“Se Attilio lo vorrà, andremo avanti” con una ricandidatura alla guida del Pirellone nel 2023. Non è bastato il modo in cui ha gestito l’emergenza Covid, non è stato sufficiente lo scandalo dei camici forniti dall’azienda di famiglia, non l’ha scalfito nemmeno la notizia dei quasi 5 milioni di euro parcheggiati su un conto svizzero. Quando si parla di Fontana, Matteo Salvini lo difende sempre. Tanto da averlo già ricandidato alla presidenza della Lombardia per silenziare chi, anche all’interno del partito, immaginava un cambio della guardia. Per capire perché Salvini difende così strenuamente Fontana, basta guardare chi sono i collaboratori più stretti del governatore. Tutti salviniani di strettissima fede. I loro profili spiegano più di mille teorie perché il leader leghista non può scaricare il presidente lombardo.
GIULIA MARTINELLI Ogni pratica importante passa sul suo tavolo. Per questo al Pirellone tutti la chiamano “la zarina”. Giulia Martinelli, 41 anni, è l’ex compagna di Matteo Salvini e madre di una delle sue figlie. Laureata in Legge, comasca, appena finito il praticantato da avvocato ha iniziato a lavorare nel settore pubblico. Subito, e quasi sempre, come dirigente in quota Lega. Prima per alcune Asl lombarde e poi, dal 2014, direttamente per la Regione grazie alla chiamata dell’ex assessore Cristina Cantù, oggi senatrice salviniana. Incarichi a cui, l’anno scorso, si è aggiunto quello di consigliere e membro del comitato esecutivo della Fiera di Milano. Tutto merito di Matteo? Macché, rispose il leader leghista un anno fa ai cronisti: “È lì perché è brava”. Tanto brava che nell’aprile 2018 è diventata responsabile della segreteria di Fontana: la porta girevole tra il governatore e il suo sponsor politico numero uno. Nella testimonianza alla Procura di Milano, che indaga Fontana per la fornitura dei camici affidata in via diretta all’azienda controllata dal cognato e dalla moglie, la zarina ha detto che Fontana rimase “sbigottito” quando lei lo informò della vicenda.
MAX FERRARI Massimiliano Ferrari, per i leghisti che lo conoscono Max, è stato scelto come consulente personale di Fontana in Regione. L’incarico ufficiale prevede che il 49enne di Malnate (Varese) si occupi di “affari internazionali”, con una paga di 35mila euro annui. D’altra parte lui si definisce “responsabile affari esteri della Lega in Lombardia”. Ex direttore di Telepadania, vanta un curriculum costellato di incarichi in società private controllate dal pubblico. Cioè dalla Lega: da Infrastrutture Lombarde fino a E-Vai, la società di Ferrovie Nord che affitta auto elettriche. Poliglotta autodichiarato, capace di passare dal cinese al russo fino al thailandese, Ferrari fa parte del gruppetto di leghisti che nel 2014, su iniziativa di Gianluca Savoini, fondarono l’associazione Lombardia-Russia. Fu quello il primo punto di contatto fra Salvini e l’amico Vladimir, l’avvio formale dell’avvicinamento della nuova Lega a Putin. I viaggi a Mosca, le interviste su Sputnik, le comitive di imprenditori italiani portati in Crimea e nel Donbass per legittimare le conquiste territoriali del presidente russo. Per la Lega, con Bossi sempre fedele all’allenza con gli Stati Uniti, una svolta geopolitica culminata con la trattativa all’Hotel Metropol.
GIANLUCA SAVOINI È stato lui a negoziare con alcuni uomini russi vicini al Cremlino un finanziamento milionario per la Lega in vista delle elezioni europee del 2019. La trattativa del Metropol, e la conseguente inchiesta della Procura di Milano per corruzione, non sono evidentemente bastati a Fontana per prendere le distanze da Gianluca Savoini. L’ex portavoce di Salvini risulta ancora oggi vice presidente del Corecom, il comitato regionale per le comunicazioni della Lombardia, organismo controllato direttamente dal Pirellone. A ottobre del 2019, quando lo scandalo del Metropol era ormai già noto a tutti, il Consiglio regionale della Lombardia ha infatti respinto con voto segreto una mozione del Pd che chiedeva le dimissioni di Savoini. Non è chiaro invece se l’uomo al centro del Russiagate italiano sia ancora consulente di Ferrovie Nord, società controllata da Regione Lombardia. Di certo lo è stato per almeno un anno, a partire da giugno del 2018. Un incarico affidatogli proprio nei mesi in cui l’ex portavoce di Salvini si dava un gran da fare per ottenere segretamente un maxi finanziamento russo per la Lega.
GIACOMO STUCCHI Cinque anni alla presidenza del Copasir non si dimenticano facilmente. E infatti non se lì è dimenticati neanche lui, Fontana, l’uomo che dice di non essersi proprio accorto di aver affidato all’azienda di famiglia una fornitura da mezzo milione di euro (trasformata in seguito in donazione). Sbadato sì, il governatore, ma non imprudente. Tanto da aver scelto Giacomo Stucchi come consulente personale per “trasparenza, legalità e cyber-security2. Bergamasco classe 1969, parlamentare per oltre vent’anni, nemmeno Stucchi si deve essere reso conto che Regione Lombardia stava per affidare una commessa al cognato del presidente. Chissà se per questa distrazione Fontana deciderà di tagliargli il compenso: 40mila euro all’anno pagati al raggiungimento degli obiettivi, si legge sul sito della Regione. Stucchi potrà compensare l’eventuale riduzione della paga pubblica con i redditi privati. L’ex presidente del Comitato Parlamentare per la Sicurezza è infatti azionista della Sigima Srl, una società che si occupa proprio di cyber sicurezza, si rivolge ad aziende pubbliche e private. E sul proprio sito si descrive così: “Potremmo definirci dei ‘facilitatori’, gente abituata ad aiutare soggetti diversi a risolvere problemi delicati”. Fontana, in questo momento, ne ha proprio bisogno.
GIOVANNI MALANCHINI Bergamasco, 46 anni, Giovanni Malanchini è forse il meno conosciuto degli angeli custodi inviati da Salvini per vigilare su Fontana. Eppure il suo rapporto con il leader leghista da qualche anno è molto solido, anche grazie all’intercessione del responsabile del partito in Lombardia, Paolo Grimoldi. Segretario di Fontana fin dal giorno del suo insediamento alla presidenza, consigliere regionale e responsabile nazionale degli Enti Locali della Lega dal 2015, al Pirellone Malanchini lavora spalla a spalla con Giulia Martinelli. Il suo nome compare in alcune relazioni della Uif di Banca d’Italia, quelle che cercano di ricostruire che fine hanno fatto i 49 milioni della Lega. Tra il 2016 e il 2018 Malanchini ha ricevuto circa 73mila euro da Andrea Manzoni, uno dei due commercialisti salviniani indagati per peculato dalla procura di Milano nell’affaire Lombardia Film Commission.