sabato 29 dicembre 2018

Dna e proteine, la prova scientifica dell’esistenza di Dio. - Fabio Manenti

Dna e proteine, la prova scientifica dell’esistenza di Dio

Finché saranno gli uomini a proclamare i santi, Dio avrà la “D” tra parentesi e un “io” scritto in grande. L’uomo che si incarna nello spirito anziché il contrario. Eppure, nell’infinitesimale vastità del tutto, polvere atomica e galassie colossali, esiste un’energia ininterrotta, pervadente e razionale. Straordinariamente razionale. La avvertiamo perché ne siamo parte e la ignoriamo per la stessa ragione.
Bill Bryson è un giornalista statunitense, autore di un libro – tra gli altri – meraviglioso: Breve storia di (quasi) tutto. È un reportage dell’universo, un romanzo ironico e coinvolgente che racconta la scienza con esempi concreti e straordinariamente comprensibili. Quando parla di proteine, racchiude in meno di una pagina la prova di quell’energia metodica che i popoli chiamano Dio, ciascuno col proprio nome: “Noi abbiamo bisogno di moltissime proteine, ognuna delle quali è un piccolo miracolo. Stando alle leggi della probabilità, le proteine non dovrebbero nemmeno esistere. Per crearne una, gli amminoacidi devono essere assemblati in un ordine particolare. Per ottenere il collagene, una comunissima proteina, bisogna disporre ben 1055 amminoacidi nella sequenza corretta.
La probabilità che una molecola di collagene si autoassembli spontaneamente sono, in tutta franchezza, nulle. Per renderci conto di quanto questo sia improbabile, immaginiamo una normalissima slot machine come quelle di Las Vegas e aumentiamone le dimensioni portandole a 27 metri, in modo che possa accogliere 1055 ruote (anziché le solite tre) ognuna delle quali contenente 20 simboli (uno per ogni comune amminoacido). Quante volte dovremmo tirare la leva prima che tutti i 1055 simboli si presentino nella sequenza giusta? In pratica, per tutta l’eternità. Anche riducendo il numero di ruote da 1055 a 200 (che è il numero di amminoacidi più comune per una proteina) la probabilità che si sistemino nell’ordine corretto è una su 10 elevato a 260 (ossia 1 seguito da 260 zeri). Un numero di per sé più elevato di tutti gli atomi contenuti nell’universo. Il fatto che anche una sola proteina possa essere sintetizzata grazie a eventi casuali sembrerebbe dunque una circostanza spaventosamente improbabile”.

Bryson parla di “piccolo” miracolo probabilmente solo per una questione di dimensioni. Perché questo evento, tanto inverosimile quanto reale, è solo il primo di quell’incredibile fatalità che è la vita. Il secondo sta nel fatto che la nostra esistenza non si accontenta di una sola proteina “ma di centinaia di migliaia, forse un milione, ciascuna delle quali diversa dalle altre”. Un milione di enormi slot machine tutte, “casualmente”, con la corretta sequenza.
Il terzo è che l’eccezionalità di una proteina è sia nella concatenazione dei suoi amminoacidi sia nell’esatta forma che questa sequenza deve assumere, evento altrettanto spontaneamente assurdo. Il quarto – ebbene sì, ce n’è anche un quarto – arrovellerebbe filosofi e semplici avicoltori, appassionati dell’ancestrale quesito di quale, tra la gallina e l’uovo, abbia per primo fatto la sua comparsa: le proteine non devono avere solo forma e sequenza assolute ma devono anche potersi riprodurre. Operazione che si realizza con perfetta efficacia attraverso il Dna. Siamo quindi a una situazione paradossale: “Le proteine – scrive Bryson – non possono esistere senza Dna, e il Dna non serve a niente senza di esse. Dobbiamo quindi pensare che siano comparsi sulla Terra contemporaneamente, con lo scopo di sostenersi a vicenda? Tutto questo per logica non dovrebbe succedere; eppure, in un modo o nell’altro, in natura succede eccome”.

