sabato 21 giugno 2025

La pelle di tilapia.

 

In Brasile, dove le risorse mediche possono essere scarse e lesioni devastanti da bruciare, i medici hanno scoperto un alleato straordinario in un luogo inaspettato: la pelle di tilapia. Sì, lo stesso pesce trovato nei piatti da cena sta riscrivendo il futuro del trattamento delle ustioni. Ricca di collagene e naturalmente umida, la pelle di tilapia si è rivelata un potente rimedio lenitivo contro le ustioni gravi. Avvolge la ferita come una seconda pelle: dolore calmante, protezione contro le infezioni e guarigione accelerata. A differenza delle bende tradizionali, che spesso necessitano di cambiamenti frequenti e dolorosi, questo trattamento pelle di pesce può rimanere in vigore per giorni, anche settimane. Quello che una volta era stato gettato come rifiuto ora sta salvando vite. Oltre 50 pazienti hanno già trovato sollievo e guarigione attraverso questo metodo, molti dei quali bambini. Accessibile, sostenibile e straordinariamente efficace, questo approccio è la testimonianza di come innovazione e natura possano unirsi nei modi più sorprendenti per ridare dignità, comfort e speranza.

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martedì 17 giugno 2025

E' successo davvero, ma non si deve sapere...

 


l'azienda canadese di cannabis Hempearth ha presentato il primo aereo al mondo realizzato interamente in canapa, e alimentato anche da essa.

 

Con una mossa rivoluzionaria, l'azienda canadese di cannabis Hempearth ha presentato il primo aereo al mondo realizzato interamente in canapa, e alimentato anche da essa. Questa pianta appartenente alla famiglia della cannabis, nota per le sue proprietà non psicoattive, si dice sia dieci volte più resistente dell'acciaio. Sorprendentemente, l'intera struttura dell'aereo, dalle ali alle pareti, dai sedili ai cuscini, è realizzata in canapa. Con un'apertura alare di 11 metri, questo aereo innovativo può ospitare un pilota e quattro passeggeri e funziona esclusivamente con olio di canapa al 100%. Legalizzalo "Peter Tosh".

Nicolas Kess Jighu

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lunedì 16 giugno 2025

GLI ACQUEDOTTI PIÙ ANTICHI DEL MONDO.

 

Sotto le sabbie dell'altopiano di Giza, oltre la grandezza delle piramidi che torreggiano nel cielo, si trova un mondo sotterraneo poco conosciuto. Una rete di gallerie, camere, pozzi e passaggi scolpiti nella roccia, che alcuni ricercatori e speleologi hanno iniziato a chiamare “la metropolitana di Giza.
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Secondo numerose esplorazioni, questi tunnel si estendono per chilometri sotto l'altopiano, collegandosi tra loro e raggiungendo profondità impressionanti. In alcuni luoghi, come sotto la Piramide di Cheops, scendono a 28 metri sotto il livello del suolo, passando per pozzi verticali e camere laterali ancora parzialmente inesplorate. Uno dei più rinomati ricercatori della metropolitana egiziana, Andrew Collins, ha documentato la presenza di tunnel e caverne naturali sotto Giza già all'inizio degli anni 2000, in parte confermata da rilevazioni radar effettuate dalle successive spedizioni.
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Ma Giza non è l'unico sito. A pochi chilometri di distanza, Saqqara, sede della Piramide Step di Djoser, possiede una rete ancora più intricata di tunnel sotterranei. Qui, nei pressi del cosiddetto "Granaio di Giuseppe" - in realtà un enorme pozzo verticale profondo oltre 30 metri, la cui reale funzione rimane sconosciuta - si svolgono corridoi, nicchie, camere e scale scolpite nella roccia, molti dei quali inaccessibili al pubblico.
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Alcune ipotesi collegano queste reti sotterranee alla gestione dell'acqua in tempi antichi. Secondo alcuni studiosi, come il geologo Thomas Brophy, la fine del Periodo Umido Africano (circa 7.000-5.000 a.C.) portò alla progressiva desertificazione del Sahara, costringendo le popolazioni a trovare nuove strategie per sopravvivere in un ambiente sempre più arido.
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Fu proprio in questo periodo che questa rete di gallerie sotterranee potrebbe essere stata costruita - o almeno adattata. Alcuni ricercatori ipotizzano che antichi ingegneri idraulici, forse provenienti da regioni un tempo verdi dell'Africa nordoccidentale, abbiano progettato un sistema per la raccolta, lo stoccaggio e la distribuzione dell'acqua. In sostanza: protoacquedotti, destinati allo sfruttamento delle acque sotterranee o delle piogge residue.
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Il fatto che tutte le grandi piramidi abbiano un legame sotterraneo con il livello di questi tunnel sembra rinforzare questa ipotesi. In particolare, la Piramide di Cheops ha una struttura unica, con tre camere a differenti profondità collegate da lunghi condotti. Alcuni studiosi, come l'ingegnere Christopher Dunn, hanno suggerito che le piramidi agissero come una sorta di "pompa" per spostare l'acqua attraverso la rete dei tunnel sottostanti.
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E se le piramidi stesse facessero parte di un grande progetto idraulico sotterraneo, ereditato da una civiltà più antica? La teoria di un flusso migratorio da ovest, proveniente dall'arido Sahara, dai piedi del Monte Atlas in Marocco (terra chiamata Atlantide da Platone, dal nome della montagna) ha preso slancio negli ultimi anni grazie agli studi geologici del Sahara Occidentale. Secondo questo punto di vista, gli "esuli di Mount Atlas" hanno portato con sé conoscenze ingegneristiche avanzate, adattandole al nuovo contesto della valle del Nilo. Le piramidi, in questa prospettiva, potrebbero essere state concepite non come monumenti religiosi, ma come componenti visibili di un complesso sistema idraulico, una sorta di pompa ciclica in grado di muovere e distribuire acqua a grandi profondità.
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Al momento, non esistono prove definitive per confermare questa teoria. Tuttavia, il fatto che molti dei tunnel sotterranei rimangano off-limits, mal documentati o non completamente mappati lascia spazio a dubbi. I sondaggi Georadar condotti nel 1993 e poi nel 2010 hanno rilevato vuoti strutturali e camere inesplorate sia a Giza che a Saqqara. Perché non indagare più a fondo? Perché la funzione originaria di questi complessi sotterranei - alcuni risalenti a tempi ben prima dell'Antico Regno - non è mai stata pienamente chiarita?
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L'articolo continua nel libro
PRIMA DI NOI C'ERA QUALCUNO

