lunedì 31 maggio 2021

Disastro ambientale aIl'Ilva di Taranto, condanne pesanti per i Riva, 3 anni e mezzo a Vendola. Confiscati gli impianti. - Paolo Russo , Gino Martina , Francesca Savino

 

La sentenza di Ambiente svenduto: venti e ventidue anni agli ex proprietari. L'ex governatore pugliese è accusato di concussione aggravata in concorso. Alla lettura della sentenza hanno esultato gli ambientalisti e i genitori tarantini in presidio. 

La Corte d'Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'Ilva, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) nel processo chiamato Ambiente Svenduto sull'inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico. Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Disposta anche la confisca degli impianti, nel frattempo passati prima attraverso una gestione commisariale e poi acquisiti da Arcelor Mittal.

La pubblica accusa aveva chiesto 28 anni per Fabio Riva e 25 anni per Nicola Riva. Tre anni e mezzo di reclusione sono stati inflitti  all'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. I pm avevano chiesto la condanna a 5 anni. Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull'allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far "ammorbidire" la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'Ilva. Assennato è stato condannato a 2 anni per favoreggiamento.

Il presidio di mamme e operai.

Alla lettura della sentenza hanno esultato gli ambientalisti e i genitori tarantini in presidio dalla mattina. Tra gli altri, ci sono anche rappresentanti del movimento Tamburi Combattenti e delle associazioni che aderiscono al Comitato per la Salute e per l'Ambiente (Peacelink, Comitato Quartiere Tamburi, Donne e Futuro per Taranto Libera, Genitori Tarantini, LiberiAmo Taranto e Lovely Taranto). Sono circa mille le parti civili. Tra queste c'è il consigliere comunale Vincenzo Fornaro, ex allevatore che subì l'abbattimento di circa 600 ovini contaminati dalla diossina. "E' il giorno - osserva - in cui si stabilirà dopo 13 anni chi ha ragione tra un manipolo di pazzi sognatori che continuano a immaginare un futuro diverso per questa città e chi resta industrialista convinto. Grazie a tutti quelli che in questi anni si sono battuti per arrivare a questo punto. Abbiamo fatto il massimo e continueremo a farlo".

Le richieste della Procura.


La pubblica accusa aveva invocato 35 condanne per quasi quattro secoli di carcere. Per i fratelli Fabio Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'Ilva, sono stati chiesti 28 e 25 anni; per l'ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, cinque anni. La condanna a 28 anni di reclusione era stata chiesta anche per l'ex responsabile delle relazioni istituzionali dell'Ilva Girolamo Archinà, e l'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. Chiesti 20 anni di reclusione per il dirigente del Siderurgico Adolfo Buffo e cinque imputati che avevano il ruolo di "fiduciari aziendali"; 17 anni per l'ex presidente di Ilva Bruno Ferrante, per l'ex consulente della procura Lorenzo Liberti (accusato di aver intascato una "mazzetta" da 10mila euro per ammorbidire una perizia sull'inquinamento), e per cinque ex responsabili degli impianti che furono sequestrati dal gip Patrizia Todisco.

Le responsabilità politiche.


Per quanto riguarda le presunte responsabilità della politica l'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata in concorso in quanto, secondo gli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull'allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato (a sua volta condannato a un anno per favoreggiamento) per far "ammorbidire" la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive dell'Ilva. Rischiano la condanna a 4 anni l'ex presidente della Provincia Gianni Florido e l'ex assessore provinciale all'Ambiente Michele Conserva (ipotesi di concussione per l'autorizzazione all'esercizio della discarica per rifiuti speciali "Mater Gratiae"), mentre era stata chiesta la prescrizione per l'ex sindaco di Taranto Ippazio Stefàno a cui era contestato l'abuso d'ufficio perché, secondo l'accusa, pur essendo a conoscenza delle criticità ambientali e sanitarie causate dall'Ilva, non avrebbe adottato provvedimenti per tutelare la popolazione. Tra gli altri imputati di favoreggiamento è stata chiesta la condanna a 8 mesi per l'ex assessore regionale e attuale segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni; per l'assessore regionale Donato Pentassuglia e l'allora capo di gabinetto di Vendola, Francesco Manna. Infine, il pm Buccoliero ha proposto la trasmissione degli atti alla procura per l'ipotesi di falsa testimonianza per cinque persone che hanno deposto durante il processo. Tra queste c'è l'ex arcivescovo di Taranto, Benigno Luigi Papa.