Io non sono né scienziato né prete. E non so che forma abbia Dio, il senso ultimo della sua esistenza, se abbia sembianze d’uomo o di donna, se sia buono o vendicativo, padre avvinto all’esistenza dei figli o inesorabile destino. Credo che non abbiamo facoltà sufficienti nemmeno a immaginarlo: con la prima parola di questa frase, “credo”, a essere cardine delle vicende dell’uomo più di Dio stesso.

domenica 23 dicembre 2018

sabato 22 dicembre 2018

Ue, Oettinger smentisce Moscovici e chiede una procedura contro la Francia.

Ue, Oettinger smentisce Moscovici e chiede una procedura contro la Francia

Il commissario europea al Bilancio in un’intervista al settimanale tedesco Focus: "Parigi ha violato le regole, non si può usare la mano leggera". Il suo collega agli Affari europei da giorni ribadisce il contrario. L'uscita dell'esponente del Ppe contro Macron segue una serie di attacchi a Roma nei mesi precedenti.

La Francia dovrebbe subire una procedura per deficit eccessivo, perché ha violato “le regole per l’undicesimo anno di fila”, tranne che nel 2017. E “i fondi extra che Emmanuel Macron ha promesso” per placare la rivolta dei gilet gialli “non sono regali di Natale una tantum, ma spese permanenti e strutturali”. Questo il pensiero del commissario europea al Bilancio, il tedesco Guenther Oettinger. In un’intervista al settimanale tedesco Focus, il funzionario appartenente al fronte rigorista smentisce il suo omonimo agli Affari europei, Pierre Moscovici, e dice: “Non si può usare la mano così leggera con la Francia”.
Moscovici era stato accusato più volte dal governo italiano di usare due pesi e due misure nel valutare le manovre di Roma e Parigi e i rispettivi sforamenti del deficit. “La Francia sarà l’unica a sforare il 3% ma non avrà sanzioni”, aveva ripetuto il commissario solo qualche giorno fa, ancor prima che la procedura contro l’Italia fosse scongiurata e dopo aver sostenuto a più riprese che il caso francese non può essere paragonato a quello italiano: “Non c’è nessuna indulgenza, sono le nostre regole”.
Oettinger però lo ha smentito e ha attaccato Parigi con un’uscita inaspettata. Non è la prima volta per l’esponente della Cdu di Angela Merkel e del Partito popolare europeo. Già a fine maggio scorso aveva commentato il voto del 4 marzo scorso dicendo che i mercati avrebbero “spinto” gli italiani a “non votare per i populisti”. E poi a settembre scorso aveva accusato Roma di voler “distruggere l’Ue”. Infine, un mese dopo, ancora prima che la Commissione facesse sapere al governo Conte il suo parere sulla prima bozza della manovra, aveva rivelato a Der Spiegel: “L’Ue respingerà il testo dell’Italia”.

di  | 21 dicembre 2018

giovedì 20 dicembre 2018

Sanità, Giulia Grillo risparmia due miliardi migliorando il servizio. - Jacopo Fo

