sabato 25 aprile 2015

#5giornia5stelle del 24 Aprile 2015 - #criminiemisfatti. - Luigi Di Maio



E' una puntata che vi prego di condividere il più possibile quella di questa settimana di #5giornia5stelle, per tanti motivi.
Perché affrontiamo lo spinoso caso dei migranti morti in mare con la denuncia della totale assenza di una politica estera efficace di questo governo e di quelli che lo hanno preceduto. Perché per la prima volta in questo numero ci sono dei servizi che documentano il lavoro dei nostri colleghi in Europa. Battaglie che conduciamo su più fronti, grazie ai portavoce che il M5S ha nei comuni, nelle Regioni, in Parlamento, fino ad arrivare agli uffici di Strasburgo e Bruxelles.
Non solo. Ci siamo occupati del caso dei lavoratori Indesit, dei precari del mondo della scuola, del documento economico-finanziario "lacrime e sangue" presentato da Renzi ed infine del terribile caso di Giovanni Lo Porto che abbiamo scoperto essere stato barbaramente ammazzato da un drone militare statunitense nel gennaio scorso.
Tanti temi che trovate in questi 10 minuti di video che vi prego di condividere e di portare agli occhi dei tanti che ancora non sanno che oggi in Italia c'è una forza politica che combatte al loro fianco e che presto prenderà il governo di questo Paese.


Luigi Di Maio

https://www.facebook.com/luigidimaio/videos/vb.522391027797448/837958996240648/?type=2&theater

giovedì 23 aprile 2015

Se la fine d'Atene è la fine dell'euro. - Adriana Cerretelli



Gli alibi inconsistenti dietro i quali si nasconde la volontà di strangolare la Grecia di Tspiras. Ma a chi giova, in prospettiva?  nè all'euro nè all'Europa Un invito alla Realpolitik dal giornale degli industriali italiani. Il Sole 24ore, 23aprile 2015

Prima, a distrarre l’attenzione generale, era la crisi russo-ucraina all’apice della sua violenza. Ora è la crisi dell’immigrazione incontrollata che si rovescia sulle coste europee. Nessuno contesta gravità e pericoli di entrambe per la futura stabilità dell’Europa. Piano piano e senza fracasso, però, la terza crisi del momento, quella greca, potenzialmente la più devastante nell’immediato, scivola verso l’abisso. 

Ormai a Bruxelles e dintorni se ne parla come di un fatto acquisito, una strada senza uscita. «Il quadro giuridico non permette di soccorrere la Grecia» afferma un negoziatore. Forse che c’era, quel quadro, ai tempi dei precedenti salvataggi di Atene? I Trattati Ue li vietavano. Eppure alla fine il Fondo salva-Stati fu fatto e la Bce si mosse per soffocare l’incendio speculativo che divorava l'euro.

Oggi si respira rassegnazione. Come se volesse dissociarsi da una decisione che, se ci sarà, sarà tutta e soltanto sua, l’Europa si mette in lutto preventivo. Aspettando il peggio, i funerali di Atene. «I greci non sono seri, il governo Tsipras non offre niente di concreto. Impossibile aiutarli», si insiste. Ma proprio lunedì il governo ha approvato il decreto per rastrellare fondi dalle casse di comuni ed enti locali, più di 1,5 miliardi, per pagare stipendi, pensioni e creditori. Si fa così anche in Olanda, l’avrebbero rassicurato i “mentori” Ue. Ma la Grecia è in piazza per gridare di nuovo «basta austerità».

Basta? La vulgata vuole che il Paese abbia incassato gli aiuti senza pagarne lo scotto. Le cifre smentiscono.Tra il 2008 e il 2013 il Pil greco è sceso del 27%, la spesa pubblica reale del 35%, i disoccupati sono arrivati al 28%. Il deficit strutturale è calato del 20% del Pil tra 2009 e 2014, il bilancio primario del 12%, come il disavanzo dei conti correnti. Sforzo irrilevante? Ancora insufficiente? Tutto positivo, visto il raddoppio del debito malgrado la parziale ristrutturazione?

