giovedì 14 gennaio 2021

Renzi non poteva almeno lasciare che Bellanova e Bonetti annunciassero le dimissioni?

 

Renzi, Bellanova, Bonetti durante la conferenza stampa in cui il leader di Italia Viva ha annunciato le dimissioni delle ministre del Governo Conte.

Bellanova e Bonetti, più dimesse che dimissionarie. Con tutto quello che dobbiamo affrontare, Renzi incluso, serviva l’ennesima polemica sulle donne ‘usate’ dall’ennesimo uomo più potente di loro? In poche parole, poteva almeno lasciarglielo dire a loro?

Come se ne avesse bisogno, l’uomo “più impopolare del Paese” che ha messo nei guai quello più popolare, squadernando una crisi di governo in piena emergenza pandemica, è riuscito invece nell’impresa di farlo attirandosi oltre alle solite accuse di egocentrismo anche quelle ben più velenose di sessismo.

Nel mondo reale e nei famigerati social (trovare le differenze ormai), all’hashtag di battaglia #renzivergogna, sono stati in molti a puntare il dito contro il leader di Italia Viva che pur di prendersi la scena, si arroga anche il diritto di annunciare le dimissioni delle sue ministre Bellanova e Bonetti, sedute al suo fianco, come “due corpi ostaggi”, come ha osservato non senza sarcasmo Lucia Annunziata al tg3.

E a proposito di giornalisti, c’è Alberto Infelise (la Stampa), che twitta: “Dire che la Bellanova non farà mai da segnaposto mentre le sta facendo fare esattamente la segnaposto è un estratto puro di renzismo”. Sulla stessa linea Selvaggia Lucarelli (Tpi): “Nel frattempo da 1 ora non hanno detto una parola, mentre fanno da segnaposto accanto a lui”.

Altri come Gad Lerner preferiscono ricorrere ad altre categorie. “Neanche il buon gusto, l’osservanza delle regole istituzionali o, se preferite, la cavalleria di lasciare che fossero le ‘sue’ due ministre a comunicare le proprie dimissioni, ha avuto @matteorenzi”, twitta l’ex editorialista di Repubblica.

C’è poi chi osserva come alle stesse, “dimesse”, politicamente e umanamente, ben pochi presenti in conferenza stampa hanno rivolto domanda. Per Marika Surace, esperta di diritti umani molto attiva sui social, “Renzi sta praticamente pregando i giornalisti di fare domande alle ministre e a Scalfarotto, inascoltato. Perché alla stampa interessa solo il suo rapporto con Conte e questo governo. Le due donne di Italia Viva non chiedono di intervenire. E però è Renzi che è sessista”.

Ma è anche vero - si ribatte- che una volta aperta la conferenza stampa con la notizia delle dimissioni, tutte le attenzioni erano rivolte alla mossa successiva di Renzi. Non è sfuggito che un ‘metronomo’ delle news come Enrico Mentana, abbia trovato normale rientrare in studio appena le stesse sembravano finalmente prendere la parola.

Sessismo o egocentrismo, c’è infine chi ha trovato la polemica stucchevole e irrilevante rispetto sia al tema delle donne sia rispetto al casino politico che era in procinto di innescarsi. Non resta che rifugiarsi nell’ironia feroce di Spinoza: “Renzi ha chiesto rispetto per le sue ministre. Altrimenti le farà parlare”.

(foto ANSA)

https://www.huffingtonpost.it/entry/renzi-non-poteva-almeno-lasciare-che-bellanova-e-bonetti-annunciassero-le-dimissioni_it_60002d9dc5b6c77d85ed2794?utm_hp_ref=it-homepage

La crisi sulla stampa internazionale. “Renzi sinonimo di slealtà”. “Un uomo disperato, più il partito affonda più lotta per avere attenzione”. “Mette a rischio l’opportunità data dai fondi europei”.

 

Gli osservatori stranieri scrivono che nessuno capisce le motivazioni dell'ex premier. Per l'agenzia Reuters "Renzi completa la trasformazione da riformatore a distruttore". Der Spiegel: "Duello quasi tragico: da una parte Conte, il premier più popolare da 25 anni, dall'altra Renzi, uno dei politici più impopolari". Guardian e Ft rispolverano la definizione di "Demolition Man" riservatagli dall'Economist quando uscì dal Pd. Le Figaro mette in evidenza l'ambiguità degli annunci di mercoledì. Handelsblatt sottolinea che il "ricatto" sul Recovery plan "ha dato frutti, ma questo non gli è bastato".

