dita incrociate) funziona come misura di protezione, trattenendo grandi porzioni di ghiaccio dell’Antartide occidentale dal riversarsi nel mare. Il Ghiacciaio di Pine Island è come un portiere di hockey per una parte delle lastre di ghiaccio del Massiccio dell’Antartide occidentale, l’ultima linea di difesa, che previene il collasso parziale delle grandi lastre di ghiaccio, che causerebbero un grande tonfo inimmaginabile, di grandezza inconcepibile!
Un anno fa, Science Magazine ha pubblicato il seguente articolo: “Just a Nudge Could Collapse West Antarctic Ice Sheet, Raise Sea Levels 3 Meters,” Science, Nov. 2, 2015 ( “Solo un colpetto potrebbe portare al collasso delle lastre di ghiaccio dell’Antartide occidentale, si solleva di 3 metri il livello del mare”, Science 2 Nov. 2015). Il paragrafo di apertura dell’articolo dichiara: “Non serve molto a causare il crollo totale della lastra di ghiaccio dell’Antartide occidentale, ed una volta iniziato, non si fermerà. Nell’ultimo anno, molti articoli hanno evidenziato la vulnerabilità della lastra di ghiaccio che ricopre la parte occidentale del continente, suggerendo che il suo crollo sia inevitabile, e probabilmente già in corso. Adesso, un nuovo modello mostra proprio come questa valanga possa realizzarsi. Una quantità relativamente piccola di scioglimento nel corso di pochi decenni, dice l’autore, porterà inesorabilmente alla destabilizzazione dell’intera lastra di ghiaccio ed all’aumento del livello del mare di più di tre metri”. Questo era prima, circa un anno fa, ma adesso le circostanze sembra si stiano accelerando…
Con questa nuova scoperta, la tempistica per il collasso della lastra di ghiaccio dell’Antartide occidentale è del tutto inquietante. In precedenza i ricercatori pensavano a decenni e secoli. Adesso, “all’interno delle nostre vite attuali”.
Presupponendo che non sia già troppo tardi, mai prima d’ora nella storia mondiale è stato importante avere una forte leadership in USA, per fare qualunque cosa sia necessaria per tamponare un cambio climatico incombente, un cataclisma del riscaldamento globale. È in gioco il nostro stile di vita.
In base a queste linee, la scienza che studia il clima è inspiegabilmente simile al rilevamento degli asteroidi vicini alla Terra, che nel corso dei millenni si sono occasionalmente scontrati con la terra, annientando ad esempio, i poveri ed indifesi dinosauri. Se un asteroide vicino alla Terra è progettato per urtare, forse un certo tipo di dispiegamento può prevenire il grande schianto dall’annientamento della vita sul pianeta. Perciò, ponendo la domanda più grande: Quale dispiegamento ferma le lastre di ghiaccio dal collasso?

McGovern: l’America fa paura, come la Germania nel 1933.

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Donald Trump dovrebbe “perdonare” gli americani per la loro ignoranza e condurre «un assalto frontale contro il “New York Times” e il “Wall Street Journal”, che ai cittadini hanno raccontato il contrario della verità». Se farà davvero un accordo strategico con Putin, il neopresidente «dimostrerà la sua serietà». Parola di Ray McGovern, ex dirigente della Cia. «Non sappiamo se Trump riuscirà a governare in modo indipendente dall’establishment: Jimmy Carter ci provò, ma non ci riuscì». L’unica buona notizia è che Hillary ha perso: «Si allontana così il rischio di una guerra nucleare», che McGovern – curatore del briefing quotidiano alla Casa Bianca dal 1963 fino al 1990 – giudicava concreto, con la Clinton al comando. Ma non c’è da stare allegri: «La situazione ricorda quella della Germania all’indomani dell’incendio del Reichstag nel 1933, che lanciò Hitler». Il problema? «Gli americani vivono sotto minaccia, dall’11 Settembre». Prima Bush, poi Obama, hanno calpestato la Costituzione in nome della sicurezza. E tutto, sulla base di rischi inventati di sana pianta, come le inesistenti armi di Saddam. Pessimo affare: l’America è nei guai, quindi anche il mondo. C’è solo da sperare che Trump sia sincero, e che non venga mangiato vivo dal super-potere.

«Credo che a breve vedremo di che pasta è fatto, Donald Trump», dice McGovern a Giulietto Chiesa, in una video-intervista concessa a “Pandora Tv”. «A parire dall’11 settembre 2001 – dice – gli americani si sentono spaventati, in pericolo: ed è stato 
Ray McGovern
l’establishment ad alimentare queste paure». Ora tocca a Trump: riuscirà a non farsi spolpare subito da Wall Street e dal Pentagono? A quanto sembra, le aperture verso la Russia lo confermerebbero. Poi c’è il fronte interno: «Le elezioni si vincono e si perdono sulle questioni economiche». Ufficialmente, «il tasso di disoccupazione è tornato ai livelli di oltre dieci anni fa, ma le persone sono ancora senza lavoro, o costrette a fare due lavori». Trump ha intercettato il malumore della gente comune, che «si sente abbandonata, non gli piace quello che ha fatto il governo e ha sentito di non contare nulla». Ma la propaganda di Trump – sessismo, razzismo – è stata violenta: «Quello che mi fa paura è che ci troviamo in una situazione non molto diversa da quella che si manifestò dopo l’incendio del Reichstag», dice McGovern. E le premesse per l’esasperazione popolare, aggiunge, portano la firma di Bush e Obama.