La Repubblica.

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Viva la dittatura. “La strategia del premier. Non saranno i partiti a ridisegnare il fisco” (Repubblica, 21.5). “Cassa depositi e Fs. Draghi azzera i vertici e taglia fuori i partiti” (Stampa, 27.5). “Le nomine pensando al futuro. Responsabilità. I vertici li deciderà sempre il premier, e si certifica il fatto che oggi il sistema politico non è nelle condizioni di negoziare” (Francesco Verderami, Corriere della sera, 28.5). “Il premier smantella il sistema Conte eliminando i suoi uomini a uno a uno. Draghi decide ignorando gli appetiti dei partiti” (Maurizio Belpietro, Verità, 28.5). Abbiamo un dittatore e siamo tutti bagnati.

Paletti. “Riforma della giustizia, i 5s pronti a piegarsi ai paletti della Cartabia” (Giornale, 28.5). Così i paletti entrano meglio.

Sessismo giudiziario. “I giudici italiani maltrattano le donne” (Giornale, 28.5). Non si sono bevuti neppure Ruby nipote di Mubarak.

La Supercazzola. “Serve l’innesco cognitivo per creare il nemico comune utile a compattare il gruppo parlamentare… Siamo nell’era della Platform Society… saranno le piattaforme digitali a definire le strutture sociali e politiche e a promuovere le relazioni e le idee che nasceranno dal basso. Il futuro della politica e della partecipazione civica nei prossimi dieci anni è questo, e noi saremo lì per costruirlo” (Enrica Sabatini, braccio destro di Davide Casaleggio, Corriere della sera, 23.5). Ecco, brava, mandaci una cartolina.

Uggetti smarriti/1. “Uggetti? Non diteci che alla fine vince la giustizia” (avv. Gian Domenico Caiazza, Riformista, 28.5). In effetti assolvere un reo confesso è un filo eccessivo.

Uggetti smarriti/2. “Uggetti assolto: ‘I 5S? Non odio nessuno, ma con loro non mi alleerei’” (Stampa, 27.5). Malgrado le cazzate che fanno, hanno una fortuna sfacciata.

La Fakepubblica/1. “Rifiuti, tutti sconfitti. Tar boccia la Regione: ‘Faremo una diffida. Dopo la decisione Zingaretti rilancia: ‘Comune inadempiente, allerterò il governo’” (Repubblica, 28.5). Quindi, se il Tar dà ragione alla Raggi sono tutti sconfitti e l’inadempiente è lei. Figurarsi se le avesse dato torto.

La Fakepubblica/2. “Roma non trova posto alle ceneri di Proietti” (Repubblica, 26.5). “La notizia data da Repubblica è una fake news. È un attacco alla città, alla sindaca, fatto usando il nome di mio padre” (Carlotta Proietti, Facebook, 27.5). “”Il nostro dovere è raccontare i fatti” (Repubblica, 28.5). Falsi.

Ascolta, si fa Pera. “È la Costituzione la prima riforma da votare. Si può fare in due anni” (Marcello Pera, Repubblica, 27.5). Mo’ me lo segno.

Maresca ‘a Purpetta. “Catello Maresca: ‘Io e Cesaro mai sul palco insieme’” (Domani, 25.5.). Si vedono poi nel retropalco.

Il ballerino di fila. “Centri sociali, Carla Fracci, Croce Rossa, Emma Bonino, Cgil, Roberto Vecchioni, Claudio Bisio, sindaci del Pd e Cooperative rosse. Tutti allegramente in piazza domani a Milano, col portafoglio pieno, per chiedere più diritti e più accoglienza per gli immigrati. A loro gli italiani interessano poco. Se anche a te girano le palle, fai girare. #stopinvasione” (Matteo Salvini, segretario Lega, 19.5.2017). “È mancata stamane nella sua Milano, al cui prestigio internazionale tanto ha dato. Un commosso addio a Carla Fracci, simbolo assoluto della danza, dell’arte e della cultura, che in tanti anni di carriera formidabile ha illustrato il nome dell’Italia nel mondo” (Salvini, 27.5.2021). Ma va’ a ciapà i ratt.

