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giovedì 9 dicembre 2021

La pulce e l’elefante. - Marco Travaglio


Una delle migliori tecniche di disinformazione è quella di ingigantire le notizie marginali per minimizzare quelle fondamentali. Infatti si fa un gran vociare – come se ne andasse delle sorti del centrosinistra e del Quirinale – sul no di Conte alla candidatura a Roma-1, gabellato per un voltafaccia o financo una fuga del leader di partito più popolare d’Italia per paura di due noti frequentatori di se stessi. Un monumentale chissenefrega, tanto più che Conte non ha mai detto di sì e, dopo averci riflettuto, ha declinato come già aveva fatto per le Suppletive a Sassari, Siena e Roma-Primavalle. Naturalmente la stessa canea impazzerebbe se avesse accettato: si direbbe che vuole arraffare l’ultimo treno per garantirsi 15mila euro al mese, con annessa immunità dall’arresto e dalle intercettazioni. Invece, dopo il rifiuto, nessuno segnala l’anomalia di un politico che non cerca immunità né soldi, anzi non vede un euro da otto mesi (non ha riaperto lo studio legale per evitare conflitti d’interessi ed è in aspettativa dall’università), né lo vedrà fino alle elezioni: fa politica gratis.

Ieri intanto il nostro sito raccontava uno scandalo gigantesco: l’ex senatore FI Giancarlo Pittelli, ai domiciliari per concorso esterno in ’ndrangheta (ma tu guarda), scrive alla ministra FI Mara Carfagna per chiederle di “aiutarmi in qualunque modo”. E torna in carcere perché non poteva comunicare con nessuno, salvo i familiari conviventi. Nella lettera, oltre ai consueti insulti agli inquirenti, che sono una specialità della casa (“sono un innocente finito nelle grinfie di folli”, cioè di Gratteri che “manipola” intercettazioni e inventa “accuse folli” e di giudici “asserviti”), il galeotto annuncia alla ministra: “Stiamo preparando un’interrogazione parlamentare che Vittorio Sgarbi proporrà quale primo firmatario. Piero Sansonetti, che non mi ha mai abbandonato, conosce tutti gli atti e i particolari dell’inchiesta”. Cioè: il detenuto sospettato di ’ndrangheta prepara un’interrogazione che un deputato-postino (Sgarbi: ma tu pensa) presenterà come farina del suo sacco e i soliti trombettieri rilanceranno in edicola. Gran finale: “Per eventuali comunicazioni ti lascio il recapito di mia moglie…. Le tue telefonate come ben sai sono tutelate ex articolo 68…”. Cioè chiede a una ministra – suscitandole prevedibile imbarazzo e forse anche un po’ d’inquietudine – di chiamarlo sul numero della moglie, così né lei né lui saranno intercettabili. Di qui il riarresto, perché – scrive il giudice di Vibo Valentia – Pittelli vuole “instaurare contatti” per “incidere sul regolare svolgimento del processo”. Cose che accadono quando si manda al governo la Banda B. e, soprattutto, si medita di lasciarla lì anche in futuro.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/12/09/la-pulce-e-lelefante/6419495/

martedì 2 giugno 2020

Forza Italia, l’ex parlamentare Pittelli intercettato: “Tremonti prendeva 5 milioni a emendamento”. - Lucio Musolino

Forza Italia, l’ex parlamentare Pittelli intercettato: “Tremonti prendeva 5 milioni a emendamento”