SCOOTER VOLANTE, LE PROVE NELL'ARETINO

Le rovine di Pisac, arroccate sulle alture della Valle Sacra degli Incas in Perù. - Andrea Milanesi

 

Le rovine di Pisac, arroccate sulle alture della Valle Sacra degli Incas in Perù, rappresentano uno dei più affascinanti esempi della straordinaria ingegneria e organizzazione sociale dell’impero incaico, sviluppatosi tra il XIII e il XVI secolo. Situato a circa 33 chilometri da Cusco, l’antico centro nevralgico dell’impero, il sito di Pisac svolgeva una funzione strategica sia dal punto di vista militare che agricolo e spirituale. Le sue terrazze agricole, ampie e perfettamente conservate, testimoniano la capacità degli Incas di adattare l’ambiente ostile delle Ande alle proprie necessità, mediante un avanzato sistema di gestione delle acque e del suolo che consentiva la coltivazione di mais, patate e altre piante autoctone anche su pendii particolarmente ripidi .
L’architettura di Pisac si distingue per la maestria con cui le pietre sono state tagliate e incastrate senza l’uso di malta, seguendo una tecnica detta “sillar” che garantiva elasticità e resistenza alle scosse sismiche, frequenti nella regione andina. Questa tecnica è comparabile alle costruzioni di altre celebri località incaiche come Machu Picchu e Ollantaytambo, dove la precisione nelle giunzioni e l’assenza di materiali leganti hanno permesso alle strutture di resistere per secoli. Analisi archeologiche recenti, come quelle condotte dal Ministerio de Cultura del Perú e da ricercatori internazionali, hanno dimostrato che le diverse tipologie di muratura (poligonale nelle strutture cerimoniali e rettilinea in quelle residenziali) riflettono non solo esigenze funzionali ma anche simboliche, legate alla cosmologia andina e alla rappresentazione del potere.
Un elemento distintivo di Pisac, rispetto ad altri centri inca, è la presenza di un vasto cimitero rupestre, il più grande delle Ande, scavato nella parete rocciosa di Qanchis Racay. Secondo le cronache coloniali e recenti scavi archeologici, qui venivano sepolti i membri dell’élite locale, accompagnati da corredi funerari di grande valore, come ceramiche, tessuti e oggetti rituali, molti dei quali sono oggi conservati nei musei di Cusco e Lima. Questa pratica rifletteva l’importanza della continuità tra il mondo dei vivi e quello degli antenati nella religiosità inca, in cui il culto dei morti e delle mummie era centrale per la legittimazione del potere politico e spirituale.
La funzione difensiva di Pisac è attestata dalla posizione dominante sulle valli sottostanti e dalla presenza di mura, torri di guardia (pukaras) e passaggi controllati. Secondo alcuni studiosi, tra cui l’archeologo peruviano Luis Lumbreras, Pisac costituiva una delle principali linee di difesa a protezione della capitale Cusco contro eventuali invasioni provenienti dalla selva orientale. Tuttavia, altre ricerche suggeriscono che il sito avesse anche una valenza cerimoniale: il tempio del Sole (Intihuatana) e le fontane sacre testimoniano la centralità del culto solare e dell’acqua, elementi fondamentali nella cosmovisione andina .
La costruzione di Pisac viene tradizionalmente attribuita al sovrano Pachacútec (1438-1471), il grande riformatore dell’impero, a cui si deve anche la fondazione di Machu Picchu e la riorganizzazione amministrativa e religiosa delle terre conquistate. Leggende locali narrano che Pachacútec fece edificare Pisac in onore della madre, come simbolo di protezione e prosperità per la valle circostante. Questi racconti, tramandati oralmente fino all’epoca moderna, si intrecciano con la storia ufficiale e contribuiscono a mantenere viva la memoria collettiva del sito.
Comparando Pisac con altri complessi archeologici incaici, emerge la straordinaria coerenza stilistica e funzionale tra le diverse opere monumentali distribuite lungo la rete viaria imperiale (Qhapaq Ñan), dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2014. Le similitudini tra le terrazze di Pisac, quelle di Moray e di Machu Picchu, mostrano una conoscenza approfondita delle tecniche agronomiche e una visione sistemica del paesaggio. Anche l’organizzazione degli spazi sacri, con la presenza di templi, fontane e osservatori astronomici, indica la centralità della religione e del controllo del territorio nella politica incaica.
Oggi, Pisac è meta di pellegrinaggi e turismo culturale, inserendosi in un contesto di riscoperta e valorizzazione del patrimonio indigeno andino. Le cerimonie tradizionali e le feste in onore del Sole e della Pachamama continuano a essere celebrate tra le rovine, a testimonianza di una memoria che resiste al trascorrere dei secoli e che si rinnova nel dialogo tra passato e presente.