Casellati Airlines. “Alla fine sono arrivate le minacce di morte alla Presidente del Senato Maria Casellati. Era scontato che arrivassero vista la campagna di odio costruita dai media (un gruppo editoriale in primis), che hanno voluto deformare la verità per azzopparla. Spero esca la verità sui voli e sui mandanti” (Guido Crosetto, FdI, Twitter, 28.5). I piloti, gli steward o le hostess?

La mosca cocchiera. “Bene le riaperture varate dal governo Draghi. Un salto di qualità che Italia Viva chiedeva da tempo” (Raffaella Paita, deputata Iv, Twitter, 17.5). Fortuna che ci sono loro, sennò Draghi si scordava di riaprire.

La parola all’esperta. “L’agenzia per la Cybersecurity. Sicurezza, via al dossier su cui inciampò Conte” (Claudia Fusani, Riformista, 27.5). Te l’ha detto Pio Pompa?

Forza Assassini. “A Mottarone le vittime sono tante. Chi è morto, il povero bambino sopravvissuto, e i gestori dell’impianto: costretti alla fame da regole assurde e tanto disperati all’idea di dover ritardare la riapertura da arrivare a voler riaprire ad ogni costo, anche della sicurezza” (Klevis Gjoka, responsabile Commercio e Lavoro di Forza Italia Giovani Milano, Twitter, 27.5). Giusto, facciamo una colletta.

Il titolo della settimana/1. “Il Pd scatta agli ordini di Travaglio: basta vitalizi, basta politica!” (Riformista, 27.5). Uahahahahah.

Il titolo della settimana/2. “’Ucciso con le natiche’. Così la moglie sovrappeso soffoca il marito” (Giornale, 19.5). Quando si dice un titolo fatto col culo.

IlFQ

Uggetti, Conte: “M5s sta maturando ma resterà sempre intransigente su trasparenza e legalità. Durigon ancora al suo posto intollerabile”.

 

L'ex premier torna a parlare da capo politico e lo fa nei giorni in cui il M5s è coinvolto dalle polemiche sull'assoluzione dell'ex sindaco di Lodi, legate anche alla lettera di scuse di Di Maio: "Garantiremo il massimo rispetto della dignità di ogni persona, ma tenendo sempre fermo il massimo rigore nel pretendere il rispetto dei più alti principi di etica pubblica, del più alto senso civico e delle Istituzioni. Chi pensa che il nuovo Movimento possa venire meno a queste convinzioni o pensa di strumentalizzare questo percorso di maturazione, rimarrà deluso". Sul sottosegretario leghista: "Non tollerabile sia ancora al suo posto".

Un lungo post su facebook per prendere posizione sul caso di Simone Uggetti dopo le scuse pubblice di Luigi Di Maio e spiegare quale è la posizione del Movimento 5 stelle. Ma anche per tornare a chiedere le dimissioni del leghista Claudio Durigon da sottosegretario alle Finanze. Giuseppe Conte torna a parlare da capo politico e lo fa nei giorni in cui il M5s è coinvolto dalle polemiche legate all’ex sindaco di Lodi, assolto in Appello per turbativa d’asta dopo la condanna a 10 mesi in primo grado. Polemiche legate anche alla lettera di scuse del ministro degli Esteri al Foglio. “Il Movimento 5 Stelle sta completando un processo di profonda maturazione collettiva al fine di presentare al Paese una proposta politica fortemente innovatrice, mirata a realizzare una società più equa e solidale, che consenta il pieno sviluppo della personalità di ognuno e garantisca migliori opportunità di vita a tutti. Una società ‘a misura d’uomo’, integralmente ecologica, in grado di garantire condizioni effettive di benessere equo e sostenibile a tutti i suoi membri”, è l’incipit del post dell’ex presidente del consiglio. Che poi torna sulle scuse pubbliche del ministro degli Esteri: “In questo nuovo corso, riconoscere come errori alcuni toni e alcuni metodi usati in passato – come ha fatto Luigi Di Maio – vuol dire segnalare, anche all’esterno, alcuni fondamentali passaggi di questo importante processo di maturazione collettiva, che avrà al suo centro, sempre e comunque, il rispetto della persona, nella sua dimensione individuale e sociale, perché non ammettiamo una ‘ragione’ superiore alla quale sacrificare la dignità dell’essere umano e la tutela effettiva dei suoi diritti e libertà fondamentali”, prosegue Conte.

