martedì 23 marzo 2021

Fisco, non è vero che il condono cancella solo cartelle inesigibili: il governo rinuncia a 451 milioni che i debitori stanno già pagando. - Chiara Brusini

 

La vulgata con cui le forze politiche favorevoli allo stralcio hanno giustificato l'operazione è smentita dalla Relazione tecnica. Che spiega come al macero andranno anche le pendenze di chi ha aderito alla Rottamazione ter o al saldo e stralcio. Risultato: si perdono risorse e non si scalfisce la montagna di cartelle davvero impossibili da riscuotere che ingolfa l'Agenzia delle Entrate Riscossione. La vera partita è la riforma della gestione di quel magazzino. Il limite dei 30mila euro di reddito? Nel Paese dell'evasione di massa esclude solo il 17% dei contribuenti.

Non è vero che il condono delle vecchie cartelle fino a 5mila euro datate 2000-2010 previsto dal decreto Sostegni riguarda solo vecchi crediti ormai inesigibili. La vulgata con cui le forze politiche favorevoli allo stralcio di quelle pendenze fiscali hanno giustificato l’operazione – ridimensionata con la mediazione del premier Mario Draghi – è smentita dalla relazione tecnica del provvedimento atteso in Gazzetta ufficiale dopo la firma del capo dello Stato. Lì si spiega che la cancellazione costerà alle casse dello Stato 666,3 milioni di cui 451 legati al fatto che al macero andranno anche debiti che i contribuenti stanno già pagando a rate (dopo aver aderito alla Rottamazione ter o al saldo e stralcio del governo gialloverde) o su cui comunque è “ancora in essere un’aspettativa di riscossione“. Chiaro il messaggio che questo invia a chi salda puntualmente il dovuto. Non solo: la diretta conseguenza è che il provvedimento non scalfisce la montagna di cartelle davvero impossibili da riscuotere che ingolfa il magazzino dell’Agenzia delle Entrate Riscossione. Ora la vera partita è la riforma che, modificando il meccanismo di discarico dei crediti non riscossi, dovrebbe come ha annunciato Draghi rendere “più efficiente” la lotta all’evasione.

Cosa cambia rispetto alle bozze: il tetto di reddito serve a poco – Rispetto alla versione iniziale le cartelle automaticamente stralciate scendono da 61 a 16 milioni soprattutto per effetto della riduzione dell’orizzonte temporale, che nelle bozze pre consiglio dei ministri arrivava fino al 2015 cancellando anche ruoli relativamente recenti. Così il costo per le casse pubbliche scende rispetto ai 930 milioni precedenti. Scarsissimo invece l’impatto dell’altro paletto fissato venerdì, il tetto di 30mila euro di reddito Irpef: taglierà fuori solo il 17% dei contribuenti con arretrati fiscali che ricadono negli altri parametri. A livello comunicativo aver messo un limite che sulla carta esclude dal “favore” i più abbienti rende digeribile la sanatoria, ma nei fatti cambia molto poco. Il motivo è presto detto: in base agli ultimi dati del Dipartimento delle Finanze, il reddito medio dichiarato al fisco dalle persone fisiche supera di poco i 33mila euro. Nel Paese in cui stando all’ultima Relazione sull’evasione fiscale autonomi e imprese omettono di versare all’erario in media due terzi del dovuto, il 78% dei contribuenti “svela” al fisco meno di 30mila euro l’anno. E ha dunque accesso al condono che cancella capitale dovuto, interessi e sanzioni.

