mercoledì 5 agosto 2009

LA QUESTIONE MERIDIONALE

Quella meridionale resta una questione irrisolta sin dal 1861, anno dell’unità d’Italia. Per prima ci provò la monarchia sabauda ad estendere il suo potere istituzionale nel meridione semifeudale. Poi venne la volta di Benito Mussolini e del fascismo, impegnati senza successo a debellare la mafia siciliana attraverso la violenza di Stato perpetrata dal prefetto Mori. Un potere mafioso talmente radicato nell’isola siciliana (ma anche nelle altre regioni) da poter scendere a patti, nella persona di don Calogero Vizzini, persino con gli americani prima e dopo lo sbarco del 10 luglio 1943. Gli anni del dopoguerra hanno sì portato alla riforma agraria voluta da Amintore Fanfani nel 1950 e ad un certo grado di sviluppo, ma la secolare questione di chi debba comandare ancora al Sud resta ancora una ferita aperta dell’Italia repubblicana. Passando alla cronaca dei nostri giorni, hanno destato forte impressione una incredibile serie di coincidenze verificatesi negli ultimi tempi. Da qualche mese il Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia, è in fermento, alla ricerca continua ed esasperata delle prebende promesse dal Cavalier Berlusconi durante la travolgente campagna elettorale del 2008. Le minacce di Lombardo si sono limitate prima alla semplice uscita dalla maggioranza di centro-destra e poi, roba di questi giorni, si sono allargate sino alla dichiarata volontà di fondare un vero e proprio partito del Sud che si contrapponga al coagulo di interessi rappresentato dall’asse Tremonti-Bossi-Berlusconi. Voci di corridoio parlano anche di scontri interni tra i feudatari siciliani del PDL, con il partito Miccichè-Dell’Utri-Prestigiacomo in rotta di collisione con gli ultralealisti Schifani-Alfano. Un fuoco di fila lanciato dai dissidenti allo scopo di ottenere l’allargamento dei fili della borsa dei finanziamenti destinati al meridione (gli ormai famosi fondi FAS). Giorni di rapporti difficili e di cene risolutorie nella residenza romana del monarca di Palazzo Grazioli, hanno portato alla classica conferenza stampa prevacanziera in cui tutti gli attori della commedia si sono presentati col sorriso in volto e le saccocce piene: 4 miliardi di euro subito per la Sicilia, questo il risultato della mediazione berlusconiana; di copertura finanziaria e sblocco della disponibilità del denaro se ne riparlerà a settembre. Intanto, l’aria che si respira è quella di una tregua armata. Armata perché a 50 magistrati siciliani è stata rafforzata la scorta perché a Caltanissetta si è riaperta l’indagine sulle stragi del ’92-’93. Una coincidenza troppo clamorosa per risultare casuale. A quasi 20 anni da quei tragici fatti si ritorna a parlare di ciò che tutti sapevano: apparati deviati dello Stato, servizi segreti corrotti, la trattativa tra mafia e Istituzioni, il papello di Totò Riina, il tentativo del Generale Mori (quello che arrestò Riina ma non Provenzano) di mettere in contatto il referente mafioso Vito Ciancimino e Luciano Violante, al tempo presidente della Commissione Antimafia. È stato proprio Violante a vuotare il sacco di fronte ai magistrati alcuni giorni fa, parlando delle insistenti richieste di Mori per una “trattativa politica” tra mafia e Stato. Incredibile se non ci trovassimo in Italia.

Ma chi sono i veri mafiosi?

3 agosto 2009
di domenico camodeca

http://www.ccsnews.it/dettaglio.asp?id=9278&titolo=LA%20QUESTIONE%20MERIDIONALE

lunedì 3 agosto 2009

31-07-09 - Honduras, la disinformacija del Tg3 - di Angelo d'Orsi.

Cattivi Maestri.