Il capo politico in pectore nel suo post spiega come le scuse a Uggetti non modificheranno le posizioni dei 5 stelle in tema di giustizia e come i principi di trasparenza e legalità rimagono al centro dell’impegno politico del Movimento. “È fondamentale ricordare che il rispetto della persona e della sua dignità va coniugato con i principi della trasparenza, della lealtà, del rigore etico, da sempre fondamentali per il M5S. Perché il Movimento sta maturando, certo, ma non archivierà la forza e il coraggio delle sue storiche battaglie per cambiare il Paese. Saremo una forza aperta, accogliente. Ma anche intransigente nella misura in cui non ci renderemo disponibili a negoziare i nostri principi e a scolorire i nostri valori. Il principio di legalità e il valore dell’etica pubblica per la nostra comunità politica sono valori inossidabili“. Per questo motivo l’ex premier rivendica le riforme varate dai suoi governi, anche quelle ancora da approvare: “Lo dimostrano i provvedimenti approvati al Governo, come lo Spazzacorrotti e le riforme sulla giustizia che oggi sono all’esame del Parlamento, le posizioni assunte in tema di legalità e di contrasto alla criminalità, come in occasione dell’ultimo decreto Semplificazioni”. Per sottolineare come i 5 stelle rimangano intransigenti su trasparenza e legalità, Conte torna e esprimersi sul caso Durigon, il sottosegretario della Lega che ripreso da una telecamera nascosta di Fanpage.it dice: “Quello che indaga della guardia di finanza” sul caso dei fondi della Lega, “lo abbiamo messo noi“. “Continuiamo a considerare non tollerabile – scrive l’ex inquilino di Palazzo Chigi- quanto detto da un esponente di governo come Claudio Durigon, ancora al suo posto nonostante le gravi affermazioni divulgate. Riteniamo vada fatta chiarezza: anche fosse solo millanteria, saremmo comunque di fronte a esternazioni che restituiscono un’idea marcia delle istituzioni, lontana anni luce dai concetti di ‘disciplina e onore‘ che l’articolo 54 della nostra Costituzione richiama nell’esercizio delle funzioni pubbliche”.
Conte prosegue spiegando che la “responsabilità politica va tenuta distinta dalla responsabilità giuridica, penale in particolare”. E a questo proposito ricorda che “l’etica pubblica è uno di quei valori che il M5S non ha solo portato nelle piazze e scritto nei programmi, ma reso tangibile con scelte forti e di rottura, per arginare condotte errate e operare secondo il più alto senso dello Stato”. Quindi ecco la posizione dei 5 stelle a trazione Conte: “La linea del Movimento su questo non può generare alcuna confusione: garantiremo il massimo rispetto della dignità di ogni persona, ma tenendo sempre fermo il massimo rigore nel pretendere il rispetto dei più alti principi di etica pubblica, del più alto senso civico e delle Istituzioni. Per questo oggi chi pensa che il nuovo Movimento possa venire meno a queste convinzioni o pensa di strumentalizzare questo percorso di maturazione, rimarrà deluso”. Alla fine del suo intervento l’ex capo del governo si esprime anche su uno dei temi più delicati ancora non definiti dell’attuale maggioranza: la riforma della giustizia, oggetto di una vera e propria trattativa tra i 5 stelle e la guardasigilli Marta Cartabia. “Sul tema più ampio della giustizia, il Movimento ha le competenze e le capacità per esprimere una cultura giuridica solida e matura. Continueremo ad assicurare il nostro massimo impegno per realizzare le riforme già avviate, nel segno di un ‘sistema giustizia‘ più celere, più efficiente, ma anche più equo e giusto. Ci faremo scrupolo di applicare tutti i principi costituzionali che coinvolgono i cittadini sottoposti a indagini e agli accertamenti giudiziali, a partire dalla presunzione di innocenza e dal principio della durata ragionevole dei processi. Ma sia chiaro: la via maestra è realizzare un sistema che offra risposte chiare e certe alla domanda di giustizia, non scorciatoie nel segno della denegata giustizia”.