A partire dall’11 Settembre, insiste Ray McGovern, negli Usa sta prendendo piede una reazione simile a quella della Germania alla vigilia sdel nazismo: «La gente normale è spaventata e crede che la Costituzione debba fare un passo indietro per lasciare spazio a “nuove leggi”: i tedeschi le chiamarono “leggi d’emergenza”, noi Patriot Act. Leggi che infrangono la Costituzione». Ci vogliono anni prima che la Carta stabilisca che sono incostituzionali, ma «nel frattempo, molta viene viene arrestata e incarcerata, illegalmente». Per esempio, il presidente Obama può ancora arrestare qualcuno senza neppure un processo e sbatterlo a Guantanamo, fintanto che è in corso la “guerra al terrorismo”. «Sarebbe legale? No. E’ stata varata, questa legge? No, ma è stata scritta. Quindi, potrebbe essere considerata legale». Nessuno è più libero di criticare il governo, insiste l’ex alto funzionario Cia. «E’ una cosa maledettamente seria. E’ sui libri, è scritta, e ha già un effetto deterrente su ciò che le persone fanno o dicono». Lo stesso Obama ha sorvolato ripetutamente la Costituzione: «Come la mettiamo coi i “presunti terroristi” che il presidente ha ordinato di uccidere in Afghanistan e in Pakistan? Alcuni di loro erano cittadini americani, 
Eric Holder
sono stati privati della loro vita senza un regolare processo. Ma il ministro della giustizia di Obama, Eric Holder, diceva: no, noi non lo facciamo, il giusto processo, lo facciamo già qui alla Casa Bianca, senza bisogno di nessun tribunale».


«La cosa più triste», aggiunge McGovern, è che negli Usa «la professione legale si comporta in modo vergognoso: approva la tortura». Tutto merito di «un pugno di avvocati», che hanno dato il loro ok nel silenzio generale dei colleghi, «tutti molto riluttanti, troppo impegnati col loro prossimo ricco contratto». Persino gli psicologi, «utilizzati per avallare le tesi di Bush, dissero che non c’erano state torture: avevano corrotto anche loro». Ma, in compenso, «l’ordine degli psicologi li radiò dall’albo». Lo fecero «perché vincolati alla stessa regola dei medici: non fare del male». McGovern rivendica la “pulizia” di interi settori dell’intelligence: «Sapevamo, anche prima della guerra in Iraq, che le prove delle armi di distruzione di massa di Al-Qaeda e Saddam Hussein erano solo vecchi stracci, cioè che non esistevano. Lo abbiamo fatto presente, ma il presidente voleva la sua guerra, e così è stato». E la stampa? Non pervenuta: si è allienata al potere. Da allora è diventata il megafono della Casa Bianca, prima sotto Bush e poi con Obama. 
                                          «I media hanno 
Trump
raccontato agli americani che la Russia ha “invaso” la Crimea il 23 febbraio 2014, anziché dire la verità: e cioè che noi, gli Stati Uniti, il giorno prima avevamo fatto un colpo di Stato in Ucraina contro la Russia».

Riuscirà Trump a imporre una narrazione veritiera degli eventi? Sarebbe bello, sospira McGovern, dopo che la Clinton ha definito “killer” un leader come Putin, sostenuto da oltre l’80% dei russi. «Credo che Trump ce la possa fare», dice l’ex dirigente Cia, ma dovrà dire ai grandi media: «Ci avete mentito, non ci avete riportato i fatti reali e i problemi dell’Europa». Trump ha l’opportunità di smentire il mainstream, facendo un accordo con Putin. Gli europei? Ne saranno disorientati: «La cattiva notizia, per loro, sarà che dovranno spendere di più per la loro difesa. Ma la buona notizia è che la gente si chiederà: perché?». Già: se la Russia non è più una minaccia, perché investire ancora nella Nato? Allora, dice McGovern, sulla stampa americana cominceremmo a leggere cose del tipo “ok, avevamo esagerato: è vero, non abbiamo più bisogno di incrementare la difesa”. «Se hai a che fare con un popolo che non è stato nutrito di informazioni corrette, devi cominciare a farlo. E Trump lo può fare». Funzionerebbe: «La stampa lo seguirà e dirà: ah è vero, la Russia non è poi così male. Putin? Sta parlando col nostro presidente, quindi non dev’essere così cattivo». Ma lo stesso McGovern è il primo a sapere che, prima, bisogna fare i conti con l’oste: «La stampa è controllata dalle mega-corporations che fanno soldi con l’industria delle armi».