Andiamo alla pausa agostana segnalando un caso di malainformazione: disinformazione mi pare parola ormai non solo obsoleta, ma troppo tenue. Anche malainformazione è termine debole, in realtà, se guardiamo le televisioni di regime, se ascoltiamo la radio, se sfogliamo una gran parte dei quotidiani. Se non siamo ancora giunti al MinCulPop, siamo bene incamminati. Non è un caso che le veline che oggi sono diventate signorine discinte, e leste a levar i residui veli, destinate a un ruolo di sottosegretariato ministeriale o a un seggio di parlamentare, magari europeo, furono inventate appunto da quel Ministero fascista che doveva imbonire, e “formare” gli italiani, accompagnandoli dalla culla alla bara. Veline erano all’epoca – pieni anni Trenta – i fogli di carta vergatina con cui i funzionari ministeriali davano istruzioni ai direttori di giornali per come “trattare” le notizie, beninteso quelle che si decideva di mettere in pagina, e quindi, ovviamente, quelle da oscurare, minimizzare o, in tempi di guerra (quasi tutti gli anni del fascismo furono anni di guerra), addirittura capovolgere. Oggi il “rovescismo” – termine che mi vanto di aver coniato in relazione al signor Pansa e ai suoi sodali – va per la maggiore, e passa tranquillamente dalla (pseudo)storiografia alla (pseudo)informazione. Mi soffermo su un solo caso, che è di particolare interesse perché concerne non la tv di Mediaset, ma quella della Rai. E concerne addirittura il tg “di sinistra”, il tanto spesso mitizzato TG3. E mi riferisco – anche sulla base del monitoraggio che mi comunica Alexander Höbel, ricercatore napoletano – soltanto alla “copertura” della crisi in Honduras, dove, come forse i miei lettori ben sanno, da giorni sono in corso terribili violenze contro i sostenitori del legittimo presidente Zelaya, detronizzato da un colpo di Stato, un classico golpe latinoamericano, realizzato da un tal Micheletti, che, essendo di origine italiana, sta assumendo, agli occhi dei nostri provincialissimi pennivendoli (anche della cosiddetta “carta stampata”), la fisionomia di uno Zorro vendicatore. E il tentativo (più che legittimo) di Zelaya di rientrare nel Paese, viene giudicato gesto “irresponsabile”, che inevitabilmente crea scompiglio e disordine, aprendo la strada alla violenza, beninteso quella dei golpisti (TG3 del 27 luglio). Evidentemente il TG “democratico” – non dissimilmente dagli altri – ha sposato la linea ambigua dell’Amministrazione Usa, in particolare del segretario di Stato, Hillary Clinton, la quale non pare avere intenzione di dare alla sua nazione il compito di ristabilire la legalità democratica nel Paese centroamericano. Per una potenza adusa a intervenire per sostenere o addirittura organizzare i golpe, è un passo avanti, non c’è dubbio. Ma che gli organi di informazione italiana debbano sostenere comunque le scelte (o le non scelte) di Washington è quanto meno deprimente. Se si è posta attenzione ai servizi giornalistici dei giorni scorsi, Micheletti veniva definito "il nuovo presidente", invece che il “fellone” o il “golpista” o il “traditore”, qual è. “Presidente”? E chi lo ha mai eletto? E, ancor più grave, le violenze nel Paese, che hanno procurato vittime (arrestati, torturati, uccisi) tra i sostenitori di Zelaya (qualche giorno fa un ragazzo è stato trovato morto con evidenti segni di tortura, dopo essere stato fermato arbitrariamente dalla polizia: ne ha dato notizia solo il quotidiano "il Manifesto"), vengono fatte risalire al presidente legittimo anzichè ai golpisti!“Certo, se Zelaya fosse il Dalai Lama le cose sarebbero ben diversamente…”, commenta con amaro sarcasmo Höbel. Come dargi torto? Ma quello che in generale inquieta è l’indifferenza con cui grazie alla disinformacija di regime l’opinione pubblica guarda ai fatti honduregni. Del resto, si tratta di una piccola nazione; e Micheletti è uno dei “nostri”. In fondo in fondo, l’Italia si fa onore anche laggiù. O no?Per quanti non lo credano, e per quanti abbiano bisogno di far sentire la loro voce di dissenso, rispetto a un sistema informativo nel complesso assolutamente scandaloso, riporto qui di seguito il testo di un Appello. In calce si troverà l’email per aderire. E, ora, buona vacanza, se riuscite, cari lettori. Se riuscite a farne, con i pochi soldi che si hanno a disposizione, e il caroprezzi di alberghi, ristoranti, strutture turistiche, treni, autostrade. carburanti. Se riuscite a farne, con un Paese allo sbando, che è diventato lo zimbello del mondo, e sempre più lo sarà, con un “capo” di tal fatta. Se riuscite a farne, con una informazione che è ormai largamente allineata e coperta, e non ci lascia avvicinare alla verità dei fatti. Se riuscite a farne, con un mondo, come il caso Honduras dimostra, che si rivela ogni giorno, ogni santo giorno, un mondo iniquo, dove i “buoni” cadono e i “cattivi” vincono. Ma la speranza, che ci può lasciar respirare, è che i vincitori dell’oggi non sempre sono destinati a durare. Anzi. E chi di spada ferisce… con quel che segue. Buon agosto, cari lettori e care lettrici. Anche a coloro che dissentono dalle opinioni che qui espongo. In fondo suscitare reazioni, pur critiche, è motivo di soddisfazione. Il “cattivo maestro” ha il compito per l’appunto di eccitare lo spirito critico. AppelloDIAMO VISIBILITÀ ALL'HONDURAS PER EVITARE CARNEFICINE!La situazione in Honduras sta precipitando. Gli squadroni della morte sono in azione. “Siamo in una situazione peggiore di quella vissuta negli anni ‘80, quando i militari, che fanno parte del Governo golpista, fecero sparire un grande numero di honduregni”, ha detto Hugo Maldonado, presidente del Comitato dei diritti umani a san Pedro Sula, denunciando che, attorno alla sua casa e a quella di altri dirigenti, girano pericolosi individui armati. Stessa denuncia da parte di P.T., una cooperante europea che teme nel rivelare il suo nome, e che era presente alla grande manifestazione in attesa del Presidente legittimo Manuel Zelaya. L'aereo con Mel Zelaya e con il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, non ha potuto atterrare perché i golpisti hanno messo camion militari sulla pista e per la minaccia di essere abbattuto. Dopo aver sorvolato l'aeroporto, ha dovuto dirigersi fuori dal Paese.P.T., che è in clandestinità e cambia casa ogni due giorni per motivi di sicurezza, ha visto ammazzare sotto i suoi occhi il diciannovenne che manifestava con altri in un corteo allegro e pacifico. Ieri sera, attraverso la rete giungevano richieste di aiuto internazionale, come quella di Juan Ramon, che era all'aeroporto e invocava l'invio delle Forze Onu. Anche Rigoberta Menchù, Nobel per la pace, è seriamente preoccupata soprattutto per chi si occupa di diritti umani che sta raccogliendo testimonianze sulle illegalità, le minacce, le intimidazioni e le vessazioni perpetrate dai golpisti. Questi volontari “sono i più indifesi, perché non hanno un luogo dove proteggersi, neppure in Chiesa”, ha dichiarato. È più che mai necessaria un’attenzione politica e mediatica internazionale per evitare che l'Honduras diventi quel Cile o quell’Argentina che oggi ricordiamo con orrore. Tutte le forze progressiste dell’America Latina hanno denunciano il colpo di stato come un atto della destra reazionaria, che mira alla soppressione della libertà del popolo honduregno di potersi esprimere nelle urne elettorali per l´approvazione di una nuova Costituzione e di continuare con l´esperienza democratica iniziata con l´elezione del Presidente Zelaya. Di fronte al vergognoso comportamento delle televisioni pubbliche che in questi giorni hanno tessuto le lodi del neodittatore Micheletti, invitiamo radio, tivù, giornali e siti internet a dare la massima visibilità a quanto accade in Honduras a causa del comportamento criminale dell'esercito golpista. Invitiamo tutte le personalità e le forze democratiche ad aderire e diffondere il presente appello.

