mercoledì 17 gennaio 2018

Siamo riusciti a “vedere” la quarta dimensione. - Sandro Iannaccone

Quarta dimensione
(Credits: Rechtsman laboratory, Penn State University)


Larghezza, lunghezza e altezza. Da sempre, siamo abituati a considerare il mondo che ci circonda come composto da tre dimensioni spaziali. O al più quattro, aggiungendo la dimensione temporale extra prevista dalla teoria della relatività di Einstein. Eppure la scienza ha appena scoperto un modo – piuttosto cervellotico, per dire la verità – di evidenziare una quarta dimensione spaziale, che va al di là della nostra naturale percezione sensoriale. A riuscirci sono state, indipendentemente, due équipe di ricercatori (la prima della Penn State University statunitense, la seconda della Ludwig-Maximilians University tedesca) che in particolare hanno sfruttato un complesso fenomeno quantistico, il cosiddetto effetto Hall, per svelare in laboratorio l’esistenza di una quarta dimensione spaziale. Entrambe le scoperte sono state pubblicate sulla rivista Nature (qui e qui).
Raccontare la teoria dietro l’esperimento, come accennato in precedenza, non è semplice. Senza scendere in dettagli troppo tecnici, l’effetto Hall quantistico avviene quando si costringe un materiale tridimensionale in uno spazio tridimensionale e poi vi si fa circolare una corrente elettrica in presenza di un forte campo magnetico. Se il materiale è a temperature molto basse, vicine allo zero assoluto, l’interazione tra corrente e campo magnetico crea una differenza di potenziale che cambia in maniera discreta (cioè facendo dei “salti” da un valore all’altro) piuttosto che in maniera continua. Formule alla mano, la misurazione di questi cambiamenti nel voltaggio dovrebbe essere possibile in una dimensione spaziale “extra”, non accessibile agli sperimentatori.
È in questo contesto che hanno operato i due team di ricercatori: in particolare, hanno creato un complesso set-up sperimentale, servendosi di atomi ultrafreddi e fasci laser incrociati, che consentiva di “vedere” le conseguenze dell’effetto Hall quantistico in una quarta dimensione spaziale – che naturalmente non esiste. O meglio, per essere più precisi: i due esperimenti hanno mostrato quali sarebbero gli effetti misurabili dell’effetto Hall quantistico qualora accadesse in un mondo a quattro dimensioni. “Il risultato finale dell’esperimento”, spiegano dall’università tedesca, “è una simulazione di un sistema che si muove in una quarta dimensione spaziale. È come se avessimo trasformato, virtualmente, un sistema a due dimensioni in un sistema a quattro dimensioni”. Facile, no?

martedì 16 gennaio 2018

Scoperte in Romania delle pietre in grado di crescere e riprodursi. - Noemi Penna




Avete mai pensato a una pietra come ad un essere vivente? Difficile da credere, ma in Romania, a 35 chilometri da Ramnicu Valcea, sono state scoperte delle rocce eccezionali, in gradi di crescere e riprodursi proprio come se fossero delle piante, reagendo a contatto con l’acqua.  

Le trovant, è così che si chiamano, hanno delle caratteristiche così uniche da essere considerate delle rocce «vive». Formazioni di 6-8 millimetri, possono arrivare a formarsi in rocce da 6 a 10 metri di diametro. Crescite sbalorditive, anche se in tempi molto lunghi: in media, per una crescita di 5 centimetri servono 1200 anni.  


Trovant, in rumeno, significa «sabbia cementata». I geologi pensano che queste straordinarie pietre primordiali si siano formate 6 milioni di anni fa e che il loro aumento di volume sia dovuto all’alta concentrazione di sali minerali che si trova nel loro «impasto» di arenaria: una complessa stratificazione di sabbia cementata con carbonato e acque calcaree. 