IlFQ

domenica 30 maggio 2021

Coppia gay aggredita a Palermo da una baby gang.

 

Insultati perché si tenevano per mano. Uno dei due in ospedale.


Una coppia gay è stata aggredita a Palermo ieri sera, in via dell'Università. Un gruppo di ragazzini li ha circondati vicino via Maqueda, nel centro storico della città.

I due, di Torino, erano in vacanza nel capoluogo e stavano cercando un albergo. I ragazzini prima li avrebbero insultati perché i due si tenevano per mano, poi li hanno circondati ed aggrediti. Una delle due vittime è rimasta ferita ed è stata soccorsa dal personale del 118 e portata al pronto soccorso. Indaga la polizia che ha acquisito le immagini dei sistemi di videosorveglianza della zona per risalire agli autori del gesto.

ANSA


Abbiamo ancora troppa strada da fare. Sono convita del fatto che milioni di anni fa l'uomo fosse più intelligente e maturo di quello attuale.
c.

Guidi e “Tempa Rossa”, Renzi fa il buono ma la fece dimettere lui. - Antonio Massari

 

Dopo le scuse di Di Maio a Uggetti e all’ex ministra.

“Penso al caso Tempa Rossa che coinvolse Federica Guidi” sostiene Luigi Di Maio nella sua svolta garantista, vergata con mille scuse sulle pagine de Il Foglio. “Fu una strategica aggressione contro di noi”, gli risponde su Repubblica Matteo Renzi. Mentre lei, l’ex ministra del suo governo, al Corriere dice che si sente “lontana anni luce” da “quei signori” che le hanno “devastato” la vita. Ma cosa accadde quando il 31 marzo 2016 Federica Guidi, all’epoca titolare dello Sviluppo Economico, decise di dimettersi? Fu sulla spinta di Matteo Renzi che la ministra svuotò i cassetti dell’ufficio e tornò a casa. “Dobbiamo dimostrare” disse Renzi, nei retroscena ricostruiti da giornali e mai smentiti, “che non siamo come i grillini, quelli che hanno traccheggiato per un mese su Quarto”. Ah già, Quarto. E che accadde nel comune campano di Quarto, in quel 2016? Rosa Capuozzo – non indagata, ma al centro delle polemiche per settimane, per via di un’inchiesta sui tentativi di infiltrazione della camorra nel Comune – fu espulsa dai grillini per non aver denunciato di aver ricevuto delle minacce (sarà il caso che Di Maio si scusi anche con lei). Segnaliamo che per Capuozzo, professando il suo inscalfibile garantismo, Renzi non chiese tuttavia le dimissioni. Anzi. Poi, per coerenza, le pretese però da Guidi. E per marcare la differenza con il M5S (che invece aveva espulso la Capuozzo). Guidi vergò una lettera: “Caro Matteo sono assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato. Credo tuttavia necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni”. Però a scusarsi con lei oggi è Di Maio (tuttavia è vero che il M5S sostenne con veemenza che Guidi “aveva le mani sporche di petrolio”). Ma perché mai?

