mercoledì 19 gennaio 2022

Covid, reparti in affanno, liste di attesa fino a 12 mesi e interventi rinviati. Nel Lazio la quarta ondata manda in tilt la sanità pubblica. - Luisa Monforte


 

"In tutti gli ospedali pubblici romani si sono ridotte le attività per le patologie non urgenti, il personale infermieristico viene dirottato sulle vaccinazioni e sull'assistenza ai malati Covid" spiega Guido Coen Tirelli, primario di Otorinolaringoiatria al Sant'Eugenio di Roma e segretario del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed del Lazio.

Posti letto insufficienti, liste di attesa che arrivano fino a un anno per le patologie non urgenti, reparti in affanno, ambulanze a singhiozzo, personale per le pulizie insufficiente: la quarta ondata Covid sta mandando in tilt la sanità pubblica nel Lazio. L’allarme arriva dai medici, ma anche dagli infermieri e altri operatori del settore. “Questa quarta ondata per fortuna non è grave come la prima ma ha un impatto uguale sugli ospedali e sulla popolazione”, racconta Guido Coen Tirelli, primario di Otorinolaringoiatria al Sant’Eugenio di Roma e segretario del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed del Lazio. Raggiunto telefonicamente da ilfattoquotidiano.it, Coen Tirelli spiega che “in tutti gli ospedali pubblici romani si sono ridotte le attività per le patologie non urgenti, il personale infermieristico viene dirottato sulle vaccinazioni e sull’assistenza ai malati Covid”.

Per fare qualche esempio: all’ospedale Sant’Eugenio di Roma in tempi pre-pandemia la chirurgia effettuava otto sedute al giorno, oggi ne riesce a garantire due. I tempi per le visite specialistiche, in tutti i nosocomi pubblici, si sono notevolmente dilatati e ci sono attese che sfiorano gli 8 o i 12 mesi. E slittano, dai tre ai sei mesi, le attese per le operazioni chirurgiche non urgenti. Nei pronto soccorso le ambulanze vanno incontro a blocchi del servizio. Secondo quanto rilevato dalla Fp Cgil di Roma e del Lazio si sono registrati su base regionale picchi giornalieri anche di 50 ambulanze ferme più del dovuto all’ingresso degli ospedali, perché non potevano rilasciare i pazienti a causa del sovraffollamento.

La situazione di crisi investe “tutti, dal San Filippo Neri al Santo Spirito, tutti gli ospedali a conduzione pubblica stanno subendo un sovraccarico per i pazienti Covid e di conseguenza c’è una difficoltà pazzesca negli ospedali pubblici a trattare le patologie non urgenti”, aggiunge Coen Tirelli. “Ci sono intere aree di ospedali completamente ferme, sono quelle destinate a patologie non urgenti. E nelle aree chirurgiche si lavora a scartamento ridotto, mancano i posti letto per i malati che non siano Covid e nelle sale operatorie si lavora di meno perché manca sia il personale infermieristico, sia gli anestesisti, dirottati in altre attività per fronteggiare l’emergenza Covid”, sottolinea il medico. Le difficoltà riguardano soprattutto le chirurgie, quindi le operazioni di routine, come asportazioni della colecisti, delle tonsille o dell’appendice, ovvero patologie che non mettono in pericolo la vita del paziente ma possono diventare gravi se rinviate troppo a lungo. “Per una colecisti si può arrivare ad aspettare anche tre o quattro mesi a oggi”, dice Coen Tirelli.

E per effetto del sovraffollamento sono aumentati anche i carichi di lavoro per la pulizia nei reparti Covid, con un conseguente rallentamento del servizio negli altri reparti. “È fisiologico che in questo momento la maggior parte del personale per le pulizie sia impiegato nei reparti Covid. Le aree Covid e i pronto soccorso li chiamiamo zone rosse, insieme alle sale operatorie: c’è da lavorare in continuazione, con ritmi e orari notevolmente intensificati, perché oltre alla pulizia ordinaria dobbiamo svolgere le sanificazioni. Tutto questo mentre il numero di persone impiegate e il monte ore richiesto è sempre lo stesso, se non addirittura diminuito come è stato proposto nella Asl Roma 5″, racconta Dhaou Yahyaoui della Filcams Cgil.

