domenica 3 gennaio 2021

Giorni decisivi per Conte, Renzi pronto alla sfida in Aula.

 

Giorni decisivi per il governo Conte. Renzi afferma di essere pronto alla sfida in Aula.

Per il presidente della Camera Fico, una crisi ora sarebbe disastrosa. Voci sulla caccia ai 'responsabili' al Senato, ma Toti per Cambiamo! e Cesa per l'Udc escludono un voto a favore del governo che sostituisca l'appoggio di Italia Viva.

    Il messaggio di fine anno di Mattarella "l'ho apprezzato molto. Sono felice che al Quirinale ci sia un galantuomo che interpreta al meglio il ruolo di garante delle regole che la Costituzione gli impone. Il passaggio su Europa e vaccini, poi, è stato semplicemente magistrale". Lo dice, in un'intervista a Il Messaggero, il leader di Italia Viva Matteo Renzi.
    L'invito forte alla coesione "è un passaggio che condivido totalmente. Abbiamo la più grande chance della storia degli ultimi trent'anni: una mole di risorse mai vista per ricostruire l'Italia. Non possiamo sprecarla. Ora o mai più". Il destino dell'attuale esecutivo "dipende da Conte prima e dal Parlamento poi, non da me. Noi abbiamo messo per iscritto in due documenti le cose che non ci convincono". Se però "le nostre idee danno fastidio, andiamo all'opposizione".
    Conte ha detto "che verrà in Parlamento. A mio giudizio ha sbagliato a chiudere così la verifica di governo. Ma se ha scelto di andare a contarsi in aula accettiamo la sfida". Renzi non ha paura "della libertà delle persone. Se qualche parlamentare vorrà appoggiare il governo Conte perché convinto dalle parole del premier, bene. Mi fa sorridere che chi è entrato in Parlamento per aprirlo come una scatoletta di tonno finisca col dipendere dalle mosse di Clemente Mastella".
    L'ex presidente del Consiglio pensa "che il premier sia sicuro dei suoi conti, altrimenti avrebbe scelto la strada del confronto politico prima di andare in aula". Se invece andrà sotto, "abbiamo varie soluzioni diverse che potranno essere valutate dal Parlamento e dal Capo dello Stato. Anticipare adesso la posizione di Italia Viva sarebbe mancare di rispetto al Quirinale. La Costituzione dice che la legislatura va avanti finché ci sono i numeri in Parlamento, non finché lo dice Conte". 

"Essere responsabili significa, a casa nostra, essere coerenti con le proprie idee. Questo Governo non rispecchia le nostre. Dopo le lettura di qualche giornale ribadisco: per serietà e responsabilità Cambiamo! non sosterrà questo Governo. Il nostro Paese merita altro". Con questo tweet il leader di Cambiamo! Giovanni Toti smentisce qualsiasi appoggio al Governo Conte.

"Ancora una volta ci troviamo costretti a smentire retroscena giornalistici senza fondamento. L'Udc non partecipa al teatrino della politica: non siamo e non saremo mai la stampella di nessuno". Così Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell'Udc.

Secondo il presidente della Camera Roberto Fico serve "che tutti i soggetti della maggioranza facciano uno sforzo per scongiurare una crisi che sarebbe incomprensibile e disastrosa". Lo dice in un'intervista a La Stampa, nella quale puntualizza: "L'appello alla responsabilità e allo spirito costruttivo del presidente Mattarella è stato molto significativo. Siamo in un momento storico delicatissimo, cruciale, verso il quale è impensabile approcciarsi coltivando meri interessi di parte. Sarebbe imperdonabile. Per questo credo che alla fine prevarranno ascolto e responsabilità". Per Fico le spinte costruttive sono "sempre positive. Ma devono essere genuinamente costruttive". Siamo davanti "a un'occasione storica per l'Italia, e per l'intera Europa". Dobbiamo "essere all'altezza, per farlo è necessario un lavoro di squadra fra tutti i soggetti istituzionali" coinvolti nel piano e poi nella spesa dei fondi. Il Parlamento italiano "è stato il primo in Europa a votare un atto di indirizzo al governo sul Recovery. Ha dimostrato la sua centralità, che dovrà proseguire". Il Movimento 5 Stelle "si pone come forza di stabilità in questa fase complessa per il Paese, nella gestione dell'emergenza sanitaria, sociale ed economica". Una dimostrazione "di forza, non di debolezza". Nei prossimi mesi "si voterà in tante città, tra cui i primi quattro comuni italiani: Roma, Milano, Napoli, Torino". Prima di pensare ai nomi si deve ragionare "sugli strumenti a disposizione delle realtà metropolitane, la cui gestione è particolarmente complessa e delicata". Per un possibile accordo M5s-Pd alle Amministrative "in alcune realtà il confronto è partito". Rispetto alla richiesta del Pd che venga onorato l'accordo sulla nuova legge elettorale "i patti vanno rispettati" commenta Fico. Bisogna risedersi al tavolo per dotare il Paese "di una legge elettorale solida e di lungo respiro".