Era il marzo 2016 quando Federica Guidi lasciò il ministero dello Sviluppo Economico. La procura di Potenza indagava su tre filoni d’inchiesta: lo sforamento delle emissioni nell’impianto Eni di Viggiano, l’iter che aveva portato all’autorizzazione del giacimento Total di Tempa Rossa, alcune autorizzazioni legate al porto di Augusta in Sicilia. E aveva iscritto nel registro degli indagati – chiedendone l’arresto che fu rigettato dal gip – il compagno della ministra, Gianluca Gemelli, ex commissario di Confindustria Sicilia con l’accusa di concorso in corruzione e millantato credito (dalle quali sarà archiviato quando l’inchiesta viene trasferita alla Procura di Roma). Per la Procura di Potenza, Gemelli avrebbe puntato ad avere “vantaggi patrimoniali” in cambio della garanzia di alcuni lavori nel centro oli proprio grazie al suo rapporto con la ministra. Guidi viene intercettata nel 2014 con il suo compagno: “E poi – dice la ministra – dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato, se è d’accordo anche ‘Mariaelena’ (Boschi, ndr), quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte”. Il governo sta inserendo nella legge di stabilità un emendamento, precedentemente bocciato, che riguarda il centro oli della Total in contrada Tempa Rossa. E Gemelli poco dopo chiama il dirigente di una società petrolifera per avvertirlo: “la chiamo – dice – per darle una buona notizia”.

È qui che Matteo Renzi decide di chiedere le dimissioni: “La cavolata quindi non è l’emendamento ma la telefonata al compagno – commentò allora il premier – e il fatto che il ministro abbia rappresentato una decisione politica come un favore al fidanzato. Questo un ministro non se lo può permettere”. E poi scrive: “Cara Federica, ho molto apprezzato il tuo lavoro di questi anni. Rispetto la tua scelta personale, sofferta, dettata da ragioni di opportunità che condivido. Nel frattempo ti invio un grande abbraccio”. E poi commenta ancora: “L’Italia non è più quella di una volta: se prima per telefonate inopportune non ci si dimetteva, ora ci si dimette. Abbiamo sempre detto che di fronte agli italiani noi siamo un governo diverso dal passato”. Vabbè, però ora Di Maio mette tutto a posto e si scusa con la Guidi. E più in generale, nella sua lettera al Foglio – partendo dal caso dell’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, arrestato, processato e poi assolto in appello per turbativa d’asta – scrive che “il punto è l’utilizzo della gogna come strumento di campagna elettorale” e che “una cosa è la legittima richiesta politica, altro è l’imbarbarimento del dibattito, associato ai temi giudiziari”.

Ma il tema giudiziario, sulla Guidi (così come sulla Capuozzo), non vi fu mai. Innanzitutto perché non era neanche indagata (al contrario del suo compagno). Peraltro lei stessa, incalzata dal segretario del suo partito nonché premier Matteo Renzi, valutò poco opportuna la telefonata sull’emendamento. Infine, la telefonata in questione riguardava un tema prettamente politico, ovvero l’emendamento stesso, con il fortissimo sospetto – emerso, quello sì, dagli atti d’indagine – di un “conflitto d’interessi” in famiglia. “L’ennesimo, mostruoso conflitto d’interesse di questo governo” sentenziò infatti Matteo Salvini, aggiungendo: “Più che Guidi o Boschi la vera responsabilità è quella di Matteo Renzi”. Che come abbiamo già ricordato, per smarcarsi dal M5S sul caso di Quarto, dopo aver ribadito che il suo “garantismo” gli imponeva di non chiedere le dimissioni della sindaca grillina, nel frattempo espulsa dal Movimento, chiedeva invece le dimissioni della Guidi. Prendendo le mosse dalle odierne scuse di Di Maio alla Guidi, ci piace concludere quest’articolo citando le considerazioni di Berlusconi, all’epoca, sulla vicenda Guidi: “Le intercettazioni sono un vulnus della democrazia”. L’unico, ammettiamolo, con un’idea fissa.

IlFQ


La strage del Mottarone: Tadini a domiciliari, liberi gli altri due.

 

Il caposervizio della funivia conferma le sue ammissioni interrogato dal gip.


Il gip di Verbania ha disposto gli arresti domiciliari per il caposervizio della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, e ha scarcerato Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio

"Palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni", ha scritto il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici nell'ordinanza con cui ieri ha rimesso in libertà il gestore della funivia del Mottarone e il direttore di esercizio e ha mandato ai domiciliari Tadini. Il gip parla di "scarno quadro indiziario" ancora "più indebolito" con gli interrogatori di ieri.

Gabriele Tadini sapeva bene che "il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di 14 persone" e per questo avrebbe condiviso "questo immane peso, anche economico" con le "uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni".