In alcune strutture il maggior carico di lavoro si è tradotto in una insufficienza di dispositivi di protezione. “Il personale che fa le pulizie, composto per la maggior parte da donne sui 50 anni, anche in strutture importanti, come l’Umberto I di Roma, si trova spesso sprovvisto di mascherine, gel e guanti: devono andare a chiederli al capo sala di turno, perché quelli previsti per dotazione ordinaria non sono sufficienti”, aggiunge Yahyaoui.

Uno scenario che a breve termine rischia di ampliare il divario tra pubblico e privato, e sul lungo periodo potrebbe acuire le disuguaglianze nell’accesso alle cure: tema su cui le istituzioni, a partire dal governo, hanno promesso di intervenire facendo leva sui fondi del Pnrr in arrivo. Tuttavia il percorso è in salita nel Lazio dove, prima della pandemia, dopo dieci anni di commissariamento, il sistema sanitario regionale scontava già una carenza notevole di personale a causa del blocco del turn over: le aziende ospedaliere potevano assumere soltanto il 10 per cento del totale del personale in uscita, fuori cento e dentro 10, insomma. Così il quadro attuale vede una carenza su tutto il territorio regionale “di circa 10mila unità tra medici, infermieri, sanitari e amministrativi”, racconta Massimiliano De Luca, responsabile comparto Sanità Fp Cgil Roma e Lazio che rappresenta infermieri, operatori del settore e amministrativi. “Ne mancano altre 3.500 se davvero si vogliono attuare i progetti che si pensa di realizzare con i fondi del Pnrr, a partire dalle case della salute”, aggiunge.

Con la pandemia, a partire da marzo del 2020, nel sistema sanitario del Lazio sono state innestate circa 4mila nuove unità “ma si tratta di personale a tempo determinato e in scadenza che andrebbe stabilizzato subito, considerato anche che la nuova legge di bilancio ne favorisce l’assunzione dopo 18 mesi, superando il limite dei 36 mesi fissato dalla legge Madia. Inoltre bisogna sbloccare immediatamente nuove assunzioni”, chiosa. Non soltanto, uno dei temi su cui è fondamentale intervenire secondo il sindacato è il tetto di spesa per il personale imposto alle strutture ospedaliere pubbliche: misura che crea la principale differenza nella riduzione dei tempi di attesa tra pubblico e privato, poiché le strutture private possono fare infornate di assunzioni e reperire quindi forza lavoro senza limiti a differenza di quelle pubbliche. “È qualcosa su cui si deve iniziare a ragionare e ad agire a livello di governo nazionale – conclude De Luca -, la pandemia ha mostrato che in sanità non si può più pensare che gli ospedali pubblici abbiano tetti di spesa per il personale”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/19/covid-reparti-in-affanno-liste-di-attesa-fino-a-12-mesi-e-interventi-rinviati-nel-lazio-la-quarta-ondata-manda-in-tilt-la-sanita-pubblica/6460593/

Berlusconi - Loggia P2

 