Per adesioni: appellohonduras@libero.it

http://temi.repubblica.it/micromega-online/31-07-09-honduras-la-disinformacija-del-tg3/

Giovanni Fava - Per non dimenticare.

24 anni fa usciva l'articolo –che segue– dello scrittore e giornalista catanese Giuseppe Fava, pubblicato sul primo numero della rivista I Siciliani (gennaio 1983). Rivista fondata dallo stesso Fava dopo collaborazioni ed esperienze in diverse testate regionali e periodici nazionali, tra cui la direzione della Gazzetta del Sud, da cui fu licenziato per le sue inchieste e prese di posizione, come l’opposizione all’installazione dei missili Cruise a Comiso. «Non dimentichi che il nostro quotidiano si muove nell’ambito del Patto Atlantico», fu l’ammonimento degli editori di allora.
Il 5 gennaio 1984 il giornalista viene assassinato a Catania, dopo che potentati locali economici e politici avevano ripetutamente provato a comprarsi lui e la testata. Nel 1994 il pluricomicida Maurizio Avola, nipote del boss mafioso catanese Nitto Santapaola, confessa di aver partecipato al delitto ordinato da suo zio. Lo scritto va indubbiamente collocato nel contesto storico di quegli anni, segnato tra le altre cose da un sistema bancario in grandissima parte statale e da un mondo politico in cui Michele Sindona (morto in carcere il 20 marzo 1986) e Carlo Alberto Dalla Chiesa (ucciso a Palermo il 3 settembre 1982. Personaggio su cui, per chiarezza rispetto al quadro tracciato da Fava, avremmo più di un rilievo da fare) sono argomenti di attualità e le uccisioni di mafia –tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta– la normalità.
Il tempo trascorso non toglie però valore a certe osservazioni, da cui ripartire per la comprensione del fenomeno mafia e dunque dei rapporti sociali –in particolare dell’articolazione delle classi (semi)dominanti– in Sicilia e nel Sud Italia.


