giovedì 8 giugno 2017

Scontro al Bilderberg 2017. - Thierry Meyssan

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Non esistono fotografie della riunione del gruppo Bilderberg, il cui lavoro è riservato. La sicurezza per l’incontro non è gestita dall’FBI, né dalla polizia della Virginia, ma da una milizia privata organizzata dalla NATO.

Mentre il presidente Trump sembra aver più o meno risolto i suoi problemi di autorità interna, il conflitto ormai si manifesta in seno alla NATO. Washington sta parlando attualmente contro la manipolazione del terrorismo, mentre Londra non ha intenzione di rinunciare a uno strumento così utile per estendere la propria influenza. Il gruppo Bilderberg, inizialmente organizzato come una cassa di risonanza dell’Alleanza, è appena stato teatro di un difficile dibattito tra i partigiani e gli avversari dell’imperialismo in Medio Oriente.

[Questo articolo è stato scritto il 4 giugno 2017. Non menziona quindi l’attuale crisi diplomatica in Medio Oriente, anche se questa ne conferma le ipotesi. Due campi iniziano a prendere forma: da una parte il Qatar e il Regno Unito, già ufficialmente sostenuti dall’Iran, la Turchia e Hamas; dall’altro l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti, già sostenuti da Bahrain, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Israele, Libia (governo Baida), Maldive, Mauritius e Yemen (governo di Abdrabbo Mansour Hadi).]

Il gruppo Bilderberg è stato creato nel 1954 dalla CIA e dall’MI6 per sostenere l’Alleanza Atlantica. Aveva lo scopo di riunire personalità del mondo economico e mediatico assieme ai leader politici e militari per sensibilizzare la società civile di fronte al «pericolo rosso». Lungi dall’essere un luogo di decisione, questo club molto esclusivo è stato storicamente un forum in cui gli anziani dovevano rivaleggiare in fedeltà a Londra e Washington, e i membri più giovani dovevano dimostrare che ci si poteva fidare di loro contro i sovietici [1].
Fu durante la riunione annuale del 1979 che Bernard Lewis rivelò a coloro che erano presenti il ruolo della Fratellanza Musulmana nella resistenza al governo comunista afgano. Questo islamologo israelo-britannico-americano ha poi proposto che la «guerra per la libertà» (sic) fosse estesa a tutta l’Asia centrale.
Nel 2008, cioè con due anni e mezzo di anticipo, Basma Kodmani (futuro portavoce dell’opposizione siriana) e Volker Perthes (futuro consulente di Jeffrey Feltman per la totale e incondizionata capitolazione della Siria [2]) spiegarono l’interesse a sostenere la Fratellanza Musulmana per dominare il Medio Oriente. Sottolinearono la "moderazione" della Fratellanza di fronte all’Occidente e il contrasto offerto dal sovranismo "estremista" dell’Iran e della Siria [3].
Ed è stato nel 2013 che il presidente del padronato tedesco, Ulrich Grillo, ha perorato l’organizzazione di una massiccia migrazione di 800.000 operai siriani verso le fabbriche tedesche [4].
Il Bilderberg 2017.
Il gruppo Bilderberg ha appena tenuto la sua riunione del 2017, dal 1° al 4 giugno, negli Stati Uniti. Contrariamente all’abitudine, i 130 partecipanti non hanno tutti difeso lo stesso progetto. Al contrario - seguendo i discorsi di Donald Trump al vertice arabo-islamico-statunitense e alla NATO [5], la CIA e l’MI6 hanno organizzato il primo giorno un dibattito che opponeva i partigiani della lotta contro l’islamismo contro coloro che lo sostengono. Il punto consisteva ovviamente nel trovare un compromesso tra i due campi o di riconoscere dei dissensi senza che li si lasciasse distruggere l’obiettivo iniziale dell’Alleanza: la lotta contro la Russia [6].
Sul lato anti-islamista (che si oppone non tanto alla religione musulmana, quanto all’Islam politico come formulato da Sayyid Qutb) si notava la presenza del generale H. R. McMaster (consigliere nazionale di sicurezza del presidente Trump) e della sua esperta Nadia Schadlow. McMaster è uno stratega riconosciuto le cui teorie sono state verificate sul campo di battaglia. Schadlow ha soprattutto lavorato sui modi di trasformare le vittorie militari in successi politici. Si è particolarmente interessata alla ristrutturazione dei movimenti politici nei paesi conquistati. Presto dovrebbe pubblicare un nuovo libro sulla lotta contro il radicalismo islamico.
Sul lato filo-islamista, si notava la presenza, per gli Stati Uniti, di John Brennan (ex direttore della CIA) e dei suoi ex subordinati Avril Haines e David Cohen (finanziamento del terrorismo). Per il Regno Unito, Sir John Sawers (ex direttore dell’MI6 e protettore di lunga data della Fratellanza) e il generale Nicholas Houghton (ex capo dello stato maggiore, che aveva pianificato un’invasione di terra della Siria).
Per la Francia, il generale Benoît Puga (ex capo dello stato maggiore dell’Eliseo e comandante delle Forze Speciali in Siria) e Bruno Tertrais (stratega neoconservatore del Ministero della Difesa). Infine, per il settore privato, Henry Kravis (Direttore del fondo d’investimento KKR e tesoriere ufficioso di Daesh) nonché il generale David Petraeus (co-fondatore di Daesh).
E se questo squilibrio non fosse bastato, gli organizzatori avevano previsto la presenza di esperti in grado di giustificare l’ingiustificabile, come il professor Niell Fergusson (storico del colonialismo britannico).
L’eventuale inversione delle alleanze.