P2 (acronimo di Propaganda due, fondata nel 1877 con il nome di Propaganda massonica),[1] fu un’associazione a delinquere e loggia della massoneria italiana aderente al Grande Oriente d'Italia (GOI).
Fondata nella seconda metà del XIX secolo, venne sciolta durante il ventennio fascista e poi ricostituita alla fine della seconda guerra mondiale; nel periodo della sua conduzione da parte di Licio Gelli assunse forme deviate rispetto agli statuti della massoneria ed eversive nei confronti dell'ordinamento giuridico italiano. Fu sospesa dal GOI il 26 luglio 1976[2]; successivamente, la Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2 sotto la presidenza dell'onorevole Tina Anselmi concluse il caso P2 denunciando la loggia come una vera e propria «organizzazione criminale»[3] ed «eversiva», venendo sciolta definitivamente nel 1982.[4]
- (Silvio Berlusconi è sceso in politica con successo, conseguendo quattro volte la Presidenza del Consiglio nel corso di quindici anni).
Sandro Pertini dichiarò: «Nessuno può negare che la P2 sia un'associazione a delinquere»
Secondo la rivista americana Forbes, con un patrimonio personale stimato in 7,3 miliardi di dollari USA (circa 6 miliardi di euro), Berlusconi è, nel 2021, il sesto uomo più ricco d'Italia e il 318º più ricco del mondo.[9] Nel 2009, Forbes lo ha classificato 12º nella sua lista delle persone più potenti del mondo per il ruolo assunto nella politica italiana.[10]
È stato imputato in oltre venti procedimenti giudiziari. Nel 2013 è stato condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione e all'interdizione ai pubblici uffici per due anni per frode fiscale,[11] decadendo quindi da senatore e cessando di essere un parlamentare dopo quasi vent'anni di presenza ininterrotta nelle due camere[3] (dall'aprile 1994 al novembre 2013).
Per avviare la sua attività imprenditoriale nel 1961 nel campo dell'edilizia Berlusconi ottenne una fideiussione dalla Banca Rasini, indicata da Michele Sindona e in diversi documenti della magistratura come la principale banca usata dalla mafia nel nord Italia per il riciclaggio di denaro sporco e fra i cui clienti si potevano elencare Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pippo Calò.[152] Nella società fondata da lui e Pietro Canali impegnò 30 milioni di lire, provenienti, secondo quanto da lui affermato, dalla liquidazione anticipata di suo padre Luigi, procuratore della Banca Rasini. Il resto venne da una fideiussione fornita dalla stessa banca.[153]
Berlusconi, essendo iscritto alla loggia massonica Propaganda 2 di Licio Gelli,[163][164] aveva accesso a finanziamenti altrimenti inottenibili: la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2,[165] infatti, affermò, nella relazione di maggioranza firmata da Tina Anselmi, che alcuni operatori appartenenti alla Loggia (tra cui Genghini, Fabbri e Berlusconi), trovarono appoggi e finanziamenti presso le banche ai cui vertici risultavano essere personaggi inclusi nelle liste P2 "al di là di ogni merito creditizio".[166]
(Wikypedia)

martedì 18 gennaio 2022

Quirinale, chi è Silvio Berlusconi – Le sentenze in pillole.

 

Falsa testimonianza sulla P2. “Il Berlusconi ha dichiarato il falso… con dichiarazioni menzognere e compiutamente realizzato gli estremi obiettivi e subiettivi del delitto di falsa testimonianza” (sentenza definitiva di amnistia per falsa testimonianza sulla sua iscrizione alla loggia P2. Corte d’Appello di Venezia, 23 ottobre 1990).

Finanziamenti illeciti per 21 miliardi a Craxi. “Le operazioni societarie e finanziarie prodromiche ai finanziamenti estero su estero da conto intestato alla All Iberian al conto Northern Holding (di Bettino Craxi in Svizzera, ndr) furono realizzate in Italia dai vertici del gruppo Fininvest spa, con il rilevante concorso di Silvio Berlusconi quale proprietario e presidente” (sentenza definitiva di prescrizione per Berlusconi sui finanziamenti illeciti a Craxi nel 1990-’91, dopo la condanna in primo grado. Corte di Cassazione, 22 novembre 2000).

Corruzione del giudice per Mondadori. “Privato corruttore” (sulle tangenti pagate dagli avvocati Fininvest Cesare Previti, Attilio Pacifico e Giovanni Acampora al giudice Vittorio Metta, poi condannato con loro per la compravendita della sentenza che annullò il lodo Mondadori e consegnò a Berlusconi il primo gruppo editoriale italiano. Sentenza di prescrizione per Berlusconi della Corte d’Appello di Milano, confermata dalla Corte di Cassazione il 16 novembre 2001).

Corruzione giudiziaria del testimone David Mills. “Il fulcro della reticenza di David Mills, in ciascuna delle sue deposizioni (nei processi Guardia di Finanza e All Iberian, ndr) si incentra nel fatto che egli aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest, e non alla persona di Silvio Berlusconi, la proprietà delle società offshore, in tal modo favorendolo in quanto imputato in quei procedimenti… Si era reso necessario distanziare la persona di Silvio Berlusconi da tali società, al fine di eludere il fisco e la normativa anticoncentrazione, consentendo anche, in tal modo, il mantenimento della proprietà di ingenti profitti illecitamente conseguiti all’estero e la destinazione di una parte degli stessi a Marina e Pier Silvio Berlusconi” (sentenza di prescrizione, dopo due condanne per corruzione giudiziaria, a carico dell’avvocato David Mills, pagato da Fininvest 600mila dollari per testimoniare il falso su Berlusconi, anche lui in seguito prescritto. Corte di Cassazione, 25 febbraio 2010).