In magazzino restano oltre 110 milioni di cartelle – Non aver selezionato le cartelle davvero inesigibili, come aveva chiesto Leu, fa sì che il decreto non risolva affatto il problema del maxi magazzino da 987 miliardi della Riscossione, composto in effetti per la maggior parte (vedi la tabella sotto) da somme che il fisco non rivedrà mai. Il sistema, a valle del condono, rimarrà comunque ingolfato da oltre 110 milioni di cartelle. Per questo l’altro pilastro dell’operazione messa in campo dal governo Draghi sarà la riforma del meccanismo di “controllo e discarico dei crediti non riscossi“. Oggi, come ha spiegato in audizione il numero uno delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, il fisco prima di poter comunicare l’inesigibilità all’ente titolare del credito è costretto a mettere in campo “tutte le azioni di riscossione coattiva astrattamente ipotizzabili” a prescindere da qualsiasi valutazione di efficacia e di effettiva esigibilità.

Ora il vero nodo è la riforma della riscossione – Le prime bozze del decreto risolvevano il problema intervenendo con l’accetta: le quote non riscosse sarebbero state “automaticamente discaricate” al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello dell’affidamento. Ma così sarebbe stato un “condono permanente“, come ha fatto notare su ilfattoquotidiano.it l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco. Venerdì tutto è stato rinviato a successive decisioni del ministero dell’Economia, che entro sessanta giorni dovrà trasmettere alle Camere una relazione con i criteri per rivedere il farraginoso iter. Da lì si vedrà se l’obiettivo è affilare lermi dei riscossori o cancellare altri milioni di crediti che lo Stato potrebbe recuperare.

Fonte Agenzia delle Entrate
ILFattoQuotidiano

Nuovi emendamenti contro i magistrati.

 

Mentre a via Arenula gli esperti stanno aiutando il ministro della Giustizia Marta Cartabia a scrivere la nuova riforma del processo penale, martedì il governo rischia la prima imboscata parlamentare sulla Giustizia. Il deputato di Azione, ex Forza Italia, Enrico Costa ha presentato quattro emendamenti alla Legge di Delegazione Europea che arriverà alla Camera e che potrebbero spaccare la maggioranza sul tema della presunzione di innocenza iniziando a colpire l’eredità dell’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede. Il primo emendamento equipara i tabulati telefonici alle intercettazioni – per ottenerli non basterà più la richiesta del pm ma servirà l’autorizzazione del gip – mentre gli altri sono in funzione anti pm: limitazione delle dichiarazioni dei pm durante l’inchiesta (una sorta di bavaglio che ricorda i tempi di Berlusconi), il divieto di diffondere intercettazioni, audio e video, il divieto di dare nomi alle inchieste ma anche lo stop alla pubblicazione “integrale” dell’ordinanza di custodia cautelare. Secondo fonti di maggioranza, Cartabia è irritata dalla presentazione di questi emendamenti ma Costa non molla: “Vediamo chi li vota”.

RQuotidiano

lunedì 22 marzo 2021

Zone rosse e camici, Rsa e gaffe di Gallera. Un anno di fallimenti. - Virginia Della Sala

 

Ciò che sta accadendo in queste ore sui vaccini in Lombardia è l’ennesimo capitolo di una storia assurda, in una Regione martoriata dall’emergenza del Covid ma anche da decine di inchieste sulla responsabilità dei suoi amministratori, a tutti i livelli. Un anno dopo torna utile ripercorrere con una cronistoria (seppure limitata) tutte le decisioni sciagurate prese finora, incluse quelle su cui magistratura e tempo daranno il giudizio definitivo.

Le mancate chiusure. Inizio febbraio del 2020: il coronavirus gira nella zona di Codogno da almeno dieci giorni e si susseguono incontri a Roma e in Regione. Si vaglia soprattutto l’opzione “rischio dalla Cina” ma nonostante i casi, si fa ben poco. Dopo pochi giorni arriva il picco nella zona di Alzano e Nembro ma la Regione (nè comuni o prefettura) non istituisce alcuna zona rossa. Agli atti non risulta nessuna richiesta formale.

Alzano. È un altro punto cardine: la mancata chiusura dell’ospedale- focolaio di Alzano Lombardo, considerato il punto di partenza per la diffusione dell’epidemia in Val Seriana. La struttura, dopo la conferma di alcuni contagi, il 23 febbraio viene chiusa per qualche ora. Poi, dopo poco, riaperta senza sanificazione.