Ci vorrà un po’ di tempo prima di sapere cosa è stato detto durante questo incontro e comprendere le conclusioni che sono state raggiunte dai vari partecipanti. Tuttavia, sappiamo già che Londra sta spingendo per un cambiamento di paradigma nel Medio Oriente. Se viene abbandonato il modello della «Primavera araba» (riproduzione della «rivolta araba del 1916» organizzata da Lawrence d’Arabia per sostituire l’impero ottomano con l’Impero britannico), l’MI6 spera di creare un nuovo accordo sulla base dell’islamismo politico.
Di conseguenza, mentre Washington ha rinnovato la sua alleanza con l’Arabia Saudita e l’ha convinta a rompere con la Fratellanza in cambio di 110 miliardi di dollari di armamenti [7], Londra sta spingendo per un accordo tra l’Iran, il Qatar, la Turchia e il Fratelli Musulmani. Se si dovesse realizzare questo progetto, avremmo sperimentato l’abbandono del conflitto sunniti/sciiti e la creazione di una «mezzaluna dell’Islam politico» che va da Teheran, a Doha, Ankara, Idlib, Beirut e Gaza. Questa nuova distribuzione consentirebbe al Regno Unito di mantenere la sua influenza nella regione.
L’unica cosa su cui sembrano concordare gli alleati è la necessità di abbandonare il principio di uno Stato jihadista. Tutti ammettono che il diavolo deve essere rimesso nella sua scatola. Ciò significa sbarazzarsi di Daesh, anche se certuni continuano a lavorare con Al-Qa’ida. È per questo che, preoccupato per la sua sopravvivenza, l’auto-proclamato Califfo ha trasmesso in modo segreto un ultimatum a Downing Street e all’Eliseo.
Fare una scelta di campo.
Vedremo nei prossimi mesi se la giravolta dell’Arabia Saudita è genuina. Sarebbe una buona notizia per i siriani, ma sarebbe cattiva per gli yemeniti (che il mondo occidentale poi ignorerebbe). Offrirà al re Salman la possibilità di stimolare l’evoluzione del wahhabismo da setta fanatica a religione normale. Già ora l’improvviso conflitto che oppone Riad a Doha sulla questione dell’Iran viene duplicato da una polemica sulla possibile parentela tra il fondatore della setta, Mohammed ben Abdelwahhab e la dinastia qatariota degli Al-Thani: una rivendicazione che ha fatto infuriare la dinastia Saud.
Il progetto di «Islam politico» consiste nell’unire i Fratelli Musulmani ai Khomeinisti. Implica che l’Iran, e anche Hezbollah, dovrebbero sostituire questa problematica alla lotta contro l’imperialismo. Se questo avvenisse, porterebbe certamente al ritiro dell’Iran dalla Siria. La Casa Bianca sta prendendo questo molto seriamente e si sta preparando freneticamente per tutto ciò. Nel suo discorso a Riad, Donald Trump ha già designato Teheran come suo nuovo nemico e ha appena nominato Michael D’Andrea (che ha organizzato l’assassinio di Imad Mougniyeh a Damasco nel 2008) come responsabile della sezione iraniana della CIA [8].
La Russia si era già preparata a un potenziale nuovo accordo in Medio Oriente. Di conseguenza, sostenendo la Siria, ha perseguito la sua ambizione di ottenere l’accesso alle "acque calde" e ha cercato il ravvicinamento con il suo avversario ereditario, la Turchia, per essere in grado di navigare liberamente attraverso i Dardanelli e il Bosforo (indispensabili per entrare nel Mediterraneo). Tuttavia, a lungo termine, l’Islam politico potrà solo causarle problemi nel Caucaso.
Come sempre quando i giocatori ordinano le loro carte, tutti devono definire le proprie posizioni. Il Regno Unito difende il suo Impero, la Francia difende la sua classe dirigente e gli Stati Uniti difendono il proprio popolo. In Medio Oriente, certi lottano per la loro comunità, altri per le loro idee. Ma le cose non sono sempre così semplici. Così, l’Iran potrebbe seguire l’ideale dell’Imam Khomeiny, confondendo il fine e i mezzi. Ciò che all’inizio era una rivoluzione anti-imperialista guidata dalla forza dell’Islam potrebbe evolvere in una semplice affermazione dell’uso politico di questa religione.
Le conseguenze nel resto del mondo.
L’MI6 e la CIA hanno preso un grande rischio nell’invitare un non-atlantista alla riunione di Bilderberg 2017. L’ambasciatore cinese, Cui Tiankai, che doveva parlare solo nel quarto giorno del seminario, ha dunque potuto valutare le posizioni di Ogni membro della NATO fin dal primo giorno.
Da una parte, Pechino sta contando sulla collaborazione di Donald Trump, l’apertura agli Stati Uniti della sua Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB) e lo sviluppo di tutte le sue rotte commerciali. D’altra parte, spera che il Brexit si tradurrà in un’alleanza economica e finanziaria con Londra [9].
L’ambasciatore Cui, che era il direttore del Centro di Ricerca Politica per il Ministero cinese degli Esteri, potrebbe forse essere soddisfatto della semplice distruzione di Daesh. Ma non è ignaro del fatto che coloro che hanno organizzato il Califfato per tagliare la «Via della Seta» in Iraq e in Siria, e poi la guerra in Ucraina per tagliare la «Nuova Via della Seta» si preparano, preventivamente, ad aprire un terzo fronte nelle Filippine e un quarto in Venezuela per tagliare altri progetti di comunicazione.
Da questo punto di vista, la Cina, che, come la Russia, ha un interesse a sostenere Donald Trump, se non altro per prevenire il terrorismo nel proprio paese, si interrogherà sulle possibili conseguenze a lungo termine di un’egemonia britannica nella «mezzaluna dell’Islam politico».
Traduzione
Matzu Yagi
http://www.voltairenet.org/article196688.html