L'articolo è sul link:
http://www.rivistaindipendenza.org/Teoria%20nazionalitaria/I%20quattro%20cavalieri%20dell'apocalisse%20mafiosa.htm

domenica 2 agosto 2009

"Le Primarie", la nuova fiction all'italiana in onda ad ottobre.

Benny per favore, candidati alla segreteria del PD, menoelle, serve una persona giovane e coraggiosa! Così commentava tale Boris_Loris sul mio blog qualche giorno fa. Lo riprendo ora per qualche considerazione finale, mentre mi appresto a tagliare e a spedire con raccomandata a/r la tessera del Pd alla direzione di Roma, ora che la sua funzione è terminata. E non perchè i partiti politici sono come taxi, come li considerava Enrico Mattei, ma perchè fare parte di questo Pd senza avere i mezzi e il potere per cambiarlo è da masochisti. Rifletto sull'avventura lanciata con la mia autocandidatura alla segreteria nazionale, e mi rendo conto un paio di cose per me sorprendenti. Sono sempre stato molto severo con me stesso e ho sempre avuto i piedi di piombo; non so nè lodarmi nè imbrodarmi, specialità di cui strabocca il Pd. Ma mi rendo conto che fino ad oggi ho rischiato di essere il candidato più credibile tra i tre-quattro che ci sono attualmente in lizza. Ho aperto un sito ricco di funzioni e informazioni completamente dedicato alla candidatura; ho scritto un programma con il quale, con tutto il rispetto, nessuno dei tre- quattro altri può lontanamente competere, e non perchè sono un genio, ma perchè l'ho scritto con voi, con dei tecnici, e senza scrivere frasi retoriche e che tutti vogliono sentirsi dire: in quello hanno eccelso altri. Mi sono sempre confrontato con i miei sostenitori e soprattutto con i miei detrattori, e mai, mai mi sono negato al confronto in ogni luogo e in ogni termine: non ho mai fatto il "figo" e questo ha pagato enormemente, anche rispetto a chi all'inizio mi aveva crocefritto. Chi fra i tre-quattro altri può dire lo stesso? Franceschini, a cui le domande fanno l'effetto dell'Aulin? Bersani, che se avesse i baffi tutti lo chiamerebbero Massimo? E' triste però pensare che un ragazzino abbia, fino ad oggi, messo in campo più credibilità e convizione e competenza di tre-quattro big osannati da militanti che hanno ormai dimenticato la loro storia e i loro ideali, ed è triste che a dirlo non sia il ragazzino, ma centinaia di persone che il ragazzino magari non lo conoscono nemmeno di persona. Curiosamente a rispondere alle mie domande di questi tempi è stato l'unico non in corsa, Weltroni: Ciao Benny, grazie per averrmi scritto. Ho pubblicato nelle note della pagina sostenitori l'intervista di oggi al Corriere della Sera, in cui chiarisco anche le interpretazioni delle frasi su Berlinguer e Craxi. Te la invio, spero che la leggerai e aspetto di sapere cosa ne pensi. A presto, Walter. Da Franceschino, silenzio. E ora, quando ormai è chiara a tutti la farsa che faranno al congresso e alle primarie, il gioco sporco delle tessere regalate e triplicate in alcune città, io restituisco una tessera che non mi appartiene e che mai per un attimo ho sentito mia, ma sempre come un peso, a volte come un imbarazzo. Niente taxi, ripeto. Ma solo perchè, ad eccezione di una decina di uomini e di qualche donna, il Pd ha meritato tutto, fino in fondo, il suo declino, per la caparbietà ad inciuciare, al tenere sempre a galla i peggiori, a sbarrare la strada ai nuovi/ingombranti. E la vicenda Serracchiani, mandata al volo in Europa per evitare una sua candidatura alle primarie che avrebbe distrutto chiunque dei tre-quattro, è la lapide su un partito che purtroppo, purtroppo per le sue potenzialità, ha il destino segnato. L'ultima vergogna, in ordine di tempo, vietare a ripetizione l'iscrizione di Beppe Grillo al partito. A che titolo, con quale legittimità si impedisce a tizio o a caio di iscriversi ad un partito che ha rubato un aggettivo, "democratico", senza i requisiti minimi per farlo? Ehi Sam, ascoltami, non suonarla più, prendi il disco e spaccalo in mille pezzi, e poi mandane uno ad ogni mini dirigente: sarà la loro reliquia.

http://www.bennycalasanzio.blogspot.com/

Il "consenso" di Bologna all'escort Bondi.