Altro leitmotiv. Non si possono fare sconti alla Grecia che non collabora: sarebbe un regalo ai partiti populisti e uno schiaffo ai governi dei sacrifici.

Allora perché la Francia è stata appena risparmiata da una multa da circa 4 miliardi che avrebbe dovuto pagare per non aver rispettato il tetto del 3% di deficit negli ultimi otto anni, gli stessi del calvario greco? Nonostante la grazia ricevuta, Parigi ora rifiuta di fare i tagli strutturali richiesti, li riduce quasi a metà «per non compromettere la ripresa». In questo caso nessuno insorge né richiama l’intangibilità delle regole Ue, i patti da rispettare.

Come si fa a chiudere gli occhi davanti a un Paese grande ricco e arrogante e a infierire su uno povero e allo stremo anche per l’eccesso di sacrifici che gli è stato imposto? Come si giustifica la Caienna delle regole per alcuni e la flessibilità per altri?

La Grecia è testardamente indisciplinata, si ripete. La Francia no? Eppure continua a godere di spread e tassi “tedeschi” che non merita. Sì, ma se crolla la Francia crollano l’euro e l’Europa, se cade la Grecia non succederà quasi niente, Grecia esclusa. Questa l'ultima verità rivelata ma niente lo prova. Al contrario. Dopo 13 anni di vita, la gracilità politica e di consensi dell’euro potrebbe riservare pessime sorprese a democrazie in balia dei sondaggi quotidiani, prive di cultura e sensibilità europee, guidate da leader nazionali incapaci di guardare oltre gli ostacoli, se non fa loro comodo. Ampiamente dotati però del coraggio dell’irresponsabilità collegiale.

A loro difesa sventolano l'alibi dell'irresponsabilità della Grecia insolvente. La Grecia, 2$del Pil dell'euro e 3 % del debito, non è mai stata un mostro di virtù pubbliche. Lo si da da sempre. Come si sa che è stata salvata per salvare gli investimenti delle banche tedesche e francesi. Come si sa che, rigore o no, non potrà ripagare i debiti. Se abbandonata al suo destino, affonderà dunque nel marasma più nero. Ma prima o poi, complice l'interdipendenza, quell'atto d'incoscienza collettiva ricadrà si euro e Europa. Non sarebbe meglio una Realpolitik, meno costosa per tutti?

Primo ritratto 'dal vero' di un mondo alieno.

Rappresentazione artistica del pianeta 51 Pegasi b, (fonte: ESO/M. Kornmesser/Nick Risinger (skysurvey.org)Rappresentazione artistica del pianeta 51 Pegasi b, (fonte: ESO/M. Kornmesser/Nick Risinger (skysurvey.org)

E' del pianeta 51 Pegasi b, distante 50 anni luce dalla Terra.


Ha l'atmosfera molto riflettente e sembra essere un pianeta 'gonfio' ossia meno denso del nostro Giove: è il primo ritratto 'dal vero' di un mondo alieno, cioè esterno al Sistema Solare. Ricostruisce il 'volto' di 51 Pegasi b che dista 50 anni luce da noi ed è il primo pianeta extrasolare ad essere scoperto, esattamente 20 anni fa.

Pubblicato sulla rivista Astronomy and Astrophysics, il risultato si deve ai ricercatori guidati da Jorge Martins dell'Istituto portoghese di Astrofisica e Spazio e dell'università di Porto. Finora era possibile vedere questi pianeti che risiedono in altri sistemi solari solo in modo indiretto ma adesso grazie alla nuova tecnica di osservazione hanno un 'volto' e soprattutto diventa possibile raccogliere molte informazioni sulla loro composizione.

I ricercatori hanno osservato direttamente la luce riflessa dal pianeta grazie allo strumento Harps sul telescopio dell'Osservatorio La Silla (del diametro di 3,5 metri) in Cile dell'Osservatorio Europeo Meridionale (Eso). ''È un risultato importante e non facile da ottenere'', rileva Isabella Pagano dell'Osservatorio di Catania dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). L'analisi del segnale è molto complessa e inoltre, aggiunge, è stato usato un telescopio di piccole dimensioni. Per questo sono promettenti le attese di usare la tecnica con telescopi più grandi come l'E-Elt, (del diametro di 39 metri) che l'Eso sta costruendo in Cile.