Il Financial Times e il Guardian rispolverano la definizione di “Demolition Man“, riservata a Matteo Renzi dall’Economist nel settembre 2019, quando lasciò il Pd per fondare Italia viva. Il quotidiano della City sottolinea che la mossa potrebbe “facilmente ritorcersi contro di lui”. Ma, quel che più conta, la crisi italiana “minaccia di ostacolare il Recovery plan di Bruxelles”. Per l’agenzia Reuters “Renzi completa la trasformazione da riformatore a distruttore” e il suo nome è ormai “quasi sinonimo di slealtà e spietate manovre politiche”. mentre El Pais annota che l’Italia deve ora “trovare la formula per un probabile terzo governo di questa legislatura nel mezzo di una pandemia, proprio quando si decide il destino di quasi 230 miliardi di euro che arriveranno dall’Unione Europea per uscire dalla crisi e il Paese deve presiedere il G-20“.

Sulla stampa internazionale la reazione nettamente prevalente davanti alla crisi di governo innescata dal leader di Italia viva è lo sconcerto, lo stesso che emergeva già nei giorni scorsi davanti alle minacce renziane nel bel mezzo di una pandemia globale e di una grave recessione. Anche perché nessuno capisce le motivazioni dell’ex premier: l’unica spiegazione, secondo il Ft, è che Renzi abbia “messo sottosopra Roma” nel tentativo di “rafforzare il potere di interdizione del suo piccolo partito e la sua stessa immagine personale” . La manovra “largamente impopolare” di Renzi arriva “nel momento peggiore possibile per l’Italia” e “lascia gli osservatori perplessi riguardo alle motivazioni”, spiega il Guardian, ricordando che “la sua popolarità è crollata da quando ha dovuto dimettersi da premier dopo il fallito referendum del 2016. Italia viva nei sondaggi ha meno del 3% dei voti“.

Der Spiegel: “Disperato, il più impopolare lotta contro il premier più popolare” – E Der Spiegelil più influente e venduto settimanale tedesco, sul proprio sito prova a fare una diagnosi partendo proprio dai consensi in caduta libera: “Sembra la battaglia di un uomo disperato. E un duello quasi tragico: da una parte Conte, il premier più popolare da 25 anni, dall’altra Renzi, uno dei politici più impopolari. Più il suo partito affonda, più lui lotta per avere attenzione“. Quasi tutti i giornali stranieri tornano più volte sul punto della evidente impopolarità di Renzi accentuata dalla conferenza stampa di mercoledì sera: nella corrispondenza per Reuters Gavin Jones annota che se “un tempo entusiasmava italiani e osservatori stranieri con le sue promesse di riforme“, oggi “è tra le figure più impopolari del Paese” e “in un sondaggio Ipsos martedì il 73% degli elettori ha dichiarato che vuole perseguire i propri interessi” personali.

“Mette a rischio la storica opportunità di riformare il Paese” – “Difficile da individuare”, ribadisce Jones, “la ragione” per cui l’ex premier ha “gettato l’Italia nel caos politico nel mezzo di una nuova emergenza coronavirus”. L’altro refrain è appunto quello delle motivazioni di fondo per nulla chiare. Il quotidiano economico tedesco Handelsblatt sottolinea che il “ricatto” sul Recovery plan “ha dato frutti”, perché l’ultima versione “contiene molte delle richieste di modifica di Renzi, ma questo non è bastato al suo partito”. Frank Hornig, che scrive da Roma per lo Spiegel, si chiede esplicitamente “perché Renzi stia mettendo a rischio” la “storica opportunità di riformare il Paese” con i 200 miliardi di euro del Recovery fund. “Perché il fan di Machiavelli rompe la coalizione rischiando di andare all’opposizione e portare al potere il populista di destra Matteo Salvini?“.

