I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni
od usignoli dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
(Alda Merini)
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 2 luglio 2009
Lo stupore di casa Mazzella. “Caro Silvio ti scrivo…”
Una lettera del giudice costituzionale che parla della famosa cena con Silvio Berlusconi e la sua task force, secondo cui saremmo di nuovo sotto un regime totalitario. L’impervia ricostruzione di un evidente conflitto di interessi.
ROMA – Un’amicizia di vecchia data, un affetto amicale quello che traspare da una lettera scritta dal giudice costituzionale Luigi Mazzella al premier Silvio Berlusconi, con riferimenti, poi, del tutto impervi al totalitarismo fascista dentro il quale le reazioni e le proteste delle opposizioni alla vicenda ricadrebbero.
“Caro presidente, caro Silvio” scrive Mazzella, “ti scrivo una lettera aperta perchè cominciando seriamente a dubitare del fatto che le pratiche dell'Ovra (la polizia segreta fascista, ndr) siano definitivamente cessate con la caduta del fascismo, non voglio cadere nel tranello di essere accusato, da parte di chi necessariamente ne ignorerà il contenuto, di averti inviato una missiva 'carbonara e piduista, secondo il colorito linguaggio di un parlamentare. Ritenevo in buona fede di essere un uomo libero in un Paese ancora libero e di avere il diritto 'umanò di invitare a casa mia un amico di vecchia data quale tu sei”.
Un vecchio amico, dunque, e vecchi amici sono anche gli altri commensali, cioè il ministro della giustizia Alfano, il Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato Vizzini (inquisito a Palermo nell’ambito dell’inchiesta scaturita dalle dichiarazioni del figlio di Vito Ciancimino, legato a filo doppio alla mafia corleonese) e della Camera Donato Bruno, il sottosegretario Gianni Letta. Insomma, una vera e propria task force in materia di costituzionalità delle leggi. Mancava soltanto il Presidente della Corte, Francesco Amirante.
Mazzella protesta affermando che le ricostruzioni “fantasiose” fatte dai giornali ipotizzerebbero una “cena di lavoro”, con al centro la prossima decisione della Corte sul lodo Alfano, il cui artefice degustava appunto la cena preparata dalla “domestica fidata” (così scrive l’estensore della missiva) di casa Mazzella”. Poi si lancia in alti guaiti sull’”amore per la libertà” degli italiani, sull’esistenza di un “nuovo totalitarismo” che potrebbe privare lor signori “delle nostre libertà personali”, infine, sulla “barbarie di cui siamo fatti oggetto”.
Una missiva che spiega meglio di ogni altra cosa la concezione della giustizia delle milizie berlusconiane. Mentre a Milano ritengono congruo chiedere la ricusazione del giudice del caso Mills, Nicoletta Gandus, perché, in anni precedenti, si era limitata a firmare un appello contro l’approvazione di talune leggi in materia di giustizia, a Roma mostrano tutto il loro stupore per le accuse nate dal fatto che un giudice costituzionale – che, a partire da ottobre, dovrà esaminare la richiesta di illegittimità costituzionale del lodo Alfano, dall’esistenza del quale dipende la processabilità del commensale di casa Mazzella, premier Silvio Berlusconi – invita a cena il suo vecchio amico, la cui stessa esistenza politica dipende dal suo futuro giudizio.
Possiamo figurarci cosa sarebbe successo se la povera Nicoletta Gandus fosse stata scoperta a cena con Antonio Di Pietro, Dario Franceschini e Marco Travaglio.
Ma i berluscones sono così, confermano comportamenti del tutto fuori da qualsiasi decenza istituzionale e mostrano tutto il loro stupore quando la società civile glielo fa notare, come nel caso delle escort invitate a passare la notte a Palazzo Grazioli con il vecchio amico di casa Mazzella.