Le Rsa. Il Pio Albergo Trivulzio è l’emblema delle morti nelle strutture per anziani lombarde tra gennaio e aprile 2020. Qui, secondo le recenti consulenze, sarebbero morti di Covid circa 300 anziani ma ce ne sono decine con la stessa storia. Oggi si indaga per capire se l’errata gestione dell’emergenza sia stata causata dalla decisione dei singoli o dalle indicazioni date dalla regione Lombardia che l’8 marzo 2020 consente il trasferimento dei convalescenti da Covid nelle Rsa per alleggerire la pressione sugli ospedali. A questo, si aggiunge la mancanza a quel tempo di un piano pandemico aggiornato, la scarsità di dispositivi di protezione e di apparecchi di ventilazione. Vengono indagati in cinque tra responsabili delle aziende sanitarie bergamasche e l’ex direttore generale della sanità della Lombardia, Luigi Cajazzo (poi rimosso).

L’ospedale. A fine maggio, la Procura apre un’indagine sulla realizzazione dell’ospedale anti-Covid nei padiglioni inutilizzati della Fiera di Milano per verificare come siano stati spesi i 22 milioni di euro delle donazioni private. Alla guida viene messo Guido Bertolaso, tra le polemiche degli esperti: nella prima fase, “l’Astronave” è praticamente vuota, le terapie intensive sono lontane, i medici spostati. C’è chi chiede di riavere indietro i soldi. Ancora oggi, l’Astronave è “piena” ma con un numero di posti letto esiguo (circa 80)rispetto agli annunci (600).

I camici di Fontana. A luglio 2020, il governatore Attilio Fontana, viene indagato per turbativa d’asta: camici e protezioni sanitarie per 513mila euro vengono chieste con affidamento diretto alla società Dama spa, controllata dal cognato e (al 10% per cento) dalla moglie di Fontana. Il presidente sostiene sia una donazione gratuita ma i pm hanno appurato che la fornitura era stata avviata il 16 aprile 2020 e consolidata con regolari fatture, poi sbianchettate dopo dalla nota di storno.

Via Gallera. Oltre alla mala gestione, la regione deve fare i conti con le gaffe dell’assessore al Welfare: confonde l’indice Rt, ringrazia gli ospedali privati, viola le restrizioni. A gennaio 2021, quando giustifica i ritardi nelle vaccinazioni con le ferie dei medici, Fontana mette al suo posto Letizia Moratti. Salta anche il dg Trivelli, che pochi mesi prima aveva sostituito Cajazzo.

I dati sbaglati. Intanto, la Lombardia finisce in zona Rossa ma per errore. I dati arrivati a Roma sono sbagliati, ristoranti e negozi chiudono. Gonfiati, anche quelli del “cruscotto regionale” che aggiorna i sindaci sul numero dei contagi nei comuni.

Vaccini antinfluenzali. Sempre gennaio. La Regione sbaglia i primi bandi sui vaccini antinfluenzali: basi d’asta fuori scala ed errori nelle quantità da ordinare. Li cambia, ma ormai i vaccini sono pochi e quelli che ci sono costano molto. I bandi sono 13, uno viene aggiudicato, prima che salti, da un dentista. E ancora, problemi nelle prenotazioni. Le dosi arrivano a metà gennaio, ma ormai è tardi. Avanzano 900mila vaccini, 10 milioni di euro sprecati.