Figaro: “Rifiuta di assumersi la responsabilità della crisi” – Se El Pais dà conto del fatto che “il presidente della Repubblica è molto deluso“, Le Figaro mette in evidenza l’ambiguità degli annunci di mercoledì: “Chi si assumerà la responsabilità della caduta del governo italiano in un momento in cui l’Italia sta attraversando una crisi senza precedenti?”. Conte, scrive Valérie Segond da Roma, dopo l’incontro con Sergio Mattarella “ha abbassato i toni: “Sono fiducioso che si troverà un accordo, il governo può andare avanti solo con il sostegno di tutte le forze della maggioranza”. Mano tesa che Renzi non ha voluto afferrare”. Ma al tempo stesso “promettendo che voterà tutte le decisioni importanti delle prossime settimane, rifiuta di assumersi la responsabilità di questa crisi e si assicura che rimane aperto a un governo sostenuto dalla stessa maggioranza…con un altro presidente del Consiglio”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/14/la-crisi-sulla-stampa-internazionale-renzi-sinonimo-di-slealta-un-uomo-disperato-piu-il-partito-affonda-piu-lotta-per-avere-attenzione-aveva-il-potere-di-distruggere-e-non-ha-resistito/6065140/

Renzi, il perdente maximo contro cui vaccinarci. - Daniele Ranieri

 

Era l’idea, anzi il sogno, di Denis Verdini, peraltro riconsultato sotto Natale durante l’orario di visita in qualità di oracolo e grande stratega: il Partito della Nazione. Il brevetto era talmente geniale che passò subito di mano a colui che meglio poteva concretizzarlo. “Il Pd deve essere un partito che vince e che, avendo una vocazione maggioritaria, sia in grado di contenere realtà diverse!”, proclamò Matteo Renzi durante una direzione trionfale del Pd nel 2014. “Reichlin lo ha chiamato il Partito della Nazione” si vantò “deve contenere realtà diverse, da Gennaro Migliore ad Andrea Romano” (per dire l’ambizione che lo animava): era l’epoca che seguiva al 40,8% alle Europee che lo avevano proiettato nei cieli dell’ebbrezza e dell’autoincoronazione. (Nel 2016, Alfredo Reichlin attribuirà a Renzi il “tradimento” di quella idea a favore di una concezione “trasformista di un partito senza storia e senza ideologia che prende i voti dove li trova”).

Era la pastorizzazione del patto del Nazareno, l’Eden dei moderati (“accozzaglia” erano invece gli oppositori della sua bislacca riforma: Rodotà, Zagrebelsky, il Fatto, D’Alema, De Mita, etc.), con lui Sindaco d’Italia (altra perla della sloganistica di allora) a capo di una legione di politici rivitalizzati dalla comparsa del Napoleone a cavallo di una Smart, capaci di superare le vecchie e stantie distinzioni tra destra e sinistra, uniti soltanto dalla acquiescenza al carisma seduttivo del leader. Il quale peraltro invitava la minoranza del Pd, stranamente riottosa, ad andare alla Leopolda a rendergli omaggio nella celebrazione del grande omogeneizzato nazionale.

Gli elettori li aveva praticamente in tasca: i comitati per il Sì sarebbero stati “centri di propulsione per far entrare forze fresche”; il premio di maggioranza dell’Italicum sarebbe andato a questo grande listone nazionale (sinistramente risonante).

Sappiamo come è andata a finire. Renzi, in coro con la firmataria della riforma costituzionale, minacciò di ritirarsi dalla politica se avesse vinto il No, gli italiani lo presero in parola e lo mandarono a casa, lui e tutta la sua paccottiglia post-ideologica, salvo poi vederlo ricomparire qualche mese dopo perché, andava dicendo, la gente lo fermava sugli skilift pregandolo di tornare in sella, infatti l’anno dopo dal Pd transumarono 6 milioni di voti e sotto la sua salvifica guida il partito sprofondò al 18%.

Ma, come dice il Nostro, il tempo è galantuomo. Una speciale alchimia ricombinatoria ha fatto sì che egli riuscisse oggi, nel pieno di una pandemia che ha fatto 80 mila morti, a ricompattare la Nazione sotto l’insegna del suo nome.