“Anche uno studente di giurisprudenza capirebbe l'abnormità di questo caso” ha dichiarato Antonio Di Pietro. Forse, chissà, sarebbe meglio per Mazzella e i suoi commensali rifare gli esami universitari; qualcosa gli deve essere sfuggito.
http://www.dazebao.org/news/index.php?option=com_content&view=article&id=5383:lo-stupore-di-casa-mazzella-caro-silvio-ti-scrivo&catid=37:politica-interna&Itemid=154
ROMA – Un’amicizia di vecchia data, un affetto amicale quello che traspare da una lettera scritta dal giudice costituzionale Luigi Mazzella al premier Silvio Berlusconi, con riferimenti, poi, del tutto impervi al totalitarismo fascista dentro il quale le reazioni e le proteste delle opposizioni alla vicenda ricadrebbero.
“Caro presidente, caro Silvio” scrive Mazzella, “ti scrivo una lettera aperta perchè cominciando seriamente a dubitare del fatto che le pratiche dell'Ovra (la polizia segreta fascista, ndr) siano definitivamente cessate con la caduta del fascismo, non voglio cadere nel tranello di essere accusato, da parte di chi necessariamente ne ignorerà il contenuto, di averti inviato una missiva 'carbonara e piduista, secondo il colorito linguaggio di un parlamentare. Ritenevo in buona fede di essere un uomo libero in un Paese ancora libero e di avere il diritto 'umanò di invitare a casa mia un amico di vecchia data quale tu sei”.
Un vecchio amico, dunque, e vecchi amici sono anche gli altri commensali, cioè il ministro della giustizia Alfano, il Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato Vizzini (inquisito a Palermo nell’ambito dell’inchiesta scaturita dalle dichiarazioni del figlio di Vito Ciancimino, legato a filo doppio alla mafia corleonese) e della Camera Donato Bruno, il sottosegretario Gianni Letta. Insomma, una vera e propria task force in materia di costituzionalità delle leggi. Mancava soltanto il Presidente della Corte, Francesco Amirante.
Mazzella protesta affermando che le ricostruzioni “fantasiose” fatte dai giornali ipotizzerebbero una “cena di lavoro”, con al centro la prossima decisione della Corte sul lodo Alfano, il cui artefice degustava appunto la cena preparata dalla “domestica fidata” (così scrive l’estensore della missiva) di casa Mazzella”. Poi si lancia in alti guaiti sull’”amore per la libertà” degli italiani, sull’esistenza di un “nuovo totalitarismo” che potrebbe privare lor signori “delle nostre libertà personali”, infine, sulla “barbarie di cui siamo fatti oggetto”.
Una missiva che spiega meglio di ogni altra cosa la concezione della giustizia delle milizie berlusconiane. Mentre a Milano ritengono congruo chiedere la ricusazione del giudice del caso Mills, Nicoletta Gandus, perché, in anni precedenti, si era limitata a firmare un appello contro l’approvazione di talune leggi in materia di giustizia, a Roma mostrano tutto il loro stupore per le accuse nate dal fatto che un giudice costituzionale – che, a partire da ottobre, dovrà esaminare la richiesta di illegittimità costituzionale del lodo Alfano, dall’esistenza del quale dipende la processabilità del commensale di casa Mazzella, premier Silvio Berlusconi – invita a cena il suo vecchio amico, la cui stessa esistenza politica dipende dal suo futuro giudizio.
Possiamo figurarci cosa sarebbe successo se la povera Nicoletta Gandus fosse stata scoperta a cena con Antonio Di Pietro, Dario Franceschini e Marco Travaglio.
Ma i berluscones sono così, confermano comportamenti del tutto fuori da qualsiasi decenza istituzionale e mostrano tutto il loro stupore quando la società civile glielo fa notare, come nel caso delle escort invitate a passare la notte a Palazzo Grazioli con il vecchio amico di casa Mazzella.
“Anche uno studente di giurisprudenza capirebbe l'abnormità di questo caso” ha dichiarato Antonio Di Pietro. Forse, chissà, sarebbe meglio per Mazzella e i suoi commensali rifare gli esami universitari; qualcosa gli deve essere sfuggito.
http://www.dazebao.org/news/index.php?option=com_content&view=article&id=5383:lo-stupore-di-casa-mazzella-caro-silvio-ti-scrivo&catid=37:politica-interna&Itemid=154
mercoledì 1 luglio 2009
Il segreto salva Pollari.