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/01/02/giorni-decisivi-per-conte-renzi-pronto-alla-sfida-in-aula_a46dc60b-9286-442f-bf12-1a26d624aa91.html

Giuseppe Conte e il tramonto del renzismo. - Tommaso Merlo

 

Quest’anno drammatico si chiude con Giuseppe Conte sotto pressione da parte di quello che rimane del renzismo. Un partitino nato in parlamento raccogliendo fuoriusciti che nonostante non esista nel paese paventa la crisi ogni santo giorno. Un tira e molla riprovevole che ricorda la peggiore egopolitica del passato. Un tira e molla intollerabile perché è nel bel mezzo di una devastante crisi pandemica globale che sta mettendo in ginocchio il paese. Decine di migliaia di morti. Macerie economiche, macerie sociali, macerie psicologiche e spaventosi interrogativi per il futuro. In uno scenario di tale gravità era lecito attendersi senso di responsabilità da parte di tutta la politica nostrana. Ed invece le opposizioni sovraniste tentano di lucrare voti fin dal paziente uno mentre quello che rimane del renzismo ha ricominciato a minare il governo di cui fa parte. Invece cioè di lavorare e dare il proprio contributo, quello che rimane del renzismo aizza i giornali e i social con lamentele e provocazioni e ultimatum colpendo Giuseppe Conte in uno dei momenti più topici. La gestione dall’uscita dal tunnel e la progettazione della ripartenza. Un tira e molla politicamente assurdo. Il renzismo è stata una fase politica breve e miseramente tramontata per sempre. È stata una sbornia a destra del Pd. Non riuscendo, cioè, a partorire mezza idea, il Pd ha copiato quelle neoliberiste. Tradendo la sua storia, tradendo i suoi ideali, tradendo le classi sociali che diceva di voler tutelare. Il Pd renziano pensava che andando a braccetto con lobby e padroni sarebbe ripartita la crescita e quindi tutto il paese. Ed invece han solo falcidiato i diritti sociali e fatto dilagare povertà e ingiustizia sociale e l’Italia ha continuato ad occupare gli ultimi posti di tutte le classiche europee. Anche tutti i loro maldestri tentativi di riforma sono finiti male. Una stagione davvero rovinosa e aggravata da due errori storici. La sottovalutazione della questione morale e quella dell’impatto di un’immigrazione clandestina di massa finita fuori controllo. Quello che rimane del renzismo parla spesso di populismo come causa di tutti i mali, ma se è scoppiato il populismo la colpa è loro. La colpa è di una fantomatica sinistra che ha rinnegato le sue radici e che arroccata nei palazzi ha perso completamente il polso di quello che succedeva fuori. La paura, la rabbia, la miseria morale ed economica. Il renzismo è stato il colpo di grazia al centrosinistra italiano e se sono esplosi il Movimento e il sovranismo, lo si deve proprio ai disastri del vecchio sistema partitocratico in cui destra e sinistra erano diventati la stessa identica cosa. Lo si vede anche oggi, quello che rimane del renzismo e quello che rimane del berlusconismo sono cocci sovrapponibili di quella deleteria stagione. Ma invece di prenderne atto e mettersi al servizio del nuovo corso, quei cocci tramano per una fantomatica risurrezione affidandosi ai soliti vecchi giochetti di palazzo. Poveri illusi. La storia non ha la retromarcia e la nefasta era degli egopartitini è alle spalle. Se lo capiranno da soli bene, altrimenti ci penseranno gli italiani nelle urne. Un presidente del consiglio serio, specchiato e capace come Giuseppe Conte non si vedeva da decenni in Italia. Se venisse tradito dopo quello che sta facendo per il paese e in un momento così drammatico, altro che ammucchiata parlamentare per rimpiazzarlo. Tutti al voto per un 4 marzo bis ancora più devastante. Per riconfermare Giuseppe Conte, per riprendere il cammino interrotto e per sbarazzarsi una volta per tutte dei cocci di una stagione politica fallimentare che non vogliono rassegnarsi al loro irreversibile tramonto.  