Riferendomi alla frase tratta da testo dell'articolo: "Nel suo discorso a Riad, Donald Trump ha già designato Teheran come suo nuovo nemico..."
mi spiego i motivi dell'attentato subito da Teheran e rivendicato dall'Isis. E mi spiego anche perchè gli USA abbiano rinnovato l'alleanza con l’Arabia Saudita e l’abbiano convinta a rompere con la Fratellanza in cambio di 110 miliardi di dollari di armamenti che finiscono, come sappiamo, all'Isis. La matrice degli attentati, dunque, anche se non diretta ma per interposta persona, è sempre la stessa.

mercoledì 7 giugno 2017

"L'ho ucciso e sciolto nell'acido Vi racconto quell'orrore".

Risultati immagini per giuseppe di matteo

Nell'altro processo per il rapimento e l'omicidio di Giuseppe Di Matteo, il 28 luglio 1998, è stato ascoltato il pentito Vincenzo Chiodo. Il verbale di quell'udienza è una lucida ricostruzione dell'orrore perpetrato da Cosa nostra. Eccolo.

Chiodo Vincenzo all’udienza del 28 luglio 1998 ha anch’egli raccontato le fasi della uccisione del bambino, soppresso la sera dell'11 gennaio 1996. Ricordava bene tale data, giacchè mancava appena un mese e un giorno al suo compleanno, essendo egli nato il 12 febbraio 1963.
Già nelle sere precedenti era stata avvertito da Francesco La Rosa di recarsi in campagna, perchè doveva arrivare Enzo Salvatore Brusca. Aveva a lungo atteso in una diversa strada, giacchè - come aveva fatto sapere al Brusca tramite il La Rosa medesimo - la via maestra non era transitabile a causa delle piogge e doveva seguirsi altro percorso. La prima sera lo stesso La Rosa lo aveva informato che Brusca non sarebbe venuto e che l’appuntamento era rinviato all’indomani. Lo stesso era avvenuto il giorno seguente, allorchè aveva atteso invano dalle ore 19 sino alle ore 22 o 23. La Rosa non gli aveva spiegato le ragione della venuta del Brusca. La terza sera, infine, il medesimo La Rosa lo aveva ancora una volta avvertito che l’incontro ci sarebbe stato; gli aveva anzi detto di preparare della carne per la cena. Aveva invitato il suo interlocutore a rimanere in loro compagnia, ma questi, all’apparenza terrorizzato, aveva declinato l’invito, dicendogli: “No no, me ne vado, sono fatti vostri, fatti vostri e fatti vostri”.
Tale comportamento gli era sembrato alquanto strano, anche perchè il La Rosa di solito aveva sempre accettato di buon grado l’invito.
In controesame all’udienza del 29.7.98 Chiodo ha ribadito che aveva atteso la venuta di Enzo Brusca in quel di Giambascio almeno un paio di giorni prima. Erano stati Monticciolo Giuseppe e La Rosa Francesco ad avvertirlo che doveva sopraggiungere il Brusca; era impossibile che avessero potuto prenderlo in giro, perchè su queste cose non si era mai scherzato.
Dopo che il piccolo Di Matteo era rimasto definitivamente a Giambascio, il Brusca Enzo Salvatore non aveva piu` frequentato quella casa; era venuto soltanto il giorno in cui era stato strangolato l’ostaggio. Doveva arrivare due giorni prima, ma Chiodo sconosceva se doveva rimanere lì o se per il bambino; nessuno gli aveva detto alcunchè, in quanto gli era stato ordinato soltanto di comprare della carne e quel che potesse servire per la cena e di attendere nella casa.
Enzo Salvatore Brusca era arrivato verso le ore 21 a bordo di una Fiat Uno pilotata da altra persona che Chiodo, nascosto tra i cespugli a fumare una sigaretta, non aveva riconosciuto. Era sceso dalla macchina, aveva saluto il suo accompagnatore, che era andato subito via, ed era andato incontro al collaborante che frattanto era uscito allo scoperto.
Enzo Brusca lo aveva messo sottobraccio e gli aveva detto “figliolo, andiamo !”, ritenendo che fossero a piedi. Chiodo aveva prelevato la macchina che aveva in precedenza nascosto ed insieme avevano raggiunto la casa di Giambascio. Appena davanti al cancello, Brusca gli aveva chiesto del bambino, che non aveva più rivisto sin da quando era stato portato a Giambascio. Il collaborante lo aveva rassicurato che stava bene e che quel giorno aveva mangiato delle uova che il ragazzo stesso aveva cucinato, avendo a disposizione un fornellino. Aveva manifestato contemporaneamente il desiderio di vederlo ed, avendogli egli fatto presente che aveva lasciato nella sua abitazione in paese il telecomando per azionare il saliscendi e le chiavi per aprire la porta di ferro, aveva detto di soprassedere sino all’arrivo di Giuseppe Monticciolo. Chiodo aveva così appreso che doveva sopraggiungere pure quest’ultimo.
Costui era arrivato poco dopo ed aveva esplicitamente comunicato che si doveva uccidere il bambino, senza specificare chi ne avesse impartito l’ordine; aveva contemporaneamente chiesto a Vincenzo Chiodo - il quale aveva già intuito la terribile sorte che stava per toccare all’ostaggio attraverso l’eccessivo interessamento dimostrato dal Brusca verso il ragazzo - se se la sentisse di farlo.
Enzo Brusca aveva mostrato una certa riluttanza e, nel vano tentativo di soprassedere, aveva fatto presente che Chiodo non aveva con sè il telecomando e che oltre tutto occorreva prelevare l’acido presso tal “Funcidda” per dissolvere il corpo, la nafta per attivare il generatore di corrente elettrico ed altro.
Quando Monticciolo aveva, dunque, comunicato quella sera la suprema decisione, dopo che Enzo Brusca, avanzando difficoltà organizzative, aveva proposto che la macabra operazione fosse rinviata all’indomani e dopo che era prevalsa la linea oltranzista del Monticciolo medesimo, si erano un po' consultati per distribuire a ciascuno il proprio compito, essendovi parecchia indecisione su chi dovesse materialmente uccidere il bambino. Monticciolo proponeva, infatti, che fosse il Chiodo o il Brusca ad agire, dicendo: “lo fai tu, lo faccio io”; Enzo Brusca in apparenza manifestava la volontà che il Chiodo ne fosse tenuto fuori, ma in concreto voleva verificare se il collaborante si facesse avanti.
Ad ogni buon conto, avevano organizzato le operazioni preliminari: Monticciolo si era allontanato adducendo che si recava a prendere l’acido presso tale “Funcidda”, che il collaborante sconosceva; Chiodo si era recato in paese per prendere nella sua officina un fusto in lamiera, uno scalpello e un mazzuolo per scoperchiare il fusto. Si era poi ricordato che un recipiente siffatto era custodito a Giambascio, sicchè si era limitato a prelevare un bruciatore a gas, lo scalpello, il mazzuolo, il telecomando, le chiavi e ad acquistare presso il distributore di carburante la nafta.
Munito dell’occorrente necessario, il collaborante era ritornato in campagna e poco dopo era tornato pure Giuseppe Monticciolo, portando due fustini di plastica di circa venti litri pieni di acido; aveva, quindi, prelevato da un capanno uno dei fusti utilizzati per conservare la nafta, lo aveva portato dentro casa e con scalpello e martello aveva provveduto a scoperchiare il fusto, cercando di fare il minor rumore possibile.
Compiuta tale operazione, tutti e tre insieme avevano portato giù nel bunker il fusto appena tagliato e i due fustini di acido, depositandoli davanti la porta della cella dell’ostaggio. 

Monticciolo aveva contemporaneamente riferito al Chiodo che doveva far scrivere al bambino una lettera, nella quale egli comunicava al nonno che era stato abbandonato da tutti, che aveva tentato il suicidio impiccandosi con le lenzuola, ma che era stata salvato. Insieme - Monticciolo e Chiodo - ne avevano poi indicato il testo al bambino, invitandolo a preparare la missiva che avrebbero ritirato dopo.
Erano risaliti nel piano superiore, uscendo fuori, e avevano cenato nella cucina sottostante, mangiando carne arrostita in padella, preparata dal Chiodo. Dopo cena, che si era svolta in un clima del tutto tranquillo, il collaborante aveva tagliato un pezzo di corda da una fune che si trovava all’esterno ed Enzo Brusca l’aveva annodata per formare il cappio.
Erano ridiscesi nel bunker; Chiodo si era fatto consegnare la lettera, ritirandola dalla mani del ragazzo senza fare uso di guanti (tanto da essere stato rimproverato dal Monticciolo per il fatto che avrebbe potuto lasciare pericolose impronte digitali); si erano infine apprestati a compiere la macabra operazione dello strangolamento.
Chiodo, nonostante che Enzo Brusca avesse prima manifestato il suo dissenso a che egli intervenisse, si era fatto avanti in omaggio alla regola che più volte gli aveva ripetuto lo stesso Brusca: “Mai tirarsi indietro su qualsiasi eventuale occasione”. Era del tutto tranquillo, non lo impensieriva minimamente il fatto che dovesse uccidere un bambino: “... il dovere era piu` forte di questo, cioe` perche' li` non e` che uno poteva rifiutare al momento questo, perche' poteva succedere diciamo il peggio”. In quel momento non aveva neppure pensato ai suoi figli; se ne era vergognato di fronte a loro quando aveva fatto la sua scelta di collaborare.
Era la prima volta che uccideva una persona; in precedenza aveva collaborato con i medesimi soggetti e con l'aggiunta di Romualdo Agrigento all’occultamento di cadaveri.
Sempre in controesame, Chiodo ha aggiunto che, quando si doveva strangolare il bambino, sia il Monticciolo che Enzo Brusca gli avevano detto: “Va beh, lo fai appoggiare li` al muro, gli metti la corda al collo, la tiri che poi noi ti aiutiamo”. In effetti Chiodo - così come gli era stato ordinato - aveva fatto appoggiare il bambino al muro con le braccia alzate, gli aveva messo la corda al collo, l'aveva tirata ed erano intervenuti gli altri. In pochi attimi il piccolo era rimasto soffocato.
Il collaborante, quasi con aria di compiacimento, ha spiegato in dettaglio tutte le operazioni compiute; aveva aperto la porta; il ragazzo stava in piedi vicino al letto ed ha così proseguito il suo racconto:


