Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 21 aprile 2011
Africa. Attacco alla Libia. ecco spiegazioni inedite, ma convincenti. VEDREMO SE E’ VERO. di Antonio de Martini
Quale può essere il fil rouge che collega tutti i paesi attaccati – e presi di mira in varie forme - dagli USA e Gran Bretagna con l’aiuto di una serie di ausiliari tradizionali più o meno consapevoli?
Libia, Libano, Siria,Irak,Somalia, Sudan, Iran. Non hanno in comune l’etnia ( Iran è ariano mentre gli altri sono semiti o – Sudan – misti).
Non hanno in comune la religione: Libano ha cristiani, l’Iran è sciita, la Siria è mista. Non il petrolio: Somalia e Siria non ne hanno in quantità significative. Non laricchezza: Somalia e Sudan non lo sono.
Se invece vediamo il negativo, vediamo che nessuno di questi paesi figura tra i 56 aderenti alla Banca per i Regolamenti Internazionali.
In pratica sono paesi che hanno rifiuutato di far parte della comunità finanziaria internazionale e la Libia in particolare se la stava cavando molto bene:
- Stando ai dati del FMI la Banca centrale libica possiede 144 tonnellate di oro nei suoi forzieri. Per un paese di tre milioni e mezzo di abitanti, non è niente male. L’educazione e l’assitenza medica sono gratuite; le coppie che si sposano ricevono 50.000 dollari a fondo perduto.
- I Ribelli, ancora prima di costituire un governo provvisorio, hanno annunziato ( il 19 marzo) di aver costituito la BANCA CENTRALE DI LIBIA. La Banca centrale di Libia ( quella di Gheddafi per intenderci) è pubblica e non privata, stampa la moneta e presta denari allo stato senza interessi per finanziare le opere pubbliche tra cui il famoso fiume sotterraneo fatto dall’uomo che utilizza le acque fossili del Sahara per irrigare tutta l’area agricola della Libia che si trova al Nord. A proposito l’attività agricola in Libia è esentasse. Completamente. Questa politica è l’esatto contrario di quella seguita dal mondo occidentale che fa pagare tutti i servizi quali l’educazione e la sanità ed ha privatizzato le banche centrali che fanno pagare gli interessi agli stati quando forniscono loro i fondi.
- La ragione ufficiale che ha spinto l’occidente a non mantenere le Banche Centrali come pubbliche è che questi prestiti aumentano l’inflazione, mentre prendere prestiti dalle Banche estere o dall FMI , non provocherebbe inflazione. In realtà prendere i denari a prestito da Banche centrali pubbliche – senza interessi – riduce grandemente il costo dei progetti pubblici di investimento e in alcuni casi li riduce del 50%.
- Gheddafi aveva da poco lanciato la proposta di creare una moneta unica africana IL DINARO ORO e l’unico paese africano che si era opposto, è stata la Repubblica del Sud Africa, che è stata proprio quella che si è presentata a Tripoli per la mediazione con i ribelli e la NATO. Su questa proposta c’è un commento di Sarlosi che l’ha giudicata “una minaccia per l’Umanità”.
- Sia Saddam Hussein che Gheddafi avevano proposto – entrambi sei mesi prima dell’attacco – di scegliere l’Euro ( o il dinaro) come valuta per le transazioni petrolifere.
ADESSO RESTIAMO IN ATTESA DI VEDERE – IN CASO DI VITTORIA DELLA NATO – SE EDUCAZIONE E SANITA’ RESTERANNO GRATUITE, SE LA BANCA CENTRALE LIBICA ADERIRA’ ALLA B.R.I. E SE L’INDUSTRIA PETROLIFERA LIBICA VERRA’ SVENDUTA A PRIVATI. Poi anche i più ingenui cominceranno ad avere sospetti.
Vittorio Arrigoni, il video-testamento
Vignetta su Berlusconi da lemonde.fr.
Francia - "Ecco come i nostri cugini dipingono il nostro Premier"
Ecco come i nostri vicini d'oltralpe dipingono il nostro Premier Silvio Berlusconi. La vignetta è abbastanza chiara e credo non abbia bisogno di spiegazioni. Proprio un bel quadretto da esserne fieri!! La vignetta è stata pubblicata qualche tempo fà sul sito di LeMonde, ma la nostra reputazione è davvero pessima tutt'ora. A chi non è mai capitato di viaggiare e di comprare un giornale straniero?!beh sull'Italia nel mondo se ne leggono davvero di tutti i colori.
http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=51d110b524e83b2a
Scrivete a Napolitano, tempestiamo il Quirinale perchè ci dia una mano a porre fine a questo massacro.