Per questo ha chiamato "in correità" i "soggetti forti del gruppo", per attenuare le sue "responsabilità", scrive il gip di Verbania.

E' stato Gabriele Tadini a "ordinare" di mettere "i ceppi" per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era "avvenuta già dall'inizio della stagione", il "26 aprile", quando l'impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid. Lo ha spiegato un dipendente della funivia sentito come teste nelle indagini dei pm di Verbania, spiegando che il tecnico ordinò di "far funzionare l'impianto con i ceppi inseriti", a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, "anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie".

Interrogato per circa tre ore dal gip, Tadini ieri aveva ammesso di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte. Difeso dall'avvocato Marcello Perillo, l'uomo ha spiegato che le anomalie manifestate dall'impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune. "Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse".

"Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini", ha detto al gip Enrico Perocchio, secondo quanto riferito dal suo legale, avvocato Andrea Da Prato. Poi lasciando il carcere: "Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime". "L'errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto - ha aggiunto -. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia".

Dalle dichiarazioni dei dipendenti della funivia del Mottarone, tutte riportate nell'atto, "appare evidente il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini", il caposervizio dell'impianto, perché "tutti concordemente hanno dichiarato che la decisione di mantenere i ceppi era stata sua, mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio", ha scritto il gip di Verbania nell'ordinanza con cui ha disposto i domiciliari per Tadini e ha rimesso in libertà gli altri due fermati, spiegando che quelle dichiarazioni "smentiscono" la "chiamata in correità" fatta da Tadini.

Giornata di lutto in tutto il Piemonte per le vittime della funivia del Mottarone. Il decreto firmato dal presidente della Regione, Alberto Cirio, invita la popolazione ad osservare un minuto di silenzio alle ore 12 e gli enti pubblici piemontesi a unirsi nella manifestazione del cordoglio a una settimana dall'incidente. "Nulla può lenire il dolore, ma sentiamo il bisogno di ricordare in un modo solenne coloro che hanno perso la vita in questa follia. Il Piemonte non smetterà mai di stringersi alle loro famiglie e al piccolo Eitan", afferma il governatore Cirio. 

ANSA

Sindrome di Stoccolma. - Marco Travaglio

 

Qualche specialista prima o poi indagherà sulla sindrome di Stoccolma che ha colpito i 5Stelle alla caduta di Conte. La forma più acuta si riscontra in Di Maio, che s’è scusato sul Foglio per aver avuto ragione sull’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, arrestato nel 2016 per aver truccato una gara d’appalto, minacciato l’ufficiale della Finanza che indagava, cancellato email dal suo pc e infine confessato al gup la turbativa d’asta (“a fin di bene”). Uggetti non si dimise perché glielo chiedevano le opposizioni (M5S e Lega), ma perché nessuno può fare il sindaco dal carcere: infatti, a norma di legge, fu sospeso dal prefetto e poi condannato in primo grado. Ora è stato assolto in appello: la giustizia così ridotta che assolve pure chi confessa. In pratica, il sant’uomo si credeva colpevole e poi, con sua grande sorpresa, ha scoperto di essere innocente. A sua insaputa. Resta da capire di cosa dovesse scusarsi Di Maio e che sia saltato in mente a Conte di lodare il suo autodafé. La Appendino si può capire: ha subìto due condanne in primo grado senz’aver fatto niente. Ma se non si possono più chiedere le dimissioni neppure di un sindaco in galera, che si fa: si riunisce la giunta nell’ora d’aria?