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2020/12/31/giuseppe-conte-e-il-tramonto-del-renzismo/

sabato 2 gennaio 2021

La prima mossa di Conte: vertice entro l’Epifania e nuovo Recovery. - Lorenzo Giarelli

 

Che ne sarà del “Ciao” di Matteo Renzi? Per qualche ora oscillerà ancora tra l’essere l’innocuo acronimo delle proposte di Italia Viva sul Recovery Fund – Cultura, Infrastrutture, Ambiente, Opportunità – e il diventare l’addio all’attuale governo, con annessa apertura della crisi in Parlamento. Le risposte, però, arriveranno presto: Giuseppe Conte convocherà un vertice con le forze di maggioranza tra il 5 e il 6 gennaio, cercando di ricucire i rapporti interni ai giallorosa e sfoltire i 52 progetti del Recovery Fund finora sul tavolo.

Il vertice Giuseppe Conte lo aveva ammesso durante l’ultima conferenza stampa del 2020: “È urgente fare una sintesi politica prima possibile attraverso una verifica di maggioranza”.

E allora ecco che, a ridosso dell’Epifania, il premier incontrerà di nuovo i partiti che sostengono il suo esecutivo, dopo che a dicembre una prima verifica di governo non aveva placato le bizze di Italia Viva. Il nodo è soprattutto la gestione dei 209 miliardi in arrivo dall’Europa, su cui i renziani hanno presentato richieste e progetti alternativi rispetto a quelli sulla scrivania del ministro Roberto Gualtieri.

Prima che il Piano vada in Consiglio dei ministri, si proverà a trovare un compromesso smussando le divergenze e riducendo un po’ gli oltre 50 progetti previsti nelle bozze.

Il Consiglio dei ministri.

Nella tabella che si è dato il governo, i progetti del Recovery plan dovrebbero arrivare in cdm “entro i primi giorni di gennaio”. Settimana prossima, allora, anche se da qui in avanti le ipotesi dipendono molto dalla volontà politica di Renzi di accelerare con la crisi o di fare un passo indietro. Stando alle minacce renziane, se i tavoli politici non avranno esiti positivi il governo “farà senza Italia Viva” e “le ministre e il sottosegretario (Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto, nda) si dimetteranno”. Con tanti saluti al Piano sugli aiuti europei. Ad ogni modo, se anche dopo il vertice dell’Epifania l’ex rottamatore volesse comunicare una sfiducia di fatto a Conte, la crisi arriverebbe subito in Aula.

Parlamento Anche in questo caso fanno fede le parole di Conte di appena quattro giorni fa: “Il premier non sfida nessuno. Per rafforzare la fiducia e la credibilità del governo e della classe politica bisogna agire con trasparenza e confrontarsi in modo franco. Il passaggio parlamentare è fondamentale, finché ci sarò io ci saranno sempre passaggi chiari, franchi, dove tutti i cittadini potranno partecipare e i protagonisti si assumeranno le proprie responsabilità”. Parole che assomigliano molto a quelle che il premier pronunciò a ridosso dello scontro in Senato con Matteo Salvini del 20 agosto 2019. Oggi come allora, Conte vuole portare alla luce del sole ogni manovra destabilizzante nei suoi confronti, spostando la crisi in Parlamento e smascherando le contraddizioni del suo più ostile alleato. Se davvero Renzi formalizzasse la fine del rapporto di fiducia tra Italia Viva e l’esecutivo, si andrebbe allora alla prova dei numeri in Senato e poi si valuterebbero i possibili scenari, tra un eventuale Conte ter con cambio di maggioranza e l’ipotesi di voto anticipato. In ogni caso, i tempi non saranno lunghi e l’eventuale passaggio in Parlamento potrebbe esserci già entro metà mese, a conferma dei retroscena che davano Renzi pronto alla crisi già appena dopo la Befana.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/02/la-prima-mossa-di-conte-vertice-entro-lepifania-e-nuovo-recovery/6053229/