Il processo per il sequestro di Abu Omar, il predicatore egiziano rapito a Milano nel 2003 da un commando di 007, si avvia verso un'assoluzione tecnica dei principali imputati, a cominciare dal generale Nicolò Pollari
Pollari impunibile. Di regola le sentenze future sono imprevedibili, ma in casi straordinari i giudici si trovano la strada segnata. Il processo per il sequestro di Abu Omar, il predicatore egiziano rapito a Milano nel 2003 da un commando di 007, si avvia verso un inglorioso finale da porto delle nebbie: un'assoluzione tecnica dei principali imputati, a cominciare dal generale Nicolò Pollari, l'ex capo del servizio segreto militare (Sismi, ora Aise), motivata però non da un riconoscimento d'innocenza, ma dall'impossibilità di utilizzare le prove più schiaccianti raccolte dall'accusa. A disarmare i magistrati è il verdetto della Corte Costituzionale che, coprendo con lo scudo del segreto di Stato tutti i rapporti tra servizi italiani e stranieri, ha imposto di azzerare perfino le confessioni degli accusati che, durante le indagini, avevano ottenuto scarcerazioni o patteggiamenti proprio ammettendo che quel sequestro fu "un'operazione congiunta tra Cia e Sismi". Un colpo di spugna che promette di favorire soprattutto i vertici: insieme a Pollari potrebbe cavarsela anche l'ex capo della Cia in Italia, Jeff Castelli, mentre a rischio di condanna restano gli agenti Usa che fecero da esecutori materiali. La requisitoria dei pm milanesi è fissata per il 2 luglio. Ma il processo potrebbe davvero riaprirsi solo con un nuovo ricorso alla Corte costituzionale: ora che Obama ha dichiarato chiusa l'epoca dei prigionieri senza diritti, perché ostinarsi a legalizzare un così disastroso remake di Guantanamo all'italiana?
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-segreto-salva-pollari/2102729&ref=hpsp
Pollari impunibile. Di regola le sentenze future sono imprevedibili, ma in casi straordinari i giudici si trovano la strada segnata. Il processo per il sequestro di Abu Omar, il predicatore egiziano rapito a Milano nel 2003 da un commando di 007, si avvia verso un inglorioso finale da porto delle nebbie: un'assoluzione tecnica dei principali imputati, a cominciare dal generale Nicolò Pollari, l'ex capo del servizio segreto militare (Sismi, ora Aise), motivata però non da un riconoscimento d'innocenza, ma dall'impossibilità di utilizzare le prove più schiaccianti raccolte dall'accusa. A disarmare i magistrati è il verdetto della Corte Costituzionale che, coprendo con lo scudo del segreto di Stato tutti i rapporti tra servizi italiani e stranieri, ha imposto di azzerare perfino le confessioni degli accusati che, durante le indagini, avevano ottenuto scarcerazioni o patteggiamenti proprio ammettendo che quel sequestro fu "un'operazione congiunta tra Cia e Sismi". Un colpo di spugna che promette di favorire soprattutto i vertici: insieme a Pollari potrebbe cavarsela anche l'ex capo della Cia in Italia, Jeff Castelli, mentre a rischio di condanna restano gli agenti Usa che fecero da esecutori materiali. La requisitoria dei pm milanesi è fissata per il 2 luglio. Ma il processo potrebbe davvero riaprirsi solo con un nuovo ricorso alla Corte costituzionale: ora che Obama ha dichiarato chiusa l'epoca dei prigionieri senza diritti, perché ostinarsi a legalizzare un così disastroso remake di Guantanamo all'italiana?
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-segreto-salva-pollari/2102729&ref=hpsp
Napolitano, le notizie, il mare blu. - Pino Corrias.