Le informazioni sulla luce riflessa dal pianeta possono essere usate per dedurre la composizione della sua superficie o della sua atmosfera, da cui dipende il modo in cui il pianeta riflette la luce della stella 'madre'. In questo caso è stato scoperto che 51 Pegasi b ha una massa circa la metà di quella di Giove e un'inclinazione di circa nove gradi sul suo asse. Il pianeta è molto riflettente e sembra avere il diametro maggiore di quello di Giove. ''Questo ci dice - conclude Pagano - che il pianeta potrebbe essere 'inflated', ossia gonfio, vuol dire che è meno denso di Giove''

mercoledì 22 aprile 2015

De Luca, motivazioni della condanna: “Nominò il suo uomo per dargli più soldi”. - Vincenzo Iurillo

De Luca, motivazioni della condanna: “Nominò il suo uomo per dargli più soldi”

All'epoca della sentenza che gli infliggeva un anno di reclusione (pena sospesa) per aver promosso "in totale assenza di motivazione" il suo braccio destro Alberto Di Lorenzo, il sindaco commentò: "Condanna demenziale, per aver usato l'espressione project manager invece di coordinatore". Ma i giudici del Tribunale di Salerno sottolineano che lo scopo del primo cittadino era "attribuirgli una inventata posizione apicale, con conseguente riconoscimento di una più sostanziosa retribuzione". 

“Condanna demenziale, per aver usato l’espressione project manager invece di coordinatore“, commentò il sindaco all’epoca della condanna, lo scorso gennaio. Ma secondo i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno che hanno condannato Vincenzo De Luca, la promozione di Alberto Di Lorenzo aveva come unico scopo quello di “attribuirgli una inventata posizione apicale, con conseguente riconoscimento di una più sostanziosa retribuzione“. La realizzazione del termovalorizzatore di Salerno, infatti, non poteva prevedere la figura del project manager, che peraltro non è contemplata dal codice degli appalti. E’ scritto nelle circa 140 pagine delle motivazioni della condanna per abuso d’ufficio a un anno di reclusione (pena sospesa) dell’ex sindaco di Salerno e candidato Pd alla Regione Campania. Le motivazioni sono state depositate stamane dalla seconda sezione penale del Tribunale di Salerno e sono state rese note dal M5S. De Luca è stato condannato in qualità di ex commissario straordinario di governo per la costruzione di un impianto di termodistruzione durante l’emergenza rifiuti in Campania. L’opera non è stata poi compiuta. Tra gli elementi di censura del collegio dei giudici (presidente Ubaldo Perrotta, giudici estensori Antonio Cantillo e Mariano Sorrentino), l’inutilità di nominare un project manager in presenza di un Responsabile Unico del Procedimento, sottolineata in aula dal pm Roberto Penna durante il dibattimento, che parlò di inutile duplicazione delle stesse funzioni.
In uno dei passaggi chiave delle motivazioni, i magistrati giudicanti sottolineano che “l’inesistenza della figura della nomina del project manager, la totale assenza di motivazione circa la necessità della nomina e la scelta della persona nominata; l’accertata falsità delle giustificazioni postume; la particolare qualificazione dei protagonisti della vicenda, i rapporti interpersonali strettissimi tra nominante e nominato Alberto Di Lorenzo, il capo staff dell’ex sindaco, geometra con laurea triennale in Scienza di Governo, anche lui condannato a un anno ndr); il successivo occultamento sul sito web,la presenza, all’interno del gruppo, di persone astrattamente più qualificate; la circostanza che l’opera svolta non risulta essersi concretizzata in attività di particolare complessità ed importanza; il fatto che Di Lorenzo, in prospettiva, avrebbe potuto guadagnare una somma ben maggiore di quella liquidatagli con il provvedimento del marzo del 2009 (circa 8000 euro al netto delle ritenute, ndr) sono tutti elementi dimostrativi del fatto che la nomina in contestazione, lungi dall’essere finalizzata a perseguire esclusivamente una finalità pubblica, aveva l’unico scopo di svincolare Di Lorenzo dal gruppo di lavoro e attribuirgli una inventata posizione apicale, con conseguente riconoscimento di una più sostanziosa retribuzione“.
De Luca, dopo 24 ore di silenzio, ha deciso di pubblicare la sentenza sul suo sito internet “in nome della trasparenza” e ha ripetuto la sua difesa: “Una sentenza che ribadisce che l’abuso d’ufficio consiste in un reato ‘linguistico’, cioè nell’aver nominato anziché un coordinatore del gruppo di lavoro un project manager, figura non presente nella normativa generale in materia di appalti”.