Sanità, Giulia Grillo risparmia due miliardi migliorando il servizio

Prima delle ultime elezioni con www.peopleforplanet.it lanciammo una raccolta di firme per ottenere che anche in Italia le farmacie vendano le medicine nel numero esatto previsto dalla ricetta medica. Da decenni fanno così in Usa e in Germania. 
Francia, Spagna e Svizzera stanno adottando lo stesso metodo. Un risparmio enorme per i cittadini e lo Stato, meno pericoli dovuti ai cassetti pieni di medicinali scaduti o assunti senza una prescrizione medica. Quando è diventata ministro Giulia Grillo sono aumentate le nostre speranze che questa piccola riforma andasse in porto perché lei nella passata legislatura era la prima firmataria di una proposta di legge in tal senso. E una volta tanto un ministro ci ha stupiti andando ben oltre le nostre speranze. Giulia Grillo infatti sta mettendo mano all’insieme del sistema dei medicinali, un ginepraio nel quale spariscono cifre da capogiro.
La prima questione che ha affrontato con uno staff di specialisti è quella della validità dei farmaci. La semplice verifica della reale efficacia dei farmaci, secondo criteri scientifici, porterà a un notevole risparmio ed eviterà ai pazienti di assumere medicamenti inutili e quindi potenzialmente dannosi. C’è poi la questione assurda dei farmaci che sono doppioni di altri. Si tratta del 70% dei farmaci, un migliaio di prodotti. Ad esempio sono in commercio 21 antidepressivi con prezzi ben diversi uno dall’altro. Discorso parallelo sui farmaci che hanno una formula chimica diversa ma effetti equivalenti. Su questo punto il ministero conta di ottenere risparmi ingenti per lo Stato ma anche per i cittadini, attraverso una campagna di informazione; infatti gli italiani spendono di tasca loro un miliardo all’anno per comprare medicinali di marca che sono fotocopie di medicinali più economici e che di più hanno solo il prezzo.
Chiara Daina, sul Fatto Quotidiano, spiega bene come una simile riforma sia complessa perché prevede di attivare le Regioni che sono gli enti che pagano direttamente le medicine e che dovrebbero modificare le modalità di acquisto. Alcune Regioni hanno spese per i farmaci molto alte, altre hanno iniziato a razionalizzare: “Un altro successo lo ha portato a casa il Piemonte, che quest’anno grazie al meccanismo delle gare ha risparmiato oltre 41 milioni di euro solo sui maggiori farmaci utilizzati, con una riduzione media di prezzo del 67%. In alcuni casi la spesa si è ridotta fino al 99%: per il bosentan (un antipertensivo) e l’imatinib (un antitumorale), i cui costi unitari sono scesi rispettivamente da 2.210 a 27 euro e da 1.907 a 24 euro. Il trastuzumab (un altro antitumorale) invece è passato da 565 a 163 euro (-71%); l’adalimumab (un antinfiammatorio), da 866 a 293 euro (-66%)”.
È veramente incredibile che la Regione Piemonte sia riuscita ad abbassare così tanto il prezzo di alcuni farmaci. C’è da chiedersi cosa abbiano combinato gli amministratori precedenti e che combinino quelli che tutt’ora continuano a pagare farmaci a peso d’oro. E in questo campo si otterranno ulteriori risparmi riuscendo a organizzare gare con la partecipazione di tutte le Regioni: maggiori acquisti vogliono dire prezzi più bassi!
Sono anni che si tenta la riforma del prontuario dei farmaci ma ogni tentativo è stato invalidato dalla resistenza delle case farmaceutiche. Non sarà facile ma finalmente vediamo all’opera la logica artigianale delle piccole riforme, che vanno a cambiare meccanismi che non infiammano le piazze e non esaltano i media ma sono sostanziali. È comunque un peccato che questa iniziativa, datata 10 dicembre, abbia trovato così poco spazio sui media. E già che ci siamo segnalo l’inizio di una campagna che segue questa filosofia Shangai di incominciare a cambiare le cose partendo dalle più facili. Abbiamo fondato il movimento dei Pink Bloc, come i Black Bloc ma più gentili. Il nostro primo bersaglio sono state le cattiverie verso i pendolari e i viaggiatori in genere, delle Ferrovie dello Stato. Un commando dei Pink Bloc ha danzato in tutù rosa di fronte alla sede romana delle Ffss, sulle note delle sonate romantiche di Chopin, cercando così di muovere a un sentimento di dolcezza gli uomini e le donne che dirigono questa azienda. Un passo di danza vi convertirà all’amore!

20 anni e non sentirli. - Marco Travaglio


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Spiace dirlo, ma ha ragione Berlusconi: “La Spazzacorrotti è una legge pericolosissima e mette ogni cittadino nelle mani di qualunque pm”. Avrebbe dovuto precisare “ogni cittadino come me”. 
Ma non sottilizziamo: lui è sinceramente convinto che ogni cittadino passi le sue giornate a corrompere il prossimo. Dunque, letta la legge Bonafede, ha visto passare davanti ai suoi occhi tutta la sua carriera criminale. 
E s’è fatto due conti: cosa sarebbe accaduto se l’Anticorruzione fosse in vigore dai tempi di Mani Pulite, al posto delle mille Procorruzione approvate da lui e dai suoi presunti avversari di centrosinistra? 
La risposta è terrificante: lui oggi sarebbe praticamente all’ergastolo. Intanto perché alcune delle tante mazzette che ha pagato e sono rimaste occulte sarebbero state scoperte dai nuovi agenti sotto copertura o denunciate dai corrotti in cambio dei nuovi sconti di pena, e lui non avrebbe subìto 30 processi, ma almeno 50. Poi perché l’aumento delle pene per i reati contro la PA (di cui è un collezionista di fama mondiale) avrebbe comportato condanne più severe. Ma soprattutto perché il blocco della prescrizione dopo la prima sentenza avrebbe trasformato quasi tutte le sue prescrizioni in condanne definitive.

