lunedì 2 dicembre 2019

La “belle époque” del renzismo. - Alessandro Da Rold e Simone Di Meo (La Verità)



La belle époque del renzismo, tra il 2014 e il 2016, aveva contagiato davvero un po’ tutti. Capitani d’ industria, professionisti, manager e stakeholder (formula inglese che copre il nostro brutale «portatore d’ interessi») che videro nel sindaco di Firenze il nuovo corso del centrosinistra in Italia. E, con la partecipazione, arrivarono anche i finanziamenti. Proporzionali alla caratura del donante e alla sua fiducia in Matteo. In totale, la fondazione Open – finita sotto inchiesta a Firenze con il suo ex presidente, Alberto Bianchi, accusato di traffico di influenze illecite e finanziamento illecito ai partiti – ha raccolto complessivamente oltre 6,7 milioni di euro.

LA RAI.
Molti sostenitori di Open sono stati poi nominati in aziende pubbliche o hanno ottenuto incarichi in orbita governativa, quando a Palazzo Chigi c’ erano Matteo Renzi o il suo successore. Uno dei più famosi è Antonio Campo Dall’ Orto (contributo di appena 250 euro) che nel 2014 diventa prima consigliere d’ amministrazione di Poste e poi direttore generale della Rai.

 Del 2014 è anche la nomina, nel board di Leonardo Finmeccanica, del manager Fabrizio Landi (10.000 euro). Nella lista dei sostenitori troviamo pure il giornalista Erasmo D’ Angelis (6.400 euro), designato alla direzione generale della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico di Palazzo Chigi dal 2014 al 2015 e successivamente (2017, Gentiloni premier) segretario generale dell’ autorità di distretto idrografico dell’ Italia centrale. Fra il 2015 e il 2016 è andato a fare il direttore dell’ Unità.

A Palazzo Chigi ha lavorato anche Vincenzo Manes (62.000 euro). È stato «consigliere del presidente del Consiglio Renzi per il terzo settore e lo sviluppo dell’ economia sociale» («pro bono», specifica).

A quota 30.400 euro (la metà circa di quanto versato da Manes) troviamo un volto noto: quello di Alberto Bianchi, l’ avvocato amministrativista di Firenze che nel 2014 diventa consigliere di amministrazione di Enel, oggi indagato e perquisito due volte dalla Finanza su ordine dei pm che sospettano che la Open abbia operato come «articolazione di partito», nascondendo rapporti opachi tra politica e affari. A pari merito l’ imprenditore calzaturiero Gabriele Beni (25.000 euro a titolo personale più 5.000 euro con la sua società Calzaturificio Gabriele) che, nell’ ottobre 2014, è stato nominato prima consigliere e poi vicepresidente in carica di Ismea, Spa controllata dal ministero dell’ Agricoltura.

La lista del 2014 riserva ancora qualche spunto. Jacopo Mazzei (8.000 euro) è nel cda di Toscana Aeroporti, di cui è presidente un big renziano come Marco Carrai, indagato nell’ inchiesta Open per finanziamento illecito. Il 5% delle azioni della società appartiene alla Regione Toscana. Gabriele De Giorgi (1.050 euro versati nel 2014), figlio dell’ ex capo di Stato maggiore della Marina militare Giuseppe, è stato assistente del sottosegretario Domenico Manzione.

Fuori quota ci imbattiamo, invece, in Marco Seracini: commercialista di Renzi e ideatore della fondazione Noi link (antesignana della Open), diventato nel 2014 sindaco revisore di Eni. Diverso il discorso per Federico Lovadina, fondatore con Francesco Bonifazi dello studio Bl (Bonifazi e Lovadina) di cui è socio anche Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena. Risultano finanziamenti di Bonifazi (sotto inchiesta per finanziamento illecito alla fondazione Eyu, di cui era presidente) a Open per 12.800 euro, e di Emanuele Boschi a Eyu nel 2017 per 40.000 euro.

Lovadina entra nel 2014 nel cda di Trenitalia, poi in Prelios, e ora è in Sia, controllata Cdp. Infine ci sono i maxi-finanziamenti dell’ ex Pd (oggi Italia viva) Gianfranco Librandi , che tra il febbraio 2017 e il giugno 2018 ha versato ad Open circa 800.000 euro, e della famiglia Maestrelli (300.000 euro), la stessa che nel 2018 ha prestato a Renzi 700.000 euro per l’ acquisto della supervilla di Firenze.