“Si, allora gia` eravamo nella stanza, io ho aperto la porta..., ho fatto pure fatica ad aprire la porta perche' era quasi arrugginita, perche' giu` c'era molta umidita`..., c'era sempre la condensa del corpo che stava chiuso senza avere un'aria ... come in altre case. Allora io ho detto al bambino - io ero ancora incappucciato - ho detto al bambino di mettersi in un angolo cioe` vicino al letto, quasi ai piedi del letto, in un angolo con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io gli ho detto, si e` messo di fronte il muro, diciamo, a faccia al muro. Io ci sono andato da dietro, ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l'ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si e` messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia) e Monticciolo si e` messo sulle gambe del bambino per evitare che si muoveva. Nel momento della aggressione che io ho buttato il bambino giu` e Monticciolo si stava avviando per tenere le gambe, gli dice "mi dispiace", rivolto al bambino, "tuo papa` ha fatto il cornuto". Nello stesso momento o subito dopo Enzo Brusca dice "ti dovevo guardare meglio degli occhi miei", dice, "eppure chi lo doveva dire?", queste sono state le parole diciamo al bambino.
Io mi ricordo il bambino, cioe` me lo ricordo quasi giornalmente la faccia, diciamo, mi ricordo sempre, ce l'ho sempre davanti agli occhi. ...Il bambino non ha capito niente, perche' non se l'aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era.. come voglio dire, non aveva la reazione piu` di un bambino, sembrava molle, ... anche se non ci mancava mangiare, non ci mancava niente, ma sicuramente.. non lo so, mancanza di liberta`, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro..., cioe` questo, il bambino penso che non ha capito niente, neanche lui ha capito, dice: sto morendo, penso non l'abbia neanche capito. Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo quello e poi non si e` mosso piu`, solo gli occhi, cioe` girava gli occhi ... A me poi mi sono cominciate tremare le gambe ed io ho lasciato il posto a Monticciolo, che lui mi ha detto di andare anche sopra, dopo che pero` il bambino penso che gia` era morto perche' si vedeva che gia` gli occhi proprio al di fuori... vedevo la bava che gli usciva tutta dalla bocca. Ed io sono uscito, nell'attimo che stavo andando sopra a vedere se c'era movimento strano ... e ho visto il Monticciolo che tirava forte la corda e con il piede batteva forte nella corda per potere stringere ancora il cappio, nella corda... Ho preso un pochettino d'aria, sono risceso e ho detto a Monticciolo "dammi di nuovo a me la corda" e il Monticciolo dice "va beh, lascia stare", finche` poi il bambino gia` era morto. Enzo Brusca ogni tanto si appoggiava al petto del bambino per sentire i battiti del cuore, quando ha visto che il bambino gia` era morto mi ha ordinato Enzo Brusca a me "spoglialo". Io ho spogliato il bambino e il bambino era urinato e si era fatto anche addosso dalla paura di quello che abbia potuto capire, diciamo, o e` un fatto naturale perche' e` gonfiato il bambino. Dopo averlo spogliato, ci abbiamo tolto, aveva un orologio al polso e tutto, abbiamo versato l'acido nel fusto e abbiamo preso il bambino. Io l'ho preso per i piedi e Monticciolo e Brusca l'hanno preso per un braccio, l'uno, cosi`, e l'abbiamo messo nell'acido e ce ne siamo andati sopra. Andando sopra abbiamo lasciato il tappo del tunnel socchiuso per fare uscire il vapore dell'acido che usciva... Quando siamo saliti sopra Enzo Brusca e Monticciolo mi hanno baciato, dicendo che mi ero comportato.. come se mi avessero fatto gli auguri di Natale o chissa`...., complimentandosi per come mi ero comportato... Siamo entrati dentro la casa dove avevamo cenato prima, cosi`, eravamo li`, abbiamo fumato una sigaretta, si parlava cosi`. Poi dopo un po' Enzo Brusca mi dice "vai sopra, vai a guardare che cosa c'e`, se funziona l'acido, se va bene o meno”.

In quel momento non aveva avvertito emozioni di sorta: “Io ero un soldato, io eseguivo.. io ho condiviso sempre le scelte di Brusca e le scelte degli altri, io mi sento responsabile, io non voglio.. cioe` non voglio incolpare altri e discolpare la mia persona, io mi sento responsabile come e` responsabile Brusca e tutti, io mi sento responsabile diciamo, anche se io posso dire che era meglio se non succedeva il discorso del bambino e non succedeva che io ero presente in quella situazione, cioe` questo, e non lo auguro a nessuno, diciamo, ne' primo, ne' chi ne ha fatto uno, ne' chi ne ha fatto due, ne' chi ne ha fatto tre, perche' io non lo so se i miei figli mi possono a me perdonare. Prima il Presidente me lo diceva, io a volte non ho il coraggio di guardare i miei figli”. Ed ha proseguito: “Io ci sono andato giu`, sono andato a vedere li` e del bambino c'era solo un pezzo di gamba e una parte della schiena, perche' io ho cercato di mescolare con un bastone e ho visto che c'era solo un pezzo di gamba ... e una parte.. pero` era un attimo perche' sono andato.. uscito perche' li` dentro la puzza dell'acido ... era.. cioe` si soffocava li` dentro. Poi siamo andati tutti a letto a dormire, abbiamo dormito li`. Monticciolo mi ha detto che alle 5 lo dovevo chiamare perche' lui se ne doveva andare; abbiamo dormito tutti e tre assieme nello stesso letto matrimoniale che avevamo nella stanza lì”.
Chiodo si era svegliato di buon mattino; aveva svegliato il Monticciolo che era andato via e si era recato a svuotare il fusto, rifiutando l’intervento dell’Enzo Brusca che aveva offerto la sua collaborazione. Il corpo del povero ragazzo si era interamente liquefatto senza che nulla di solido fosse rimasto, salvo la corda che gli era rimasta messa al collo. Con una latta aveva prelevato quel liquido di colore scuro versandolo nei due bidoncini di plastica che prima contenevano l’acido, svuotandoli in aperta campagna.
Aveva riportato in superficie il fusto e il Brusca vedendo la corda che era rimasta aveva detto scherzando al Chiodo di tenerla per trofeo. Aveva bruciato il materasso dove dormiva l’ostaggio, i suoi indumenti e tutto quanto si apparteneva al bambino. Con un’ascia aveva fatto in mille pezzettini la rete, sulla quale era stata adagiato il materasso e che era stata ancorato al pavimento con i piedi annegati nel cemento (operazione che aveva in precedenza fatto il La Rosa, per evitare che il ragazzo l’alzasse e facesse rumore); aveva raccolto i pezzi, le coperte, la macchina fotografica in diversi sacchi della spazzatura che aveva distribuito in vari cassonetti.
Avevano, quindi, ripulito tutto, mettendo una pietra sopra nella vicenda.
Ancora in controesame, Chiodo ha precisato che dopo che era stato sciolto il corpo del bambino, era rimasto integro il pezzo di corda adoperato per strangolarlo e se ne era meravigliato, facendolo notare al Brusca, il quale gli aveva detto: “L'acido niente ci fa alla corda, tienetila per trofeo!”, in quanto era il suo primo delitto. In effetti, aveva bruciato la corda assieme a tutti gli altri oggetti, compreso il materasso e il fusto metallico che era stato messo sul fuoco per togliere qualsiasi traccia dell’acido.
Enzo Brusca gli aveva detto che la scoperta della vicenda del sequestro avrebbe fatto più danno della strage di Capaci in due occasioni. Glielo aveva ripetuto dopo che Foma aveva lasciato l’incarico, incontrandolo nella contrada Parrini, dicendogli: “Apriti gli occhi, stai attento, tu lo sai a cosa si va incontro, la responsabilita` che ti ritrovi...La responsabilita` che ti ritrovi sai qual e`? Adesso basta solo pensare che prima erano tante persone che badavano a questo bambino, adesso ti ritrovi tu solo a gestire, con diverse complicazioni che si sono aggravate. Stai attento, perche' lo sai che se succede che scoprono il bambino e cose.. fara` piu` scalpore della strage di Capaci”. Sostanzialmente Enzo Brusca, essendo un violento, alludeva anche alle sofferenze che erano stato inferte al piccolo Di Matteo che era stato tenuto in luoghi malsani, legato mani e piedi e sballottolato di qua e di là.
Nella casa di Giambascio era rimasto soltanto Enzo Brusca, che aveva poi diretto gli ulteriori lavori di muratura che erano stati subito dopo effettuati. Erano state infine ricoperte con l’intonaco le pareti lasciate grezze e si era proceduto alla piastrellatura del pavimento che era ancora mancante.


http://livesicilia.it/2013/03/18/lho-ucciso-e-sciolto-nellacido-vi-racconto-quellorrore_282787/

Questi infimi esseri viventi hanno diritto ad una morte dignitosa?
Sono degni di rispetto?
Chi bacia loro le mani merita rispetto?
Ognuno è libero di esprimere il proprio parere, di agire come crede, ma non può pretendere di essere compreso o compatito, non deve meravigliarsi se suscita disapprovazione e disprezzo.
L'abominio non può, in nessun caso, prevedere il perdono, la comprensione, la compassione. 