Un sondaggio Ipsos per DiMartedì rileva che il 73% degli intervistati pensa che con la manfrina della crisi Renzi stia perseguendo i suoi interessi; solo il 13%, probabilmente una ridotta di padroncini di Confindustria e di alieni mischiatisi ai terrestri al fine di sterminarli, pensa che lo faccia per il bene del Paese. Altri sondaggi lo danno ultimo nella classifica di gradimento personale col 10%, mentre il suo partito di statisti è dato al 2,8%, sotto il partito di Calenda.

Gli italiani (e non solo: all’estero lo chiamano “il disturbatore d’Italia”) hanno capito in massa l’assurdità di una situazione in cui un leader ridotto in tale stato decide che il presidente del Consiglio in carica si deve dimettere e il governo cadere a favore di un altro composto da figure a lui gradite, e che nel momento in cui si dovrebbe parlare solo di vaccini si dia ascolto alle fantasie di rivalsa di un soggetto in chiaro deficit di attenzione che ogni giorno ne inventa una per ricattare il governo.

Un giorno è la task force; un giorno il Recovery; il giorno dopo gli emendamenti; poi il Mes; poi che non facciamo 200 mila vaccini al giorno (ce ne arrivano 490 mila a settimana); poi il Ponte sullo Stretto (perché “la nostra è una battaglia di idee”); poi che al governo manca l’anima; poi che Conte appoggia Trump e lo Sciamano; poi la liturgia democratica. A un certo punto è parso che Conte volesse dare delle poltrone a Iv che non le voleva. Ieri (507 morti), in una conferenza stampa surreale, si è capito che il problema principale sono le dirette Facebook e le storie Instagram di Conte (lo batte anche in quelle), per cui le due ministre (mute) e il sottosegretario Scalfarotto (invisibile, 1,6% in Puglia) sono stati fatti dimettere, secondo i capriccetti del capo. “Andrò all’opposizione”, aveva detto il perdente maximo nel pomeriggio (il che vuol dire fare esattamente le stesse cose che fa dall’agosto 2019): adesso cosa farà?

Forse è finito il tempo della convivenza con questo virus ed è ora di pensare al vaccino per liberarsene definitivamente. Dopo anni di tentativi falliti, Renzi è finalmente riuscito a unire l’Italia nel disprezzo unanime per la sua persona. È un Partito della Nazione anche questo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/14/renzi-il-perdente-maximo-contro-cui-vaccinarci/6065098/

Migranti, 3mila bloccati in Bosnia al gelo. Unhcr: “A rischio vite umane”. Di Maio: “Ue si attivi, corridoi umanitari o redistribuzione”. (31.12.2020)

 

Il campo di accoglienza di Lipa è stato evacuato perché le autorità bosniache non avevano rispettato la promessa di attrezzarlo per i rigori dell’inverno. In seguito gli stessi migranti gli hanno dato fuoco. Ora circa 3mila profughi della rotta balcanica vagano all’aperto, dormendo nei boschi e in ricoveri di fortuna con una temperatura sotto lo zero. Il rappresentante in Bosnia dell’Oim Peter van der Auverart ha parlato di "catastrofe umanitaria".

“Siamo profondamente preoccupati per le condizioni precarie in cui si trovano attualmente i migranti e i richiedenti asilo che hanno perso il rifugio e gli altri che sono rimasti bloccati lungo il confine in edifici abbandonati e campi di fortuna in questo periodo dell’anno. Con le forti nevicate recenti e le temperature sotto lo zero sicurezza, salute e protezione di queste persone sono a rischio immediato. Se non si agisce con la massima urgenza, si mettono a rischio delle vite umane“. E’ il nuovo appello lanciato dall’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, per un intervento in favore dei circa 3mila profughi bloccati al gelo nel nordovest della Bosnia-Erzegovina, al confine con la Croazia, dopo che la tendopoli di Lipa è stata data alle fiamme.

Il campo di accoglienza è stato evacuato il 23 dicembre dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, dato che le autorità bosniache non avevano rispettato la promessa di attrezzarlo per i rigori dell’inverno. In seguito gli stessi migranti gli hanno dato fuoco, come era accaduto a settembre sull’isola di LesboOra circa 3mila profughi della rotta balcanica vagano all’aperto esposti al gelo invernale, dormendo nei boschi e in ricoveri di fortuna a temperatura sotto lo zero. Il rappresentante in Bosnia dell’Oim Peter van der Auverart ha parlato di una autentica “catastrofe umanitaria“.