Ma oltre ai singoli finanziatori ci sono anche diverse aziende private che spesso lavorano o hanno avuto a che fare con il settore pubblico. A parte l’ immobiliarista Luca Parnasi, anche lui sotto inchiesta per il finanziamento a Eyu, c’ è il caso dei fratelli Orsero, tra i leader mondiali nella produzione e distribuzione di frutta.

Nelle casse di Open, prima Big Bang, il marchio di Albenga ha versato 20.000 euro nel 2013, in uscita dalla controllata Blue meer, e poi altri 50.000 nel 2014 dalla cassaforte Gf group. In quegli anni il gruppo è in difficoltà economiche. Proprio nel 2014 l’ autorità portuale di Savona, con Renzi premier e Delrio ministro delle Infrastrutture, rileverà con 24 milioni di fondi pubblici il 64% delle quote dell’ interporto di Vado (Vio), di proprietà degli Orsero.

MOBILI DI LUSSO.
Altro finanziatore è stata la Uno spa, azienda produttrice di mobili di lusso che ha stanziato 50.000 euro nel 2014 per gli esponenti del Giglio magico. Nel 2015 la Uno sarà celebrata sui quotidiani per una commessa a Dubai da 4 milioni di euro e un accordo con Fincantieri per gli arredi delle navi. C’ è poi il caso della Sinelec (25.000 euro nel 2014), azienda tecnologica del gruppo Astm group, secondo gestore al mondo di reti autostradali a pedaggio in concessione.

Nel cda della controllante siede – oltre ai fratelli Gavio, già finanziatori di Renzi – Arabella Caporello, ex direttore generale del Comune di Milano (giunta di Giuseppe Sala) e fondatrice del renzianissimo circolo della Pallacorda nel capoluogo lombardo. A finanziare negli ultimi anni la fondazione Open c’ è stata anche la Intesa aretina scarl (15.000 euro), consorzio che raduna i soci privati di Nuove acque, società a partecipazione pubblica che si occupa del servizio idrico in diversi Comuni toscani: tra i soci privati ci sono Suez Italia, Acea, Mps, Ubi banca e in passato anche Banca Etruria. Anche due aziende che hanno lavorato in Expo 2015 hanno versato soldi.

La Nacost navarra costruzioni del gruppo Navarra (30.000 euro tra il 2016 e il 2017), si occupò del Padiglione Italia e ora è ancora impegnata nel dopo Expo. E la Sicuritalia group service, con altri 30.000 euro sempre tra il 2016 e il 2017: durante l’ esposizione universale vinse con altre aziende il bando per la gestione della sicurezza.

Infine, a lato degli intrecci italiani, una curiosità internazionale. In Fondazione Eyu compare un bonifico da 87.000 euro di The tides foundation, collegata alla Open society di George Soros, tra i finanziatori di Greta Thunberg, la giovane che si batte per l’ ambiente. Forse l’ unica non renziana dell’ articolo.

https://infosannio.wordpress.com/2019/12/01/la-belle-epoque-del-renzismo/?fbclid=IwAR3EsIRQjIQMY6xagh2cXRCUwTzSbXYMEgRz_UxwIJNAQe86mawHI5-2xTw#jp-carousel-352321

Prestito per villa di Renzi, sotto la lente anche un bonifico di Serra. - Ivan Cimmarusti e Sara Monaci




Non c’è solo il finanziamento per l’acquisto della casa da parte di Matteo Renzi sotto la lente degli inquirenti fiorentini. Ci sarebbe anche la modalità di restituzione del denaro a Anna Picchioni, madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli, da cui l’ex premier ha ricevuto un prestito di 700mila euro.

Non c’è solo il finanziamento per l’acquisto della casa da parte di Matteo Renzi sotto la lente degli inquirenti fiorentini. Ci sarebbe anche la modalità di restituzione del denaro a Anna Picchioni, madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli, da cui l’ex premier ha ricevuto un prestito di 700mila euro tramite bonifico per comprare la sua villa a Firenze. In particolare, le verifiche si concentrano su una dazione giunta dal finanziere Davide Serra e utilizzata da Renzi, assieme ad altre somme, per saldare quel debito.