IlFattoQuotidiano

I vaccini fatti a capocchia: nuovo disastro lombardo del duo Fontana&Salvini. - Andrea Sparaciari

 

Sbagliare tutto ciò che si può sbagliare. Sembra ormai questo l’obiettivo della giunta di Attilio Fontana in materia di vaccini. Anche ieri, infatti, all’hub di CremonaFiere le sale di attesa sono rimaste a lungo vuote, perché si sono presentati solo 58 dei 600 over 80 attesi. Ancora una volta per colpa dell’agenzia regionale Aria. Gli altri 542 pazienti, infatti, non hanno ricevuto l’sms con l’appuntamento. E, per evitare di gettare le dosi scongelate, la Atts Cremona è stata costretta a convocare direttamente gli anziani. Alla fine sono state circa 700 le persone vaccinate. Tutte fuori lista.

Un copione che si era ripetuto identico il giorno precedente, quando pur di utilizzare tutti i vaccini, in mancanza dei 680 vaccinandi previsti, si è fatto ricorso al passaparola, alle catene whatsapp, alle telefonate ad amici e parenti. Giuseppe Papa, sindaco di San Bassano, paese di 2mila anime, sabato è arrivato a organizzare in fretta e furia due bus che sono andati a prendere gli over80 a casa e li hanno trasportati all’hub.

Tutti escamotage per tappare le voragini di un’organizzazione regionale inesistente, perché come ha tuonato Claudia Balotta, medico volontario del centro vaccinale cremonese, “è del tutto inaccettabile questo malfunzionamento dovuto ad Aria Lombardia”. Oltre agli attacchi dei medici, ci sono quelli della politica. Dice il consigliere Pd Matteo Pilloni: “È vergognoso. E il sistema che Regione Lombardia utilizza ed è gestito da Aria è costato 20 milioni di euro. Soldi di tutti”. Uno tsunami di critiche che già sabato ha investito l’assessore alla Sanità Letizia Moratti, la quale ha cercato di prendere le distanze scaricando la croce su Aria. “L’inadeguatezza di @AriaLombardia incapace di gestire le prenotazioni in modo decente rallenta lo sforzo comune per vaccinare. È indecente!”, ha scritto su Facebook. Ieri ha ribadito: “Su @ariaLombardia servono decisioni rapide e drastiche. I cittadini non devono pagare le inefficienze della burocrazia”. Il problema è che, come le ha ricordato ieri la sindaca di Crema, Stefania Bonaldi, “lei è il capo e ha non il diritto, ma il dovere di intervenire e porre rimedi”.

Ma quello di Moratti è un siluro politico alla sua stessa maggioranza. Perché attaccare Aria, significa attaccare il potentissimo assessore regionale al Bilancio, Davide Caparini, l’uomo (di Salvini) che con la ex compagna di Matteo Salvini, Giulia Martinelli, fa il bello e cattivo tempo al Pirellone. È Caparini che volle a tutti i costi Aria Spa, creatura informe nata nel 2019 dalla fusione tre società regionali, Arca (Centrale Acquisti regionale), Lispa (Lombardia Informatica) e Ilspa (Infrastrutture Lombarde). Per Caparini Arca avrebbe dovuto rappresentare il fiore all’occhiello della Lega in fatto di partecipate. Non a caso proprio Caparini e Guido Bertolaso sono arrivati alle mani la settimana scorsa, dopo il post polemico di Bertolaso per l’ennesimo disservizio di Aria (i 300 anziani convocati erroneamente all’ospedale di Niguarda). Per questo l’attacco di Moratti ad Aria è una spaccatura tra Forza Italia e Lega.

La conferma che il fallimento della campagna vaccinale rischia di essere il detonatore di una crisi profonda. Oggi è fissata una riunione alla quale dovrebbe partecipare anche Salvini. Si tenterà di anticipare la sostituzione di Aria con la piattaforma di Poste a fine marzo. Da Poste però fanno sapere che anticipare i tempi non è affatto semplice e che, comunque, il loro intervento, secondo gli accordi fino a oggi stipulati, dovrebbe riguardare solo le prenotazioni per le vaccinazioni di massa e non quelle per gli over 80.

IlFattoQuotidiano

Vaccini, nei prossimi giorni in Italia non più di 200mila dosi in 24 ore | Breton (Ue): "Obiettivo immunità per giugno".