In caso contrario sarebbe un ulteriore abominio: sarebbe ipocrisia.

martedì 6 giugno 2017

Attentato di Manchester: quello che non sappiamo. - Graham Vanbergen



Il 22 maggio alle 22:30 circa una bomba è stata fatta detonare al concerto di Ariana Grande alla Manchester Arena, a Manchester, Regno Unito. Molto è emerso sulla stampa nazionale e sulla TV in merito all'attentato. Ma ci sono alcune cose che non sappiamo.

Nelle prime ore della mattina del 23 maggio - circa alle 2:35 ora locale - la NDTV attraverso il Washington Post ha dichiarato in modo abbastanza categorico che: "funzionari USA, parlando in modo anonimo, hanno identificato l'assaltatore come Salman Abedi. Non hanno fornito informazioni sulla sua età o nazionalità, e i funzionari britannici hanno rifiutato di fornire commenti sull'identità del sospettato".
Ciò è stato reso pubblico in un momento in cui la Polizia britannica e i servizi di sicurezza stavano rifiutando di rilasciare qualsiasi dichiarazione su chi fossero secondo loro gli attentatori, perché al momento stavano affrontando le conseguenze del disastro.
Ci si domanda come dei "funzionari USA" che richiedevano di restare anonimi potessero correttamente identificare l'individuo quattro ore dopo il disastro da una distanza di 3500 miglia, in particolare quando la Polizia britannica e i servizi di sicurezza continuavano a non fornire alcuna dichiarazione.

Più o meno allo stesso tempo appare questo tweet dell'editorialista e inviato del New York Observer, Andre Walker. C'è probabilmente una buona ragione del perché fosse a Manchester. Egli ha chiaramente dichiarato sul suo account twitter che questa immagine è falsa. Chi scrive è stato informato in modo attendibile che l'immagine rappresenta in effetti le porte di uscita della Manchester Arena giusto appena dopo l'attentato e la devastazione è evidente. Come questo giornalista sia entrato in possesso di questa immagine così velocemente, senza essere lì presente solo due minuti dopo la Polizia di Manchester, postando un tweet dove si diceva che stavano affrontando un grave incidente è difficile da capire.

Settantacinque minuti dopo l'attentato, non un singolo giornalista di Sky News o della BBC era ancora sulla scena dell'evento. Questo può essere accaduto per una serie di valide ragioni, non ultima il fatto che la polizia aveva ben recintato l'area. Entrambi i servizi sia di Sky che della BBC erano molto brevi e confusi. Giusto due minuti dopo lo stesso attentato, un inviato di una testata americana diffondeva immagini della carneficina (che non sono state retwittate, secondo quello che emerge dal suo account).

Secondo un blogger famoso e ben informato, il datore di lavoro di Andre Walker è niente meno che il genero di Donald Trump Jared Kushner. E che dopo numerose emails e richieste di informazioni ha risposto "Andrè è andato sul posto, non ha risposto né ai tweets, né alle emails".

Solo dopo le ore 6:00 del 23 maggio, la polizia di Manchester è sicura che c'è un responsabile e che è maschio e che si è fatto esplodere in una missione suicida. Confermano che ci sono 22 vittime decedute e 59 altre ricoverate in nosocomio con ferite. Nessun nome viene fatto.


Meno di un'ora dopo, la Polizia di Manchester fa un appello per la ricerca di testimoni, telecamere fisse o mobili per aiutare l'inchiesta.

Alle 6:53 La Polizia rilascia le prime informazioni ufficiali circa un arresto eseguito, ma ancora nessun nome.
Cominciano un gran numero di ipotesi da parte dei media. L'arresto è significativo? Alcune delle congetture dei media sono abbastanza ignobili e politicamente orientate.

L'altra sera The Guardian dichiara alle 23.18 che
"La Polizia ha confermato l'identità del ventiduenne Dopo
che fonti ufficiali degli Stati Uniti l'hanno diffusa ai giornalisti, apparentemente contro i desideri della polizia britannica e dei servizi di sicurezza".


Salman Abedi è ora ufficialmente identificato ed accusato di essere l'attentatore suicida. Sky News riferisce questa mattina (24 maggio) che ci sono 14 persone ancora disperse, in gran parte teenagers, ma tra di loro diverse persone adulte. Sky riferisce anche che "nel frattempo vi sono diversi cittadini Polacchi tra i dispersi".

La polizia è soddisfatta che la posizione di tutti i bambini non accompagnati è ora conosciuta.

Circa dieci ore dopo l'attentato viene reso noto che vi sono 22 vittime confermate come decedute e 59 in ospedale. Ma 14 ancora disperse. Senza dubbio il tempo chiarirà dove sono. Speriamo che tutte quante siano rimaste illese.

Le ultime (6:01) sono che 4 dei 14 dispersi sono stati identificati e sfortunatamente deceduti.

La bomba utilizzata era chiaramente molto sofisticata e doveva avere un super potere esplodente, se più morti vengono ancora identificati ben 30 ore dopo l'attentato.

La BBC riferisce che "Il Regno Unito non aveva visto un simile attacco dinamitardo sin dalla strage di Manchester del 2005, per tre semplici ragioni:
- richiede una certa competenza, che è difficile raggiungere senza un addestramento.
- richiede molta pianificazione e preparazione, entrambe le quali aumentano le opportunità che il MI5 ed altre agenzie possano scoprire cosa si sta preparando
- singoli individui che siano sufficientemente organizzati per mettere le prime due cose insieme e abbastanza determinati a seguire il loro piano fino alla sua terribile conclusione, sono molto rari"

La BBC riferisce anche che:
- Per più di un decennio, l'unità affari interni della BBC ha monitorato ogni singolo attentato terroristico, tentato o fallito, che sia di dominio pubblico.
- Molto semplicemente, molte delle persone che abbiamo visto portare a processo non sono in grado di preparare e portare a termine questo tipo di attentato. Molti aspirano al martirio e parlano di costruire bombe.
- Ma sono, per esser franchi, troppo stupidi e disorganizzati per convertire le loro fantasie in realtà o in alternativa sono stati catturati perché non sapevano come nascondere le proprie tracce.
- Molti jihadisti scartano un attacco dinamitardo al primo esame: realizzano che è troppo difficile da portare a termine. Possono accidentalmente uccidersi mentre fabbricano il dispositivo. I loro ordini di acquisto possono destare sospetti in una farmacia locale oppure on line, consentono ai servizi centrali di avere uno sguardo ravvicinato sulla loro vita digitale. Possono rivolgersi per l'aiuto a qualcun altro che, all'insaputa di entrambi, è già nel radar dell'MI5.

Un certo numero di agenzie informative sta riferendo che Salman Abedi  potrebbe non aver agito da solo. Questo sembra plausibile, come è poco probabile che un silenzioso 23enne possa aver pianificato questa atrocità tutto da solo. Il che significa maggiori problemi se i concorrenti non vengono rapidamente bloccati. E' noto che Abedi è andato e venuto dalla Libia. Viene riferito che uno dei suoi amici è stato ucciso in Libia da un drone.

Questo è il tredicesimo grande attentato terroristico in Europa in soli due anni - che ha visto l'uccisione collettiva di più di trecento civili innocenti e migliaia di feriti. A paragone, gli Stati Uniti hanno sofferto meno di 100 morti collegati al terrorismo, dopo gli attacchi dell'11.9.2001. Questo è perché l'America, largamente responsabile per l'aggressione di un certo numero di paesi nel Medio Oriente, è piazzata in modo sicuro nell'altro lato del pianeta. L'Europa è sulla soglia di tutti questi massacri.

C'è molto che ancora non conosciamo a proposito di queste atrocità e chissà quanto ancora dovremo aspettare. Sembra esserci stata una qualche interferenza di Washington in questo attentato e ancora, uno può solo ipotizzare. Forse leggere questo articolo può aiutare a mettere in relazione un po' più di punti:  BREXIT: Proof That Britain's EU Referendum Was Rigged. Questo articolo conferma l'estensione delle interferenze americane oltraggiose ed illegali, avvenute di recente nella politica britannica.