“Il Tribunale di Salerno, che lo ha condannato per abuso d’ufficio, ha detto chiaramente che la figura del project manager non è prevista nel codice degli appalti. Adesso il sindaco decaduto di Salerno, Vincenzo De Luca, la smetterà di parlare di reato linguistico”. A dirlo i parlamentari pentastellati Isabella AdinolfiAndrea CioffiSilvia GiordanoGirolamo Pisano ed Angelo Tofalo. “La motivazione della sentenza – rimarcano – finalmente smaschera venti anni di amministrazione ‘deluchiana’ improntata su leggi e norme completamente inventate per accrescere il consenso elettorale. Oggi è stato dimostrato che a Salerno non esiste la legge De Luca. Esiste la legge degli appalti che il candidato governatore del Pd non ha rispettato. Esiste la legge Severino che, sulla scia del patetico e fantomatico reato linguistico, Vincenzo De Luca e il Pd continuano a snobbare. Ed esiste il M5S che è riuscito a far rispettare la legge sull’incompatibilità del doppio incarico facendolo decadere da sindaco. Noi siamo per la legalità. Il folklore e le invenzioni linguistiche le lasciamo agli showman come De Luca”. “Queste motivazioni – spiega il legale dei parlamentari del Movimento 5 Stelle, Oreste Agosto – dimostrano dal punto di vista legale, l’illegalità dell’agire dell’amministrazione comunale e rafforza ancora di più il nostro pensiero giuridico sulla chiara incandidabilità di De Luca a governatore della Regione Campania”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/21/de-luca-motivazioni-condanna-nomino-braccio-destro-per-dargli-soldi/1610995/

Fratelli d’Itaglia: la bandiera dell’ipocrisia di un paese guerrafondaio che parla di pace. - Sergio Di Cori Modigliani