Il prestito è stato in effetti restituito dopo quattro mesi. La storia però sembrerebbe più complicata. O meglio, potrebbe avere qualche aspetto ulteriore da approfondire.

Sulla base di una segnalazione di operazione sospetta (Sos) arrivata al Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Firenze, al comando del colonnello Luca Levanti, nel 2018 dal nucleo Valutario della Gdf si chiede un approfondimento ulteriore rispetto a una precedente Sos che riguardava proprio la signora Picchioni, nell’ambito di un fascicolo di un caso di bancarotta di un piccolo imprenditore fiorentino.

Si spiega dunque che Picchioni aveva ricevuto un finanziamento da parte di suoi familiari (i figli) per 700mila euro, finalizzato a effettuare un prestito ai coniugi Matteo Renzi e Agnese Landini per l’acquisto di un immobile valutato complessivamente 1,4 milioni di euro. Successivamente, nel giugno 2018, la cifra è stata restituita con un versamento dal conto corrente dei coniugi a favore di Anna Picchioni a titolo di «restituzione prestito».

La provvista per la restituzione del denaro che parte dal conto personale di Renzi, ora sotto la lente degli inquirenti, era di 500mila euro, presso la Bnl (filiale di Roma). Dall’analisi dell’estratto conto emerge che il senatore ha ricevuto 119mila euro da Celebrity speakers e Mind Agency per attività di conferenziere e 454mila euro dalla Arcobaleno 3 srl per la sua attività di personaggio televisivo; il resto dal fondo Algebris Uk, riconducibili a Davide Serra.
L’inchiesta è in una fase preliminare, dunque ancora tutta da verificare. Ruota attorno alla Fondazione Open, l’ente creato nel 2012 e chiuso nel 2018 per sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi. Una «articolazione di un partito», secondo l’accusa, che raccoglieva «finanziamenti illeciti alla politica». Ipotesi d’accusa smentita dal leader di Italia Viva, che contro la magistratura fiorentina non nasconde una certa nota polemica. Risultano indagati l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Fondazione, e il presidente di Toscana Aeroporti spa Marco Carrai, ex consigliere di Open assieme al resto del “Giglio magico”, Maria Elena Boschi e Luca Lotti. L’accusa preliminare è di finanziamento illecito e traffico di influenze.

Stando agli atti investigativi un ruolo decisivo sarebbe stato svolto da Carrai, tanto che nei documenti si legge che «l’indagato ha svolto un ruolo decisivo nel reperimento dei finanziatori e nel raccordo tra gli stessi e gli esponenti politici rappresentati dalla Fondazione». Un sostanziale incarico di “cerniera”, dunque, tra 25 imprenditori e lo stesso Renzi, almeno stando alle ricostruzioni preliminari della magistratura fiorentina. Di fatto, però, si è scoperto che somme di denaro sarebbero finite anche in altre “casseforti”. Negli atti, infatti, si fa riferimento a movimentazioni finanziarie verso Lussemburgo. In particolare «risulta che l’indagato (Carrai, ndr) è tra i soci della società Wadi Ventures Management Company sarl con sede a Lussemburgo il cui unico asset è la società Wadi Ventures sca, anch’essa con sede in Lussemburgo e con oggetto sociale le partecipazioni societarie». Secondo gli investigatori quest’ultima società sarebbe destinataria di «somme provenienti, fra gli altri, da investitori italiani già finanziatori della Fondazione Open».


PER APPROFONDIRE:

Fumata nera su Mes. Tensione Pd-M5S, "decidano Camere".- Michele Esposito

Giornalisti attendono fuori palazzo Chigi il vertice di Governo © ANSA                 Giornalisti attendono fuori palazzo Chigi il vertice di Governo

Franceschini, nessun rinvio. Ma Di Maio, no luce verde Gualtieri.