“Noi lavoravamo. Io, Pecorella (Gaetano l’ex deputato, ndr) e altri lavoravamo fino alle 4 di mattina”.
“E quelli coglionavano… e sì, eh”.
“Hai capito?… Facevano i soldi questi”.
Quando parla l’avvocato Giancarlo Pittelli, il principale indagato dell’inchiesta “Rinascita-Scott”, spesso fa riferimento al periodo in cui è stato parlamentare di Forza Italia. In più di un’intercettazione finita nel fascicolo della maxi-operazione, Pittelli tira in ballo Giulio Tremonti, l’ex ministro dell’Economia nei vari governi Berlusconi.
Oggi il penalista è accusato di essere il massone al servizio del boss Luigi Mancuso e un concorrente esterno della ’ndrangheta di Limbadi. Ma dal 2001 al 2013 ha frequentato la politica che conta: è stato deputato, senatore e poi di nuovo deputato. Dodici anni vissuti tra Roma, sempre in contatto con i vertici di Forza Italia, e Catanzaro dove continuava a svolgere la sua professione e dove organizzava cene cui accorrevano anche magistrati e colonnelli dei carabinieri. Il trait d’union era sempre lui: Giancarlo Pittelli che i pm, guidati dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, definiscono “la cerniera tra i due mondi” in una “sorta di circolare rapporto ‘a tre’ tra il politico, il professionista e il faccendiere”.
Oltre a boss, ufficiali dell’Arma, magistrati e politici, nella sua rete di relazioni c’erano diversi imprenditori. Ad alcuni ha proposto di entrare nel cosiddetto “affare Copanello”, il progetto di un complesso alberghiero che doveva sorgere in una frazione del Comune di Stalletì (Catanzaro): due ettari e mezzo di terreno che Pittelli, anni prima, aveva tentato di vendere a un costruttore presentatogli da un “generale della Guardia di finanza di Torino”.
L’affare sfumò e su quel terreno l’ex senatore si è ritrovato un’ipoteca di un milione di euro. Il 12 maggio 2018 organizza un pranzo, al ristorante “La Perla” di Soverato, con alcuni imprenditori interessati all’acquisto. A quel tavolo si parla anche di politica. Il trojan inoculato nel suo cellulare fornisce agli inquirenti numerosi aneddoti di palazzo e racconti inediti sui suoi anni da parlamentare. Pittelli si sfoga con Marcella Tettoni, consigliere comunale di Pisano, in provincia di Novara, arrivata a Catanzaro come amministratrice di diverse aziende nel Nord Italia: “Ti posso raccontare soltanto – sono le parole di Pittelli – che quando io stavo in Parlamento e noi votavamo le leggi… c’era Tremonti che si faceva pagare gli emendamenti, lo sai… Non lui direttamente, ma Milanese”.
Nelle carte dell’inchiesta “Rinascita” non compare il nome per intero e forse sarà un’altra Procura a valutare se il Milanese, indicato da Pittelli come longa manus di Tremonti, sia quel Marco Milanese consigliere e braccio destro dell’ex ministro dell’Economia. Lo stesso che nel 2018 in Cassazione ha ottenuto la prescrizione dopo la condanna a 2 anni e 6 mesi di carcere per traffico di influenze sul Mose di Venezia.
Un mese dopo il pranzo a Soverato, Pittelli torna a parlare di Tremonti. Lo fa con i boss Luigi Mancuso e Saverio Razionale durante un incontro che lo stesso avvocato ha definito un “summit”. Al mammasantissima di Limbadi e al capo locale di San Gregorio d’Ippona, il 12 giugno 2018 Pittelli spiega quanto è stato faticoso il ruolo di parlamentare di Forza Italia: “Lavoravamo fino alle 4 di mattina…”. Non era così per tutti: altri “facevano i soldi… Hanno fatto i soldi con… Tremonti si prendeva…”. “Quel cornuto – lo interrompe il boss Razionale – è uno scemo”. Pittelli ci tiene a finire il concetto sull’ex ministro: “Si prendeva 5 milioni a emendamento”.
Raggiunto telefonicamente, Tremonti si mette a ridere. Gli chiediamo un commento e torna subito serio: “Cosa vuole che le dica? Pittelli dice che ho preso 5 milioni a emendamento. Farò una citazione e richiesta di risarcimento danni nei suoi confronti. Mi ha dato una buona idea. Applicherò la stessa tariffa che mi accusa di avere adottato per gli emendamenti: gli chiederò 5 milioni di euro che poi devolverò per la lotta al Covid-19”.