Frode fiscale sui diritti tv Mediaset. “Berlusconi fu l’ideatore e il beneficiario del meccanismo del giro dei diritti che a distanza di anni continuava a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende a lui facenti capo in vario modo… Il sistema organizzato da Silvio Berlusconi ha permesso di mantenere e alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere, conti correnti intestati ad altre società che erano a loro volta intestate a fiduciarie di Berlusconi… sistema che consentiva la disponibilità del denaro separato da Fininvest e occulto” (sentenza definitiva di condanna a 4 anni per le frodi fiscali da 368 milioni di dollari sui diritti Mediaset, di cui 7,3 milioni di euro sopravvissuti alla prescrizione. Corte di Cassazione, 1° agosto 2013).

Prostituzione di Ruby&C. “È acquisita la prova certa che, presso la residenza di Arcore di Silvio Berlusconi e nell’arco temporale… 14 febbraio-2 maggio 2010, vi fu esercizio di attività prostitutiva che coinvolse anche Karima El Mahroug” (sentenza definitiva di assoluzione, dopo la condanna in primo grado per concussione e prostituzione minorile. Corte di Cassazione, 10 marzo 2015).

Compravendita di senatori. “Nel giugno 2006 deve ritenersi avvenuta tra il Berlusconi e l’ex senatore Sergio De Gregorio una pattuizione, propiziata anche dall’intervento del Lavitola, nella quale, a fronte della promessa e della successiva erogazione di euro 3.000.000, era stata dedotta l’attività parlamentare del De Gregorio… (per) realizzare l’aspirazione del Berlusconi a far cadere il governo Prodi… Un vulnus all’immagine del parlamentare… idonea a inficiarne la correttezza e la dignità, a fronte dell’indebita retribuzione” (sentenza definitiva di prescrizione per Berlusconi, condannato in primo grado e prescritto in appello per aver corrotto il senatore Idv Sergio De Gregorio. Corte di Cassazione, 2 luglio 2018).

Patto mafioso e finanziamenti a Cosa Nostra. “Tra il 16 e il 29 maggio 1974 veniva concluso l’accordo di reciproco interesse tra Cosa Nostra, rappresentata dai boss mafiosi Stefano Bontate e Mimmo Teresi, e l’imprenditore Silvio Berlusconi, realizzato grazie alla mediazione di Dell’Utri… Prevedeva la corresponsione, da parte di Berlusconi, di rilevanti somme di denaro in cambio della protezione a lui accordata da parte di Cosa Nostra palermitana… Berlusconi aveva iniziato a corrispondere, a partire dal 1974, agli esponenti di Cosa Nostra palermitana, per il tramite di Dell’Utri, cospicue somme di denaro… Oggettiva prosecuzione sino al 1992 dei pagamenti effettuati da Berlusconi… a Gaetano Cinà, diretto emissario del capo del sodalizio mafioso, Salvatore Riina… Dell’Utri, assicurando un costante canale di collegamento tra i partecipi del patto di protezione stipulato nel 1974, protrattosi da allora senza interruzioni, e garantendo la continuità dei pagamenti di Berlusconi in favore degli esponenti dell’associazione mafiosa… ha consapevolmente e volontariamente fornito un contributo causale determinante… alla conservazione del sodalizio mafioso e alla realizzazione, almeno parziale, del suo programma criminoso… del suo rafforzamento e della sua espansione” (sentenza di condanna definitiva per Marcello Dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Corte di Cassazione, 9 maggio 2014).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/16/chi-e-silvio-berlusconi/6457539/

Meno peggio un corno. - Marco Travaglio

 

