mercoledì 2 luglio 2025

Il pozzo sacro di Santa Cristina - Sardegna.

 



Situato a Santa Cristina, in Sardegna, il pozzo sacro di Santa Cristina fu costruito dalla civiltà nuragica intorno al 1100 a.C.; questo sito archeologico si trova nel cuore dell'isola, incastonato tra ulivi e muri in pietra a secco, ed è rinomato per la sua avanzata ingegneria e allineamento astronomico.
Il pozzo consiste in una scala perfettamente tagliata che scende in una camera sotterranea costruita con blocchi di basalto, formando un imbuto quasi geometrico. durante gli equinozi, la luce solare si allinea precisamente alla scala, illuminando il fondo del pozzo in modo da suggerire una profonda comprensione dei cicli solari e della meccanica celeste. la maestria della pietra rimane sorprendentemente precisa anche dopo più di 3.000 anni.
Stare qui significa sentire che il tempo si piega su se stesso. è come se questo posto fosse progettato non solo per trattenere l'acqua, ma per incanalare luce, spirito e simmetria. cosa vedeva il popolo nuragico riflesso nell'acqua alla base di questo spazio sacro - e quali verità si increspano ancora nel suo silenzio?


Le prime “graffette chirurgiche” della storia.

 

Le prime “graffette chirurgiche” della storia non erano di metallo, ma teste di formiche ancora attaccate alla pelle!

Per quanto possa sembrare sorprendente, oltre 2.000 anni fa, diverse civiltà dell’India, dell’Africa e del Sud America utilizzavano formiche vive come un’ingegnosa alternativa medica per chiudere le ferite.

Guaritori e guerrieri impiegavano specie come le formiche soldato, lasciando che le loro potenti mandibole serrassero i lembi della ferita; una volta che si aggrappavano saldamente alla pelle, veniva strappato il corpo della formica, lasciando la testa incastrata, funzionando come una graffetta naturale.

Questa tecnica, documentata in testi medici antichi come il Sushruta Samhita, veniva usata in contesti d’emergenza, come sul campo di battaglia. Sebbene non fosse priva di rischi — come infezioni o dolore — rappresentava una soluzione efficace e adattata alle condizioni dell’epoca.

Ancora oggi, questa pratica ancestrale continua ad affascinare la medicina e la scienza, come chiaro esempio di come il sapere tradizionale e l’osservazione della natura abbiano dato origine a soluzioni pratiche e ingegnose. 

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Rei con Fessi - editoriale, Marco Travaglio

 

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martedì 1 luglio 2025

~ I russi russano ~

 

Siccome siamo il popolo più ostile al riarmo, la propaganda guerrafondaia è in piena azione per convincerci che non c’è alternativa.
I russi avanzano in Ucraina salvo brevi parentesi da 40 mesi, ma ogni attacco è il più terribile di sempre (strano: due mesi fa i russi, tutti homeless ubriachi, avanzavano a dorso di muli e motorini).
Anche la frase più banale in russo, tipo il “non ci sconfiggerete” di Lavrov, diventa una “minaccia all’Europa”.
Invece non solo Kiev, che almeno è in guerra, ma pure Polonia, Finlandia e i tre Stati baltici che riabilitano le mine antiuomo per spargerle ai confini con Russia e Bielorussia, inviano segnali di pace.
Ogni guasto o black-out, incidente o ritardo è colpa degli hacker e cyber-sabotatori russi.
Che vantano più avvistamenti della Madonna di Civitavecchia: spingitori di migranti dall’Africa, mandanti di Al Bano e Iva Zanicchi, truccatori di ogni elezione vinta da chi deve perdere, istigatori di proteste pro Pal, autori di fake news sul cancro di Kate e del video di Macron menato dalla moglie, seminatori di merda nella Senna per le Olimpiadi di Parigi, spie che usano “telecamere antistupro” e “di sicurezza”, “antenne sui tetti delle ambasciate”, “droni russi su Cernobbio per spiare il Centro di ricerca Ue o uno stabilimento Leonardo” (si scoprì poi che non erano né droni né russi, ma interferenze nostrane ai sensori antincendio guasti), computer privati (Libero: “Accendi il pc, Putin ti spia”) e persino “Hvaldimir, la balena beluga sospettata di essere una spia russa e trovata morta in Norvegia” (Rep e Libero).
Ieri le cronache sul blocco radar che ha mandato in tilt i voli al Nord e sull’ennesima giornata di paralisi dei treni al Centro-Sud erano affiancate da un rapporto degli 007 britannici su “attacchi cyber da Mosca” e da titoli ammiccanti sul “caos trasporti”: come se a spiegarlo non bastasse Salvini.
Non vi dico l’effetto straniante di leggere queste minchiate sul volo Roma-Trieste, atterrato con la consueta ora e mezza di ritardo per “ritardato arrivo dell’aeromobile” (scusa che vale per l’intera giornata, tanto nessuno domanderà mai il perché della ritardata partenza del primo volo che si trascina dietro tutti gli altri), più un ulteriore quarto d’ora perso sulla pista perché non si riusciva a collegare la presa elettrica del velivolo a quella dell’aeroporto.
Appena sceso, ho cercato i sabotatori russi armati di tronchesi, ma devono essermi sfuggiti. Strano che nessuno abbia ancora smascherato gli agenti putiniani che han segato i tubi per far crollare l’insegna di Generali sul grattacielo-banana di Milano.
Forse perché ormai hanno capito l’antifona: appena giunti in Italia, scoprono che i servizi pubblici e privati riescono a non funzionare benissimo anche senza di loro.
E si riposano.

