È la notte tra il 28 e il 29 maggio 2019. Luca Palamara si sfoga a lungo con l’ormai ex vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. E ha già l’istinto dell’animale ferito che lo accompagnerà fino a questi giorni. Pensa di parlare ai giornalisti, se possibile con Lucia Annunziata, e annuncia a Legnini cosa vorrebbe raccontare in tv: il motivo per cui il processo disciplinare di Henry John Woodcock è slittato alla nuova consiliatura del Csm.
“È una cosa che vorrei di’, questa, cioè che il processo Woodcock non è stato fatto per ‘sto motivo…”, dice Palamara a Legnini. Non si tratta di una frase senza peso. Soprattutto, come vedremo, per il seguito del discorso.
E quindi: qual è il vero motivo per cui è stato rinviato il disciplinare su Woodcock?
Il sospetto è che Palamara stia inviando “messaggi” e “pizzini”. Se vuole raccontare tutto quel che sa, se davvero ha delle verità da rivelare, potrebbe spiegare perché, in più di un’occasione – parlando per esempio con il parlamentare del Pd Luca Lotti – lega la parola “ricatto” al procedimento disciplinare su Woodocock: “Cioè Luca… è un ricatto da febbraio duemila… cioè anzi.. da pre-Woodcock… cioè questo è uno dei motivi per cui non ci fanno chiudere Woodcock…”. Qual è il ricatto? E qual è il motivo per cui non gli fanno “chiudere” Woodcock?
Il Fatto ha chiesto a Palamara di spiegare il senso delle sue parole. “Non avrò difficoltà a riferire nelle sedi istituzionalmente competenti il significato della mia conversazione con Giovanni Legnini” risponde Palamara. Palamara dice di essere pronto a spiegare. Vedremo se davvero Palamara si muove per amore di verità o se sta invece inviando messaggi ai naviganti. E vedremo se qualcuno, a livello istituzionale, ha interesse ad ascoltarlo. Intanto, per comprendere il livello della vicenda in questione, ricostruiamo il suo dialogo con Legnini.
“È una cosa che vorrei dì, questa, cioè che il processo Woodcock non è stato fatto per ’sto motivo…” esordisce Palamara. E Legnini lo interrompe: “No, non lo puoi dì”. Ecco: cos’è che Palamara non può dire?
“Lo so” risponde Palamara, “però Giovà, ho capito, non to vo (sembra dire “non ti voglio”, ndr)…”. Legnini lo interrompe ancora: “Dentro pure me”. Perché “pure” Legnini finirebbe “dentro” questa storia? Palamara gli risponde: “No, ma senza mettere in mezzo te, senza mettere in mezzo te, che questa cosa già girava quando (inc.)… e ma io lo devo dì…”.
Legnini – mentre Palamara gli dice di temere che, rivelando questa storia, avrebbe problemi con il Fatto Quotidiano – torna a dargli un consiglio: “Io la vicenda Woodcock non la sfruculerei, mentre invece sulle incertezze investigative, su Scafarto, vicende della Procura cioè, la parte Csm, mo’ non mi riferisco solo, ma io non la toccherei, anche perché noi abbiamo fatto esattamente il nostro dovere, alla fine abbiamo rinviato, e abbiamo fatto bene a farlo, certo per quel motivo, però (…) alla fine era anche una decisione ragionevole quella un (inc.) scadenza ehhh era giusto”.
In quest’ultima frase, non solo Legnini conferma che i due stanno parlando dei rinvii del disciplinare su Woodcock, ma dimostra che – accanto alla “decisione ragionevole” dovuta al Csm in “scadenza” – c’era dell’altro: “abbiamo fatto bene a farlo… certo, per quel motivo”. Di quale motivo sta parlando?
Lungi dal creare problemi con il Fatto Quotidiano, la domanda è stata formulata sia a Palamara, sia a Legnini. Ecco la sua risposta: “Gli sconsigliai – dice Legnini – di parlare con la stampa di presunti complotti riguardanti il procedimento Consip, che era stato condotto in modo del tutto trasparente, come può ricavarsi dai verbali delle numerose udienze. Non ci fu alcun condizionamento né su di me né sugli altri componenti del collegio, che decisero in assoluta autonomia”. E ancora: “Ignoro il presunto ‘ricatto’ di cui si parla in altre intercettazioni. Ripeto: ho presieduto il collegio disciplinare sul caso Woodcock libero da qualunque condizionamento. Il procedimento non si concluse poiché ne fu deciso il rinvio al nuovo Consiglio, deliberato in Camera di consiglio in assoluta libertà e autonomia di tutti i suoi componenti, su richiesta della difesa del magistrato incolpato. Eravamo a settembre 2018, prima della scadenza della consiliatura fissata per il 24 di quel mese, e i nuovi consiglieri erano stati già eletti tra giugno e luglio”.