Rimpasto, Conte-ter o un dem premier: cosa succede se c’è la crisi. - Fd’e

 

Al buio - Le previsioni e la variabile impazzita di Renzi.

Tutte le formule sussurrate da big, colonnelli o semplici gregari dei giallorosa hanno la classica variabile indipendente, l’incognita imprevedibile che può far saltare scenari e previsioni. Facilissimo indovinarla: Matteo Renzi. Sostiene un importante esponente della maggioranza: “Renzi è un giocatore e al solito sta tentando l’all-in. Impossibile sapere cosa abbia veramente in testa”. Appunto.

È l’incubo di una crisi al buio, con le urne sullo sfondo, consegnando così il Paese alla peggiore destra dell’Europa occidentale, capace persino di eleggere Silvio Berlusconi al Quirinale nel 2022. Una crisi che ormai molti danno per certa, finanche tra i ministri dem del Conte due. Sulla carta gli scenari plausibili sono cinque. Il primo poggia sull’ottimismo giallorosa più che sul realismo. È il fatidico rimpasto. Il premier e Renzi trovano un accordo e a Italia Viva va un ministro in più, lo stesso leader di Iv oppure Maria Elena Boschi, che scalcia da morire per entrare in un esecutivo che sia uno.

Raccontano però che il fattore umano proceda di pari passo con quello politico. Cioè che Renzi detesti talmente Conte che farà di tutto per buttarlo fuori da Palazzo Chigi. A quel punto il premier potrebbe tentare la mossa ventilata negli ultimi giorni: sostituire i ribelli italoviventi con una pattuglia di Responsabili. Questo è il secondo scenario. L’operazione non è semplice, nonostante punti sull’istinto di sopravvivenza di decine di parlamentari. Come trapela da ambienti di governo si tratta al momento di una trattativa frammentata (si veda l’articolo sopra), senza un punto di riferimento che garantisca un orientamento unitario a questo gruppo.

Oltre queste due opzioni, c’è poi la crisi vera e propria. Conte che va in aula e parlamentarizza la rottura con Italia Viva e l’apertura delle consultazioni. Il giocatore Renzi continua a essere convinto che il voto anticipato non ci sarà e che un governo alla fine si farà. Qualcuno, lungo l’asse demogrillino, fa pure notare che il tono tragico e solenne di Mattarella nel messaggio di San Silvestro strida con l’eventualità di nuove elezioni, al di là delle minacce dello stesso Colle fatte arrivare in queste settimane.

Nella rosa di premier del leader di Italia Viva c’è tutto e il contrario di tutto. Il primo nome, infatti, è quello di Mario Draghi, l’ex presidente della Bce invocato cotidie come una divinità da élite e parti della destra. Lo schema Draghi, terzo scenario, dovrebbe essere l’esca per un governissimo, attirando sia l’ultraottuagenario Silvio Berlusconi, sia la Lega di Salvini & Giorgetti. Detto di Draghi, l’azzardo renziano potrebbe anche contenere l’ipotesi Luigi Di Maio, per proseguire l’esperienza di un governo politico con l’attuale maggioranza. L’ex capo dei 5S ha più volte smentito un suo coinvolgimento (“Quando il diavolo ti accarezza…”, ha detto) ma la dinamica delle consultazioni è sempre un fenomeno nuovo, che sovente azzera timori e veti iniziali.