E quando l’acqua piovana entra a contatto con le sostanze chimiche che le formano si genera un repentino aumento della pressione interna, scatenando la caratteristica «crescita». Analizzando una sezione di trovant è infatti possibile vedere al suo interno una serie di cerchi concentrici che ricordano proprio quelli dei tronchi degli alberi. 


Le rocce viventi oggi si possono ammirare nella riserva naturale di Muzeul Trovantilor gestita dall’associazione Kogayon sotto il patrocinio dell’Unesco. Qui si trova la maggiore concentrazione.  

Ma sono oltre una decina i siti romeni dove sono state individuate altre pietre con le stesse caratteristiche, diverse dal resto del mondo. 

"Entro il 2025 metà delle auto ibride o elettriche". Cosa ha detto Marchionne a Detroit.

marchionne

Durante il Salone dell'auto il numero uno di Fca ha parlato del futuro dell'automotive, ma anche di Italia: "Attenti a promettere riforme fiscali".
Entro il 2025 la metà delle auto prodotte al mondo sarà elettrificata e i veicoli a gas e a benzina cederanno il passo a quelli ibridi ed elettrici. È quanto ha sottolineato l'amministratore delegato di Fca, Sergio Marchionne, in un'intervista a Bloomberg. Secondo il top manager, "i produttori d'auto hanno meno di un decennio per reinventarsi" o rischiano di essere travolti dal cambiamento nel modo di alimentare, guidare e acquistare i veicoli".
E ha aggiunto: "le case automobilistiche dovranno affrettarsi a separare i prodotti che si trasformeranno in commodity da quelli che manterranno un brand". "Questo business non è mai stato adatto per i deboli di cuore" ha  continuato Marchionne, "i cambiamenti tecnologici che sono in arrivo lo renderanno probabilmente ancora più sfidante di quanto non lo sia mai stato".
Obiettivi Fca confermati, e Marchionne fuga i dubbi sull'Italia.
Sergio Marchionne, in conferenza stampa al Salone dell'auto di Detroit, ha quindi confermato gli obiettivi di Fiat Chrysler Automobiles per il 2017 e per il 2018. "Non ho alcuna indicazione negativa per quanto riguarda il 2017 e confermo gli obiettivi dell'anno e, in gran misura, quelli che abbiamo detto per il 2018. C'è stato un adeguamento del valore del titolo che riflette il raggiungimento degli obiettivi che ci eravamo posti", ha aggiunto. 

Il nuovo piano strategico al 2022, assicura Marchionne, "eliminerà qualsiasi dubbio per quanto riguarda l'impegno di Fca in Italia e lo sviluppo della rete industriale". "Credo che il piano che si dovrà presentare entro il primo semestre deve per necessità affrontare la conclusione del processo della ristrutturazione industriale della rete italiana - ha osservato - dobbiamo completare lo sviluppo della Maserati e dell'Alfa Romeo. Sono cose che abbiamo cominciato a fare cinque o sei anni fa e che dobbiamo completare. Non possiamo lasciare l'Alfa che è un lavoro incompiuto, nonostante il successo che abbiamo avuto".
Marchionne ha poi assicurato che il piano "chiarirà tutta la vicenda italiana". In ogni caso l'obiettivo è quello del pieno utilizzo degli stabilimenti con con un piano sui prodotti. "In Italia non abbiamo perso niente: non abbiamo abbiamo perso dipendenti, abbiamo ancora tutti gli stabilimenti che avevamo prima e stiamo cercando di utilizzarli. Andrà confermato in maniera ufficiale come parte del piano. Poi dipenderà dal mercato - ha concluso - spero che il marcato globale ci offrirà abbastanza domanda da soddisfare".
E alla politica italiana, "Attenti a promettere riforme fiscali".