Tutti gli anni il presidente Giorgio Napolitano compie gli anni. E quando lo fa, va a Capri. E quando è a Capri, passeggia. E quando passeggia esterna. Stavolta ha detto che per il bene dell’Italia bisognerebbe dare un taglio alle polemiche almeno fino alla fine del G8. Dice: “Capisco le ragioni della politica e dell’informazione, ma il mio auspicio in questo momento è di una tregua”. La Destra ha festeggiato la parola tregua e ha tradotto il “basta polemiche” con il “basta notizie, anzi gossip”. Trasformando l’innocua passeggiata di Napolitano in un auspicio al silenzio. Anzi in un viatico. Il che non ha migliorato l’umor nero (e l’eloquio) di Silvio Berlusconi che ne ha approfittato per moltiplicare le polemiche - i democratici sono morti, i complotti sconfitti, le pupe un’invenzione - ignorare le notizie, non rispondere alle domande, irridere i fatti, specchiarsi nel proprio trionfo farmacologico: “Il mio governo è il più stabile e il più forte dell’Occidente”. Ma naturalmente né lui, né la destra hanno capito l’auspicio del Presidente. Il quale, compiendo 84 anni, e tenendosi ben saldo ai valori costituzionali che in una democrazia occidentale presidiano il sommo bene dell’informazione, ce l’aveva proprio con le polemiche e gli insulti tipo “grumi eversivi”, “odiatori”, “invidiosi”, “comunisti”, “mentitori”, “giudici a orologeria”. E che usando la parola “polemiche”, temperata dal panama bianco, dalla camicia slacciata, dal sole caprese, non intendeva “fatti”, notizie”, “indiscrezioni”, “testimonianze”, “rivelazioni” “dichiarazioni”, eccetera. Conoscendo bene la differenza tra le chiacchiere fatte di vento (e di politica) e le notizie. Le quali continueranno a fluire liberamente e persino in modo speciale, proprio nei prossimi giorni, visto che sul palcoscenico del G8 attraccheranno non meno di 2 mila giornalisti stranieri accreditati. Nessuno dei quali si sognerebbe mai di ignorare la cronaca, fiorita in queste settimane su infiniti spunti, e tutti assai adatti ai tempi: l’inchiostro di Veronica Lario, i sorrisi di Noemi, il silenzio di Elio Letizia, le confessioni di Patrizia D’Addario, la paura di Barbara Montereale, gli attributi non intellettuali di Topolanek, il mistero delle 5 mila foto, l’attesa per un certo numero di registrazioni video e audio, i riscontri dell’inchiesta a Bari su malasanità, cocaina, prostituzione, la sentenza per la corruzione di Mills, lo sbriciolamento di Giampaolo Tarantini, la cena del premier a casa del giudice costituzionale Luigi Mazzella che dovrà pronunciarsi sulla costituzionalità del Lodo Alfano, l’inchiesta a Milano sui diritti tv. Notizie. Neanche mezza polemica, proprio come auspica il nostro presidente Napolitano dal mare blu di Capri, auguri. (Vignetta di Bandanas)
domenica 28 giugno 2009
Speciale Terremoto - Quelle ditte sospette al lavoro sul piano Case
di Angelo Venti su terranews.it - 26 giugno 2009
ASPETTANDO IL G8. Già nel primo cantiere appaiono forti dubbi su una delle aziende coinvolte nella ricostruzione.
Le domande sono: chi controlla chi? E l’autocertificazione può bastare? Aperti i cantieri per la realizzazione delle new town sbandierate da Berlusconi e temute dagli aquilani. Nei pressi di Bazzano e Sant’Elia, lungo la statale 17 che da L’Aquila porta a Onna, la frazione che è diventata il simbolo del terremoto del 6 aprile, si lavora giorno e notte per poter dimostrare ai grandi, che durante il G8 percorreranno questa strada, che la ricostruzione è finalmente partita.