LE RAGIONI DI ASOR ROSA. PER UN "CONSIGLIO DEI GIUSTI" da Giulio de Martino.
Asor Rosa chiede un'azione che venga "dall'alto": dai vertici istituzionali, dalle professioni, dalla cultura e dall'arte, ma anche dal mondo della magistratura, delle forze dell'ordine e dagli apparati militari italiani.
Asor Rosa non pensa che le elezioni amministrative o i referendum prossimi siano in grado di far cadere il governo Berlusconi e il suo parlamento e pensa pure che non si possa attendere per altri due anni, fino al termine della legislatura, per liberare l'Italia da un vulnus politico e morale insopportabile.
Non è lieto apprendere che in Italia abbiamo ceti popolari, borghesi, imprenditori ecc. che sostengono un leader politico inaccettabile: ma è la verità. L'Articolo 1 della Costituzione, secondo comma, chiarisce che - al di là della volontà popolare - le forze culturali e politiche che difendono la legalità costituzionale hanno il diritto e il dovere di agire contro chi della costituzione non rispetta le forme e i limiti, fosse pure "il popolo sovrano".
Ciò detto Asor Rosa avrebbe dovuto fare un altro passo in avanti: promuovere a Roma la costituzione di un "Consiglio dei giusti" formato da esponenti di massimo livello del mondo del lavoro e della magistratura, della scuola e dell'università, della medicina e della scienza, dei beni culturali e delle forze dell'ordine, delle forze armate e della comunicazione che incalzi e sostenga il Presidente della Repubblica e con lui il CSM e la Corte cosituzionale in una inedita procedura di "impeachment" contro Berlusconi e i suoi sostenitori palesi. Certamente andrebbe sollecitata la mobilitazione dal basso ma è decisivo che il "primum movens" in un contesto di seria eccezionalità siano le menti migliori della nostra società e i vertici istituzionali.
Non si tratta di promuovere un "18 brumaio" italiano o un nuovo "25 luglio 1943", ma di realizzare in concreto da parte delle Autorità e di un "Consiglio di giusti" la tutela di un popolo che ha mostrato di non essere in grado di difendere da solo la sua dignità e la razionalità del sistema sociale.
Un chiosa finale: Asor Rosa ha fatto la "mossa del filosofo" - da Platone in poi - richiamando la classe politica e i quadri dirigenti al dovere della ragionevolezza e della verità. Non è accettabile che il discorso pubblico e il discorso politico diventino il luogo in tutto è dicibile, accettabile e lecito e che allo sproloquiare offensivo e insensato dei politici si possano opporre soltanto degli ipocriti "irricevibile, incomprensibile ecc...". Certamente l'ingessatura del "politically correct" e dei vari machiavellismi della "realpolitik" sarebbe mistificante e ipocrita, ma esiste il dovere della coerenza e del confronto fra politica e realtà in cui al politico tocca di nominare soltanto il vero e il giusto pena la condanna ideale e reale da parte della repubblica di cui fa parte.
Asor Rosa choc: "Per abbattere Silvio serve un golpe militare"
Bologna, 14 aprile 2011 - Capisco sempre meno quel che accade nel nostro paese. La domanda è: a che punto è la dissoluzione del sistema democratico in Italia? La risposta è decisiva anche per lo svolgimento successivo del discorso. Riformulo più circostanziatamente la domanda: quel che sta accadendo è frutto di una lotta politica 'normale', nel rispetto sostanziale delle regole, anche se con qualche effetto perverso, e tale dunque da poter dare luogo, nel momento a ciò delegato, ad un mutamento della maggioranza parlamentare e dunque del governo?
Oppure si tratta di una crisi strutturale del sistema, uno snaturamento radicale delle regole in nome della cosiddetta 'sovranità popolare', la fine della separazione dei poteri, la mortificazione di ogni forma di 'pubblico' (scuola, giustizia, forze armate, forze dell'ordine, apparati dello stato, ecc.), e in ultima analisi la creazione di un nuovo sistema populistico-autoritario, dal quale non sarà più possibile (o difficilissimo, ai limiti e oltre i confini della guerra civile) uscire?
Io propendo per la seconda ipotesi (sarei davvero lieto, anche a tutela della mia turbata tranquillità interiore, se qualcuno dei molti autorevoli commentatori abituati da anni a pietiner sur place, mi persuadesse, - ma con seri argomenti - del contrario). Trovo perciò sempre più insensato, e per molti versi disdicevole, che ci si indigni e ci si adiri per i semplici 'vaff...' lanciati da un Ministro al Presidente della Camera, quando è evidente che si tratta soltanto delle ovvie e necessarie increspature superficiali, al massimo i segnali premonitori, del mare d'immondizia sottostante, che, invece d'essere aggredito ed eliminato, continua come a Napoli a dilagare.