Sempre a proposito di Italia, il numero uno di Fca ha poi detto che le riforme fiscali, come negli Stati Uniti, "sono tutte cose da auspicare, ma l'Italia è il terzo Paese più indebitato del mondo" e "occorre fare i conti prima di annunciare queste cose". "Starei attento a promettere queste riforme fiscali senza guardare al deficit e al finanziamento del debito pubblico", ha rimarcato, riferendosi probabilmente al tema della flat tax che sta tenendo banco durante la campagna elettorale. 
Marchionne, ha inoltre escluso categoricamente di volersi comprare la Ferrari quando lascerà la guida di Fca. "Tutte menate", ha risposto Marchionne interpellato al salone dell'auto di Detroit sulle indiscrezioni di stampa in questo senso. "Vabbè che siamo ottimisti - ha osservato - cerchiamo di vincere il mondiale e di fare una barca di soldi e saremo tutti contenti".

Da Bitcoin a Ethereum, critopvalute a picco. Cina studia stop al trading.

Da Bitcoin a Ethereum, critopvalute a picco. Cina studia stop al trading

Crollo a doppia cifra delle principali valute elettroniche. Bitcoin sotto i 12 mila dollari. L'indiscrezione Reuters: Pechino potrebbe vietare il trading centralizzato. Nei giorni scorsi lo stop agli scambi ipotizzato dalla Corea del Sud aveva già innescato i primi cali. 

MILANO - Giornata da incubo per le criptovalute. Tutte le principali monete elettroniche registrano cali a doppia cifra. Bitcoin scivola oggi del 13% e viene scambiato a 11.840 dollari, ai minimi da un mese e mezzo. Ethereum questa mattina crolla del 17%, avvicinandosi quasi alla soglia dei 1000 dollari. Non va meglio a Ripple che precipita di oltre 20 punti a 1,43 dollari.

L'andamento delle principali criptovalute nelle ultime 24 ore. (1=valore di partenza)
L'andamento delle principali criptovalute nelle ultime 24 ore. (1=valore di partenza)

Alla base ci sono le notizie arrivate dall'Estremo Oriente. Secondo quanto riportato dalla Reuters, il vice Governatore della banca centrale cinese, Pan Gongsheng, sostiene che le autorità dovrebbero vietare il trading centralizzato delle criptovalute. Il trading centralizzato è quello che si realizza attraverso piattaforme come Coinbase o Kraken, i canali dove più facilmente è possibile acquistare e vendere elettroniche. L'indicazione arriverebbe da una memo inviata dal vice Governatore a un incontro tra le autorità di controllo su Internet. Le autorità cinesi hanno già vietato il trading dalle piattaforme di scambio, hanno limitato l'attività delle miniere di criptovalute, anche se lo scambio e le operazioni in Bitcoin proseguono attraverso canali alternativi.

IL POSSIBILE STOP IN COREA DEL SUD
Una stretta che arriva proprio mentre, negli ultimi giorni, la Corea del Sud uno dei Paesi dove le criptovalute sono maggiormente diffuse, ha ipotizzato un possibile stop agli scambi. Un possibile stop su cui il governo di Seul ha comunque mantenuto la massima prudenza.  "La proposta di chiusura delle piattaforme di scambio che il ministro della Giustizia Park Snag-ki ha recentemente menzionato - ha fatto sapere il governo con una 

nota - è una delle misure suggerite contro la speculazione. La decisione del governo sarà presa in futuro dopo sufficienti consultazioni e coordinamento di opinioni".


http://www.repubblica.it/economia/2018/01/16/news/cina_stop_bitcoin-186588154/

Come volevasi dimostrare....
Questo è uno dei tanti specchietti per le allodole che i furbetti in cerca di guadagni facili e per niente faticosi mettono in campo per attirare gli allocchi promettendo "effetti speciali", senza specificarne, però, la finalità negativa più che positiva degli stessi.

domenica 14 gennaio 2018

Cgia,ripresa rallenta Italia fanalino Ue.

 © ANSA

Analizzate previsioni Pil 2018.