La variante più letale del Sars-Cov-B. si chiama TTB (Tutti Tranne B.”), detta anche MP (Meno Peggio): siccome rischiamo che al Quirinale ci vada B., sta passando l’idea che vada bene chiunque altro. Quindi dovremmo addirittura sperare, e poi rallegrarci, che il nuovo presidente della Repubblica sia Gianni Letta, o Pera, o Amato, o Casini, o Frattini, o la Moratti. Ora, che quest’idea malsana la diffondano B. e i suoi giannizzeri è comprensibile: tutti i soldatini suddetti si sono già mostrati capaci di tutto e nessuno si stupirebbe se lo risarcissero per il Colle mancato col Senato a vita. Ma la variante TTB/MP sta contagiando, con una rapidità che fa invidia a Omicron, il Pd di Letta (nel senso di Enrico) e l’ala dimaiana e poltronista dei 5Stelle. Tutta gente così distratta dai giochi di palazzo da dimenticare chi sono e cosa vogliono i suoi elettori. Il Fatto, nato 13 anni fa per restituire la memoria agli smemorati, conclude oggi la biografia di B. in 36 puntate. Ma inizia subito a narrare le gesta degli altri impresentabili che qualcuno tenta di riverginare col decisivo argomento che il Caimano sarebbe peggio.

In che senso, per dire, Gianni Letta sarebbe meglio di B., visto che dal 1987 è sul suo libro paga e nel cerchio magico del Biscione con Confalonieri e Dell’Utri? E che prima, per 15 anni dal 1973, era stato Ad e direttore del Tempo, uno dei quotidiani più servili (e più amati dalla P2) che la storia del giornalismo e del servilismo ricordi? In quella veste, nel 1984, fu coinvolto nello scandalo dei fondi neri dell’Iri, quando il presidente dell’Italstat Ettore Bernabei mise a verbale davanti a Gherardo Colombo: “Venne a trovarmi Gianni Letta, al quale consegnai 1,5 miliardi di lire in Cct, dietro promessa di appoggio alla politica economica di Italstat”. Letta ammise: “L’Iri pagava una campagna promozionale. Chi doveva dirci che i fondi erano neri?”. Peccato che a Bernabei quella campagna non risultasse: “Nulla so dell’effettiva utilizzazione da parte del Letta di Cct per 1,5 miliardi di lire”. Il processo traslocò da Milano a Roma e riposò in pace. Intanto Letta-Letta (come lo chiamava Sergio Saviane) era passato alla Fininvest: conduttore e vicepresidente, con delega alle “relazioni istituzionali” nei palazzi romani. Proprio negli anni della legge Mammì, imposta da Craxi & Andreotti per salvare il monopolio illegale del Biscione. Nel ’93 si beccò un avviso di garanzia dal Pool di Mani pulite per una mazzetta di 70 milioni di lire versata nel 1989, vigilia della “legge Polaroid”, al segretario del Psdi Antonio Cariglia. E confessò con la consueta precisione: “La somma fu da me introdotta in una busta e consegnata tramite fattorino”. Ma lo salvò l’amnistia. E poi l’amnesia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/18/meno-peggio-un-corno/6459344/

domenica 16 gennaio 2022

Ma non era lui il buono?. - Marco Travaglio

 

In attesa che B., il prossimo Capodanno, ci racconti a reti unificate la barzelletta della mela, dobbiamo accontentarci di quelle di Enrico Letta. “Sorpreso” e “deluso” per la candidatura al Quirinale del padrone di suo zio, spiega di non poterlo votare perché “è un leader di partito”, dunque “divisivo”, e invita Salvini e Meloni a levarlo di mezzo. Lui è fatto così: se, puta caso, assiste a una rapina in banca, chiama il 113 per denunciare alcuni divisivi in fuga. Del resto, se chiedete in giro un commento su B. al Colle, tutti vi risponderanno che sarebbero fieri di farsi rappresentare nel mondo da un vecchio puttaniere pregiudicato, che per vent’anni ha finanziato la mafia e frodato lo Stato per poi denunciarlo a Strasburgo perché tortura gli innocenti, ma purtroppo è un leader di partito, quindi è divisivo, dunque pazienza: meglio Vallanzasca, che non ha partiti quindi è unitivo. Ma ciò che più ci affascina è l’idea che debbano essere Salvini e la Meloni (o il suo impiegato Gianni Letta, il famoso capo della Resistenza interna) a liberarci del loro alleato ed ex premier per non “deludere” il Pd e i suoi derivati. Tipo Repubblica, che dopo 10 anni riesuma l’antiberlusconismo e tuona contro i “vassalli” Matteo e Giorgia. Come se toccasse a loro combatterlo. E come se non fosse stato Letta jr. nel 2013 a governare con lui.