Scoperto dal MIT di Boston il segreto della longevità delle costruzioni dei Romani. - Livia Montagnoli

 

Lo studio condotto dai ricercatori dell’istituto tecnologico del Massachusetts individua nell’utilizzo di clasti di calce il motivo della resistenza delle opere di ingegneria civile dell’Antica Roma. E la formula potrebbe aiutare l’edilizia moderna.

Tutto è partito dal sito archeologico di Priverno, nel Basso Lazio, dove le mura dell’antica città hanno saputo resistere per secoli alla sfida del tempo e dunque hanno costituito un perfetto banco di prova per il team di ricercatori atterrati in Italia dal MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston. L’obiettivo? Svelare il segreto della longevità delle costruzioni dell’Antica Roma, capaci di conservarsi per millenni. I risultati della ricerca operata sul campo (e preceduta da indagini già condotte sul Mausoleo di Cecilia Metella) sono confluiti nell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances, che riporta le osservazioni (e le scoperte) del gruppo guidato dal professore di ingegneria civile e ambientale Admir Masic. Masic, tra le altre cose, si è formato in Italia, all’Università di Torino e in Italia ha iniziato a lanciare idee, ricerche e startup, prima di essere costretto a lasciare il Paese perché considerato un extracomunitario cui negare il permesso di soggiorno e la cittadinanza.

IL SEGRETO DEL CEMENTO ROMANO.

L’idea maturata tra i ricercatori è riassunta nel titolo del testo, che senza indugi fa riferimento a una “miscelazione a caldo” per identificare la miscela di ingredienti lavorati a caldo per ottenere il calcestruzzo romano. Un mix di pozzolana, calce viva e acqua usato per “impastare” il pietrisco di roccia vulcanica e ottenere così il cemento impiegato per la realizzazione delle imponenti architetture civili e dei monumenti giunti sino ai giorni nostri. Secondo la tesi del MIT, all’origine della resistenza delle opere murarie dell’epoca starebbe proprio la tecnica utilizzata per realizzare il calcestruzzo: lo studio dei campioni di cemento analizzati, infatti, ha rivelato la presenza di frammenti porosi di calce, che consentirebbero alla malta di “autoripararsi” nel tempo, grazie all’azione dell’acqua. E gli stessi antichi romani, sottolinea l’articolo, erano a conoscenza che si trattasse di un ottimo materiale, “ma probabilmente non si rendevano conto che sarebbe durato migliaia di anni”. Lo studio, condotto dal MIT in collaborazione con l’Università di Harvard e con il Museo Archeologico di Priverno, fornisce dunque una risposta nuova ai dubbi che ancora ammantano di mistero l’incredibile talento per l’ingegneria civile dimostrato dagli antichi Romani. Finora, e per diversi anni, la tesi più accreditata per spiegare l’ottimo stato di conservazione di acquedotti, ponti, strade ed edifici monumentali dell’epoca chiamava in causa l’utilizzo di un particolare materiale pozzolanico, una cenere vulcanica descritta come essenziale dagli architetti del tempo, Vitruvio in primis.