La rete RiVolti ai Balcani, composta da oltre 36 realtà e singoli impegnati a difesa dei diritti delle persone e dei principi fondamentali sui quali si basano la Costituzione italiana e le norme internazionali, in una nota diffusa da Amnesty chiede “l’immediato e urgente intervento di istituzioni europee, internazionali e locali nell’area di Bihac, e una soluzione di sistema a lungo termine che assicuri a migranti, richiedenti asilo e rifugiati il rispetto dei diritti umani fondamentali”.

Questa mattina il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in una lettera inviata alla Stampa parla di “quadro inquietante di quanto sta avvenendo alle porte dell’Europa”. “Stiamo seguendo da vicino – assicura il titolare della Farnesina – la situazione che si è venuta a creare a seguito della chiusura del campo di accoglienza di Lipa. La condizione umanitaria dei migranti e richiedenti asilo che sono al momento privi di alloggio e di accesso ai servizi essenziali ci preoccupa e come ministero degli Esteri abbiamo disposto uno stanziamento fino a 500.000 euro a favore della Croce Rossa che sta operando sul terreno. Inoltre, abbiamo chiesto alla Commissione dell’Ue di attivarsi per alleviare le sofferenze delle persone coinvolte. D’altronde è impensabile che degli esseri umani in questo inverno gelido e ostile siano obbligati al dolore e alla sopravvivenza. Serve una risposta unitaria al tema dell’immigrazione”. Le Autorità della Bosnia-Erzegovina, centrali e locali, dovrebbero “individuare con assoluta urgenza una soluzione” ma “anche l’Ue ha una responsabilità morale enorme”. I corridoi umanitari “sono una strada da percorrere. La redistribuzione per quote, anche lavorative (coniugando le capacità professionali dei richiedenti asilo alle necessità de singoli Stati Membri), ne è un’altra. Tutti gli altri sono binari morti come già morti, perché privati della loro anima, sono i corpi di quei tremila esseri umani perennemente in fuga”.

Ylva Johansson, commissario europeo per gli Affari interni, questa mattina ha parlato con Zoran Tegelttija, presidente del Consiglio bosniaco, dopo il colloquio di ieri con Mustafa Ruznic, primo ministro del cantone di Una-Sana. “È chiaro che la soluzione pratica e immediata è riaprire il centro di accoglienza Bira”, ha detto, accogliendo “con favore la decisione di questa mattina del Consiglio dei ministri di confermare Bira come l’opzione preferita. Questo centro dispone di riscaldamento, elettricità, acqua corrente e può ospitare 1.500 persone. Grazie ai finanziamenti dell’Ue, forniti e promessi, questa è una soluzione immediata e ovvia per alleviare le sofferenze di chi è bloccato nella neve”. L’Ue rilancia quindi l’appello “alle autorità nazionali e locali bosniache di lavorare insieme per fornire il rifugio che questi esseri umani meritano”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/31/migranti-3mila-bloccati-in-bosnia-al-gelo-unhcr-a-rischio-vite-umane-di-maio-ue-si-attivi-corridoi-umanitari-o-redistribuzione/6052404/

Renzi apre le crisi ma Conte va avanti: 'Danno al Paese'.

 

Il premier accetta le dimissioni delle ministre di Iv. Pd-M5s con lui. E convocano vertici.


Finisce il governo Conte bis. Non basta l'apertura di Giuseppe Conte a un "patto di legislatura": Matteo Renzi annuncia le dimissioni delle ministre di Italia viva dal governo.

Si apre una crisi di governo, che deve essere ancora ufficialmente formalizzata, dagli sbocchi ignoti. E si apre in modo inatteso, quando sembravano esserci tutte le condizioni per siglare la pace. A sera, aprendo il Consiglio dei ministri, il premier annuncia di aver informato il Quirinale e accettato il passo indietro di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. Le parole sono come pietre. Parla di "grave responsabilità" e "notevole danno al Paese" prodotto da un gesto che non può essere sminuito. Afferma di aver cercato "fino all'ultimo utile" il dialogo ma il terreno è stato "disseminato di mine". Chiama la sua squadra a testimone e dal Cdm arrivano i tweet all'unisono dei ministri M5s, Pd e Leu. "#AvanticonConte", è l'hashtag. Lo twitta dal Pd anche Nicola Zingaretti: "Ora è a rischio tutto, è una scelta incomprensibile", è il suo attacco a Renzi.

