A gennaio parte la misura per promuovere i pagamenti tracciabili. In un solo giorno 427mila cittadini hanno scaricato il codice. Ma Confesercenti chiede l'ennesimo rinvio sostenendo che solo un negozio su tre si è dotato del registratore di cassa telematico (obbligatorio da gennaio) e fa resistenza anche sul cashback, che richiede il pos (obbligatorio dal 2014). Mentre Salvini evoca il Grande fratello, anche se era al governo quando si stabilì che la "riffa" sarebbe partita nel 2020.
A gennaio parte finalmente la lotteria degli scontrini prevista per la prima volta dalla legge di Bilancio 2017 e da allora sempre rinviata. Dopo il cashback, al via salvo sorprese l’8 dicembre, la lotteria con premi fino a 5 milioni di euro per i clienti e 1 milione per gli esercenti è il secondo tassello dell’ampio piano del governo per ridurre l‘evasione fiscale rendendo più “attraenti” i pagamenti elettronici e dunque tracciabili. Un piano grazie al quale, secondo gli operatori del settore, il sommerso calerà di 0,7 miliardi l’anno e il gettito dell’Iva, l’imposta più evasa, salirà di 0,8 miliardi. Ma, se in un solo giorno 427mila cittadini hanno scaricato il codice con cui partecipare alle estrazioni, i commercianti frenano. E l’opposizione boicotta la misura già sperimentata in diversi Paesi, dal Portogallo a Taiwan, presentandola come una sorta di cavallo di Troia con cui governo e fisco otterranno l’accesso ai dati su abitudini e consumi dei cittadini. Una fake news, visto che i dati sugli acquisti (con il benestare del Garante della Privacy) possono essere utilizzati esclusivamente dal sistema lotteria dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli per generare i biglietti virtuali e risalire al consumatore in caso di vincita.
Il fuoco incrociato e la fake news di Meloni e Salvini – Il fatto è che nonostante per adeguarsi ci siano stati anni, e dal 2019 sia previsto un credito di imposta del 50% sulla spesa sostenuta per comprare il registratore di cassa telematico o adeguare quello vecchio, non tutti sono pronti. La Confesercenti sostiene che oggi solo un negozio su tre è attrezzato per consentire al cliente di partecipare alla riffa e chiede l’ennesimo slittamento, causando le ire dell’Unione nazionale consumatori secondo cui sarebbe “una beffa inaccettabile”. Intanto Fratelli d’Italia e la Lega – che pure con Massimo Bitonci è stata la prima a proporre la lotteria e durante il governo gialloverde ne ha sottoscritto il varo – evocano il Grande fratello. Secondo Giorgia Meloni registrarsi sul sito della lotteria significa che farai “sapere a Conte, Casalino, Di Maio, Gualtieri, l’Agenzia delle Entrate e lo Stato tutto quali sono le tue abitudini, cosa ti piace, cosa compri e da chi e a che ora”. Ma tutta la procedura è stata ovviamente valutata e approvata dall’Autorità garante della privacy, che ha chiesto e ottenuto modifiche e, la scorsa primavera, ha riconosciuto che il codice lotteria “consente di rendere le informazioni raccolte non riconducibili al singolo individuo senza informazioni aggiuntive e permette al consumatore di non fornire all’esercente il codice fiscale, da cui sono ricavabili anche informazioni su sesso, data e luogo di nascita, non necessarie per partecipare al concorso”. Il parere del Garante sancisce che “i dati potranno essere utilizzati solo ai fini della lotteria”. Quanto alla presa di posizione di Salvini, che invita a non registrarsi perché “siamo chiusi in casa e vogliono anche controllare quello che compriamo”, va ricordato che il primo a presentare una proposta di legge per una lotteria sugli scontrini è stato nel 2011 l’ex sottosegretario all’Economia leghista Massimo Bitonci. Durante il governo gialloverde, peraltro, l’idea che dal 2017 era rimasta lettera morta fu ripescata, ufficializzando nel decreto fiscale che sarebbe entrata in vigore nel gennaio 2020. Poi il nuovo slittamento.
Gli esercenti vogliono rinviare tutto – L’opposizione degli esercenti nasce invece dal fatto che per consentire al cliente di partecipare alla lotteria – e per partecipare lui stesso alle estrazioni – l’esercente deve avere il registratore di cassa predisposto per la trasmissione telematica dei corrispettivi (il cosiddetto “scontrino elettronico”). Che è obbligatorio per tutti, con poche eccezioni come edicole e tabaccai, dal prossimo gennaio. Visto che la sostituzione ha un costo e che inizialmente gli stessi produttori delle nuove casse erano stati travolti dagli ordini, le Entrate avevano previsto per i primi sei mesi del 2020 una “applicazione mitigata“, ovvero senza sanzioni per chi non si era adeguato ma, entro un mese dall’emissione dello scontrino tradizionale, inviava i corrispettivi attraverso gli applicativi web gratuiti messi a disposizione dall’Agenzia. La moratoria è stata prolungata di altri sei mesi con il decreto Rilancio. Nel frattempo gli esercenti potevano ottenere il credito di imposta sulla spesa sostenuta. Ora però Confesercenti chiede un’altra proroga, di “almeno sei mesi“, per non “escludere migliaia di attività del commercio, della ristorazione e dei servizi che, anche per l’emergenza Covid, non hanno avuto la possibilità” di mettersi in regola.
L’incrocio tra cashback e obbligo del pos (mai fatto rispettare) – La confederazione ne ha pure per il cashback, cioè la restituzione del 10% sulle spese sostenute con carta o bancomat fino a un massimo di 300 euro all’anno. A differenza della lotteria, si può ottenere in qualunque negozio o esercizio commerciale a patto che la sua banca o sistema di gestione dei pagamenti sia convenzionato (quasi tutti hanno già aderito) e abbia adeguato il sistema informativo per la trasmissione dei dati. Ma per Confesercenti “tra cashback, supercashback e procedure d’accesso via smartphone, lo strumento è di non immediata comprensione e rischia di essere utilizzato solo dagli utenti più smart. Allo stesso tempo, le infrastrutture per rendere più agevoli i pagamenti elettronici – a partire da banda larga e terminali per pagamenti contactless – sono ancora insufficienti”. E così si torna al – solito – punto di partenza: l‘obbligo del pos, in vigore dal 2014 ma mai fatto rispettare con sanzioni.
l governo lo scorso anno ha eliminato in extremis le multe che erano previste dal decreto fiscale e il premier Giuseppe Conte ha spiegato di voler puntare sugli incentivi. Ma la trattativa con banche e gestori dei sistemi di pagamento ha partorito un topolino, cioè l’esonero dalle commissioni solo su spese fino a 5 euro. E per i commercianti non è sufficiente il credito d’imposta del 30% sulle commissioni, scattato l’1 luglio. Il risultato è che ancora oggi non tutti consentono di pagare con strumenti elettronici. E ora hanno paura che i clienti vadano altrove per poter partecipare alla lotteria e al programma che restituisce una percentuale dei soldi spesi.