Ma è proprio il cartello per i “Lavori relativi agli scavi e ai movimenti di terra lotto TS”, esposto in bella mostra all’ingresso del cantiere, che fa sorgere i primi dubbi sui controlli di trasparenza da parte della Protezione civile nell’assegnazione degli appalti e sui rischi che possono derivare dalla fretta e dall’emergenza. Questo appalto è stato aggiudicato a diverse imprese marsicane riunite in Ati.
La capogruppo è la P.R.S. produzione e servizi srl di Avezzano, mentre le imprese mandanti sono la Idio Ridolfi e figli srl di Avezzano (che lavora anche all’adeguamento dell’Aeroporto di Preturo per il G8); la Codisab srl di Carsoli; la Ing. Emilio e Paolo Salsiccia srl di Tagliacozzo e infine la Impresa di Marco srl con sede a Carsoli, via Tiburtina km. 70,00. Ed è proprio quest’ultima società che fa tornare alla mente l’operazione “Alba d’oro” di Tagliacozzo - che gli inquirenti hanno definito come il primo «caso conclamato di presenza mafiosa in Abruzzo».
Proprio qui, il 16 marzo scorso, i Gico della Guardia di finanza hanno arrestato tre imprenditori del luogo con l’accusa di aver reinvestito, attraverso la società “Alba d’oro”, capitali provenienti dal cosiddetto “tesoro di Vito Ciancimino”. Precisiamo subito che sia l’impresa Di Marco che i suoi soci non risultano coinvolti in nessun processo relativo alle infiltrazioni criminali in Abruzzo, ma alcuni particolari meritano di essere ricordati e approfonditi, perché testimoniano delle strategie di penetrazione in Abruzzo da parte del gruppo riconducibile a Lapis e Ciancimino.
Costituita nel lontano 1993, l’Impresa di Marco srl conta circa 20 dipendenti, ha un capitale sociale di 130mila euro, l’amministratore unico è Dante di Marco, mentre i soci sono Gennarino ed Eleana di Marco e Dante di Marco. Quest’ultimo risulta anche come socio fondatore della Marsica plastica srl, (con sede a Carsoli, insieme a Giuseppe Italiano, Tommaso Vergopia, Achille Ricci, Roberto Mangano, Dante di Marco, Wolfgang Scholl, Marilena Lo Curto ed Ermelinda di Stefano.
Alcune precisazioni: Italiano figura anche in uno dei pizzini di Provenzano, Di Stefano è la moglie di Gianni Lapis, Mangano è uno degli avvocati di Ciancimino al processo di Palermo mentre Achille Ricci è uno degli imprenditori tagliacozzani arrestati, insieme a Nino Zangari e Augusto Ricci, nell’operazione “Alba d’oro” del marzo scorso.
La Marsica plastica srl fu costituita presso uno studio notarile di Avezzano nel 2006, insieme alla Ecologica abruzzi srl. Entrambe le società dovevano operare nel settore della produzione di energia e dei rifiuti e, insieme alla Ricci e Zangari srl, avevano costituito il Consorzio A.R.S., sempre con sede a Carsoli allo stesso indirizzo.
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/17282/78/
ASPETTANDO IL G8. Già nel primo cantiere appaiono forti dubbi su una delle aziende coinvolte nella ricostruzione.
Le domande sono: chi controlla chi? E l’autocertificazione può bastare? Aperti i cantieri per la realizzazione delle new town sbandierate da Berlusconi e temute dagli aquilani. Nei pressi di Bazzano e Sant’Elia, lungo la statale 17 che da L’Aquila porta a Onna, la frazione che è diventata il simbolo del terremoto del 6 aprile, si lavora giorno e notte per poter dimostrare ai grandi, che durante il G8 percorreranno questa strada, che la ricostruzione è finalmente partita.
Ma è proprio il cartello per i “Lavori relativi agli scavi e ai movimenti di terra lotto TS”, esposto in bella mostra all’ingresso del cantiere, che fa sorgere i primi dubbi sui controlli di trasparenza da parte della Protezione civile nell’assegnazione degli appalti e sui rischi che possono derivare dalla fretta e dall’emergenza. Questo appalto è stato aggiudicato a diverse imprese marsicane riunite in Ati.