Qualora però, al suo interno, il M5S non dovesse reggere un premier diverso da Conte, ecco che potrebbe concretizzarsi, quinto e ultimo scenario, la possibilità di un democratico a Palazzo Chigi. Nelle ultime ore, tra gli stessi dem governisti, sono due i nomi che girano con insistenza, entrambi di due ministri. Il primo è quello, scontato, di Dario Franceschini. Il secondo è quello di Lorenzo Guerini, titolare della Difesa e capo di una delle correnti più corpose del Pd, Base riformista. Cinque opzioni in teoria, tra rimpasto e crisi. Il Ventuno giallorosso comincia così.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/02/rimpasto-conte-ter-o-un-dem-premier-cosa-succede-se-ce-la-crisi/6053233/

Crisi di governo: i Responsabili di Conte sono pronti, ma senza un federatore. Maggioranza sul filo. - Giacomo Salvini

 

Parlamentarizzare la crisi, come intende fare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte per sfidare Matteo Renzi, significa una cosa sola: prendere in mano il pallottoliere e tornare a parlare di “responsabili”. Con questo apparentemente nobile aggettivo si intendono – dai tempi del 2011 quando Razzi, De Gregorio e Scilipoti salvarono il governo Berlusconi, anche se eletti con Di Pietro – quei parlamentari di opposizione che in caso di difficoltà della maggioranza accorrono per salvare il governo (e la propria poltrona).

Così, dopo l’Epifania, se Renzi dovesse aprire la crisi e il premier sfidarlo in Parlamento come nell’agosto 2019 con Matteo Salvini, l’ultimo bollettino da Palazzo Madama registrerebbe un gruppetto di 9-10 senatori pronti a salvare la maggioranza giallorosa e disinnescare i renziani che voterebbero la sfiducia. Problema: al momento la pattuglia di “responsabili per Conte” non ha una guida, un federatore in grado di dare una strategia. E ad ammetterlo è Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella: “Le voci ci sono ma non c’è niente di concreto” dice al Fatto. E allora potrebbe giocare un ruolo “Italia 23”, il sito registrato dall’ex FI Raffaele Fantetti che potrebbe mettere insieme centristi, ex berlusconiani e transfughi di M5S e Iv. A quel punto si aprirebbe un problema politico ma questa è tutt’altra storia.

Pallottoliere – In Senato, l’asticella da cui partire è 169, come i voti ottenuti a ottobre nel terzo scostamento di Bilancio a cui vanno aggiunti quattro senatori (due delle Autonomie e due del M5S) assenti perché in quarantena. La maggioranza assoluta in Senato è di 159 voti perché ai 315 senatori vanno aggiunti 2 senatori a vita su 6 (Monti e Cattaneo) che partecipano regolarmente alle sedute. Sottraendo a questi i 18 senatori di Italia Viva, la maggioranza parte da 151 voti. Vediamo da dove potrebbero arrivare gli 8 necessari a salvare il governo.

Maggioranza – La maggioranza, senza i renziani, può contare su 151 voti compatti: i 92 del M5s, 35 del Pd, 8 delle autonomie e 16 del gruppo Misto considerando ormai l’ex FI Lonardo e il senatore a vita Mario Monti.

Opposizione – L’opposizione invece, sulla carta, può contare su 149 voti: 63 dalla Lega, 19 da Fratelli d’Italia, 54 di Forza Italia e 13 del Misto che votano contro il governo. Ma qui iniziano le defezioni.

Il centrodestra – Un possibile aiuto potrebbe arrivare dai moderati di FI che non vogliono consegnare la leadership a Salvini. Da questo gruppo, i “responsabili” potrebbero essere 4-5: i 3 dell’Udc (Antonio de PoliPaola Binetti e Maurizio Saccone) che il 9 dicembre hanno deciso di uscire dall’aula nel voto sulla riforma del Mes, ma anche un paio di forzisti tra cui Andrea Cangini. Così la maggioranza salirebbe a 155.

Italia viva – Secondo i rumors, almeno 5 senatori renziani su 18 sarebbero pronti a non seguire il leader in caso di crisi (Iv scomparirebbe dal Senato con le elezioni): i nomi che girano sono Giuseppe CuccaEugenio CominciniDonatella ConzattiLeonardo Grimani e Gelsomina Vono. Se anche solo tre decidessero di mollare Renzi si arriverebbe a quota 158, a un voto dal quorum.