Noi non sappiamo perché persone come Abedi e gli attentatori del 7/7 possono essere fuori del radar dei servizi di sicurezza, se tali atrocità sono possibili solo con molta competenza e organizzazione.

Una cosa dobbiamo sapere. Questo attacco e gli altri dodici avvenuti in Europa, è chiamato "contraccolpo" - inteso come "gli effetti negativi non voluti di un'azione politica".

Sono stati i politici che hanno trascinato la Gran Bretagna nel Medio Oriente e in Nord Africa e che hanno fatto saltare in aria prima la Libia e poi la Siria.  A quel tempo, la Libia, una delle nazioni più in salute nella regione, che aveva sanità gratuita, istruzione completa e occupazione e meno povertà della Danimarca, era considerata uno dei paesi più moderati - lo stesso poteva dirsi per la Siria. Entrambe le istituzioni e infrastrutture dei due paesi erano tutto fuorché al collasso. Entrambi questi paesi sono oggi invasi da estremisti tagliateste, assassini e psicopatici. Entrambi i leaders di questi paesi possono essere stati brutali nel raggiungere e mantenere il potere, ma entrambi vivevano in regioni dove una leadership brutale è in genere richiesta per mantenere la pace - cosa che è di chiara evidenza.

Questo è ciò che succede quando si conducono attacchi ingiustificati e illegali contro la sovranità delle nazioni e centinaia di vittime innocenti vengono uccise, mutilate o deportate. Il perché i politici britannici sembrino incapaci di afferrare questo semplice fatto, è al di là della normale e semplice umana comprensione. Essi sono colpevoli e hanno il sangue di ciascuna di queste vite innocenti sulle loro mani.

La Libia era il paese da cui veniva la famiglia di Abedi - La Siria, la Libia e anche l'Iraq sono i centri delle più grandi reti del terrore nella storia. Non è così difficile unire i punti, non è vero?

La fonte originale di questo articolo è  True Publica
Copyright © Graham VanbergenTrue Publica, 2017

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


http://www.vocidallastrada.org/2017/06/attentato-di-manchester-quello-che-non.html

Cassazione: Toto' Riina e' malato e ha diritto a una morte dignitosa'. - Roberti: "Riina è ancora capo di Cosa Nostra"



'Abbiamo le prove per dirlo. Deve restare al 41 bis'.

"Totò Riina deve continuare a stare in carcere e soprattutto rimanere in regime di 41 bis". A dirlo è il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, che in un'intervista al Corriere della Sera spiega che ci sono le prove per dire che il vecchio boss sia ancora il capo di Cosa Nostra. Roberti è sicuro che il tribunale di sorveglianza di Bologna, in sede di rinvio da parte della Cassazione, gli darà ragione, nuovamente: "Si tratta - osserva - di un annullamento con rinvio, il Tribunale dovrà integrare la motivazione sui punti indicati dalla Cassazione e sono certo che a quel punto reggerà l'intero impianto. Questa decisione non mi preoccupa". 

La Cassazione dice che non è motivata a sufficienza l'attualità del pericolo, ma "siamo perfettamente in grado di dimostrare il contrario - afferma -. Abbiamo elementi per smentire questa tesi. E per ribadire che Totò Riina è il capo di Cosa nostra", "le indagini sono in corso e non ho nulla da dire, né potrei farlo. Ma vorrei ricordare che il pubblico ministero Nino Di Matteo vive blindato proprio a causa delle minacce che Totò Riina ha lanciato dal carcere. Se non è un pericolo attuale questo, mi chiedo che altro dovrebbe esserci". Secondo Roberti, le condizioni di salute di Riina non sono incompatibili con il regime carcerario del 41 bis: se davvero il carcere di Parma non fosse attrezzato a sufficienza, "nulla impedirebbe il trasferimento in un'altra struttura di massima sicurezza. Ma dico per Riina quello che avevamo già sostenuto nel caso di Bernardo Provenzano, che era in condizioni addirittura più gravi: deve rimanere in carcere al 41 bis".
 Il "diritto a morire dignitosamente" va assicurato ad ogni detenuto. Tanto più che fermo restando lo "spessore criminale" va verificato se Totò Riina possa ancora considerarsi pericoloso vista l'età avanzata e le gravi condizioni di salute. La Cassazione apre così al differimento della pena per il capo di Cosa Nostra, ormai ottantaseienne e con diverse gravi patologie. Sulla base di queste indicazioni, il tribunale di sorveglianza di Bologna dovrà decidere sulla richiesta del difensore del boss, finora sempre respinta.
La prima sezione penale della Cassazione per la prima volta ha accolto il ricorso del difensore di Totò Riina, che chiede il differimento della pena o, in subordine, la detenzione domiciliare. La richiesta (si legge nella sentenza 27.766, relativa all'udienza del 22 marzo scorso) era stata respinta lo scorso anno dal tribunale di sorveglianza di Bologna, che però, secondo la Cassazione, nel motivare il diniego aveva omesso "di considerare il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico". Il tribunale non aveva ritenuto che vi fosse incompatibilità tra l'infermità fisica di Riina e la detenzione in carcere, visto che le sue patologie venivano monitorate e quando necessario si era ricorso al ricovero in ospedale a Parma. Ma la Cassazione sottolinea, a tale proposito, che il giudice deve verificare e motivare "se lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza ed un'afflizione di tale intensità" da andare oltre la "legittima esecuzione di una pena".
Il collegio ritiene che non emerga dalla decisione del giudice in che modo si è giunti a ritenere compatibile con il senso di umanità della pena "il mantenimento il carcere, in luogo della detenzione domiciliare, di un soggetto ultraottantenne affetto da duplice neoplasia renale, con una situazione neurologica altamente compromessa", che non riesce a stare seduto ed è esposto "in ragione di una grave cardiopatia ad eventi cardiovascolari infausti e non prevedibili". La Cassazione ritiene di dover dissentire con l'ordinanza del tribunale, "dovendosi al contrario affermare l'esistenza di un diritto di morire dignitosamente" che deve essere assicurato al detenuto. Inoltre, ferma restano "l'altissima pericolosità" e l'indiscusso spessore criminale" il tribunale non ha chiarito "come tale pericolosità "possa e debba considerarsi attuale in considerazione della sopravvenuta precarietà delle condizioni di salute e del più generale stato di decadimento fisico".
Nutro profondo disgusto nei confronti di quelle istituzioni che riconoscono diritti a chi non rispetta i diritti degli altri, compreso quello di vivere.
Questa '#bestiaferoce meriterebbe di saltare in aria come ha fatto con persone degne di vivere a lungo con onore e merito.E come ha minacciato di fare con Di Matteo. Io non sono ipocrita, non mi intenerisco, io sono dalla parte di Falcone e Borsellino.

‘Ndrangheta, baciamano dei cittadini di San Luca al boss Giorgi dopo cattura. De Raho: “Nessuna debolezza dello Stato”. - Lucio Musolino



Preso dai carabinieri dopo 23 anni di latitanza il mafioso era atteso sull’uscio della porta. Alcuni cittadini piuttosto che applaudire i militari per lo storico arresto si sono avvicinati come se fossero suoi fan. Il procuratore di Reggio Calabria: "I carabinieri non l’avrebbero mai permesso ma si sono trovati a muoversi in un corridoio lungo e stretto dove era difficile anche muoversi affiancati".