La capogruppo è la P.R.S. produzione e servizi srl di Avezzano, mentre le imprese mandanti sono la Idio Ridolfi e figli srl di Avezzano (che lavora anche all’adeguamento dell’Aeroporto di Preturo per il G8); la Codisab srl di Carsoli; la Ing. Emilio e Paolo Salsiccia srl di Tagliacozzo e infine la Impresa di Marco srl con sede a Carsoli, via Tiburtina km. 70,00. Ed è proprio quest’ultima società che fa tornare alla mente l’operazione “Alba d’oro” di Tagliacozzo - che gli inquirenti hanno definito come il primo «caso conclamato di presenza mafiosa in Abruzzo».
Proprio qui, il 16 marzo scorso, i Gico della Guardia di finanza hanno arrestato tre imprenditori del luogo con l’accusa di aver reinvestito, attraverso la società “Alba d’oro”, capitali provenienti dal cosiddetto “tesoro di Vito Ciancimino”. Precisiamo subito che sia l’impresa Di Marco che i suoi soci non risultano coinvolti in nessun processo relativo alle infiltrazioni criminali in Abruzzo, ma alcuni particolari meritano di essere ricordati e approfonditi, perché testimoniano delle strategie di penetrazione in Abruzzo da parte del gruppo riconducibile a Lapis e Ciancimino.
Costituita nel lontano 1993, l’Impresa di Marco srl conta circa 20 dipendenti, ha un capitale sociale di 130mila euro, l’amministratore unico è Dante di Marco, mentre i soci sono Gennarino ed Eleana di Marco e Dante di Marco. Quest’ultimo risulta anche come socio fondatore della Marsica plastica srl, (con sede a Carsoli, insieme a Giuseppe Italiano, Tommaso Vergopia, Achille Ricci, Roberto Mangano, Dante di Marco, Wolfgang Scholl, Marilena Lo Curto ed Ermelinda di Stefano.
Alcune precisazioni: Italiano figura anche in uno dei pizzini di Provenzano, Di Stefano è la moglie di Gianni Lapis, Mangano è uno degli avvocati di Ciancimino al processo di Palermo mentre Achille Ricci è uno degli imprenditori tagliacozzani arrestati, insieme a Nino Zangari e Augusto Ricci, nell’operazione “Alba d’oro” del marzo scorso.
La Marsica plastica srl fu costituita presso uno studio notarile di Avezzano nel 2006, insieme alla Ecologica abruzzi srl. Entrambe le società dovevano operare nel settore della produzione di energia e dei rifiuti e, insieme alla Ricci e Zangari srl, avevano costituito il Consorzio A.R.S., sempre con sede a Carsoli allo stesso indirizzo.
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/17282/78/
sabato 27 giugno 2009
venerdì 26 giugno 2009
Consulta, la cena segreta - di Peter Gomez.
Un incontro carbonaro tra il premier, Alfano, Ghedini e due giudici della Corte Costituzionale. Per parlare di giustizia. Ma sullo sfondo c'è anche l'immunità di Berlusconi .
Auto con le scorte erano arrivate una dopo l'altra poco prima di cena.
Silenziose, con i motori al minimo, avevano imboccato una tortuosa traversa di via Cortina d'Ampezzo a Roma dove, dopo aver percorso qualche tornante, si erano infilate nella ripida discesa che portava alla piazzola di sosta di un'elegante palazzina immersa nel verde.
Era stato così che in una tiepida sera di maggio i vicini di casa del giudice della Corte costituzionale Luigi Mazzella, avevano potuto assistere al preludio di una delle più sconcertanti e politicamente imbarazzanti riunioni, organizzate dal governo Berlusconi.
Un incontro privato tra il premier e due alti magistrati della Consulta, ovvero l'organismo che tra poche settimane dovrà finalmente decidere se bocciare o meno il Lodo Alfano: la legge che rende Silvio Berlusconi improcessabile fino alla fine del suo mandato.