29 anni fa la bomba che scoppiò nella stazione di Bologna seminò una strage di cittadini inermi. Era il 1980, 7 mesi prima che fosse scoperta la Loggia P2 di Licio Gelli. Il corruttore all’epoca era un novello tesserato che apprendeva e pianificava il golpe dolce mentre assisteva alle stragi con la regia del suo venerabile assassino.
Stamane Sandro Bondi, ministro dei beni culturali del governo della MAFIA del corruttore piduista Silvio Berlusconi, era in quella piazza della stazione a raccontare pagliacciate. Ma i bolognesi non sono coglioni. Ricordano e sanno. Checché ne dica il corruttore. Vergogna.

http://www.danielemartinelli.it/2009/08/02/il-consenso-di-bologna-alla-escort-bondi/

sabato 1 agosto 2009

Tocchiamoci tutti: le dieci tavole del sultano.

Di Andrea Scanzi.
“Zoccole, zoccole, zoccoleeee…”.
Ah scusate, non vi avevo visto.
Sto provando con Marco Taradash il balletto con cui stasera apriremo il Dj set di Silvio Berlusconi a Radio Gioventù. Presenterà Pierluigi Diaco (non è una battuta).

Siamo molto emozionati. Taradash ha studiato certosinamente la coreografia. A un certo punto si spoglierà nudo mostrando il petto villoso, coperto per l’occasione da strass e tombe fenicie miniaturizzate.
Sul bicipite destro si è fatto tatuare la Sacra Sindone di Miccichè e sul polpaccio sinistro i nomi in sanscrito dei suoi tre koala albini (Bondi, Cape e Zzone).
Non sembra, ma Taradash ha un talento come coreografo. La canzone di Sal Da Vinci lo ha esaltato. Per il ritornello mi ha chiesto di imparare il Passo del Gladiolo Morto, un complicatissimo fraseggio di anche e bacini miranti a rappresentare il declino dell’impero occidentale. L’ho imparato, per amore della patria e della Costituzione.
A fine esibizione, in sincrono, faremo una spaccata. Gli zebedei aderiranno aerobicamente al suolo. Le membra saranno erculeamente protese verso l’Avvenire.
Lui sarà Heather Parisi e io Enzo Paolo Turchi.

Vamos (cit).

A parte questo, anche questa settimana non è successo molto. Repubblica ha spacciato per inedita una canzone di Gaber che conoscevano tutti da sedici anni, Debora Serracchiani ha richiamato al centralismo democratico (ahahahahahaha) e Luigi Amicone ha detto “ghm mgh eccetera” in tivù.
Si è fatto un gran parlare, dalle vostre parti bolsceviche, delle registrazioni di Patrizia D’Addario. Credevate che bastasse guardare dal buco della serratura della politica (cit) per far cadere Berlusconi. E ci siete rimasti fregati. Un’altra volta.
Siete proprio tristi, voi comunisti.
Prima di tutto, quelle registrazioni sono false. Se anche non sono false, sono fasulle. Se anche non sono fasulle, sono artefatte. Se anche non sono artefatte, sono pilotate. Se anche non sono pilotate, sono illegali. Se anche non sono illegali, non hanno alcuna rilevanza giuridica. E se anche tu non mi vuoi, tu non mi perderai, so perdonarti le cose che non mi dai, io credo in noi, anche se tu non mi vuoi (cit).
I testi delle registrazioni, pubblicati dai grumi insufflati di criminosità dell’Espresso, hanno però un grande interesse antropologico. Non è tanto importante cosa raccontano, quanto piuttosto come lo raccontano. Da questi aulici dialoghi emerge tutto l’universo berlusconiano.Le chiameremo le Dieci Tavole del Sultano.
Ne sia fatta una seria esegesi, con un occhio a Francesco Alberoni e un altro a Roberto Cota.