Ventiquattro ore per far decantare lo schiaffo di Matteo Renzi, per permettere ai partiti di maggioranza di ragionare sul da farsi. E poi eventualmente presentarsi alle Camere con un discorso che faccia un appello largo alla responsabilità. Il premier Giuseppe Conte, nel primo Consiglio dei ministri senza Iv, non fornisce alcun cenno di dietrofront, tratta ormai Matteo Renzi da avversario, si presenta ai ministri tranquillo e deciso ad andare avanti. 

Ancora alcuni passaggi devono maturare: oggi Pd e M5s riuniranno i loro vertici per valutare la crisi, consapevoli che in maggioranza c'è chi, come una parte dei Dem, ha ancora dubbi sull'ipotesi di sostituire Iv con un gruppo di "responsabili".

Le quasi due ore di fuoco e fiamme del leader di Iv nei confronti di Renzi sono arrivate a Palazzo Chigi, spiega una fonte che ha dimestichezza con il premier, attraverso le agenzie di stampa. A testimonianza del fatto che, in Conte, già prevaleva la convinzione che Renzi avrebbe comunque rotto. E ora, sottolinea chi è vicino al il capo del governo, Conte è più "libero" di giocare la sua partita sulla fiducia in Aula. Il filo con il leader di Iv sembra inesorabilmente rotto. A tarda sera Renzi, riunendo i suoi gruppi, ribadisce che il capo del governo non lo ha mai chiamato. Ma fonti di maggioranza descrivono un quadro opposto: Conte avrebbe più volte cercato l'ex premier - nei giorni scorsi - con telefonate e messaggi, senza ricevere risposta.

Iv vive le ore del post-strappo con prudenza. Nessuna rivolta interna viene registrata nella riunione serale dei parlamentari con Renzi. Si attende la mossa del premier, ma si discute dello scenario di una soluzione rapida della crisi in maggioranza come se il Conte ter non fosse ancora un'opzione archiviata: sedersi a un tavolo sarebbe possibile. Ma la convinzione di più d'uno è che si vada verso la conta in Aula. E, se mai arriverà quel giorno, qualche addio tra i renziani non si può escludere.

Una decisione su come affrontare la crisi aperta da Iv Conte - se dimettersi per aprire il tentativo di un nuovo governo o andare in Parlamento a verificare la sua maggioranza - la deve mettere sul tavolo già nelle prossime ore, anche perché è lo stesso presidente Mattarella ad averlo invitato ad una soluzione della crisi in tempi brevi. Se sceglierà davvero lo showdown in Parlamento l'obiettivo potrebbe essere ottenere il sì da una maggioranza larga e solida, con un appello ampio a sostenere il lavoro del governo. A margine del Cdm alcuni ministri osservano che quella dello showdown in aula è la strada da imboccare, altri predicano più prudenza: non se ne sarebbe comunque parlato nella riunione del Consiglio.

Il Movimento sembra più compatto che mai sull'"avvocato del popolo". E anche chi, in teoria, avrebbe aperto ad una soluzione con un premier Dem (come Dario Franceschini) pare esser tornato sui suoi passi. A dire il vero l'ipotesi di un governo con la stessa maggioranza e un premier diverso non è ancora del tutto tramontata - con Iv in attesa - ma, ad ora, pare davvero lontana. E allora come uscirne? L'unica alternativa alla carta responsabili potrebbe essere un'apertura improvvisa di Renzi al dialogo, con Conte premier come punto fermo. Possibilità remota ma non ancora impossibile e a testimoniarlo sono le uscite dei big del M5S: tutte decisamente a favore di Conte ma non così tranchant - come lo è stato lo stesso Conte in Cdm - con Renzi. Sebbene una fonte di primo piano del Movimento, a tarda notte, osservi: "è stato il primo Cdm senza scontri questo senza Iv...".