Gruppo Misto – Nel Misto, a ballare sono cinque voti: i 3 di Cambiamo! (Gaetano QuagliarielloPaolo Romani e Massimo Vittorio Berruti) che più volte hanno ammiccato alla maggioranza e l’ex M5S Gregorio De Falco, che vota volta per volta i provvedimenti. Con tutti e quattro i voti, si arriverebbe a 162, senza i tre “totiani” a 159. Una maggioranza sul filo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/02/responsabili-pronti-ma-senza-federatore-maggioranza-sul-filo/6053231/

L’audio che incastra la lega sui 10 mln spariti. - Marco Grasso e Stefano Vergine

 

L’incontro avviene nell’estate del 2018 in un locale del centro di Bolzano, proprio mentre in Lussemburgo sono in corso le perquisizioni ordinate dalla Procura di Genova. Da mesi i media danno conto della caccia ai 49 milioni di euro della Lega. Una parte del tesoro scomparso dalle casse del partito, 10 milioni, sarebbe partito da una banca altoatesina, la Sparkasse, per essere investito nel Granducato e poi ritornare parzialmente in Italia. È questa l’ipotesi dei magistrati liguri che indagano per riciclaggio, ed è questo l’argomento al centro del colloquio, finora inedito, fra due ex manager di Sparkasse. Uno scambio da cui emerge preoccupazione a proposito di quanto stanno pubblicando i giornali in quei giorni: “È uscito fuori di tutto e di più. Il problema sono questi dieci milioni”. E ancora: “Lui mi diceva che li c’è un manager che è un leghista, uno della Lega, all’interno di… come si chiama, la società…”.

Il dialogo inedito.

A parlare è Sergio Lovecchio, 51 anni, fino al maggio del 2016 responsabile finanziario della cassa di risparmio di Bolzano. Dall’altro capo del tavolo c’è Dario Bogni, 60 anni, svizzero, ex capo della tesoreria di Sparkasse. Nel momento dell’intercettazione i due lavoravano fianco a fianco nella Euregio Plus Sgr Spa, società di gestione del risparmio controllata dalla provincia autonoma di Bolzano, retta da un’alleanza tra Svp e Lega. Durante l’incontro intercettato dagli investigatori i due manager mostrano familiarità con i vertici della politica locale: “Me l’ha chiesto Kompatscher – dice Lovecchio a Bogni parlando di altre vicende bancarie – ma lui si imbarazza per queste cose”. Il riferimento è al governatore del Trentino-Alto Adige Arno Kompatscher, artefice del ribaltone che ha portato il partito autonomista Svp a tradire l’alleanza di centrosinistra per andare al governo della Regione insieme alla Lega.

Quanto a Bogni, secondo gli investigatori avrebbe avuto un ruolo operativo nel trasferimento dei 10 milioni di euro di Sparkasse: “Il problema – dice lo svizzero – è questo… è uno… il collegamento… il collegamento è questo Brandstätter (attuale presidente di Sparkasse, ndr)”. Il dialogo risale al 18 settembre del 2018 e viene captato da una registrazione ambientale dei carabinieri del Ros di Bolzano. I militari in quel momento stanno indagando sulle presunte malversazioni nella gestione della cassa di risparmio altoatesina. Molti accenni di quella conversazione interessano però la Procura di Genova, che a sua volta, con il coordinamento del procuratore aggiunto Francesco Pinto, sta cercando le prove del collegamento tra i 10 milioni di euro e la Lega. Per questo l’audio viene trasmesso ai magistrati liguri.

L’affare lussemburghese.

Ad accendere i fari sull’affare lussemburghese sono varie coincidenze. La prima è che il Carroccio, nel gennaio del 2013, aveva aperto un conto corrente alla Sparkasse depositando in tutto una decina di milioni di euro tra liquidità e titoli finanziari: quel deposito viene svuotato nel giro di sei mesi, fino ad essere chiuso. Tre anni più tardi, nel 2016, su un conto deposito detenuto da Sparkasse in Lussemburgo, presso la banca privata Edmond de Rotschild Asset Management, viene accreditato un investimento di un ammontare molto simile: 10 milioni di euro. Soldi che Sparkasse ha sempre rivendicato come propri e non riconducibili alla Lega.