1. Il re della galassia.
Dialogando con Patrizia D’Addario, Berlusconi si preoccupa anzitutto di nutrire il proprio Ego. E’ il padrone di casa tornato dopo le vacanze, che obbliga gli ospiti a guardare le 780 diapositive. E’ il maturo anfitrione che poteva divertirci le serate estive con un semplicissimo mi ricordo (cit). Le feste non mirano tanto all’alcova, quanto alla reiterata celebrazione di sé. L’inno di Forza Italia, i filmini con l’amico Putin, le barzellette raccontate: non è Italia, è stra-Italia. E’ Alberto Sordi che dà vita a un tassinaro più vero del vero. E’ la summa del leader che incarna al meglio il peggio degli italiani. Quello che è sempre più furbo degli altri: che ce l’ha sempre più lungo degli altri.I regali “li ho disegnati io”, quelli più belli “non li ho fatti io ma l’idea è mia”. Io, io, io. Tutto è oro, perfino il sottosuolo diviene babele archeologica. Patrizia nel paese delle Meraviglie.Berlusconi diviene poi incontrastato Re della Galassia quando racconta i fantasmagorici successi politici: “Sono il responsabile dell’organismo internazionale che governerà l’economia del mondo… si chiama ora G8, poi sarà G14… E’ un organo che raccoglie i leader dell’80 per cento dell’economia che devono decidere di applicare le leggi dell’economia in un momento complesso di crisi…Io per avventura…io sono l’unico al mondo che ha presieduto due volte nel 1994 e nel 2002, non c’è nessun altro che ha presieduto due volte…Siccome si va a sedici, uno deve stare lì, e si fa un anno ciascuno, ora sono in-su-pe-ra-bi-le…tre volte! ed è un grande risultato per l’Italia”. Lui è unico, insuperabile, lo fa “per avventura” (a differenza di Mogol-Battisti) e la sua gloria - per osmosi - tocca anche la vita degli italiani.Notevole la risposta della D’Addario, che dopo una tale profusione d’Ego, al cui confronto Morgan è Seppi, riassume il suo interesse così: “Eeeeeeeeeeeehhh”. E non si capisce se sia sbadiglio o catatonia passeggera.

2. L’afasia di Willie Wonka.
I dialoghi hanno un che di lobotomizzato. Spesso i due parlano ma non si capiscono. C’è una incomunicabilità di fondo, forse una citazione dai film di Bergman o solo la prova che a Berlusconi i testi glieli scrive Renzo Bossi.Tre esempi.
Esempio 1, altresì noto come Apologo dell’Italia agli italiani. Berlusconi parte con una filippica (non chiarissima) sulla Finlandia che di artistico non ha niente, mentre “noi (italiani) qui abbiamo… 40mila parchi storici con tutti i tesori dentro, 3500 chiese, 2500 siti archeologici, pari al 52% di tutte le opere d’arte catalogate al mondo e al 70 % di tutte le opere d’arte catalogate in Europa”.Non è solo lui che è eccezionale: lo è anche il suo paese. Il più bello del reame nel più bello dei reami. Col solito surplus d’enfasi, Berlusconi conclude: “Questa è l’Italia”. La D’Addario, che come abbiamo visto non è bravissima a tenere alta la concentrazione quando il cliente (ooops) si imbroda, non sa che dire e butta là: “E perché non vengono più?”. Che non c’entra niente (chi non viene più? I finlandesi? I polacchi che non morirono subito? I visigoti? Boh).
Esempio 2, altresì noto come Sindrome del Baglioni ingrifato. La mattina dopo aver passato la notte insieme (casualmente la stessa notte in cui è stato eletto Obama, ma in fondo chi se ne frega di Obama), Berlusconi chiama la D’Addario. Lui: “Come stai questa mattina?”. Lei: “Come stai?”. Se lo chiedono cento volte: e tu come stai, tu come stai, tu come stai, come ti trovi, chi viene a prenderti, chi ti apre lo sportello (cit). Cose così. Passano due minuti, stanno parlando di tutt’altro, e poi lui ancora: “Va bene senti, tutto bene?”. E lei: “Sì tutto bene”. E via così. Sono dialoghi loop, ritualizzati, scanditi da fasi afasiche e cortocircuiti comunicativi (ignoro il significato di ciò che ho appena scritto, ma è voluto, fa molto radical chic).
Esempio 3, altresì noto come Miracolo dei Gelati. Berlusconi si incarta nel celebrare i migliori gelati del mondo (che ovviamente sono di sua proprietà): “Questo è l’ingresso della gelateria questa qua è la gelateria guarda che meraviglia questa è la gelateria con tutti i posti per i gelati”. Rileggete: non vuol dire niente, sembra un intervento di Amicone. Lei però, gentile, risponde: “Ah, è il mio posto ideale …”. E Berlusconi, ancora in loop: “Qua c’è… qua c’è la fabbrica dei gelati …”. Attenzione: non è un semplice reparto gelati, è la fabbrica dei gelati. La fabbrica. Qui non è più Berlusconi: è Willie Wonka. E gli umpa lumpa sono capitanati da Brunetta.

