Più commissari che sindaci: tutto è finito. Nuvoletta e Bardellino clan dopo clan, anno dopo anno, la città è stata dissanguata: l’acqua che manca, i bus fermi, le luci spente, le strade bucate.
Prima è stata chiusa la mensa scolastica, poi ha iniziato a singhiozzare l’acqua potabile. Poi le strade si sono spente, ed è venuto il buio. Infine i bus: finito il gasolio, finite le corse. Marano è una specie di Napoli 2, ma senza le bellezze di Napoli, senza i talenti di Napoli, senza i colori, l’arte, la musica di Napoli.
È come se ne avesse colto, fior da fiore, solo i difetti, e avesse conquistato il cuore dei malandrini fino a divenirne un po’ la capitale.
Marano non è una città, ma un’escrescenza di Napoli. Qui le famiglie in cerca di un alloggio più economico e magari di una vita più quieta si sono dirette – inconsapevoli del trauma – dopo il 1980, l’anno che dà avvio all’età della transumanza seguita al terremoto che devastò la metropoli partenopea.
Appena oltre la collina dei Camaldoli, nella discesa che poi porta alla piana di Giugliano, Marano si è gonfiata fino a divenire una città di sessantamila abitanti. Sembrava un posto tranquillo e nessuno approfondiva i motivi. In effetti qui non si rubava, non si spacciava droga, c’era un ordine nel disordine perché il padrone, cioè la famiglia Nuvoletta, cioè il clan di elevatissimo spessore criminale e perciò l’unico ad essere associato, con benemerenza, nella cupola di Cosa nostra, esigeva silenzio negli affari e pulizia chirurgica nelle vendette e nei repulisti. Cento morti in un trentennio, ma uccisi senza schizzi di sangue sulle vetrine di corso Italia, la strada del centro del centro, intorno a cui tutto ruota, senza bossoli sull’asfalto, senza scooteroni esagerati guidati dalle truppe d’assalto: “Nessuna baraonda per le strade, nessuna stesa. Morivano fra loro, diciamo”, racconta Andrea Caso, deputato 5Stelle che qui è eletto. Un centinaio di ammazzati. E che sarà mai?
Dopo i Nuvoletta sono giunti i Polverino e dopo i Polverino gli Orlando. Clan dopo clan, anno dopo anno, la città è stata piano piano dissanguata ed è infine perita sotto i colpi della criminalità costituita a Stato, riverita e persino rappresentata nel Consiglio comunale. E così non solo i servizi essenziali sono finiti, l’acqua che manca, i bus fermi, le luci quasi spente, le strade bucate, le scuole senza mensa. Non solo tutto questo. Marano infatti appare oggi un unico volume urbano senza cuore né luce, un enorme cubo di cemento, una non città. Pare semplicemente un gonfiore dello stomaco di Napoli.
“Avemmo la fortuna di poter ottenere un collegamento con Napoli su ferro, il microtram, che avrebbe tolto dalle lamiere di auto incolonnate da mattina a sera un sacco di gente. I poteri forti, quelli oscuri e obliqui si opposero”, ricorda Domenico Rosiello, narratore locale delle cronache dei malandrini eterni. “Guarda là, vedi quei palazzi? Furono costruiti nei luoghi in cui doveva sorgere la strada ferrata, edificati in modo che non ci fosse più il corridoio utile, e tutto è finito”, spiega Caso. Addio tram, addio bus. O incolonnati o niente.
Tutto è finito perché la criminalità si è fatta Stato deliberando le sue scelte urbanistiche e qui ha infatti anche corso alle elezioni. Criminalità associata, o solo amica, o parente o cliente. Criminalità, diciamo così, di centrodestra e centrosinistra. Criminalità turbo amministrativa, civica e laica. Marano ha subìto negli anni quattro scioglimenti del Consiglio comunale, l’ultimo a luglio scorso in ragione del fondato sospetto che l’amministrazione guidata da Rodolfo Visconti, eletto anche grazie ai voti del Pd, fosse infiltrata dalla camorra, si fosse piegata alla camorra. E Visconti era stato chiamato al municipio dopo un commissariamento prefettizio che aveva divelto l’amministrazione precedente, questa volta a trazione centrodestra (vice sindaco un’esponente di Fratelli d’Italia).
“Marano è questa qua, schiava del crimine, esposta alle bande, insolentita dalla violenza. Marano è una città con una democrazia indigente, ingracilita dalle percosse che ha subito. La gente si è acclimatata alla legge dei fuorilegge soprattutto per paura che pure è un sentimento umano, comprensibile. E ha lasciato sopraffarsi. Io non mi sono arresa e domani proviamo a scendere in piazza, a far vedere che esiste un profilo civile, una integrità nascosta ma non assente. C’è tanta gente perbene”. È Stefania Fanelli, cassiera all’Ikea a 24 ore settimanali (“guadagno ottocento euro al mese, al di sotto del minimo vitale, ma resisto”) a capeggiare il principio di rivolta civile, a provare, e oggi si vedrà se la piazza sarà riempita, che c’è voglia di conquistare speranza, di chiedere che il diritto non divenga un sempiterno rovescio.
Marano in effetti è il centro di gravità permanente della perdizione. Anche se non sembra, perché è brutta il giusto, cioè né più né meno di tante altre città cresciute nel disordine, e la violenza si sente ma non si vede, è l’obelisco intorno al quale ciascuno ha esibito i suoi trofei. Sciolta l’amministrazione di Marano? Ma sciolta (nel 2018) anche quella di Calvizzano, che gli sta di fronte, e quella di Giugliano (anno 2013) che gli sta di fianco, e quella di Villaricca (1993 e 2021), all’altro lato e quella di Sant’Antimo (nel 1991 e ancora l’anno scorso) e poi quella di Quarto (1991 e 2013).
Più commissari che sindaci, nella grande piazza del crimine che è questo esubero di Napoli, uno sfogo della città verso la piana che qui ha trovato sabbia buona e calcestruzzo, il business elettivo della dimensione industriale criminale. “Con i Nuvoletta a Marano non si poteva distribuire droga, non si spacciava. Il capo clan voleva che la sua città fosse vergine da questo punto di vista”, ricorda il deputato grillino.
Lo spaccio è stato assente per qualche anno, però purtroppo anche le fogne, che a differenza della cocaina e dell’eroina, non si sono mai più viste. Dice Domenico: “Un buon sessanta per cento del territorio sversa nei pozzi, e non è difficile immaginare in quali condizioni sia il sottosuolo tra discariche abusive e autorizzate, fogne bianche e fogne nere”.
Marano di sopra e di sotto. Solenne, triste e dimenticata testimonianza del crimine al governo.