Quattro ore lunghe e tese che portano non ad un accordo ma a quella che è una fumata grigia sul fondo Salva-Stati. Il vertice di Palazzo Chigi convocato dal premier Giuseppe Conte ad una manciata d'ore dal nuovo redde rationem tra il premier e Matteo Salvini in Parlamento non chiude la partita del Mes in maggioranza. Le posizioni di M5S e Pd "sono diverse", ammette lo stesso Luigi Di Maio. E Conte opta per affidare la decisione definitiva sull'ok alla riforma al Parlamento. La data da segnare con il rosso è l'11 dicembre quando, dopo le comunicazioni del premier in vista del Consiglio Ue, la maggioranza sarà chiamata a varare una risoluzione comune. Ed è lì che il governo rischia il baratro. A Palazzo Chigi ci sono il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, i capi delegazione di Pd, M5S e Leu, Dario Franceschini, Luigi Di Maio e Roberto Speranza, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e il ministro per gli Affari Ue Enzo Amendola. Presente anche il titolare del Mise, Stefano Patuanelli, visto che nella riunione si parla anche della norma per il prestito ponte a Alitalia. A chiamarsi fuori è Italia Viva.
"Non abbiamo nulla su cui litigare, se la vedessero tra loro. Gli italiani sono stanchi di questi vertici, vogliono risposte", spiega Matteo Renzi. E una risposta definitiva, sul Mes, ancora non c'è. "In vista dell'Eurogruppo del 4 dicembre 2019 il Governo affronterà il negoziato riguardante l'Unione Economica e Monetaria (completamento della riforma del Mes, strumento di bilancio per la competitività e la convergenza e definizione della roadmap sull'unione bancaria) seguendo una logica di "pacchetto", spiegano fonti di Palazzo Chigi specificando che, sulla riforma del Mes, "ogni decisione diventerà definitiva solo dopo che il Parlamento si sarà pronunciato". Ovvero, dopo le risoluzioni che seguiranno alle comunicazioni di Conte in Aula dell'11 dicembre, proprio in vista del Consiglio Ue. Palazzo Chigi, in realtà, non parla di rinvio. E, dopo la riunione, è questo il punto che tiene a sottolineare Franceschini. "Bene l'incontro di stasera sul Mes. Nessuna richiesta di rinvio all'Ue ma un mandato che rafforza il ministro Gualtieri a trattare al meglio l'accordo", spiega il ministro della Cultura specificando, anche lui, come "ovviamente" sarà il Parlamento a pronunciarsi in modo definitivo. A tarda notte, da Palazzo Chigi, escono, uno dopo l'altro, Di Maio e Franceschini. Tirando ognuno acqua al proprio mulino.
"Nessuna luce verde è stata data a Gualtieri finché il Parlamento non si esprimerà", scandisce il titolare della Farnesina anticipando che l'11 dicembre il M5S presenterà una risoluzione in cui si chiederà a Conte di chiedere il miglioramento, al Consiglio Ue di dicembre, dell'intero pacchetto di riforme dell'Unione Economica e Monetaria. Pacchetto in cui, avverte Di Maio, "c'è tanto da cambiare". Dieci giorni, quindi, per trovare una quadra. Dando mandato a Gualtieri di anticipare all'Eurogruppo la trincea italiana. Dieci giorni, per il leader M5S, per trovare una quadra all'interno dei gruppi sul sì ad una riforma sulla quale, in tanti pentastellati, sono disposti a tutto. Con un rischio: che la risoluzione sul Mes diventi un doppione di quella che, sulla Tav, anticipò la fine del governo. "Mi auguro che su questa impostazione emergano le differenze macroscopiche che ci sono tra il M5S e il Pd e quindi si finisca con questo Governo", sottolinea Gianluigi Paragone. In tanti, nel Movimento, gli rispondono via facebook. A testimonianza che, dietro il Mes, la partita che si gioca tra i pentastellati è un'altra: se andare avanti con il governo giallo-rosso

Dl fisco: rinvio sanzioni Pos, 730 a settembre. Sì alle manette agli evasori, Iv vota contro. - Andrea Carli e Marco Mobili

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Tra gli emendamenti approvati nella notte, quello che riscrive il calendario fiscale: la scadenza del 730 passa dal 23 luglio al 30 settembre. No a multe a negozianti senza pos. Strappo degli ex renziani anche sulle fondazioni.

Dopo una seduta di 14 ore è giunto il via libera della commissione Finanze della Camera al Dl fisco. Il mandato ai relatori è arrivato al termine di una seduta notturna e dopo che si è registrata una spaccatura nella maggioranza (Iv ha votato contro) sulle correzioni al testo riguardanti l’inasprimento delle sanzioni penali per i reati tributari. Il provvedimento verrà esaminato domani, martedì 3 dicembre, dall’Assemblea di Montecitorio, in prima lettura.