“Sergio, Sergio – dice ancora Bogni – ma ti rendi conto che puoi dire che nel 2014, nel 2016, il bilancio della banca era falso? Tu quei fondi li hai messi dentro come fondi di proprietà. Se viene fuori che non lo sono vuol dire che il bilancio è falso”. “Ma no, sono di proprietà”, lo rassicura Lovecchio. E ancora Bogni: “Per chiudere un po’ il cerchio quella roba qua è cresciuta su una serie di coincidenze strane, non c’è niente da nascondere, è un investimento normale. Almeno io per la parte della banca… perché alla fine mi è venuto un po’ il dubbio…”.

Un ulteriore elemento considerato sospetto dai pm è la richiesta di rientro in Italia di 3 milioni di euro dell’investimento iniziale, che avviene a gennaio del 2018, in prossimità di due eventi ritenuti significativi dagli investigatori. Primo: il sequestro dei conti leghisti, che ammonta proprio a 3 milioni di euro e avviene nel settembre del 2017. Secondo: le elezioni politiche del marzo 2018. Insomma, il sospetto degli investigatori è che la Lega, per ripianare i 3 milioni venuti a mancare a causa del sequestro giudiziario, abbia riportato in Italia un ammontare equivalente parcheggiato segretamente in Lussemburgo un paio di anni prima. Soltanto un’ipotesi, per ora.

Di certo, uno degli operatori bancari coinvolti nell’operazione di rientro dal Granducato all’Italia dei 3 milioni ha segnalato quella movimentazione come operazione sospetta alla sezione antiriciclaggio della Banca d’Italia. “L’ha segnalata qualcuno, qualche coglione della Rothschild, che è la banca depositaria – sbotta Bogni con Lovecchio – non so per quale motivo quando sono entrati non li hanno segnalati e quando quest’anno hanno fatto il rientro dei 3 milioni… bam… A noi ci sbattono fuori dalle banche dalla sera alla mattina. Ti dicono: ‘Questo qua? Mah, non ci piace…’. Ne hanno beccato uno a Panama nel 2004, un banker che conosco, guadagna un milione e mezzo di dollari l’anno… C’erano italiani, con tutta la fabbrica… basta, compliance, e via tutto…”. E, ritornando all’investimento di Sparkasse: “Qui ha visto i 3 milioni, qualcuno da Rotschild ha visto che mancavano documenti… Magini mi rompeva le balle e continuava a dirmi: ‘Certo che è una serie di coincidenze strana…’. Si sapeva da giugno che avrebbero chiesto una rogatoria e sono andati lì alla…”. “Stamattina, sarebbe ieri?”, domanda Lovecchio. “Lunedì e martedì”.

I due, più in generale, sono preoccupati da problemi giudiziari: “I miei avvocati – prosegue Lovecchio – mi hanno detto: “Che cazzo vuoi fare, vai lì e non dire un cazzo… se tu fai l’informatore sei un coglione, questo è il messaggio”.

L’avvocato Aiello: il ruolo.

Ma ritorniamo a quel riferimento, al presidente della banca Gerhard Brandstätter, nominato al vertice di Sparkasse nel 2014. Il “collegamento” che sembra impensierire il broker Bogni è quello con il socio con cui Brandstätter ha condiviso per anni uno studio legale a Milano: Domenico Aiello, avvocato di fiducia dell’allora segretario federale della Lega e poi presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni. “Credo che sia ancora con Aiello, in quello studio a coso, a Milano”, dice Lovecchio a Bogni riferendosi a Brandstätter. Di certo, al di là del colloquio intercettato, gli incroci tra Aiello, Brandstätter, Sparkasse e la Lega sono parecchi. Nel 2013, quando il Carroccio aveva un conto corrente attivo presso Sparkasse, il partito era difeso dallo studio legale Aiello-Brandstätter. Lo stesso Aiello, fino all’inizio del 2015, ha presieduto l’organismo di vigilanza della banca altoatesina. E Maroni, oltre ad aver scelto lo studio Aiello-Brandstätter come difensore della Lega, quando nel 2018 ha lasciato il Pirellone per tornare alla sua antica professione, l’avvocatura, ha ricominciato ad esercitare proprio nello studio di Aiello.