3. I cigni Co.Co.Co.
Berlusconi, sempre Re della Galassia, mostra il parco dei cigni. Che però non ci sono. La D’Addario (che sa essere sagace) lo nota. E lui: “Sì, ma poi li tiriamo fuori perché vogliamo avere l’acqua pulita per fare il bagno…”. Cioè sono cigni co.co.co, con contratto a tempo determinato (pure loro). Domanda: quando non li tengono in acqua, dove li nascondono? Li parcheggiano nel duodeno di Borghezio? Li prestano come claque a Capezzone? Li usano come cavie per gli esperimenti genetici di Elisabetta Gardini? Non si sa.

4. Balena.
Berlusconi cammina sul parco. A un certo punto dice: “Questa è una balena fossilizzata”. Grande sdegno tra archeologi e animalisti. Non ve n’è motivo. Stava solo indicando la cuccia di Calderoli.

5. Meteoriti.
Berlusconi colleziona meteoriti. “Questi qua sono i meteoriti. Questi son quelli che mi ha regalato… visti questi qua io sono andato in India” (sintassi post-atomica). I meteoriti. Lui li colleziona. Ecco: come si fa a collezionare meteoriti? Ti fai sparare in cielo dentro lo Sputnik e rubi nel salvadanaio del Dottor Spock? Telefoni a Marlon Brando e ti fai dare di contrabbando qualche pezzo del pianeta Krypton? Fai merenda con Tom Hanks a bordo dell’Apollo 13? Mah.

6. Tombe fenicie.
Nell’universo berlusconiano c’è una dialettica continua tra terreno e ultraterreno, al di qua e aldilà (questa l’ho scritta per farvi notare come io sappia che “aldilà”, se allude al regno dei trapassati, si scrive tutto attaccato - altrimenti no). Nemmeno la tomba può essere normale, dacché (?) il tratto comune è l’Eccezionalità. Berlusconi non intende limitare al presente il proprio Dominio. Il suo è il regno dei cieli: da qui l’insistenza su mausolei mirabolanti - con la luce sempre accesa, perché lui odia il buio - e pure le tombe fenicie. Che sono tutte prenotate, però. Gasparri c’è rimasto male e, come giaciglio ultimo, si è accontentato di un monolocale sfitto a Scampia.

7. Lettone.
Se n’è parlato tanto. “Aspettami lì”, dice Berlusconi, “nel lettone, sì quello di Putin”. E’ il momento più tenero dei dialoghi. Da una parte c’è l’uomo pubblico, potentissimo, che sottolinea come perfino il letto ce l’abbia lungo. Dall’altra c’è l’uomo privato, che con retaggio infantile allude al luogo del riposo come si faceva da bambini. Il lettone: della mamma, dei genitori. Un letto al tempo stesso maschio e bambino. Corpo e anima. Peccato e santità. Che dolce.

8. La rivoluzione di Onan.
Sono i consigli erotici di Berlusconi. Al Premier non passa minimamente per la testa che Patrizia D’Addario, in quanto escort, sappia benissimo che tra i suoi compiti ci sia anche quello di magnificare le virtù sessuali del cliente (oops). A sentire la D’Addario, sembra che fino a quel giorno abbia fornicato (?) solo con eunuchi e sfigati. Invece con Berlusconi tutto è diverso, migliore, indimenticabile: lei ha sentito male (uh), lei ha perso la voce (”eppure non abbiamo gridato”), lei non faceva sesso così da mesi. E’ l’Apoteosi di Casanova: Berlusconi è Goldrake, si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole.“Un giovane sarebbe già arrivato in un secondo”, rincara lei, denotando la stessa fiducia sulle nuove generazioni che aveva Erode. Patrizia è sincera o sta “lavorando”? Berlusconi non ha dubbi: non può averne. Lui è il Re della galassia. Sa che nessuno è come lui. Nemmeno nell’antica arte del dadaumpa. Ed è per questo che, dall’alto della sua virilità, dispensa consigli. Prima allude cripticamente a un “guaio di famiglia” per spiegare la difficoltà a raggiungere l’orgasmo, lasciando intendere che anche qui dipende tutto dall’essere o meno Unti dal Signore. Poi, di fronte alle lagnanze della D’Addario, sintetizza così il suo scibile amatorio: “Mi posso permettere? (variante privata del “Mi consenta” pubblico). Tu devi fare sesso da sola… Devi toccarti con una certa frequenza”.Toccarsi con una certa frequenza: è la rivoluzione democratica di Onan. Prima di Berlusconi, se ti toccavi parecchio diventavi cieco. Oggi, come minimo, diventi ministro. Daje.