(ANSA) - VENEZIA, 13 GEN - Sebbene il peggio sia alle nostre spalle, la ripresa economica consolidatasi nel 2017 (+1,5 per cento circa) rischia di affievolirsi già a partire da quest'anno. E' quanto sostiene la Cgia di Mestre che rileva come gli ultimi dati di previsione elaborati dalla Commissione europea per il 2018 indichino come il Pil reale dell'Italia sia destinato ad aumentare dell'1,3%. Tra i 27 paesi Ue monitorati, nessuno conseguirà una crescita più contenuta. La Grecia, ad esempio - secondo la Cgia -, che solitamente è il fanalino di coda europeo, quest'anno dovrebbe aumentare la propria ricchezza del 2,5%, mentre la Francia segnerà il +1,7%, la Germania il +2,1% e la Spagna il +2,5%. Per la Cgia anche i consumi delle famiglie (+1,1%) e quelli della Pubblica amministrazione (+0,3%) registreranno le variazioni di aumento tra le più striminzite in tutta l'Ue. Un risultato molto preoccupante per la Cgia, visto che la somma dei valori economici di queste due componenti costituisce l'80% circa del reddito nazionale totale.

http://www.ansa.it/veneto/notizie/2018/01/13/cgiaripresa-rallenta-italia-fanalino-ue_6090e1a5-3a20-4470-900a-b85efc2fd794.html

Se hanno considerato il picco delle tredicesime come ripresa economica, è chiaro che si è già in calo....
Sono sempre più convinta che una brava casalinga saprebbe governare il paese meglio di questi pseudo economisti del cavolo!
   

Lactalis, latte in polvere per neonati contaminato da salmonella: coinvolte 83 nazioni, ritirate 12 milioni di confezioni

Lactalis, latte in polvere per neonati contaminato da salmonella: coinvolte 83 nazioni, ritirate 12 milioni di confezioni

La conferma dal Ceo dell'azienda francese, Emmanuel Besnier. 35 casi accertati in Francia, altri in Spagna e Grecia. Non ancora diffuso l'elenco completo dei Paesi dove il prodotto è stato distribuito e venduto.

Si allarga l'allarme per i casi di salmonella dovuti a partite di latte in polvere per bambini prodotti dalla Lactalis: le nazioni coinvolte sarebbero almeno 83 e sono state ritirate 12 milioni di confezioni del prodotto.

A confermare la notizia è lo stesso Ceo di Lactalis, Emmanuel Besnier, in un'intervista al settimanale "Le Journal du Dimanche". "Dobbiamo misurare la portata di questo operazione", ha spiegato, rivelando appunto che ci sono 83 nazioni coinvolte, per un numero di confezioni che supera i 12 milioni di scatole. Il Ceo di Lactalis ha assicurato che quel latte in polvere non sarà più distribuito e che tutte le confezioni in circolazione sono in corso di ritiro dai punti vendita.

Uscendo dal suo silenzio, Emmanuel Besnier, che in precedenza non si era espresso a proposito della vicenda che aveva minato la sua compagnia, ha anche promesso di risarcire "tutte le famiglie che hanno subito danni". Ha assicurato che aveva in mente prima di tutto le conseguenze di questa crisi sanitaria per i consumatori, "bambini sotto i sei mesi", ha detto: "Questo è per noi, per me, motivo di grande preoccupazione".

Dopo l'incontro di venerdì tra Besnier e il ministro francese dell'Economia, Bruno Le Maire, il gruppo Lactalis ha ordinato il ritiro di tutte le partite di latte per l'infanzia prodotte nel suo stabilimento di Craon (Francia occidentale). Il capo del gruppo ha affermato di aver proposto al governo che questa misura sia estesa a 83 paesi.

Trentacinque bambini con salmonellosi sono stati diagnosticati in Francia dopo aver consumato latte o alimenti per l'infanzia della Lactalis, secondo le ultime cifre ufficiali del 9 gennaio. In Spagna è stato anche scoperto un caso di salmonellosi accertata riguardante un bambino che ha consumato questo latte contaminato e un altro caso da confermare in Grecia.