1) All Iberian. Nel 1998 B. viene condannato in primo grado a 2 anni e 4 mesi insieme a Bettino Craxi per finanziamento illecito: una maxitangente in Svizzera di 23 miliardi di lire al leader Psi. In appello però il reato si prescrive e la Cassazione conferma: B. è colpevole, ma l’ha fatta franca. Col blocco dei termini alla prima sentenza, sarebbe stato condannato definitivamente a 2 anni e 4 mesi.

2) Telefonata Consorte-Fassino. Nel 2013 B. viene condannato col fratello Paolo a 1 anno di reclusione per violazione del segreto per aver ricevuto illegalmente la bobina segretata dell’intercettazione tra il patron Unipol e il segretario Ds sulle scalate dei furbetti del quartierino (“allora, siamo padroni di una banca?”) e averla fatta pubblicare dal Giornale alla vigilia delle elezioni 2006. Poi, in appello, lo salva la solita prescrizione, che non scatterebbe con la riforma Bonafede: dunque B., dichiarato colpevole ma illeso pure in Cassazione, si beccherebbe un altro anno di galera definitivo (oltre ai 2 anni e 4 mesi di All Iberian: totale 3 anni e 4 mesi).

3) Compravendita senatori. Nel 2015 B. viene condannato dal Tribunale di Napoli a 3 anni con Valter Lavitola per corruzione del senatore Sergio De Gregorio con 3 milioni di euro in cambio del suo passaggio dall’IdV a FI. In secondo grado, il consueto miracolo della prescrizione.
Ma Corte d’appello e Cassazione confermano che è un colpevole impunito. Con la Spazzacorrotti già in vigore, anche quei 3 anni di galera sarebbero diventati definitivi. Totale, con le condanne precedenti: 7 anni e 4 mesi. Che sarebbero diventati 11 anni e 4 mesi con l’unica condanna definitiva finora subita dal Caimano: quella a 4 anni confermata nel 2013 dalla Cassazione per le frodi fiscali sui diritti Mediaset. Quest’ultima condanna si ridusse a 1 anno grazie all’indulto triennale varato dal centrosinistra (coi voti di FI) nell’estate del 2006, che però era riservato a chi non avesse riportato altre condanne per reati commessi dopo la sua approvazione: dunque B., con la condanna per la mazzetta a De Gregorio (fine 2006), non ne avrebbe beneficiato. E avrebbe dovuto scontare in carcere la bellezza di 11 anni e 4 mesi. Si dirà: ma la legge ex-Cirielli esenta dal carcere gli ultrasettantenni. Vero. Ma almeno una condanna definitiva B. l’avrebbe subìta prima di compiere 70 anni (nel 2006) e anche prima di imporre la ex-Cirielli (2005), dunque sarebbe finito in carcere fin dai primi anni 2000. E, compiuti i 70 anni, avrebbe seguitato a scontare il resto della pena non comodamente ai servizi sociali nell’ospizio di Cesano Boscone, ma agli arresti domiciliari. Con una serie di effetti collaterali non da poco: l’interdizione dai pubblici uffici sarebbe scattata ben prima del 2013, dunque B. non avrebbe più potuto candidarsi: cioè ci saremmo risparmiati un bel pezzo del suo secondo governo, il più devastante (2001-2006) e anche l’ultimo (2008-2011), senza contare le larghe intese con Monti e Letta jr. Perché B., anziché a Palazzo Chigi, avrebbe dovuto risiedere in gattabuia o restarsene chiuso in casa piantonato dalla forza pubblica. Se, puta caso, avesse iniziato a scontare i suoi 11 anni e rotti nel 2005, avrebbe finito – con tutti gli sconti all’italiana – intorno al 2015. Ma non sarebbe stato più eleggibile né riabilitabile nemmeno dopo.
E, in questi calcoli, ci siamo tenuti stretti. È ovvio che, se questa Anticorruzione fosse stata approvata quando il pool di Mani Pulite la propose (a Cernobbio, nel settembre ’94), significherebbe che al governo ci sarebbero stati già allora i 5Stelle, non il Partito dell’Impunità del centro-destra-sinistra. Quindi nessuna delle Procorruzione varate dal ’94 al 2017 sarebbe diventata legge, nemmeno le due più devastanti fatte da B. per B.: la ex-Cirielli che dimezzava i termini di prescrizione e la depenalizzazione del falso in bilancio, che hanno incenerito altri sei processi a suo carico. I quali si sarebbero conclusi quasi tutti non con prescrizioni, ma con condanne. E il totale sarebbe salito ad almeno 20 anni. Che, per un uomo di 82 anni, equivale all’ergastolo, anche al netto delle sentenze che arriveranno prossimamente nei processi e nelle inchieste ancora aperti: il Ruby ter – in sei tronconi sparsi per l’Italia – per corruzione di testimoni; il caso Tarantini per l’induzione a mentire su un altro giro di escort; l’indagine fiorentina per concorso nelle stragi del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Quindi sì, la Spazzacorrotti è pericolosissima. Per i delinquenti.