Il decreto scade il 25 e viene pertanto dato per certo il ricorso al voto di fiducia fa parte del Governo, che dovrebbe essere posta martedì, con voto nella giornata di mercoledì 4 dicembre.

La protesta dell’opposizione.
Lega, FdI e FI hanno abbandonato i lavori in commissione sul provvedimento poco prima del voto all’emendamento del governo sul carcere agli evasori. La protesta ha riguardato anche, ha spiegato Massimo Bitonci (Lega), le norme sugli appalti.

La spaccatura nella maggioranza sul carcere per gli evasori.
In mattinata la commissione Finanze della Camera, dopo una sospensione dei lavori, ha fatto scattare il semaforo verde per le norme sul carcere agli evasori ma la maggioranza si è spaccata: Italia Viva ha infatti votato no. Incassano comunque l’ok gli emendamenti dei relatori e del governo al dl fisco che hanno cercato una sintesi all’interno della maggioranza: resta l’innalzamento complessivo delle pene ma sarà meno consistente per i reati minori.

Strappo dei renziani anche su rinvio norme per fondazioni.
Spaccatura all’interno della maggioranza anche sul rinvio delle norme sulle Fondazioni. I renziani si sono smarcati sull’emendamento per rinviare le norme di equiparazione dei partiti alle fondazioni, approvato con i voti di M5s, Pd e LeU. «La decisione di rinviare applicazione della spazzacorrotti per equiparare le regole di trasparenza tra partiti e fondazioni è un clamoroso errore che la commissione ha fatto nottetempo col voto favorevole di M5S, Pd e Leu e il voto contrario di Italia Viva». È quanto ha scritto su Twitter il deputato di Iv Luigi Marattine. A quanto si apprende, anche i partiti di opposizione, hanno votato contro l’emendamento al dl fisco.

Si allenta la stretta sulle ritenute negli appalti.
Sulle norme che riguardano le ritenute e le compensazioni degli appalti è stata alla fine trovata la quadra. Con un emendamento dei relatori approvato dalla commissione Finanze della Camera si prova a semplificare la procedura prevista per contrastare l'evasione fiscale e contributiva sulle ritenute nei casi di illecita somministrazione di manodopera. In particolare viene previsto che a versare le ritenute saranno direttamente le società appaltatrici, subappaltarici affidatatrie della realizzazione dell'opera. La nuova procedura per verificare e contrastare il mancato versamento delle ritenute si applica ai contratti di appalto o subappalto superiori ai 200.ooo euro annui.

Villarosa: no multe a negozianti senza pos.
«Abbiamo appena approvato l’abrogazione delle sanzioni per i commercianti che non hanno il pos per i pagamenti con carta di credito/debito». Lo ha scritto il sottosegretario al Mef, Alessio Villarosa.

Cambia il calendario fiscale.
Tra gli emendamenti per ora approvati, quello che riscrive il calendario fiscale: per l’invio del modello 730 i contribuenti avranno tempo fino al 30 settembre. L’emendamento dei relatori approvato dalla Commissione Finanze prevede anche un ampliamento della platea che può utilizzare il 730: oltre ai lavoratori dipendenti e ai pensionati viene estesa ai titolari di redditi assimilati a quello di lavoro dipendente senza limitazioni e ai titolari di redditi di lavoro autonomo con la sola esclusione di quelli derivanti dall'esercizio di arti e professioni e di impresa non occasionali (ad esempio, redditi fondiari o redditi da lavoro autonomo occasionale). Quanto alle scadenze, si introduce anche un “termine mobile” per i conguagli che arriveranno con la prima retribuzione utile e, comunque, con quella di competenza del mese successivo a quello in cui il sostituto ha ricevuto il risultato contabile. Con un emendamento della Lega l'obbligo dell’invio dell'esterometro diventa trimestrale.

Iva al 5% per gli assorbenti lavabili.
L'Iva passa dal 22% al 5% per gli assorbenti compostabili o lavabili.

Iva a 4% per auto green per disabili.
Arriva l’Iva al 4% per l’acquisto di auto ibride ed elettriche da parte di persone con disabilità.

Carnevali (Pd): 200 milioni per personale sanità.
«Sul personale della sanità - ha sottolineato Elena Carnevali (Pd) a proposito di una modifica al dl fisco approvata in commissione alla Camera - arriva finalmente una terapia d’urto. L’approvazione dell’emendamento del Pd della commissione Affari sociali pone fine alla stretta sulle assunzioni che ha penalizzato il Ssn e realizza il cambiamento fondamentale per il nuovo Patto per la salute. L’aumento del tetto di spesa per il personale dal 5 al 10% nel triennio 2019-2021 corrisponde ad un incremento di 200 milioni di euro».