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/01/14/governo-conte-renzi-crisi_e9e12154-53fc-4b48-be92-4b81a2298ef7.html

Finalmente te ne vai. - Marco Travaglio

 

Il vero spettacolo non è l’Innominabile che parla tre ore senza dire nulla, se non che apre la crisi perchè gli sta sulle palle Conte. È che c’è ancora qualcuno che gli crede e lo prende sul serio. Mente da 10 anni ogni volta che respira. Ha tradito tutti quelli che han fatto patti con lui. Tuonava contro “i partitini” che volevano la “dittatura della minoranza” e ne ha fondato uno per imporre la dittatura della sua minoranza. Ha rottamato qualunque cosa abbia toccato, dal suo partito al suo governo al Paese, e ci ha provato pure con la Costituzione, con una furia distruttrice che nemmeno Attila flagello di dio (quello di Abatantuono). Ha coperto di ridicolo le mejo firme del giornalismo italiano, che sdraiate ai suoi piedi salutavano in lui il sole dell’avvenire salvo scoprire che era il sòla. Ha mollato il Pd per “svuotarlo come ha fatto Macron con i socialisti francesi” e l’unica cosa che ha svuotato è il suo residuo elettorato. Allora ha preso a rottamare il governo Conte-2 che lui stesso aveva voluto 17 mesi fa, nel bel mezzo della pandemia e della strage da Covid, della redazione del Recovery Plan e della campagna vaccinale. È andato in pellegrinaggio da Verdini a Rebibbia. Ha parlato con Salvini di altri governi (“Hai visto? Ho fatto il culo a Conte!”). Ha sputtanato il piano Ue, scritto non da Conte, ma dai pidini Gualtieri e Amendola dopo 19 riunioni con i rappresentanti di tutti i ministeri (inclusi i suoi, che evidentemente dormivano).

Ha inventato scuse e alibi ridicoli per dire sempre no e prendere in giro gli alleati: dal Mes al ponte sullo Stretto, dai servizi segreti alla cybersicurezza, da Trump alla task force del Recovery, dalla prescrizione alla liberazione dei pescatori in Libia, per non parlare della Boschi che chiedeva notizie dei “porti del Sud” oltre a quelli “di Trento e Trieste” (testuale). Ha chiesto poltrone ministeriali mentre accusava gli altri di pensare alle poltrone. Eppure c’è ancora qualcuno che gli crede e lo prende sul serio. I giornaloni raccontano di un’inesistente “lite” o “rissa” o “sceneggiata” fra lui e Conte, che non ha mai detto una parola contro di lui, ingoiando insulti, calunnie e provocazioni. Topi di fogna da maratona tivù tornano o diventano renziani e persino salviniani, sparando su eventuali “responsabili”, “transfughi”, “ribaltoni”, come se l’unico partito formato al 100% da transfughi non fosse proprio Italia Viva e se il Pd non avesse fatto “ribaltoni” governando con B. sotto Monti e sotto Letta e poi con i “responsabili” e “transfughi” di Ncd (Alfano&C.) e di Ala (Verdini) sotto l’Innominabile e Gentiloni. Ma il meglio lo dà mezzo Pd, che più prende ceffoni, calci e pugni, più gode e strilla “ancora! ancora!”.

Una scena sadomaso che mette tristezza e clinicamente si spiega soltanto con la variante italiana della sindrome di Stoccolma: la sindrome di Rignano. Del resto, fino all’altroieri nel Pd erano quasi tutti renziani: credevano di essere guariti, invece restano posseduti e purtroppo sprovvisti di esorcisti. A meno che non sia vero ciò che il Pd ha sempre smentito: cioè che un mese fa mandò avanti l’Innominabile all’assalto di Conte per indebolire il premier e sistemare il loro rimpastino (fuori De Micheli e Lamorgese, dentro Orlando e Delrio), poi come sempre ne perse il controllo e si spaventò a morte. Infatti l’altroieri, quando Conte e i 5Stelle han fatto il gesto di minima dignità di dire “Se fai cadere il governo, con noi hai chiuso” e l’hanno messo all’angolo, il Pd è entrato nel terrore. Anzichè finirlo, gli ha lanciato astutamente l’ennesima ciambella di salvataggio. Ha ripreso a rincorrerlo, a tendergli la mano, a offrirgli qualunque pizzo e a garantirgli che per carità, “mai dire mai”, anzi averne di italovivi in un nuovo governo, come se niente fosse, non è successo nulla, abbiamo scherzato, amici come prima. Vuoi la Boschi ministra? Ma certo. Vuoi andare tu agli Esteri? Accomodati. Vuoi i servizi segreti? Ma prego. E ci mettiamo sopra anche una fettina di culo. Oh, sì, dài, facci del male, frustaci ancora che ci piace!