FQ 20 dicembre 2018

UE e sovranità monetaria secondo Mario Draghi. - Fabio Conditi

comedonchisciotte controinformazione alternativa draghi e sovranità

Nel corso del discorso tenuto sabato 15 dicembre 2018 a Pisa, in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in Economia da parte della Scuola Superiore Sant’Anna, Mario Draghi ha finalmente ammesso che qualcosa deve essere cambiato nel funzionamento dell’Unione Europea ed ha anche espressamente parlato della sovranità monetaria.
Qui trovate l’intervento integrale 
Questo atteggiamento più “critico” è probabilmente dovuto al tentativo di arginare i movimenti sovranisti e populisti, che hanno dato origine nel Regno Unito alla Brexit, in Italia al Governo M5S e Lega e in Francia alle manifestazioni di piazza dei gilets gialli. Movimenti che pur nelle loro diversità, manifestano un malcontento molto evidente nei confronti delle politiche economiche neoliberiste degli ultimi anni.
comedonchisciotte controinformazione alternativa art127 tfue art3 tuePer legge il governatore della BCE deve realizzare la stabilità dei prezzi, la piena occupazione e la crescita economica equilibrata (art.127 comma 1 del TFUE e il collegato art.3 comma 3 del TUE), ma tutto ciò non è stato raggiunto da Mario Draghi e perciò, con una punta di faceta ironia, ho corretto il suo discorso assegnandogli un bel 4+ di incoraggiamento:
Premesso tutto ciò dò atto a Mario Draghi di aver cambiato atteggiamento rispetto al passato, introducendo alcuni elementi di critica nella gestione eccessivamente neoliberista dell’Unione Europea.
Alla fine del suo discorso Mario Draghi si è dichiarato molto preoccupato, perché nonostante si stia uscendo dalla più grande crisi finanziaria dell’ultimo decennio, “nel resto del mondo il fascino di ricette e regimi illiberali si diffonde: a piccoli passi si rientra nella storia. È per questo che il nostro progetto europeo è oggi ancora più importante. È solo continuandone il progresso, liberando le energie individuali ma anche privilegiando l’equità sociale, che lo salveremo, attraverso le nostre democrazie, ma nell’unità di intenti“.
E pensare che solo un anno fa, nella Conferenza Stampa del 20 luglio 2017 a Francoforte, quando gli avevano chiesto espressamente come mai non si occupi di crescita e di occupazione, Mario Draghi aveva risposto in modo inequivocabile : “Dobbiamo sempre ricordare che il nostro mandato non è né la crescita né l’occupazione, ma è la stabilità dei prezzi. E questo è ciò che la nostra politica monetaria è orientata a fare e questo è ciò che dobbiamo esaminare per decidere se ci stiamo muovendo nella direzione giusta“. https://comedonchisciotte.org/rileggiti-i-trattati-mario/
Questo discorso rappresenta una novità per Draghi, e spero scaturisca dalla consapevolezza che il sistema, così come è stato gestito fino ad ora, non funziona e bisogna individuare strade nuove ed alternative per avere una società più equa e più giusta.