Contattata dal Fatto, Sparkasse ha fatto sapere che “la banca ha già fornito alla magistratura la propria posizione in proposito, per chiarire l’assenza di comportamenti illeciti o di connessioni con persone sottoposte ad indagini. L’operazione di investimento in Lussemburgo, di cui si sono occupati i media, è stata un’operazione svolta dalla banca per proprio conto, e non per conto di clienti, come normale investimento di tesoreria della banca stessa ed ha fornito ampie evidenze documentali in proposito alla magistratura”.

Brandstätteter ha sempre detto di non aver “mai saputo che la Lega avesse aperto un conto presso Sparkasse, se non ex post”. Ieri la banca ha aggiunto che “negli anni 2013/2016” Brandstätter “ha avuto semplicemente un’associazione professionale con l’avvocato Aiello, conosciuto per precedenti esperienze professionali, che era basata su una mera collaborazione tra le attività svolte dallo studio di Bolzano per quanto riguarda interessi in provincia di Milano di propri clienti”. Per quanto risulta al Fatto, nessuna delle persone citate in questo articolo è indagata dalla Procura di Genova.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/02/laudio-che-incastra-la-lega-sui-10-mln-spariti/6053239/

A che punto è la notte. - Marco Travaglio

 

Lo stupore per il record di ascolti di Mattarella è ampiamente esagerato, visto che eravamo tutti chiusi in casa. Ma accanto a chi cercava un po’ di compagnia almeno in tv o attendeva i televeglioni, c’era anche chi sperava di capire qualcosa sulle sorti del governo. A parte l’Innominabile e la sua masnada di irresponsabili, infatti, anche il leghista o il meloniano più sfegatato trasecola all’idea che il governo cada ora, coi vaccini da fare e il Recovery plan da presentare, o che si ipotizzi un assembramento generale alle urne con la terza ondata di Covid alle porte. Il capo dello Stato non poteva sostituirsi al Parlamento nemmeno ora che siamo sospesi fra “angoscia e speranza”. Ma qualcosina più dei messaggi sottovuotospinto degli anni scorsi l’ha detta. Non quando ha confermato che si vaccinerà (e che doveva fare: iscriversi ai No Vax?). Ma quando ha respinto i catastrofismi da “Covid governo ladro” (“Ho ricevuto in questi mesi attestazioni di apprezzamento e di fiducia per il nostro Paese da tanti capi di Stato di paesi amici”). E quando ha ricordato che “i prossimi mesi sono un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni” e quindi guai a “perdere tempo”, a “sprecare energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte”.

Indovina indovinello: chi è che spreca energie per inseguire illusori vantaggi di parte? Naturalmente il destinatario ha subito finto di non sentire e c’è da aspettarsi che presto mandi il governo a gambe all’aria, o almeno ci provi. Non perché, come dice chi la sa lunga, “si è spinto troppo oltre e rischia di perdere la faccia” (quella rischia di perderla solo chi ne ha una). Ma perché, anche a volerne pensar bene, è della stessa specie dello scorpione che si suicida pungendo la rana che lo traghetta sul fiume e confessa: “È la mia natura”. Non sarà un monito d’inizio anno a fermarlo. E nemmeno le eventuali concessioni dell’ennesima bozza di Recovery che Conte, Gualtieri e Amendola stanno preparando dopo gli incontri con i partiti giallorosa. Il premier fa bene a levargli ogni alibi, perché sia chiaro a tutti chi avrà scatenato la crisi. Ma la crisi ci sarà, anzi c’è già. Se Messer Due Per Cento non avrà il coraggio di ufficializzarla, dovrà farlo Conte, se è vero che non vuole “galleggiare” tra un ricatto e un penultimatum, portando subito il Recovery in Parlamento. E dovranno farlo M5S, Pd e LeU, presentando una mozione di fiducia per stanare gli irresponsabili di Iv e gli eventuali “responsabili”. Cioè quanti preferiscono questo governo alle elezioni o al caos, purché non chiedano in cambio null’altro che conservare il seggio sino alla scadenza della legislatura. Cioè lo facciano gratis.

Foto da: http://fablesfairytalesandsocialjustice.weebly.com/index.html

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/02/a-che-punto-e-la-notte-2/6053228/