“Avete visto che avete preso il mostro?”. Sono le prime parole del boss Giuseppe Giorgi, uscendo dalla botola nascosta sopra il camino della sua abitazione. La latitanza durata 23 anni si è conclusa così tra baciamano dei cittadini di San Luca e complimenti che lui stesso rivolge ai carabinieri che lo hanno catturato. “Voi siete Mucci?” domanda il boss rivolgendosi al tenente colonnello Alessandro Mucci, “bestia nera” dei latitanti della Locride che per anni ha inseguito Giorgi, prima come comandante del Nucleo investigativo del Gruppo Locri dei carabinieri e poi come comandante dello stesso reparto di Reggio Calabria, coordinato dal colonnello Vincenzo Franzese. “Voi siete bravo”. Giorgi ha perso la partita e ammette di essere stato sconfitto. Ma è quello che è avvenuto dopo che dà la dimostrazione plastica di come il territorio di San Luca e la sua società sia completamente infiltrata alla ‘ndrangheta. Anche in manette, infatti, il Giorgi dà prova del suo carisma e riesce a uscire dalla sua abitazione sotto gli sguardi di ammirazione dei suoi paesani.
Ad attenderlo sull’uscio della porta, infatti, ci sono vicini di casa e parenti i quali, piuttosto che applaudire i carabinieri per lo storico arresto di un latitante che mancava all’appello dal 1994, si sono avvicinati come se fossero suoi fan. Gli hanno stretto la mano e qualcuno gliel’ha anche baciata in segno di rispetto a un boss, conosciuto come “u Capra”, accusato di associazione mafiosa, traffico di droga e ricercato in mezza Europa anche per omicidio.
Fa pochi metri, prima di salire sulla macchina dei carabinieri che lo porterà in carcere, e ci sono altre persone e bambini che vogliono salutarlo. È il “cassiere della cosca” e una stretta di mano non si rifiuta a nessuno. Scene come questa rafforzano la ‘ndrangheta in un pezzo di terra, abbandonato da tutti e dalla politica che alla prossime amministrative non ha presentato nessuna lista. Un pezzo di terra dove la mentalità mafiosa porta a riconoscere le cosche al pari delle istituzioni nonostante le operazioni antimafia degli ultimi anni che hanno stroncato le famiglie storiche di San Luca, i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari, perennemente in faida tra loro e protagoniste della cosiddetta strage di Duisburg.
San Luca è la culla della ‘ndrangheta. A queste latitudini fare le indagini sulle cosche non è mai agevole sia per il contesto ambientale che sociale che caratterizza un paesino dell’Aspromonte conosciuto come teatro di una delle più sanguinarie faide di ‘ndrangheta. Nomi e cognomi che si ripetono da decenni. Tutti imparentati tra loro e tutti in qualche modo complici o vittime di boss, gregari, trafficanti di droga e killer spietati che non hanno risparmiato neanche le donne. Ed è proprio per questo motivo che, per arrivare nell’abitazione del latitante Giuseppe Giorgi, i carabinieri si sono mossi a piedi in modo non destare sospetto neanche tra i vicini di casa che, al posto del baciamano, avrebbero potuto avvertire il latitante dell’imminente blitz.
Una volta entrati nell’abitazione, inoltre, i carabinieri hanno dovuto operare tra i parenti del boss che urlavano e si sentivano male e che non allontanato neanche i bambini durante la perquisizione. Bastava poco per provocare una reazione spropositata di qualcuno per arrestare il latitante con un bilancio ben più grave. Ciò non è avvenuto perché i carabinieri, guidati dal comandante provinciale Giancarlo Scafuri, sono riusciti a mantenere un clima sereno mentre, con professionalità, portavano a termine uno dei più importanti arresti degli ultimi anni. Anche per questo, non deve meravigliare la scena in cui il boss esce dalla botola e si complimenta con i carabinieri e con il colonnello Mucci per l’operazione che ha portato al suo arresto e che, festeggiamenti, baciamani e complimenti a parte, vuol dire una sola cosa: Giuseppe Giorgi deve scontare 28 anni di carcere, molto probabilmente al 41 bis, e uscirà dal carcere solo quando di anni ne avrà 84.
Tuttavia se un boss come Giorgi, ritenuto uno dei principali broker della droga, viene salutato come il Papa a San Pietro, anche da chi quando ha iniziato la latitanza non era ancora nato, evidentemente San Luca continua a essere il luogo dove le regole dei clan e la riverenza ai capicosca sono più forti delle leggi dello Stato, dove un boss è tale anche se in manette e destinato a passare quasi trentanni in carcere. San Luca è anche il paese dove nel 2009 la squadra di calcio è scesa con il lutto al braccio per la morte dell’anziano patriarca Antonio Pelle detto “Gambazza”, il capo crimine della ‘ndrangheta arrestato pochi mesi prima dai carabinieri del Ros all’ospedale di Polistena dov’era ricoverato per curare un’ernia strozzata. Non è la prima volta che avvengono gesti di riverenza nei confronti di boss. Solo pochi anni fa, quando a Reggio Calabria è stato arrestato il boss Giovanni Tegano, fuori dalla questura si sono riuniti centinaia di amici e familiari che hanno salutato il mammasantissima di Archi con la frase “È un uomo di pace”. Mandava i bacetti, invece, il boss Giuseppe De Stefano quando è stato catturato nel dicembre 2008.
Procuratore de Raho: “Nessuna debolezza dello Stato”
La scena del baciamano è “ignobile, ma non è certo né condivisione né tantomeno segno di debolezza dello Stato che anzi, in questa occasione, ha dato una straordinaria dimostrazione di forza” ha dichiarato all’Ansa il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho. “I carabinieri che si abbracciano felici come bambini dopo l’arresto – ha aggiunto – sono la parte più bella di uno Stato efficiente in grado di catturare un latitante“. L’episodio, secondo il capo della Dda reggina, si è verificato per il contesto particolare in cui è maturato. “I carabinieri – ha spiegato de Raho – non l’avrebbero mai permesso ma si sono trovati a muoversi in un corridoio lungo e stretto dove era difficile anche muoversi affiancati. In più è giunto al termine di una perquisizione durata oltre cinque ore nel corso delle quali i militari hanno lavorato in presenza di persone in casa che urlavano e minacciavano dicendo che non c’era nessuno. Noi, inoltre, conosciamo bene la forza militare della ‘ndrangheta, ed in quel contesto, i carabinieri erano anche impegnati a guardarsi intorno. L’importante era portare via Giorgi senza problemi ed è quello che è stato fatto”. “L’aspetto straordinario di questa vicenda – ha sottolineato il magistrato – è stata la capacità dei carabinieri, con il coordinamento della Dda, di raggiungere l’obiettivo della cattura del latitante più importante. Un risultato ottenuto con la sola capacità di indagine, senza ricorrere a confidenti. Noi, inquirenti ed investigatori, non abbiamo rapporti con la criminalità. Non intendiamo dare riconoscimenti a nessuno”. “Un risultato – ha detto ancora de Raho – raggiunto con il sacrificio di uomini e donne dell’Arma che hanno lavorato 24 ore di seguito ed anche di più perché l’importante è raggiungere il risultato. In altri Stati, al termine del servizio staccano, qua no. Quei ragazzi e ragazze sono andati avanti fino a centrare il risultato, senza guardare l’orologio. Una situazione che ho il privilegio e conoscere e condividere. Il festeggiare insieme, l’abbracciarsi è un po’ come tornare bambini, è dimostrare l’amore per il proprio lavoro. E quella è la parte più bella dello Stato“.
Il vescovo di Locri: “Boss non merita alcun rispetto”
“Colpisce questo atteggiamento verso una persona che viene portata via da casa dalle forze dell’ordine per essere arrestato” dice il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva. Un gesto di “attenzione” e di “rispetto”: “Rispetto tra virgolette – dice il presule – perché esprime un ossequio verso il boss e dimentica quello che c’è dietro comportamenti mafiosi e criminali che non meritano alcun rispetto. Purtroppo tutto questo è sintomo di una mentalità di ossequio al mafioso di turno che sta ad esprimere l’atavica suggestione psicologica della gente verso queste persone”. “Intollerabile il bacio a mani di morte e di sofferenza. Quel gesto – dice all’Adnkronos don Ennio Stamile, referente di ‘Libera’ per la Calabria – è emblematico di una situazione che da decenni si vive in Calabria. Una vergogna intollerabile il bacio a mani di morte e di sofferenza”. Il sacerdote guarda con preoccupazione anche alla circostanza che il boss, prima di essere trasferito in carcere, sia stato omaggiato anche da bambini: “sin da piccoli si educa alla riverenza dei boss come fossero una sorta di eroi o comunque persone che producono reddito”.
Senza manette?
Nessuna debolezza?
Io ne intravedo tanta, troppa direi.
E non mi riferisco solo ai baciamano.