I risultati dell’Unione Europea

In diversi punti del suo discorso, il Presidente della Banca Centrale Europea, pur ribadendo la bontà delle scelte effettuate dalla BCE e dall’Unione Europea, ne mette in luce anche gli aspetti critici, ammettendo la necessità di correzioni:
  • l’unione monetaria è stata un successo sotto molti punti di vista“, ma “dobbiamo allo stesso tempo riconoscere che non in tutti paesi sono stati ottenuti i risultati che ci si attendeva“;
  • il mercato unico è visto non di rado come una semplice trasposizione del processo di globalizzazione, a cui nel tempo è stata tolta persino la flessibilità dei cambi. Mnon è così“;
  • la globalizzazione ha complessivamente accresciuto il benessere in tutte le economie“, ma “è oggi chiaro che le regole che ne hanno accompagnato la diffusione non sono state sufficienti a impedirne profonde distorsioni“.
Si lascia andare anche ad una frase fortemente critica nei confronti del neoliberismo l’apertura dei mercati, senza regole, ha accresciuto la percezione di insicurezza delle persone particolarmente esposte alla più forte concorrenza, ha accentuato in esse il senso di essere state lasciate indietro in un mondo in cui le grandi ricchezze prodotte si concentravano in poche mani” arrivando ad ammettere che “occorre ora disegnare i cambiamenti necessari perché l’unione monetaria funzioni a beneficio di tutti i paesi e realizzarli il prima possibile, ma spiegandone l’importanza a tutti i cittadini europei“.

Mercato unico e moneta unica

Analizza poi le motivazioni e le conseguenze del mercato unico e della moneta unica, cercando in tutti i modi di evidenziarne gli effetti positivi.
Sul mercato unico, nonostante l’evidenza dei fatti, cerca di spiegare che “rimuovendo queste barriere (ndr non tariffarie), il progetto del mercato unico puntava a rilanciare la crescita e l’occupazione“. Puntava, ma di certo non ha centrato il bersaglio …
Più difficile dimostrare la positività della moneta unica, perché è costretto a fare un ragionamento più complesso. Sostiene che “l’Italia è, attraverso il mercato unico e con la moneta unica, strettamente integrata nel processo produttivo europeo“, e che questa maggiore integrazione “ha avuto due effetti importanti sulle loro relazioni di cambio. Primo, il costo di non poter svalutare nell’unione monetaria è diminuito“. Secondo, sostiene ancora Draghi, si sono “ridotti i benefici di breve periodo delle svalutazioni competitive, poiché le esportazioni hanno un maggior contenuto di beni importati” e quindi “ogni espansione della domanda estera conseguita con una ipotetica svalutazione è ora controbilanciata dai maggiori costi dei prodotti intermedi importati “.
Tutti questi ragionamenti, dimostrano la sua grande capacità tecnica ed economica, ma non convincono del tutto. È vero che oggi abbiamo una bilancia commerciale in attivo di circa 50 mld di euro, ma è anche vero che la Germania ha un attivo 5 volte superiore, proprio perché usufruisce del vantaggio competitivo derivante dal rapporto di cambio fisso all’interno dell’Unione Europea. Pensare che una eventuale svalutazione monetaria non si traduca in una maggiore competitività delle aziende italiane nell’esportazione dei loro prodotti, è francamente un pò “di parte”.