Una banca dati per stanare chi non paga il bollo auto.
Nella campagna a tutto campo contro l'evasione, la Commissione Finanze della Camera mette nel mirino anche i furbetti del bollo auto. Per evitare duplicazioni e perdite di tempo il Dl fiscale prevede che il sistema informativo del Pubblico registro automobilistico sarà alimentato anche con i dati delle tasse automobilistiche. I dati saranno poi girati alle Entrate, alle Regioni e alle province autonome che procederanno ad incrociare le informazioni acquisite con quelle già a loro disposizione. Sarà un disciplinare siglato da tutte le amministrazioni a regolare l'utilizzo delle banche dati e dei dati messi a fattor comune per stanare gli evasori.

Rinvio multe per chi non si adegua a nuove regole seggiolini.
Vengono rinviate al 6 marzo le multe per chi non si adegua alle nuove norme sui seggiolini auto per i bambini. Aumentano da uno a 5 milioni gli stanziamenti previsti nel 2020 per le agevolazioni sotto forma di credito di imposta.

Incentivo per acquistare air-bag per moto.
È introdotto un incentivo per l’acquisto di airbag per moto. Dal 2020 si potrà detrarre fino a 250 euro (il 50 per cento di una spesa massima di 500 euro) «per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale moto airbag». Per il provvedimento sono stati stanziati fino a 30 milioni di euro all’anno.

Cancellata la tassa sui biliardini.
Biliardini, gru per vincere palloni, pelouche o dolcetti e tutti gli apparecchi che non consentono di vincere denaro «di qualsiasi entità», non faranno scattare l’obbligo di iscrizione al Registro unico degli operatori del gioco pubblico. Con un correttivo al decreto legge fiscale è stata dunque cancellata quella che era stata subito ribattezzata la tassa sul calciobalilla. Come spiega Alessio Villarosa (M5S) è stato raccolto l’invito dei gestori che, nella maggior parte dei casi, per pochi periodi dell’anno consentono ai loro clienti di giocare a biliardino o comunque con apparecchi, spesso utilizzati anche dai bambini, che non erogano vincite in denaro.

Arriva la nuova tassa sui container.
Una tassa sui container, pieni o vuoti poco importa, per potenziare il controllo sulle merci in transito o ingresso ai varchi doganali. L’obiettivo dichiarato è quello di tutelare la sicurezza collettiva, l’ordine pubblico, le esigenze finanziarie dello Stato e le entrate Comunitarie, la salute e la sicurezza delle persone fisiche. Il nuovo balzello, che sarà rapportato alla tassa sui porti già esistente, sarà definita nei suo dettagli da un provvedimento del Governo che dovrà essere adottato entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto fiscale. A riscuoterla e liquidarla sarà direttamente l’agenzia delle Dogane.

A Capri non si rottama l’Ape Taxi o Calessino.
Si salvano dalla rottamazione tutti quei veicoli a motore con caratteristiche inquinanti Euro0 che nelle isole minori sono utilizzati storicamente per il trasporto pubblico locale soprattutto perché di piccole dimensioni e in grado di circolare per vicoli e dirupi. L’elenco dei mezzi che si salveranno dalla rottamazione, secondo l’emendamento approvato dalla Camera al Dl fiscale, arriverà nei prossimi mesi dal ministero dei Trasporti, sulla falsariga dell’elenco dei veicoli storici e in uso alle autoscuole ammessi ancora alla circolazione.

https://www.ilsole24ore.com/art/dl-fisco-stop-nodo-carcere-evasori-riprende-esame-commissione-ACDcqg2

Per approfondire:

domenica 1 dicembre 2019

LE DIECI RAGIONI PER CUI FRANCESCO ERSPAMER (docente alla Harvard University) VOTA M5S