Com’erano contenti, il 20 Marzo del 2011, i nostri politici! Come una pasqua annunciata.
Com’erano contenti quando i primi tornado dell’aeronautica militare italiana, la notte tra il 20 e il 21, all’alba della primavera, partirono per andare a bombardare l’intero sistema idrico e di infrastrutture legate all’erogazione dell’acqua e dell’elettricità, nel sud della Libia, condannando la popolazione del Mali, centinaia di tribù di beduini e gli abitanti di almeno 200 piccole città alla sete perfida, al buio, alla fame e allo sterminio.
Erano felici e gongolanti, perché si trattava di un grosso business, iniziato con un atto di pirateria internazionale partito dalla city di Londra e attivato alla Borsa di Milano che è proprietà del London Stock Exchange: senza alcun avvertimento, violando ogni rispetto della Legge e facendo applicare il codice militare sulla base “di uno stato di guerra dichiarato” il governo di Londra, Washington e Roma, prosciugarono 146 conti correnti intestati a Gheddafi e a membri del suo governo per un controvalore corrispondente a circa 60 miliardi di euro. Si pagarono le spese militari in anticipo. Fatti i calcoli alla fine della guerra, all’Italia sono andati circa 14 miliardi di profitto netto di cui il paese aveva urgente bisogno per andare a coprire la falla spaventosa nei conti pubblici, provocata dalle politiche nefaste di Berlusconi e Tremonti, l’accoppiata che aveva messo in ginocchio il paese senza che la gente (ancora) si fosse accorta di ciò che stava accadendo. E i partiti hanno preso la loro quota parte, d’accordo con il sistema bancario nazionale, attraverso un altro meccanismo di pirateria legale: 1250 aziende statali libiche che operavano in Italia in joint venture con imprenditori italiani, sono state cancellate pigiando un pulsante sulla tastiera del computer. Quelle banche si sono presi i soldi che sono stati poi distribuiti dagli amministratori responsabili ai loro politici di riferimento. In totale si trattava di circa 12 miliardi di euro. Soprattutto nel Veneto, dove la Lega Nord aveva messo in piedi un centinaio di società miste finanziate da Gheddafi, per devastare i terreni agricoli, senza alcun rispetto per le condizioni idro-geologiche del territorio e costruire giganteschi centri commerciali nelle periferie di Vicenza, Verona, Padova con un aumento della cementificazione che, tra il 2001 e il 2011, è risultato superiore del 450% rispetto a quello tra il 1991 e il 2001.
Che bel business che è stato.
Che meraviglia, la guerra per gli italiani. Come la sanno far bene e quanto piace a questo paese andare in giro per il mondo a far la guerra. C’è ancora gente che osa prendersela quotidianamente con Obama o con Putin -a seconda della propria appartenenza politico-ideologica- denunciando il loro imperialismo militare, senza mai neppure menzionare quello nostrano, il peggiore in assoluto: perché è ipocrita, clandestino, nascosto, celato. Come del resto in Siria, dato che aziende italiane lombarde hanno avuto l’appalto per la gestione di tutti i sistemi di sicurezza e intelligence di Assad, e dopo la Russia, l’Italia è il più importante fornitore d’armi della Siria. Nei tre anni di guerra civile siriana che hanno provocato la morte di circa 250.000 persone (per lo più civili innocenti) e provocato la genesi di circa 2 milioni di profughi da quel paese, l’Italia ha incassato diverse decine di miliardi di euro.
Come nazione abbiamo sulla coscienza la vita di circa 2 milioni di persone, residenti nella zona meridionale della Libia, nel territorio di confine con il Niger e il Ciad, esseri umani che sono morti di sete in pochi mesi, perché i bombardamenti dei nostri aerei hanno completamente distrutto l’intero sistema di irrigazione e di fogne condannando la popolazione locale alla morte. Oltre ad aver distrutto l’intera produzione agricola di ben quattro paesi africani che godevano di acqua grazie a quelle infrastrutture. Adesso ci sono i francesi e l’Eni a lavorare per rimettere in piede la situazione. E tutti quei morti innocenti?
E’ bene sapere chi si è e che cosa si è fatto.
A differenza degli Usa, della Russia, della Gran Bretagna e della Francia, nazioni che quando decidono e scelgono di flettere i muscoli lo fanno, lo dicono, ed esibiscono pubblicamente il loro orgoglio macho, l’Italia, da sempre, finge di essere innocente o, ancora peggio, pacifista o comunque sia vittima inconsapevole di un sistema prodotto da altri, la Nato (per quelli anti-americani della sinistra stracciona) o Putin che era un loro alleato (per la cosiddetta destra liberale anti-russofila).
Non è così.
E l’unità che oggi viene chiesta a gran voce dall’intera classe politica dirigente, con la scusa del dover affrontare una crisi umanitaria, nel nome di un’idea nazione che non esiste, non è altro che l’anticamera per andare a fare un’altra guerra come la Repubblica Italiana sta facendo dal 2003 senza aver mai modificato di un millimetro la propria politica estera: siamo una nazione guerrafondaia, imperialista, dedita al banditismo internazionale.
L’importante è saperlo.
Cerchiamo di evolverci e di sottrarci all’ipocrisia di Stato di tutte le componenti politiche.
NO ALLA GUERRA!
russell

Migranti, Di Battista (M5S): "Da Renzi luoghi comuni. Lasci fare a chi ha onestà".



Grande DiBa!