La sovranità monetaria

Molto più interessante è come Mario Draghi affronta il problema della sovranità monetaria, perché fa diverse ammissioni che rappresentano una novità per lui :
  • la moneta unica ha consentito a diversi paesi di recuperare sovranità monetaria rispetto al regime di parità fisse vigenti nello SME”, ammettendo quindi che la sovranità monetaria è ancora degli Stati;
  • “fra i presunti vantaggi della sovranità monetaria quello di poter finanziare con la moneta la spesa pubblica non è in apparenza particolarmente apprezzato dai paesi che fanno parte del mercato unico ma non dell’euro” Questa frase è smentita subito dopo da lui stesso, quando afferma che il debito pubblico di questi paesi è molto inferiore (44% del PIL, escluso il Regno Unito) a quello dei paesi a moneta comune (89% del PIL).
Con queste due frasi per la prima volta Mario Draghi non solo ammette che la sovranità monetaria è ancora degli Stati, ma dimostra anche che può essere utilizzata per ridurre il rapporto Debito/PIL, come noi sosteniamo da tempo.

Convergenza e divergenza nell’area dell’euro

Nella seconda parte del suo discorso, Mario Draghi ammette che il processo di convergenza delle economie dei vari paesi nell’area euro non c’è stata, semplicemente perché “in alcuni paesi vari benefici che si attendevano dall’UEM non si sono ancora realizzati. Non era, e non è oggi, sbagliato attendersi maggiore crescita e occupazione da quella che allora fu chiamata la “cultura della stabilità”, che l’unione monetaria avrebbe portato“. Per questo conclude dicendo che “Occorreva e occorre molto di più“.
A questo punto si chiede: “Che cosa ha determinato le diverse traiettorie di convergenza e in che misura queste sono legate all’appartenenza all’area dell’euro?” La sua spiegazione purtroppo giunge alle solite conclusioni: “sono le politiche nazionali, sono le riforme strutturali e istituzionali, nonché il contributo dei fondi strutturali della UE ad avere un ruolo cruciale“.
Ma subito dopo evidenzia anche l’importanza di fattori come “i tassi di crescita, il grado di sincronizzazione dei cicli economici, soprattutto in occasione di shock rilevanti. In questo caso l’appartenenza a un’unione monetaria gioca un ruolo importante perché influenza la capacità con cui le singole economie stabilizzano la domanda, soprattutto durante le fasi recessive“.
Infine ammette che “i bilanci pubblici nazionali non perderanno mai la loro funzione di strumento principale nella stabilizzazione delle crisi”. Ma è anche vero che “L’uso degli stabilizzatori automatici da parte dei paesi dipende, tuttavia, dall’assenza di vincoli connessi al loro livello del debito. Occorre dunque ricreare il necessario margine per interventi di bilancio in caso di crisiE ancora non basta: occorre un’architettura istituzionale che dia a tutti i paesi quel sostegno necessario per evitare che le loro economie, quando entrano in una recessione, siano esposte al comportamento prociclico dei mercati“.
In pratica il Presidente della BCE dà ragione al Ministro delle Politiche Europee Paolo Savona, quando dice che se in un contratto ci sono degli obiettivi, ma non ci sono gli strumenti adeguati per raggiungerli, allora il contratto è nullo.

Conclusioni

Purtroppo per Mario Draghi le uniche soluzioni possibili sono quelle che ripete da anni, le famose riforme strutturali, perché è con esse “che si creano le condizioni per far crescere stabilmente salari, produttività, occupazione, per sostenere il nostro stato sociale. È un’azione che in gran parte non può che svolgersi a livello nazionale, ma può essere aiutata a livello europeo dalle recenti decisioni di creare uno strumento per la convergenza e la competitività“.
Siamo d’accordo che servano strumenti adeguati, ma riteniamo che questi strumenti debbano essere trovati all’interno degli Stati, non certo nelle istituzioni europee che hanno già dimostrato una scarsa sensibilità ad aiutare i paesi in difficoltà.
Se si vuole “far crescere stabilmente salari, produttività, occupazione, per sostenere il nostro stato sociale“, lo Stato deve immettere nell’economia reale maggiori quantità di denaro, mentre, purtroppo, la soluzione che individua Draghi è, come al solito, “il completamento dell’unione bancaria e del mercato dei capitali“, senza le quali si “accentua la fragilità dell’unione monetaria proprio nei momenti di maggiore crisi; la divergenza fra i paesi aumenta“.