Nessuno dei vedovi inconsolabili pidini ha spiegato con che faccia potrebbe mai sedersi a un tavolo con chi ha appena rovesciato il loro e suo governo e detto di loro le cose peggiori (l’ultima è: complici di un “vulnus democratico”, qualunque cosa voglia dire) per farne uno nuovo. E quale sadomasochista potrebbe mai accettare di presiederlo, con la certezza di essere molestato e brutalizzato quotidianamente com’è avvenuto a Conte prima con un Matteo e poi con l’altro. Ma magari lo troveranno, essendo la politica italiana un serbatoio inesauribile di uomini senza dignità. Infatti ieri, mentre l’Italia intera temeva che l’italomorente facesse l’ennesima retromarcia e poi tirava un sospiro di sollievo per essersi liberata di Italia Virus sulle note dell’ultimo successo di Renato Zero (“Finalmente te ne vai… come soffro!”), il Pd si listava a lutto e continuava a inseguire il suo persecutore. A cercare “spiragli di dialogo” nel suo delirio sciamanico. E a sognare un altro bel governo con lui (almeno fino allo stop di Zinga al Tg1). Per fortuna, ora è tutto molto chiaro: chiunque rifiuta a prescindere nuovi voti al Senato e si risiede al tavolo con lo sfasciacarrozze si condanna, come dicono a Bologna, a camminare per altri due anni “con un gatto attaccato ai maroni e qualcuno da dietro che gli tira la coda”. Chi si candida? Chi ci casca? Le iscrizioni sono aperte.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/14/finalmente-te-ne-vai/6065052/

mercoledì 13 gennaio 2021

Una mossa che fa ridere il mondo. - Gaetano Pedullà

 

Al punto in cui siamo arrivati, meglio un governo pure con la madre di tutti gli Scillipoti, o anche le elezioni, piuttosto che andare avanti con Renzi, Boschi e Bellanova. Troppo ampio il solco con Conte e il resto della maggioranza, e troppo differente il senso dello Stato dimostrato da Italia Viva rispetto agli alleati, con poche eccezioni rimaste ben nascoste nel Pd. Se oggi faranno fuori l’Esecutivo nel punto più acuto di una pandemia, mentre c’è da sostenere un’imponente e complicata campagna vaccinale, non perdere i soldi stanziati in Europa, approvare uno scostamento di bilancio e il nuovo decreto ristori da 25 miliardi per le imprese messe in ginocchio dalle chiusure, non meravigliamoci quando nel mondo rideranno di un Paese tanto ridicolo.

Nella stessa situazione una comunità nazionale si stringe attorno all’interesse dei suoi cittadini, e se ne fotte dei vantaggi politici e personali di chicchessia. Ma qui abbiamo “statisti” che preferiscono regolare conti personali, peraltro senza mai dirci che caspita avrebbe fatto un Presidente del Consiglio misurato e apprezzato in Italia e fuori come Conte per meritare di essere decapitato dal partitello di un leader riuscito nella non facile impresa di precipitare in pochi anni dal quaranta al due per cento dei consensi. Un leader in confusione, ha detto l’ex compagno dem Goffredo Bettini, che nel suo cupio dissolvi non ha remore nel trascinare una nazione prostata nello stesso baratro del proprio inglorioso epilogo politico. La facciano finita allora le signore Bonetti e Bellanova, e lascino sul serio un Governo in cui hanno dedicato più tempo a criticare che a lavorare.

E vediamo se in Parlamento c’è ancora gente che vuole più bene al Paese che ai giochetti di Palazzo, comprese le avventure di maggioranze tecniche in cui i poteri forti non hanno mai smesso di sperare per spartirsi il bottino del Recovery Fund. Il Centrodestra e ancor di più il sistema ne diranno peste e corna, e il percorso parlamentare sarà un Vietnam quotidiano, con nuovi prezzi elettorali da pagare, ma è in queste circostanze che si misura chi pensa a se stesso e chi serve il Paese.

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