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1) Perché approvo il reddito di cittadinanza, la riforma della prescrizione, lo spazzacorrotti, il decreto dignità, il salario minimo.
2) Perché voglio che siano impediti i conflitti di interesse, l’immigrazione illegale, l’apertura illimitata dei negozi, la svendita dell’economia italiana agli stranieri, i tagli allo stato sociale al grido di “lo vuole l’Europa!”.
3) Perché comunque dopo settant’anni di dominio democristiano/liberista (o vi siete scordati che anche Prodi e Renzi sono democristiani doc?) è opportuno dare una chance al primo governo che non è diretta espressione della Casta.
4) Perché il populismo pentastellato è oggi l’unico argine in grado di contenere la destra populista.
5) Perché senza il M5S il partito liberista avrebbe smantellato la Costituzione, proseguito nel programma di liberalizzazioni e di deregolamentazione, rafforzato il potere delle lobby, resi intoccabili corrotti e corruttori.
6) Perché il M5S è molto meno liberista ed europeista di tutti gli altri partiti, incluse la Lega e la sinistra liberal e uguale; in attesa che si costituisca un nuovo partito nazionale popolare e magari comunista, i pentastellati rappresentano il più valido ostacolo alle privatizzazioni e all’americanizzazione del Paese. Infatti le multinazionali, il New York Times, le mafie, i benpensanti e i vincenti o aspiranti tali li detestano e combattono con ogni mezzo.
7) Perché ha avuto il coraggio di dire no alle Olimpiadi a Roma.
8) Perché ha contro tutti i giornali e chi li possiede: ossia personaggi che chiunque sia loro nemico è mio amico.
9) Perché ha contro l’intellighenzia radical chic e terzomondista, gente come Saviano, Murgia, Sgarbi, Strada, i Wu Ming.
10) Perché smetterà di far sovvenzionare dallo Stato italiano la propaganda antistatalista e anti-italiana di Radio radicale.


Da fb postato da Viviana Vivarelli.

sabato 30 novembre 2019

Matteo Renzi: assunto, candidato e pensionato in undici giorni. - di Marco Lillo | 27 MARZO 2013