Le nostre osservazioni

La ricetta di Mario Draghi ricorda quando si va dal medico perché la cura che ti ha dato ti fa stare peggio, e lui, invece di cambiarla, ti aumenta le dosi. Siamo alle solite, se non si raggiungono i risultati previsti, non bisogna insistere con la stessa soluzione, ma bisogna cambiarla.
Attualmente le politiche monetarie della BCE sono un vantaggio solo per banche e mercati finanziari, mentre l’economia reale e gli Stati non ne hanno alcun beneficio, se non indiretto e minimo.comedonchisciotte controinformazione alternativa bilancio bce 2018
Fino ad oggi Mario Draghi si è preoccupato solamente della stabilità dei prezzi, che ha cercato di raggiungere negli ultimi 3 anni attraverso il Quantitative Easing e i prestiti alle banche, il famoso TLTRO.comedonchisciotte controinformazione alternativa credito bancario
La BCE ha creato dal nulla più di 2.600 mld di euro, che sono finiti però solo nei mercati finanziari e nella pancia delle banche, mentre poco o niente è arrivato all’economia reale.
Con queste manovre non si è raggiunto neppure un misero e agognato  2% di inflazione.
Inoltre negli ultimi anni gli impieghi, cioè i finanziamenti concessi dalle banche alle aziende, è sempre calato.
È questo il motivo del malcontento, le persone in difficoltà si sono stancate di fare sacrifici, perchè si rendono conto che il denaro viene creato in grandi quantità, ma non ne vedono mai gli effetti perché circola soprattutto nella mani dei soliti privilegiati.
In questi anni, con la scusa dell’ideale europeo, si è cercato di trasferire parti della sovranità degli stati alla UE, ad esempio la sovranità monetaria e fiscale, ma ora dobbiamo scegliere:
  • lo stato torna ad utilizzare in toto la propria sovranità monetaria e fiscale
  • si continua con le ricette neoliberiste, col prendere in prestito la moneta dai mercati finanziari e con la resa completa e incondizionata all’Unione Europea e a chi la conduce.

Questa è la vera natura dello scontro in atto.

Sovranismo contro neoliberismo, populismo contro elitismo, 99% della popolazione contro l’1% più ricco che vuole arricchirsi sempre di più a scapito di tutti gli altri.
Le soluzioni che noi abbiamo elaborato, e che abbiamo illustrate anche nel nostro incontro “Società, economia e moneta positiva” del 23 novembre 2018, nell’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, insieme agli amici Nino Galloni, Antonio Maria Rinaldi, Giovanni Zibordi, Marco Cattaneo, Orango Riso e Steve Keen.
Prevediamo che il debito pubblico venga monetizzato attraverso la creazione di Moneta Positiva da parte degli Stati, in modo anche da permettere politiche espansive nei periodi di recessione, con una funzione anticiclica.
Se non adottiamo soluzioni di questo genere, il malumore della popolazione crescerà ogni giorno di più e c’è il rischio fondato che crolli tutto il sistema dell’Unione Europea, compresa quella parte sana che aveva degli obiettivi condivisibili da tutti.
Se vogliamo uscire dalla crisi economica e sociale, lo Stato può e deve usare questi strumenti per raggiungere gli obiettivi previsti non solo dalla nostra Costituzione, ma anche e soprattutto dai Trattati Europei, così come definiti dall’art.3 comma 3 del TUE, dove tra gli altri ci sono la piena occupazione, il progresso sociale e la crescita economica equilibrata.
Le passate e le attuali politiche non producono aumento di ricchezza per tutti, ma solo per pochi privilegiati già ricchi, impoverendo tutti gli altri.
Come racconta mirabilmente Trilussa, nella sua poesia dedicata alla statistica, uno dei problemi dei cosiddetti esperti economici è che i loro dati sono sempre interpretati con le medie statistiche, che spesso nascondono la verità.

Me spiego: da li conti che se fanno
seconno le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:

e, se nun entra ne le spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso
perche’ c’e’ un antro che ne magna due.