9. Non sono un Santo.
Eccolo, il talento di Berlusconi. La battuta autoassolutoria, il declinare i propri difetti a simpatiche manchevolezze. “Non sono un Santo”: in un colpo solo ha cancellato mesi di bugie, pettegolezzi, sconcezze. Nulla esiste più, la bomba è disinnescata. C’è pure l’autoironia di fondo: l’Unto del Signore che, per un attimo, nega la sua essenza divina.
“Non sono un Santo”. E l’italiano medio ride, ci si rivede, pensa che “anche lui è come me”. Anche lui pensa che la famiglia sia sacra, sì, ma poi si sa che l’uomo è cacciatore e la donna preda (quindi non ci rompete le palle coi vostri moralismi). Giuseppe D’Avanzo e Repubblica possono scrivere quel che vogliono: cucù lo scandalo non c’è più. E’ tutto finito. La Chiesa non si schiera e la Fenice Berlusconi è nuovamente risorta dalle ceneri.
L’unico errore è stato affidarsi per settimane alla strategia di Mavalà Ghedini. Avesse detto subito “Non sono un santo”, la cosa sarebbe finita lì. Invece si è a lungo ostinato a negare l’evidenza, lasciando che Ghedini parlasse (perfino) di “utilizzatori finali”. Che poi, su: Ghedini che parla di sesso è come la Gegia che dà lezioni di striptease, coi bigodini e le infradito. Inaccettabile.
10. Scugnizzi e zoccole.
Berlusconi ama l’abbinamento musicale associativo. Niente metafore, niente astrattismi. Molto meglio la sottolineatura didascalica. Mentre è con la D’Addario, la musica che risuona è quella di Zoccole (e anche qui c’è da applaudire Berlusconi: avere una piena evoluzione mascolina ascoltando Sal Da Vinci non è facile per nessuno). Per Berlusconi, la musica deve amplificare l’azione corporea. Se Berlusconi fa sesso, ascolta Zoccole (secoli di battaglie femministe ammazzate in un colpo solo). Se va a cavallo, ascolta Samarcanda. Se parla con un amico, ascolta Venditti. Se va in missione all’estero, ascolta Wagner (e invade la Polonia).
E ora scusate, vado ad aprire un conto alla Banca Rasini.
Ci sentiamo tra due settimane. Che Matteo Salvini sia con voi.

venerdì 31 luglio 2009

PARTITO SUD: DI PIETRO, E' MINACCIA A BERLUSCONI PER 'INADEMPIENZA'

(ASCA) - Roma, 30 lug - ''Il partito di Forza Italia e' nato su commissione di Cosa Nostra, e' scritto nella sentenza di condanna a nove anni di Marcello Dell'Utri, e la riprova inequivocabile di cio' furono quei 61 seggi su 61 assegnati dall'isola al partito di Arcore alle politiche del 2001. Oggi senza i voti della circoscrizione Sud, e della Sicilia in particolare, il Pdl non sarebbe mai andato al governo per ben quattro volte e l'Udc di Toto' Cuffaro avrebbe gli iscritti di un circolo Acli. La minaccia del Partito del Sud e' un chiaro monito rivolto a Silvio Berlusconi che non sta facendo, evidentemente, quanto promesso in quell'antico patto di cui Marcello Dell'Utri e' stato garante per quasi un ventennio''. A sostenerlo, sul suo blog, e' Antonio Di Pietro.''Il Partito del Sud - continua il presidente dell'Italia dei Valori - e' il segnale che gli accordi politici alla base di Forza Italia in Sicilia sono in discussione. A questo segnale se ne aggiungono altri che potrebbero comunque far parte dello stesso puzzle: la spazzatura di Palermo, l'agitazione della Giunta Lombardo, i messaggi di Riina su mandanti di Stato per le stragi di Capaci e via D'Amelio, le dichiarazioni di Ciancimino jr, la recente condanna a 10 anni e 8 mesi per associazione mafiosa di Mercadante, ex deputato di Fi. E cosi' il Premier promette nuovi soldi alla Sicilia e lo fa ancor prima di spiegare come verranno utilizzati e con quali coperture finanziarie. Evidentemente - osserva Di Pietro - l'importante e' porre l'accento sulla cifra, prima che sulla destinazione e sulla reale disponibilita'.Evidentemente le persone a cui e' rivolto il messaggio ne conoscono la destinazione''.

http://www.asca.it/news-PARTITO_SUD__DI_PIETRO__E__MINACCIA_A_BERLUSCONI_PER__INADEMPIENZA_-849832-ORA-.html