Già che c’era, Di Maio ha pure fatto mea culpa per la campagna contro la ministra Guidi, beccata a veicolare un emendamento pro petrolieri su richiesta dell’ex fidanzato lobbista. Ma la Guidi, neppure indagata, lasciò il Mise non perché glielo chiese Di Maio, ma il premier Renzi. Che ora la dipinge come una vittima dei 5Stelle dopo averla cacciata lui. Il 31 marzo 2016 fece sapere alla stampa che la riteneva “indifendibile”, era “furioso” (“È gravissimo che Federica non ci avesse detto chi fosse e che cosa facesse il fidanzato”) e le aveva chiesto di dimettersi. Cosa di cui si vantò al Tg2: “Il ministro Guidi ha fatto un errore. Non c’è niente di illecito ma ha fatto un errore e ne va preso atto. In Italia adesso chi sbaglia va a casa”. E nella sua newsletter: “Quando l’emendamento è stato formalmente presentato, il ministro l’ha comunicato in anticipo al suo compagno, che si è scoperto poi essere interessato al business. Così facendo Federica Guidi ha compiuto un errore e giustamente ha deciso subito di dare le dimissioni, per evidenti ragioni di opportunità”. Che avrebbe dovuto fare un movimento legalitario di opposizione: difendere una ministra cacciata dal premier? Se qualcuno, in altre occasioni, ha esagerato con toni fuori luogo e parole fuori posto, ledendo la dignità personale di indagati o arrestati, si scusi pure. Purché non dimentichi i fatti: l’unica bussola che deve orientare un politico sulla questione morale (da non confondere con quella penale).

Chi è raggiunto da prove schiaccianti o convincenti su fatti gravi e incompatibili con una carica pubblica (“disciplina e onore”) deve farsi da parte, sia che sia indagato sia che non lo sia, e se quei fatti alla fine vengono confermati deve lasciare la politica. Anche se viene assolto (o peggio ancora prescritto). Chi invece è sottoposto a indagine o a giudizio per fatti controversi o compatibili con la disciplina e l’onore, resta al suo posto fino al definitivo chiarimento. Ma il “primato della politica” non è delegare le decisioni ai giudici (visto, fra l’altro, come sono ridotti). Ogni leader deve esaminare i fatti, affidarsi a un collegio di probiviri autorevoli, dotarsi di un codice etico rigoroso e trasparente, prendere una decisione, assumersene la responsabilità e farla giudicare dagli elettori. Ora però, viste le fregole dei giornaloni arrapati per il mea culpa dimaiano, attendiamo a pie’ fermo le loro scuse a Virginia Raggi, dipinta come ladra e mignotta a proposito di processi basati sul nulla e finiti infatti nel nulla.
“Il bivio di Raggi: ammettere la bugia col patteggiamento o rischiare il posto”, “L’ultima spinta che avvicina di un’altra spanna la Raggi al suo abisso giudiziario e politico…” (Carlo Bonini, Repubblica, 26.1.17). “La Raggi teme l’arresto” (Giornale, 27.1.17). “La fatina e la menzogna”, “mesto déjà vu di una stagione lontana, quella di Mani Pulite”, “la Raggi è inseguita dallo schianto dell’ennesimo, miserabile segreto… una polizza sulla vita”, “Romeo ha un legame privato, privatissimo con la Raggi”, “tesoretti segreti e ricatti” (Rep, 3.2.17). “Spunta la pista dei fondi elettorali”, “Fondi coperti”, “L’ombra dei voti comprati” (Messaggero, 3.2.17). “La pista che porta alla compravendita di voti”, “Il sospetto di finanziamenti occulti giunti al M5S” (Corriere, 3.2.17). “Come in House of Cards”, “L’accusa di corruzione è vicina” (Stampa, 3.2.17). “Patata bollente. La sua storia ricorda l’epopea di Berlusconi con le Olgettine” (Libero, 10.2.17). “L’affare s’ingrossa: ‘Romeo e Virginia amanti’” (Libero, 12.2.17). “Berdini, nuovo audio: loro amanti” (Stampa, 20.2.17). “Una Forrest Gump con la fama di mantide” (Verità, 31.3.17). “Al Campidoglio il piacere dell’omertà” (Rep, 15.7.18). “La Raggi è riunita con i suoi legali per l’ultimo disperato tentativo di salvarsi” (Sky Tg24, 10.11.18). “La condanna di Raggi”, “E se l’unico modo per sbarrare la strada alla ricandidatura di Virginia Raggi fosse la condanna della sindaca nel processo d’Appello?… Di fatto sarebbe l’unica scappatoia dei rossogialli per togliersi di mezzo (forse) la grillina” (Simone Canettieri, Foglio, 2.9.20). Chi comincia? Daje

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