Quel che ha detto ieri il premier Conte alla festa del Fatto, rispondendo a Padellaro e Gomez, sulla legge elettorale con la preferenza e senza più liste bloccate piacerà ai 5Stelle, a LeU, alla maggioranza del Pd e in parte anche alla Meloni: cioè a chi è contrario ai parlamentari nominati dai capi. Non piacerà invece a chi approvò le tre leggi elettorali-vergogna che istituivano le liste bloccate: il Porcellum del centrodestra (2005, poi raso al suolo dalla Consulta), l’Italicum dell’Innominabile e di B. (2014, anch’esso bocciato perché incostituzionale) e il Rosatellum del Pd renziano, votato anche da FI e dalla Lega salviniana (2017, con i soli voti contrari di 5Stelle e FdI). Se la nuova legge elettorale “Germanicum”, oltre a un impianto proporzionale e a uno sbarramento, prevedrà la preferenza unica, non sarà la migliore del mondo, perché il doppio turno francese è meglio; ma almeno potremo dire di avere riconquistato il diritto di scelta. Non è poco, dopo 15 anni di digiuno. Ed è paradossale che i cultori della “rappresentanza” democratica sprechino tempo, voce, inchiostro ed energie a strillare contro il taglio dei parlamentari (che non c’entra nulla), anziché concentrarli su un obiettivo ben più cruciale: far sì che i deputati e i senatori, 945 o 600 che siano, vengano eletti da tutti e non più nominati da pochi.
Questo è il cuore della “rappresentanza”: più elettori rappresenta, più il rappresentante sarà responsabile e autonomo. Come diceva ieri Conte, “coloro che saranno eletti con le nuove regole potranno sentire ancora di più il peso della rappresentanza e quindi quella disciplina e quell’onore” prescritti dall’art. 54 della Costituzione. Molti – come Sabrina Ferilli, anche lei alla nostra festa – puntano “più sulla qualità che sulla quantità”. Giusto. Ma un’assemblea pletorica di quasi mille parlamentari consente a molti (circa un terzo, secondo i calcoli di Boeri e Perotti) di confondersi nella massa per disertare impunemente le sedute o scaldare gli scranni senza fare proposte: una zavorra che scredita tutta l’istituzione. La qualità dei nostri rappresentanti migliorerà già con la loro riduzione e soprattutto con una legge elettorale che ne faccia davvero i rappresentanti nostri e non dei loro padroni. Ma – l’ha spiegato ieri Lorenza Carlassare sul Fatto – solo la vittoria del Sì costringerà il Parlamento a buttare a mare il Rosatellum e le sue liste bloccate. Se vincesse il No e i parlamentari restassero 945, senza l’obbligo di ridisegnare i collegi, i partiti non avrebbero né l’obbligo né l’interesse di cambiare sistema. E si terrebbero quello attuale, che consegna ai loro boss il potere unico al mondo di scegliersi i parlamentari preferiti: i meno capaci e i più servili.