Interrogato sulle "centinaia" di denunce presentate dai genitori di neonati in tutta la Francia, e mentre un'indagine preliminare è stata aperta alla fine di dicembre, in particolare per "lesioni involontarie" e "per aver messo in pericolo la vita degli altri", Besnier ha assicurato che non avrebbe nascosto nulla. "Ci sono lamentele, ci sarà un'indagine, collaboreremo con la giustizia dando tutti gli elementi che ci verranno chiesti. Non abbiamo mai pensato di agire diversamente".



sabato 13 gennaio 2018

Cibo ed etichetta d’origine: un regolamento Ue spazza via tutti i decreti italiani. - Federico Formica

Cibo ed etichetta d’origine: un regolamento Ue spazza via tutti i decreti italiani

Entro l’estate verrà varata la norma che farà decadere quelle italiane sull’origine di latte, riso, pasta e pomodoro. Per la trasparenza il rischio è che si tratti di un passo indietro.

Le recenti leggi che hanno introdotto l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di pastarisolatte, formaggi e pomodoro saranno presto carta straccia. Nel giro di pochi mesi verranno spazzate via da un regolamento europeo tutt’altro che inatteso: la Commissione avrebbe dovuto vararlo già quattro anni fa, secondo quanto previsto da regolamento 1169/2011, entrato in vigore nel dicembre 2013. I consumatori italiani potrebbero avere molto da perdere. Mentre buona parte delle imprese alimentari del nostro Paese lamenta uno spreco di denaro.

Ora i tempi sembrano maturi: la Commissione ha sottoposto il testo a una consultazione pubblica che si chiuderà il prossimo primo febbraio. Potrebbe entrare in vigore poche settimane più tardi e si applicherà dall’aprile 2019. Tutti i decreti introdotti nel 2017 dall’Italia prevedevano questa circostanza: non appena Bruxelles approverà il testo comunitario, decadranno. Quel giorno sta per arrivare.

Cosa prevede il regolamento Ue. Il tema è l’origine dell’ingrediente primario: sarà obbligatorio indicarla se diversa da quella del prodotto finito. Ad esempio: un pacco di pasta lavorata in Italia dovrà indicare anche l’origine del grano, se questo proviene dal Canada. Stessa cosa per un prosciutto fatto in Italia con cosce suine tedesche. Così per tutti gli altri alimenti. A prima vista sembra cambiare poco rispetto ai decreti voluti dal ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, ma a ben leggere la bozza uscita da Bruxelles c’è poco da star tranquilli.

L’obbligo, infatti, non varrà per le indicazioni geografiche protette Dop e Igp ma soprattutto non si applicherà ai marchi registrati che, a parole o con segnali grafici, indicano già di per sé la provenienza del prodotto. Una postilla che spalanca le porte a tutte quelle aziende che fanno dell’italian sounding il proprio cavallo di battaglia: basterà avere un marchio registrato con una bandiera tricolore o un richiamo al nostro Paese per essere esentati dall’obbligo di indicare l’origine dell’ingrediente principale, che molto spesso l’Italia non l’ha mai vista. 


Questo problema di trasparenza già esiste negli altri Paesi dell’Unione, dove i consumatori fanno fatica a capire che un prodotto “simil-italiano” è in realtà fabbricato all’estero. Tra pochi mesi, però, l’italian sounding potrebbe ingannare gli stessi italiani perché nel nostro Paese le etichette faranno un passo indietro dal punto di vista della chiarezza dell’origine delle materie prime.

“In questo modo la Commissione europea tradisce non solo lo spirito del regolamento 1169 ma anche i consumatori. A servizio dei grandi gruppi industriali, anche italiani, che hanno interesse a occultare l’origine dell’ingrediente primario” spiega Dario Dongo, avvocato esperto in diritto alimentare e fondatore del sito Gift.

Restano però le tutele previste dal regolamento 1169. Tutti i marchi che evocano italianità nel nome o nella grafica, ma che italiani non sono, dovranno comunque precisare che il prodotto non è made in Italy. 