Matteo Renzi

Il sindaco è stato assunto dall'azienda di famiglia, la Chil srl, il 27 ottobre 2003, otto mesi prima dell'elezione in Provincia e undici giorni prima che l'Ulivo lo candidasse. E così, da nove anni, i contributi per la sua pensione da dirigente li paga la collettività. Lo staff lo difende: "L'accostamento è sbagliato perché lavorava lì da molti anni".
Matteo Renzi è stato assunto come dirigente dalla società di famiglia, la Chil Srl, undici giorni prima che l’Ulivo lo candidasse a presidente della Provincia di Firenze nel 2004Ieri abbiamo raccontato che grazie all’assunzione da dirigente (messo in aspettativa dopo l’elezione) da quasi 9 anni i contributi della pensione del dirigente-sindaco sono versati dalla collettività. Oggi si scoprono nuovi particolari sulle manovre che hanno preceduto e seguito l’assunzione. I consiglieri comunali che hanno fatto scoppiare il caso con la loro interrogazione, Francesco Torselli (Fratelli d’Italia) e Marco Semplici (Lista Galli), non sono soddisfatti della risposta del vice-sindaco di Firenze Stefania Saccardi pubblicata ieri dal Fatto. “Oggi presenteremo una nuova interrogazione – annuncia il consigliere Torselli – per sapere a quanto ammonta esattamente la cifra pagata dalla collettività, prima dalla Provincia e ora dal Comune, per la pensione del sindaco”. La risposta alla prima interrogazione spiegava solo che “alla società presso cui risulta dipendente in aspettativa il dottor Renzi sono erogati i contributi previsti all’art. 86 comma 3 del Testo unico sugli enti locali”, senza cifre.
IL COMUNE di Firenze e prima la Provincia, hanno versato alla società di famiglia i contributi previdenziali per Matteo Renzi, nel rispetto del Testo Unico Enti locali che prevede il rimborso dei contributi alla società presso la quale lavora l’amministratore pubblico collocato in aspettativa non retribuita. Quando l’assunzione è molto vicina alla candidatura però sorge il dubbio che sia motivata più dall’ottenimento del rimborso dei contributi che dalla reale necessità dell’azienda di disporre di un dirigente distratto dalla politica. Nicola Zingaretti a Roma è finito nell’occhio del ciclone perché è stato assunto da un Comitato legato al Pd il giorno prima dell’annuncio della sua candidatura a presidente della Provincia. Ora si scopre che Renzi è stato assunto – non uno ma undici giorni prima dell’annuncio della sua candidatura – dalla società della sua famiglia. Il sindaco è inquadrato dal 27 ottobre 2003 nella Eventi 6 che oggi è intestata alle sorelle Matilde e Benedetta Renzi (36 per cento a testa), alla mamma Laura Bovoli (8 per cento) e al fratello del cognato, Alessandro Conticini, 20 per cento. Come spiega il vice-sindaco Saccardi nella sua risposta all’interrogazione: “Renzi ha avuto un contratto di collaborazione coordinata e continuativa fino al 24 ottobre 2003 presso la Chil srl. Dal 27 ottobre 2003 è stato inquadrato come dirigente”. Ecco la cronologia degli eventi di nove anni fa, ricostruita sulla base dei documenti camerali: il 17 ottobre 2003 il “libero professionista” Matteo Renzi e la sorella Benedetta cedono le quote della Chil Srl ai genitori; il 27 ottobre 2003, dieci giorni dopo avere ceduto il suo 40 per cento, Renzi diventa dirigente della stessa Chil Srl, amministrata dalla mamma; il 7 novembre 2003, solo 11 giorni dopo l’assunzione, l’Ulivo comunica ufficialmente la candidatura del dirigente alla Provincia; il 13 giugno 2004 Renzi viene eletto presidente e di lì a poco la Chil gli concede l’aspettativa. Da allora Provincia e Comune versano alla società di famiglia una somma pari al rimborso dei suoi contributi. Se Renzi non avesse ceduto le sue quote nel 2004, sarebbe stata una società a lui intestata per il 40 per cento a incassare il rimborso: una situazione ancora più imbarazzante di quella attuale, con le quote intestate a sorelle e mamma.
LA CHIL è una società fondata da papà Tiziano che si occupa di distribuzione di giornali e di campagne pubblicitarie. Dal 1999 al 2004 è intestata a Matteo e alla sorella. Poi, come visto, subentrano i genitori. Nel 2006 Tizia-no Renzi vende il suo 50 per cento alle figlie Matilde e Benedetta. Chil arriva a fatturare 7 milioni di euro nel 2007. Poi cambia nome in Chil Post Srl e nell’ottobre del 2010 cede il suo ramo d’azienda a un’altra società creata dalla famiglia: la Eventi 6 Srl. La vecchia Chil, ormai svuotata, finisce a un imprenditore genovese e fallisce. Mentre la Eventi 6 decolla dai 2,7 milioni di fatturato del 2009 ai 4 milioni di euro del 2011. Dopo il suo collocamento in aspettativa, il dirigente Matteo Renzi segue il destino del ramo d’azienda e oggi è collocato nella Eventi 6, di Rignano sull’Arno, sede storica della famiglia.
Le fonti vicine a Renzi precisano: “L’indicazione della candidatura alla Provincia venne anticipata a novembre per sbloccare la candidatura del sindaco Domenici ma era condizionata all’accordo sui sindaci che si chiuse solo ad aprile. L’accostamento ad altre situazioni ben diverse è sbagliato perché Matteo Renzi lavorava davvero in Chil da molti anni”.

Opere false spacciate per vere, indagato Vittorio Sgarbi: scandalo alla fondazione "Gino De Dominicis". - Michela Allegri



Opere d’arte false, ma fatte passare per autentiche. È lo scandalo che ruota attorno alla fondazione Archivio Gino De Dominicis, di Roma, che ha portato a quattro misure cautelari e a 23 iscrizioni sul registro degli indagati. Sotto inchiesta, anche Vittorio Sgarbi, presidente della fondazione. Le contestazioni, a seconda delle posizioni, sono di associazione per delinquere, contraffazione di opere d'arte e ricettazione.

Nel corso delle attività di perquisizione, su richiesta della pm Laura Condemi, sono state sequestrate 250 opere contraffatte, alcune già acquistate da collezionisti e altre ancora da vendere, per un controvalore di 30 milioni di euro. I carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale hanno eseguito quattro misure cautelari. Due persone sono state arrestate ai domiciliari, mentre per altre due è stato disposto il divieto temporaneo di esercizio dall'attività professionale.

Il vicepresidente della Fondazione e il presunto falsario sono ai domiciliari. La misura interdittiva, invece, è scattata per due galleristi che, per l’accusa, farebbero parte dell'associazione a delinquere.


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