 

Il commissario europeo per la campagna vaccinale sostiene che l'Unione non avrà bisogno dello Sputnik. Per l'estate il ministro Speranza si dice "ottimista" e si augura meno restrizioni.

Per l'estate il ministro della Salute Speranza si dice "ottimista" e si augura meno restrizioni, ma "questo è ancora un momento difficile". Auspica poi che Ema decida presto sullo Sputnik, ma il commissario europeo sui vaccini Breton sostiene che l'Ue non avrà bisogno dello Sputnik e rilancia l'immunità in Europa per giugno. Poco più di 200mila al giorno la media massima delle vaccinazioni la prossima settimana in Italia, ma la capacità di inoculazione è già il doppio delle fiale.

In attesa del siero di Johnson&Johnson e di raggiungere l'obiettivo di 500mila vaccinazioni al giorno, si tenta la risalita con l'arrivo di oltre 333mila dosi di Moderna e i nuovi stock di Pfizer previsti, mentre mercoledì ne arriveranno altre 279mila da AstraZeneca.

I numeri dei carichi giunti finora sono però ancora troppo bassi rispetto all'aggiornamento delle cifre di inizio marzo: all'appello mancherebbero - secondo liste delle previsioni del primo trimestre - almeno 4 milioni di dosi, pur prevedendo l'arrivo di altre 2 milioni entro il prossimo 3 aprile (fino a questa data ne sarebbero dovute arrivare 15.694.998 milioni in tutto). 

Il Lazio, una delle Regioni italiane più virtuose, ha già effettuato 800mila somministrazioni, circa quante fatte dalla Gran Bretagna in un solo giorno, dove si hanno a disposizione massicce quantità del siero di Oxford. Negli Usa, invece, sono state distribuite complessivamente già 124 milioni di dosi. 

Negli Usa, invece, sono state distribuite complessivamente già 124 milioni di dosi. Ma l'Europa non cambia la sua impostazione: "Non avremo assolutamente bisogno - ha detto il commissario europeo Thierry Breton - del vaccino Sputnik V. I russi hanno grandi difficoltà a produrlo e noi li aiuteremo nel secondo semestre, se ne avranno bisogno". 

L'Europa, ha spiegato il commissario, "ora è il continente che produce più vaccini" e il ritardo rispetto a Usa e Gran Bretagna, è "di sole tre settimane". 

Sul fronte nazionale, proteste arrivano anche dai presidenti di Regione. "Con una mail sono state tagliate circa 60 mila dosi di AstraZeneca, cioè il 60% delle consegne di aprile, facendo saltare tutta la programmazione", lamenta il ligure Giovanni Toti. 

L'arruolamento di personale intanto prosegue. Il ministero della Salute è pronto a far entrare in campo nuove forze, con 164.800 medici (42mila sono quelli di famiglia, 38mila gli specializzandi, 7mila i pediatri, 14.800 gli specialisti ambulatoriali, 63mila gli odontoiatri), fino a 270mila infermieri e 19mila farmacie coinvolte. 

Su quest'ultimo caso la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, però, pone i suoi paletti: "Il medico dev'essere presente in ogni sede vaccinale, comprese le farmacie e le parafarmacie" per raccogliere il consenso informato e garantire l'intervento in caso di necessità.

TgCom24

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Fa tutto lui. “Abbiamo fatto più noi in poche settimane che Conte in un anno” (Matteo Salvini, segretario Lega, 14.3). Tipo il condono.

Testa di Chicco. “Lutto a casa del Fatto” (Chicco Testa dopo l’assoluzione dell’Eni al processo sulle tangenti alla Nigeria, Twitter, 17.3). “Congo, l’accordo Eni-pm: patteggiamento da 11 milioni per induzione indebita internazionale” (Corriere della sera, 19.3). Risate a casa del Fatto.