Del resto che quello fosse un appuntamento particolare, gli inquilini della palazzina lo avevano capito da qualche giorno.
Ilva, la moglie di Mazzella, aveva chiesto loro con anticipo di non posteggiare autovetture davanti ai garage.
"Non stupitevi se vedrete delle body-guard e se ci sarà un po' di traffico, abbiamo ospiti importanti...", aveva detto la signora Mazzella alle amiche.
Così, stando a quanto 'L'espresso' è in grado ricostruire, a casa del giudice si presentano Berlusconi, il ministro della Giustizia, Angiolino Alfano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini.
Con loro arriva anche un altro collega di Mazzella, la toga Paolo Maria Napolitano, eletto alla Consulta nel 2006, dopo essere stato capo dell'ufficio del personale del Senato, capo gabinetto di Gianfranco Fini nel secondo governo Berlusconi e consigliere di Stato.
Più fonti concordano nel riferire che uno degli argomenti al centro della riunione è quello delle riforme costituzionali in materia di giustizia.
Più fonti concordano nel riferire che uno degli argomenti al centro della riunione è quello delle riforme costituzionali in materia di giustizia.
Sul punto infatti Berlusconi e Mazzella la vedono allo stesso modo.
Non per niente il giudice padrone di casa è stato, per scelta del Cavaliere, prima avvocato generale dello Stato e poi, nel 2003, ministro della Funzione pubblica, in sostituzione di Franco Frattini, volato a Bruxelles come commissario europeo.
Infine l'elezione alla Consulta a coronamento di una carriera di successo, iniziata negli anni Ottanta, quando il giurista campano militava in un partito non certo tenero con i magistrati, come il Psi di Bettino Craxi (ma lui ricorda di aver mosso i primi passi al fianco dell'avversario di Craxi, Francesco De Martino), diventando quindi collaboratore e capo di gabinetto di vari ministri, tra cui il suo amico liberale Francesco De Lorenzo (all'epoca all'Ambiente), poi condannato e incarcerato per le mazzette incassate quando reggeva il dicastero della Sanità. La cena dura a lungo.
E a tenere banco è il presidente del Consiglio. Berlusconi sembra un fiume in piena e ripropone, tra l'altro, ai presenti una sua vecchia ossessione: quella di riuscire finalmente a riformare la giustizia abolendo di fatto i pubblici ministeri e trasformandoli in "avvocati dell'accusa".
L'idea, con Mazzella e Napolitano, sembra trovare un terreno particolarmente fertile.
Il giudice padrone di casa non ha mai nascosto il suo pensiero su come dovrebbero funzionare i tribunali.
Più volte Mazzella, come hanno in passato scritto i giornali, ha ipotizzato che la funzione di pm fosse svolta dall'avvocatura dello Stato. Solo che durante l'incontro carbonaro l'alto magistrato si trova a confrontarsi con uno che, in materia, è ancora più estremista di lui: il plurimputato e pluriprescritto presidente del Consiglio. E il risultato della discussione, a cui Vizzini, Alfano e Letta assistono in sostanziale silenzio, sta lì a dimostrarlo.
'L'espresso' ha infatti potuto leggere una bozza di riforma costituzionale consegnata a Palazzo Chigi un paio di giorni dopo il vertice.
Una bozza che adesso circola nei palazzi del potere ed è anche arrivata negli uffici del Senato in attesa di essere trasformata in un articolato e discussa.
Si tratta di quattro cartelle, preparate da uno dei due giudici, in cui viene anche rivisto il titolo quarto della carta fondamentale, quello che riguarda l'ordinamento della magistratura.
Nove articoli che spazzano via una volta per tutte gli 'odiati' pubblici ministeri che dovrebbero essere sostituiti da funzionari reclutati anche tra gli avvocati e i professori universitari.
(25 giugno 2009)
(25 giugno 2009)
Iscriviti a:
Post (Atom)