UN MATERIALE AUTORIPARANTE. E SE FOSSE UTILE ALL’EDILIZIA MODERNA?

Ma, rivela ora il professor Masic, il cemento romano differisce dalle formulazioni odierne per la presenza di clasti calcarei, frammenti di calce finora ignorati cui potrebbe spettare il vero merito della longevità delle costruzioni romane. Per questo l’analisi del MIT si è concentrata proprio sui clasti di calce, utilizzando tecniche di imaging multiscala e mappatura chimica ad alta risoluzione per acquisire nuove informazioni. Si è riusciti a determinare, quindi, che i romani utilizzavano varie forme di carbonato di calcio, lavorate a temperature molto elevate. E la miscelazione a caldo potrebbe aver contribuito a rendere il prodotto finale ancor più resistente (la spiegazione tecnica, pur semplificata, è che ad alte temperature i clasti sviluppano un’architettura nanoparticellare fragile, che però si rivela vantaggiosa nell’interazione con l’acqua perché crea una soluzione satura di calcio. Nel contatto con l’acqua, e dunque per esempio con la pioggia cui sono sottoposte tutte le superfici all’aperto, il calcio si cristallizza come carbonato di calcio e ripara le fessure create dalle crepe all’interno del cemento).
L’articolo presenta anche l’applicazione pratica della tesi, riportando i risultati di un esperimento comparato su due campioni di calcestruzzo, uno miscelato a caldo con formulazioni antiche, l’altro realizzato con tecniche moderne, entrambi incrinati meccanicamente in laboratorio, prima di versarvi sopra dell’acqua. Dopo due settimane, il modello antico aveva “riparato” alcune delle sue crepe, mentre il campione moderno risultava ancora incrinato. La ricerca sarebbe quindi utile non solo a rivelare un arcano finora rimasto tale, ma anche a ipotizzare la commercializzazione di una nuova formulazione di calcestruzzo, più resistente e leggero, esemplata sul modello antico, capace di durare più a lungo nel tempo e dunque determinante nel ridurre l’impatto ambientale della produzione di cemento.
In parallelo con gli studi sugli edifici romani, non a caso, il professore di origine bosniaca ha brevettato un cemento “autoriparante”, fondando insieme a Paolo Sabatini la startup DMAT, specializzata nello sviluppo di tecnologie e componenti per creare calcestruzzi durevoli e sostenibili. E dopo anni di test condotti in Svizzera, che hanno portato a ottenere tutte le certificazioni industriali dell’Istituto di Meccanica dei Materiali, il calcestruzzo di nuova generazione (ribattezzato D-Lime) è pronto a entrare sul mercato.

Livia Montagnoli

https://www.artribune.com/progettazione/architettura/2023/01/scoperta-mit-boston-cemento-autoriparante-antica-roma/#:~:text=IL%20SEGRETO%20DEL%20CEMENTO%20ROMANO&text=Un%20mix%20di%20pozzolana%2C%20calce,giunti%20sino%20ai%20giorni%20nostri.

lunedì 30 giugno 2025

Renato Dulbecco, nato a Catanzaro, che, nel 1975, vinse il Premio Nobel per la Medicina.

 

1975: mentre il mondo guardava altrove, dalla Calabria arrivava una scoperta che avrebbe cambiato per sempre la lotta contro il cancro.

Il protagonista? Renato Dulbecco, nato a Catanzaro, che quell'anno vinse il Premio Nobel per la Medicina. Ma cosa aveva scoperto di così rivoluzionario?

Dulbecco riuscì a svelare uno dei segreti più oscuri della medicina: come alcuni virus riescono a causare i tumori. La sua ricerca dimostrò che certi virus sono capaci di inserire il proprio DNA direttamente nelle cellule che infettano, trasformandole in cellule tumorali.

Pensate: questa scoperta ha aperto la strada alla comprensione moderna del cancro e ha gettato le basi per terapie innovative che ancora oggi salvano milioni di vite.

Un figlio della Calabria che ha conquistato il mondo della scienza, dimostrando ancora una volta che il genio italiano non conosce confini geografici. Dalla piccola Catanzaro al riconoscimento più prestigioso della medicina mondiale.

Incredibile come una scoperta nata nel Sud Italia abbia illuminato laboratori di ricerca in tutto il pianeta, vero? 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=1162487932575219&set=a.447499420740744

Leggi anche: https://it.wikipedia.org/wiki/Renato_Dulbecco