Spezzatino. “Renzi è euforico per l’effetto Draghi sulla politica italiana: ‘Nel 2023 il M5S non ci sarà più’” (Foglio, 19.3). Ci pensa bin Salman?

Senti chi parla/1. “Smartworking, contributo baby sitting… chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi: mah!” (Mario Draghi, presidente del Consiglio, 12.3). Li ha usati lei e lo domanda a noi?

Senti chi parla/2. “Draghi irritato per lo stop ad Astrazeneca” (Claudia Fusani, Riformista, 18.3). È incazzato nero con se stesso.

Pronti via. “Italia Viva risponde a Letta: noi ci siamo” (Gennaro Migliore, deputato ex Sel, ex Pd, ora Iv, Riformista, 16.3). Pronti a fare fuoco.

Priorità. “Letta vuole un nuovo centrosinistra: ‘Sentirò anche Renzi e poi i 5Stelle’” (Corriere della sera,15.3). Prima il piacere, poi il dovere.

Largo ai giovani. “A 87 anni entro nel Pd di Letta” (Giuseppe Guzzetti, ex presidente Dc della Lombardia, ex presidente Fondazione Cariplo, 17.3). È in corsa per la nuova Fgci.

Un apostolo, un santo/1. “Draghi lascia i giornalisti fuori dalla porta. Giusto così” (Renato Farina, Libero, 18.3). Com’è umano, lui.

Un apostolo, un santo/2. “Draghi parla agli italiani perché non va in televisione” (Francesco Merlo, Repubblica, 19.3). Una specie di medium.

Un apostolo, un santo/3. “Draghi mi ha fatto un’impressione eccellente” (Urbano Cairo, editore La7 e Corriere, Rai Radio1, 17.3). In effetti il ragazzo è promettente: si farà.

I giorni del Merlo. “Letta sarebbe un pelato di prudenza con il tignone di governo, che è il pensiero che si è fatto strada” (Francesco Merlo, Repubblica, 16.3). Lo portano via.

Minzolingua. “Rischio il processo per le buche della Raggi” (Augusto Minzolini, Giornale, 17.3). No, perchè le hai dato della “demente”.

Ius Sòla. “Ius Soli un primo passo, sui migranti bisogna fare di più. Ora eliminiamo la Bossi-Fini” (Matteo Mauri, deputato Pd, Repubblica, 16.3). Potresti parlarne col nuovo alleato Salvini.

Pisachi? “Il centrodestra chiede giustizia celere, ma nei processi usa tutti gli strumenti dilatori per evitare che si giunga a sentenza o far scattare la prescrizione. Vogliono condanne veloci e pene certe solo per deboli ed emarginati” (Giuliano Pisapia, avvocato di parte civile per Carlo De Benedetti contro Berlusconi e Previti nei processi Sme e Mondadori, 1.4.2001). “Un conto sono i diritti di difesa, un altro l’uso sistematico e strumentale di impedimenti per bloccare il corso della giustizia, allungare i tempi e arrivare alla prescrizione” (Pisapia, 23.4.01). “Previti non vuole l’accertamento della verità, ma solo l’impunità con la prescrizione” (3.11.01). “Berlusconi s’è salvato dal rinvio a giudizio solo per prescrizione grazie alle attenuanti generiche… Il premier aveva la possibilità giuridica, oltre che il dovere morale, di rinunciare alla prescrizione, che è cosa ben diversa dal proscioglimento per non aver commesso il fatto” (17.11.01). “Berlusconi è fuori dal processo per effetto della prescrizione. Però… leggendo la sentenza è facilmente intuibile che, se fosse rimasto nel processo, avrebbe avuto una sorte analoga a quella degli altri imputati condannati” (7.8.03). “La sentenza Sme conferma la responsabilità di Berlusconi per il grave reato di corruzione di un magistrato e lo salva da condanna certa solo in quanto, per l’ennesima volta, gli vengono concesse le attenuanti generiche con conseguente prescrizione del reato” (10.12.04). “La cancellazione della prescrizione è uno scempio dello Stato di diritto, un’assurdità giuridica in contrasto con la Costituzione” (Giuliano Pisapia, eurodeputato Pd, Dubbio, 18.3. 2021). Come passa il tempo.