Attenzione però: l’origine del prodotto indica il Paese in cui l’alimento ha subito l’ultima trasformazione sostanziale. Non c’entra nulla con l’ingrediente primario. “Se la suggestione di italianità è falsa, poiché il prodotto è realizzato altrove”, spiega ancora Dongo, “la pasta ‘Miracoli’, che è tedesca, dovrebbe in ogni caso riportare la dicitura ‘Made in Germany’. Ma le autorità di controllo negli altri Stati membri dolosamente omettono di sanzionare questi inganni, poiché realizzati da aziende che producono ricchezza nei loro territori”.

Ma, spiega ancora Dongo, “se la suggestione di italianità è limitata al marchio registrato, allora ecco che la pasta ‘Miracoli’, che è tedesca, può omettere di indicare la diversa provenienza della materia prima (ad esempio grano americano)”. Proprio in virtù del regolamento oggi in discussione.

Federalimentare difende però la norma sui marchi registrati, sostenendo che “vietare ad aziende italiane di utilizzare propri brand registrati, in alcuni casi, centinaia di anni fa contenenti i colori della bandiera italiana appare francamente ingiustificato ed inutile”. Il presidente Luigi Scordamaglia sostiene che l’esenzione sarà solo temporanea “ed è dovuta al fatto che esiste una normativa europea sul trademark”, includerli adesso avrebbe comportato un ulteriore allungamento dei tempi per avere un regolamento che “aziende e consumatori chiedono a gran voce da anni”. Insomma, nessun passo indietro secondo la federazione che rappresenta l’industria del cibo: “Per quanto poco, si avrebbe un quadro comune a livello europeo”.

Marcia indietro. Per le aziende alimentari italiane toccate dai decreti d’origine del 2017 si pone anche un problema concreto: nel giro di pochi mesi dovranno, per la seconda volta, cambiare tutte le etichette sulle centinaia di prodotti che escono dagli stabilimenti. “Le aziende più grandi hanno speso fino a 200.000 euro per modificare gli impianti e adeguarli alle nuove regole. E tra poco dovranno stamparne di nuove” dice Massimo Forino, direttore di Assolatte. Le etichette di origine per latte e formaggi hanno fatto la loro comparsa sugli scaffali nell’aprile del 2017. Potrebbero durare poco più di un anno. Riguardo alla clausola sui marchi registrati Forino è cauto: “Aspettiamo di vedere come verrà applicata la norma e se verrà modificata nel frattempo. Bisogna anche dire che al supermercato c’è talmente tanta scelta che il consumatore più esigente avrà sempre la possibilità di scegliere un prodotto 100% italiano”.

Una vita ancora più breve sarà quella dell’etichetta d’origine della pasta, che entrerà in vigore il prossimo 17 febbraio. “Abbiamo sempre detto che sarebbe stata una duplicazione inutile e costosa, tanto che Aidepi ha presentato ricorso al Tar contro il decreto voluto da Martina e Calenda, ma la sentenza non arriverà comunque prima dell’estate, costringendoci a cambiare l’etichetta per due volte in pochi mesi” dice Luigi Cristiano Laurenza, segretario pastai italiani di Aidepi.

Febbraio sarà anche il mese in cui farà il suo debutto l’etichetta d’origine del riso mentre quella del pomodoro potrebbe anche non vedere mai la luce: il decreto non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale.

Una stoccata arriva anche da Federalimentare, che queste associazioni le rappresenta: “L'anomalia è rappresentata dai decreti nazionali e non dal fatto che essi decadranno all'entrata in vigore della proposta. Si dovrebbero garantire norme uguali per tutti, senza avvantaggiare chi non produce nel proprio territorio nazionale, come invece avviene per i decreti nazionali” dice Scordamaglia.


http://www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/diritti-consumatori/2018/01/12/news/cibo_ed_etichetta_d_origine_un_regolamento_ue_spazza_via_tutti_i_decreti_italiani-186230046/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P1-S1.4-T1