Se le cose invece stanno come dico io, ne scaturisce di conseguenza una seconda domanda: quand'è che un sistema democratico, preoccupato della propria sopravvivenza, reagisce per mettere fine al gioco che lo distrugge, - o autodistrugge? Di esempi eloquenti in questo senso la storia, purtroppo, ce ne ha accumulati parecchi.
Chi avrebbe avuto qualcosa da dire sul piano storico e politico se Vittorio Emanuele III, nell'autunno del 1922, avesse schierato l'Armata a impedire la marcia su Roma delle milizie fasciste; o se Hinderburg nel gennaio 1933 avesse continuato ostinatamente a negare, come aveva fatto in precedenza, il cancellierato a Adolf Hitler, chiedendo alla Reichswehr di far rispettare la sua decisione?
C'è sempre un momento nella storia delle democrazie in cui esse collassano più per propria debolezza che per la forza altrui, anche se, ovviamente, la forza altrui serve soprattutto a svelare le debolezze della democrazia e a renderle irrimediabili (la collusione di Vittorio Emanuele, la stanchezza premortuaria di Hinderburg).
Le democrazie, se collassano, non collassano sempre per le stesse ragioni e con i medesimi modi. Il tempo, poi, ne inventa sempre di nuove, e l'Italia, come si sa e come si torna oggi a vedere, è fervida incubatrice di tali mortifere esperienze. Oggi in Italia accade di nuovo perché un gruppo affaristico-delinquenziale ha preso il potere (si pensi a cosa ha significato non affrontare il 'conflitto di interessi' quando si poteva!) e può contare oggi su di una maggioranza parlamentare corrotta al punto che sarebbe disposta a votare che gli asini volano se il Capo glielo chiedesse.
I mezzi del Capo sono in ogni caso di tali dimensioni da allargare ogni giorno l'area della corruzione, al centro come in periferia: l'anormalità della situazione è tale che rebus sic stantibus, i margini del consenso alla lobby affaristico-delinquenziale all'interno delle istituzioni parlamentari, invece di diminuire, come sarebbe lecito aspettarsi, aumentano.
E' stata fatta la prova di arrestare il degrado democratico per la via parlamentare, e si è visto che è fallita (aumentando anche con questa esperienza vertiginosamente i rischi del degrado). La situazione, dunque, è più complessa e difficile, anche se apparentemente meno tragica: si potrebbe dire che oggi la democrazia in Italia si dissolve per via democratica, il tarlo è dentro, non fuori.
Se le cose stanno così, la domanda è: cosa si fa in un caso del genere, in cui la democrazia si annulla da sè invece che per una brutale spinta esterna? Di sicuro l'alternativa che si presenta è: o si lascia che le cose vadano per il loro verso onde garantire il rispetto formale delle regole democratiche (per es., l'esistenza di una maggioranza parlamentare tetragona a ogni dubbio e disponibile ad ogni vergogna e ogni malaffare); oppure si preferisce incidere il bubbone, nel rispetto dei valori democratici superiori (ripeto: lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, la difesa e la tutela del 'pubblico' in tutte le sue forme, la prospettiva, che deve restare sempre presente, dell'alternanza di governo), chiudendo di forza questa fase esattamente allo scopo di aprirne subito dopo un'altra tutta diversa.
Io non avrei dubbi: è arrivato in Italia quel momento fatale in cui, se non si arresta il processo e si torna indietro, non resta che correre senza più rimedi né ostacoli verso il precipizio. Come?
Dico subito che mi sembrerebbe incongrua una prova di forza dal basso, per la quale non esistono le condizioni, o, ammesso che esistano, porterebbero a esiti catastrofici. Certo, la pressione della parte sana del paese è una fattore indispensabile del processo, ma, come gli ultimi mesi hanno abbondantemente dimostrato, non sufficiente.
Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l'autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall'alto, instaura quello che io definirei un normale 'stato d'emergenza', si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d'autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d'interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l'Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale.
Insomma: la democrazia si salva, anche forzandone le regole. Le ultime occasioni per evitare che la storia si ripeta stanno rapidamente sfumando. Se non saranno colte, la storia si ripeterà. E se si ripeterà, non ci resterà che dolercene. Ma in questo genere di cose, ci se ne può dolere, solo quando ormai è diventato inutile farlo. Dio non voglia che, quando fra due o tre anni lo sapremo con definitiva certezza (insomma: l'Italia del '24, la Germania del febbraio '33), non ci resti che dolercene.
Alberto Asor Rosa su 'Il manifesto'