La netta differenza. “Berlusconi assicura ‘massima lealtà e il massimo spirito costruttivo’ al governo restando, però, ‘sentinelle dell’efficienza, della serietà e della credibilità dell’azione di governo. Dobbiamo dimostrare nei fatti, con la nostra azione, l’unicità di Forza Italia, la profonda differenza fra noi e gli altri’…” (Giornale, 10.3). Tranquillo, si vede a occhio nudo che siete unici.

Il titolo della settimana/1. “Giustizia, riaperture, ponte sullo Stretto. Le affinità inattese tra Iv e centrodestra” (Corriere della sera, 19.3). Inattese da chi?

Il titolo della settimana/2. “Serve il coraggio di fare del Partito democratico il ‘partito degli immigrati’” (Enrico Deaglio, Domani, 19.3). In effetti ci vuole proprio un bel coraggio.

Il titolo della settimana/3. “Spirlì confessa: a vent’anni mi hanno stuprato” (Libero, 17.3). Quindi il reato l’ha commesso lui?

Il titolo della settimana/3. “Cartabia: ‘Superare il carcere’” (Dubbio, 16.3). Ehi, si dice scavalcare. O evadere.

IlFattoQuotidiano


domenica 21 marzo 2021

Caduto Conte, Marcucci apre a 4 renziani le porte del Pd.


Il capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci non ha alcuna intenzione di lasciare la sua poltrona e rimettere il mandato nelle mani del neo-segretario Enrico Letta, come si sarebbero aspettati dal Nazareno. Non una mossa obbligatoria ma sarebbe stato un beau geste, come quello di Brando Benifei al Parlamento Ue, dopo l’elezione del nuovo segretario. E così, in vista di martedì, quando Letta riunirà i senatori dem, Marcucci non solo non si dimette ma prova a convincere il segretario che a capo dei senatori deve restarci lui. Entro martedì, infatti, Marcucci dovrebbe ufficializzare l’arrivo di tre senatori renziani che tornano a casa: Eugenio Comincini, Leonardo Grimani e Mauro Marino. Si parla anche della fuoriuscita dal gruppo di Iv per tornare nel Pd del deputato Camillo D’Alessandro che nelle ultime settimane aveva chiesto il congresso nel piccolo partito di Renzi. A metà gennaio, quando i giallorosa cercavano “responsabili” per salvare il governo Conte tra i senatori di Iv, era stato proprio Marcucci (spesso considerato una colonna renziana tra i dem) a frenare i nuovi arrivi ,mentre oggi apre loro le porte.

La mossa di Marcucci non serve solo a mostrare a Letta il suo controllo sul gruppo ma anche ad aumentare i voti per farsi rieleggere capogruppo: al momento su 35 senatori Pd, quelli di Base Riformista sono 22 e altri due voti potrebbero far comodo. Un attivismo, quello di Marcucci, che ha irritato il Nazareno proprio ora che Letta propone una norma contro il “trasformismo parlamentare”. Ieri intanto Renzi ha riunito l’assemblea nazionale di Iv e lanciato la “primavera delle idee”: tre mesi di dibattiti web per “entrare in sintonia col Paese” in vista della Leopolda autunnale. Poi l’ex premier ha sfidato Letta e il Pd: “Su giustizia, sud, cantieri e lavoro decida se stare con noi o con il M5S” ha detto. Infine ha fatto capire che qualcuno potrebbe andarsene: “Chi non vuole stare con noi lo salutiamo”. Nei prossimi giorni, a inizio settimana, Letta e Renzi si incontreranno.

IlFattoQuotidiano