Per Alitalia 32 manifestazioni di interesse, c’è anche Ryanair. - Andrea Gagliardi e Giorgio Pogliotti

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"Sono 32 le manifestazioni di interesse acquisite». Lo ha affermato il commissario straordinario di Alitalia, Stefano Paleari, a margine della presentazione del rapporto Enac 2016. «Abbiamo iniziato questa mattina ad aprire le buste dal notaio. I lavori sono appena iniziati» ha aggiunto Paleari spiegando, alla domanda se siano tutte offerte che rispondono ai requisiti, che «sono 32 manifestazioni che stiamo aprendo, valutando e classificando». Non tutte però avrebbero solidi requisiti di sostenibilità e il numero iniziale si potrebbe alla fine ridurre. Ryanair è uscita allo scoperto dichiarando ad Askanews di aver inviato una manifestazione di interesse per l'ex compagnia di bandiera, confermando però di non essere interessata ad acquisire il vettore. Una notizia non commentata da Paleari, che ha tagliato corto: «Sto andando nello studio del notaio, non so altro».

Numero manifestazioni interesse oltre le attese.
Come anticipato dal Sole 24 Ore, sono dunque una trentina di manifestazioni di interesse non vincolanti arrivate presso lo studio del notaio Nicola Atlante . Un risultato questo del primo step della gara - anche se le proposte non sono ancora vincolanti e la strada è ancora lunga- accolto con sollievo da governo, commissari e addetti ai lavori, considerando che fino a qualche settimana fa si paventava il rischio che nessuno si presentasse, a causa delle condizioni in cui versa la compagnia che dallo scorso 2 maggio è in amministrazione straordinaria. Il numero delle manifestazioni di interesse arrivate per Alitalia è «un risultato oltre le aspettative», ha confermato oggi il presidente dell’Enac, Vito Riggio, che ha aggiunto: «Magari ci fosse una grande compagnia europea che vuole prendere Alitalia, ma penso che, europea o no, ci vuole un rilancio forte».


L’interesse di Delta e dei big del settore.
C'è grande attesa per conoscere in dettaglio i nomi dei mittenti. Ma per ora non c’è nulla di ufficiale dal momento che i commissari hanno assunto un vincolo di riservatezza. Per tutta la giornata di ieri sono circolati diversi nomi di possibili acquirenti : da Delta (che ha fatto sapere che «continua a monitorare i progressi di Alitalia da quando è entrata nel processo di amministrazione straordinaria») a big del settore, come le cinesi Hainan Airlines Air China, a Air France, British Airways e Turkish Airlines, fino a Etihad Airways che ha dichiarato di essere «aperta ad esplorare tutte le opzioni per mantenere e potenzialmente rafforzare i legami» con Alitalia. Lufthansa sembrerebbe, invece, confermare l’intenzione di volersi sfilare. Si sono invece già sfilate nei giorni scorsi alcune low costRyanair, che ha detto chiaramente di non essere interessata ad acquistare Alitalia, e anche Norwegianairlines, che ha assicurato che non avrebbe presentato un'offerta.


Data room senza informazioni sensibili.
L’avviso pubblicato lo scorso 17 maggio prevede tre opzioni: la ristrutturazione della compagnia, la vendita in blocco o la vendita dei beni e contratti (il cosiddetto “spezzatino”). Commissari e governo propendono per le prime due soluzioni. Verso metà giugno dovrebbe essere aperta la data room per 4/6 settimane, ma non conterrà informazioni sensibili, per non avvantaggiare i competitor di Alitalia. Questo perché trattandosi ancora della prima fase della gara, con manifestazioni senza alcun vincolo, è possibile che anche dei concorrenti di Alitalia non seriamente interessati si siano fatti avanti, per impossessarsi di informazioni riservate. Ai soggetti che saranno ammessi sarà consentito, nel corso della procedura di gara, costituire o modificare cordate – anche unendosi a gruppi che non abbiano manifestato interesse.


Entro ottobre le offerte vincolanti.
Il passaggio successivo prevede che i commissari straordinari invieranno la Lettera di procedura ai soggetti in possesso dei requisiti e della competenza richiesta. L’obiettivo dei commissari è di avere le offerte non vincolanti a fine luglio, per poi valutare un'eventuale gara per arrivare alle offerte vincolanti ad ottobre.


Il dossier sui risparmi e sul piano industriale.
Parallelamente al dossier della vendita, i commissari intanto lavorano sui risparmi (dopo i 100 milioni già ottenuti dai contratti derivati per il carburante, ora sul tavolo ci sono quelli sui leasing degli aerei) e sulla messa a punto del piano industriale che, ha spiegato qualche giorno fa in un'intervista Paleari, verrà presentato entro fine luglio e si baserà su due assi: differenziazione ed efficientamento. Lavori in corso anche sul fronte del costo del personale, con un doppio appuntamento in settimana: mercoledì infatti dovrebbe svolgersi l'incontro al Ministero del lavoro sulla procedura per la cigs aperta dai commissari con un impatto pari al costo di 1.358 dipendenti (in una prima fase sono interessati 190 piloti e 340 assistenti di volo e in 828 tra il personale di terra). I commissari si sono impegnati ad anticipare il trattamento base di Cigs e, insieme all'Inps, cercheranno di accelerare l'operatività del Fondo integrativo di settore che garantisce fino all'80% della retribuzione ai lavoratori di Alitalia, in aggiunta ai 1.167 euro del trattamento base di Cig. Giovedì azienda e sindacati inizieranno invece il confronto per il rinnovo del contratto di settore.


La spinta sui ricavi.
Ma per rendere la compagnia realmente appetibile per i nuovi acquirenti, il taglio dei sovraccosti che gravano sui bilanci aziendali deve essere accompagnato dalla crescita dei ricavi. L'attività dei commissari è proiettata oltre l’estate: i voli diretti fra Roma e Los Angeles saranno estesi alla stagione invernale (finora erano garantiti solo fra aprile e ottobre), con tre voli alla settimana. È stato rafforzato l'accordo commerciale con Aerolineas Argentinas in codesharing sulle rotte Italia-Argentina e su 75 destinazioni in prosecuzione. Mentre è atteso per settembre il decollo del B777-300Er con 382 posti sulla rotta per Buenos Aires, per incrementare del 13% l'offerta dei posti. Dal prossimo autunno, inoltre, partono i collegamenti diretti per le Maldive con il volo da Roma a Malè. Il vero banco di prova per la tenuta dei ricavi è rappresentato dall'andamento della stagione autunnale.


http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-06-06/alitalia-acquisite-32-manifestazioni-d-interesse--103715.shtml?uuid=AEdKGVZB


Riferite a cosa?
L'Alitalia, ex nostro fiore all'occhiello, è ora alla mercè di chiunque voglia comprarla, anche se, per quello che ci è costata fino ad oggi, dovrebbe essere di noi italiani. Ma, come succede spesso da un po' di tempo a questa parte, a noi italiani vengono spalmati i debiti, al governo-asso-piglia-tutto, i ricavi della vendita.
Vedi anche Fiat.
I governi che si sono succeduti da un trentennio a questa parte ci hanno fatto perdere pezzi importanti dell'economia; più che inefficienti li definirei deficienti. 🙄😡