A questo punto noi, gente semplice, rischiamo la labirintite. A furia di leggere i giornaloni e di ascoltare i pidini, avevamo capito che nel centrodestra il buono fosse B., noto “argine” moderato, liberale ed europeista contro i due cattivi sovranisti, populisti, fascisti, razzisti. Ce l’avevano spiegato De Benedetti, Scalfari, Folli, Franco, Veronesi (Sandro) e giù giù tutti gli altri, ben felici che B. desse una mano a lor signori nei governi Monti, Letta, Renzi. Un anno fa erano tutti intenti a riabilitarlo, nella speranza che salvasse l’Italia dal putribondo Conte, ma pure dagli orridi Salvini e Meloni, con la “maggioranza Ursula”: quella che nel 2019 aveva eletto la Von der Leyen alla guida della commissione Ue (M5S, Pd-Iv, LeU e FI). Poi agli Ursuli si aggiunse pure la Lega e nacque il governo Draghi, senza che nessuno – neppure Grillo – notasse nel Caimano-Psiconano la minima magagna. Ora, d’improvviso, gliele rinfacciano tutte. L’altra sera, nella telefiera del tartufo, c’era persino chi sprizzava sdegno per l’ex Cirielli sulla prescrizione, dopo aver massacrato per tre anni Bonafede che l’aveva rasa al suolo. Che ha fatto di male B. in così poco tempo? Semplice: Frankenstein s’è imbizzarrito ed è sfuggito al controllo di quanti si illudevano di usarlo, mentre è sempre stato lui a usare loro. Già nel 2011 diceva a Lavitola: “Me ne vado da questo paese di merda”. Lui l’aveva capito, gli altri no.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/16/ma-non-era-lui-il-buono/6457535/

Addio scheda bianca. Conte vuole un nome di “spessore morale”. - Tommaso Rodano

 

In cerca di un candidato di bandiera.

Per Giuseppe Conte è il momento più delicato da quando ha accettato di prendersi sulle spalle il Movimento 5 Stelle. La sfida Quirinale è dietro l’angolo e le difficoltà per l’ex premier nel tenere insieme le truppe di Camera e Senato sono ben note, con una settantina di parlamentari che ormai giocano una partita tutta loro, di pura sopravvivenza, pronti a ostacolare l’ascesa di Mario Draghi al Colle per scongiurare la fine anticipata della legislatura.

Conte ha bisogno di dare una direzione finalmente chiara al Movimento e anche ieri ha incontrato i suoi per aggiornare la strategia sul Quirinale. Durante la riunione si è soffermato a lungo sull’ipotesi Berlusconi, su cui pure alle prime battute aveva avuto qualche inciampo e timidezza, ma adesso pronuncia parole nette: “Una proposta irricevibile e improponibile – ha detto – che non è garanzia di unità nazionale. È fatta per dividere e spaccare il Paese proprio in un momento in cui abbiamo maggiore bisogno di coesione e del più ampio coinvolgimento”. Va da sé che ogni ipotesi di confronto con il centrodestra è destinata a cadere sul nascere, finché resta in piedi la candidatura vessillo del Caimano: “Il solo fatto di annunciarla produce l’effetto di compromettere un dialogo costruttivo con il centrodestra – il ragionamento dell’ex premier –.

Mancano pochi giorni alla prima votazione e il solo fatto di insistere su questa candidatura produce l’effetto di allontanare una soluzione di alto profilo, anche morale, ampiamente condivisa di cui c’è urgente bisogno”. Il dibattito asfittico sul Quirinale, secondo Conte, sta producendo a cascata una paralisi generale dell’attività politica e di governo: “Significa stallo sui ristori a chi è colpito dall’emergenza pandemica, stallo su interventi contro il caro bollette”. Un’immagine imbarazzante, per l’ex premier: “La gente in fila per i tamponi e la politica che si chiude per una settimana a fare di conto col telefono in una mano e il pallottoliere nell’altra? Noi non lo permetteremo”.

E invece non si esce da lì, da settimane l’opinione pubblica resta cristallizzata sul racconto della corsa al Colle dell’ex Cavaliere. Una corsa inverosimile, secondo Conte. E pure impopolare: “È un’opzione è fuori dalla realtà”, scandisce. “Fatevi un giro sui social, sulle bacheche dei quotidiani, nei commenti sotto gli articoli che facevano il punto sul vertice del centrodestra: è il Paese a respingere questa candidatura. Non solo il M5S. I cittadini dimostrano ancora una volta di essere un passo avanti rispetto alle tentazioni e rivendicazioni di Palazzo. Non mi stupisce che Berlusconi giochi legittimamente le carte a sua disposizione. Quello che stupisce, semmai, è che non sia chiaro che questa opzione è fuori dalla realtà”.

Il centrodestra però ha fatto il suo nome, almeno sulla carta. Nel centrosinistra invece la strategia non è per nulla chiara, tra fedeltà draghiane, invocazioni di Mattarella bis e minacce di Aventino. “Per noi la partita è diversa – ragiona Conte – è più complicata. La nostra scelta per il Quirinale parte da un’asticella alta: per noi un nome non vale l’altro. Il profilo che auspichiamo richiama coesione, unità ed etica pubblica. Siamo aperti al confronto per il bene dell’Italia: se fosse così anche per centrodestra il dialogo unitario delle forze politiche sarebbe oggi a uno stadio avanzato”.

L’ex premier insiste, nei suoi discorsi, sulle parole “morale” ed “etica pubblica”. L’idea che prende forma nel Movimento 5 Stelle è quella di rinunciare all’ipotesi che era stata ventilata finora, di abbandonare l’aula nelle prime tre votazioni contro l’ipotesi Berlusconi o di votare scheda bianca. Ora si pensa invece che sarebbe più efficace contrapporgli subito un altro candidato. Una figura, appunto, di alto profilo e “spessore morale”. Un nome diverso da quelli che circolano.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/16/addio-scheda-bianca-conte-vuole-un-nome-di-spessore-morale/6457555/

Renzi, più parla di sé e più sta sulle palle. - Antonio Padellaro

 

Non è nuova la tesi secondo la quale Matteo Renzi stia facendo tutto questo casino per “bisogno di visibilità”. Lo ha ripetuto, lunedì sera a Otto e mezzo, Pier Luigi Bersani, caricando sul leader di Italia Viva il termine “vigliaccata” a proposito della salute degli italiani usata a sproposito per ottenere i soldi del Mes.

Ora, se è pur vero che la visibilità mediatica del senatore di Rignano è alle stelle (9.138 citazioni a fronte delle 8.754 del premier Giuseppe Conte) trattasi di una potenza di fuoco che non accresce di un solo decimale la “popolarità” del suo partitino personale, impantanata sotto un malinconico 3 per cento. Alla luce di questi numeri si potrebbe dedurre che il Rottamatore stia rottamando il principale postulato della civiltà dell’immagine (politica e non). Ovvero: parlate male di me purché parliate di me. Coniato sull’idea che la peggiore iattura che possa capitare a un essere umano sia quella di essere ignorato dai propri simili.

Ma, come è noto, Renzi è anche un innovatore e gli va perciò dato atto di avere creato, empiricamente, le basi per un secondo postulato. Ovvero: più parlo (parlate) di me e più sto sulle palle a tutti. Con un’eccezione (anche Carlo Calenda sta sulle palle a molti, pur tuttavia nei sondaggi cresce al 4%) e un paio di corollari.

Primo: provocare la crisi di governo con il Paese messo in ginocchio dalla pandemia avrebbe lo stesso effetto sulle persone di un tale che, poniamo, giura solennemente sul suo immediato ritiro della politica se perde il referendum (come è andata a finire si sa).

Secondo: si può considerare la reputazione più importante dei voti, o viceversa, ma perdere l’una senza neppure avere gli altri è da bischeri (scusate il toscanismo).

Esiste una terza ipotesi: che Renzi abbia deciso di sacrificarsi e di farsi esplodere, come Pietro Micca, per il bene supremo del Paese. Adesso però non c’è bisogno di ridere.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/13/piu-parla-di-se-e-piu-sta-sulle-palle/6063842/?fbclid=IwAR2d7G7LbPl_c3pO-2cpasjRA3pSxEd_NERb16CjD6zMgvOI_pzDSV7xqjg