venerdì 3 febbraio 2017

Virginia Raggi e il caso polizze. La Procura: "Non c'è reato". Romeo: "Per stima e amicizia, nessuna relazione".



Romeo: 'Non parlo, mi difenderò'. L'Ania: 'Una polizza può essere sottoscritta senza che il beneficiario ne sia a conoscenza'.

All'indomani dell'interrogatorio della sindaca di Roma Virginia Raggi, nell'ambito dell'inchiesta sulla nomina del fratello di Raffaele Marra, ex capo del personale del Campidoglio, che la vede indagata per falso e abuso, spuntano due polizze vita a lei intestate da Salvatore Romeo, ex capo della segreteria politica della sindaca. La prima cittadina: 'Non ne sapevo nulla. Mi sento ancora in M5S, niente dimissioni' IL VIDEO.  Per la procura al momento non ci sarebbe reato.
Raggi da Mentana su La7 - "A Romeo chiederò di cambiare il beneficiario della polizza. Non mi ha avvertito, non averlo saputo è stata una cosa spiacevole. Solo l'idea di questa polizza mi mette ansia", ha spiegato Raggi a Mentana nel programma Bersaglio Mobile su La7. "È fisiologico fidarsi di persone che si conoscono da tempo. Noi infatti non abbiamo padrini legami politici", ha risposto Raggi a Mentana sul perché si fosse fidata di Marra e Romeo. "Marra mi apriva le porte del Campidoglio", ha detto la sindaca nell'interrogatorio. "Non posso dire di non averci pensato alle dimissioni. Le difficoltà che abbiamo affrontato in questi mesi avrebbero sfiancato anche un toro. Ma abbiamo un grande progetto per Roma che i romani hanno scelto. Credo meriti rispetto".
Romeo, polizza a Raggi per stima e amicizia - "Voglio anche chiarire che non c'è stata e non c'è alcuna relazione fra me e Virginia Raggi. Sottolineo che la sindaca così come tutti gli altri beneficiari non erano a conoscenza del mio operato fino a ieri". Così in un post su Facebook l'ex capo della segreteria politica di Virginia Raggi, Salvatore Romeo. "Ho letto inesattezze che necessitano precisazioni: non avendo moglie né figli, ho indicato fra i beneficiari delle polizze, sempre e solo in caso di mia morte, le persone che più stimo. E fra queste c'è anche Virginia Raggi, indicata come beneficiario - in caso di mia morte - di una polizza da 30mila euro il 26 gennaio 2016, quindi prima che fosse anche solo candidata sindaco della Capitale". Così in un post su Facebook Salvatore Romeo a proposito delle polizze da lui stipulate a favore della sindaca.
Raggi, su polizza non ho ricevuto soldi - "Non ho ricevuto un solo euro e sto valutando con i miei avvocati di querelare chiunque in queste ore inventi o ipotizzi che io possa aver ricevuto un vantaggio da questa operazione a me ignota totalmente fino a ieri pomeriggio". Lo scrive la sindaca di Roma Raggi in un post su Fb. "Non sapevo nulla, nè potevo saperlo visto che si tratta di polizze da investimento che non presuppongono la firma del beneficiario e secondo la stessa Procura non costituiscono fatto penalmente rilevante", aggiunge. Sul sito di Grillo un post di Virginia Raggi:  "Basta gossip. Sono sindaco di una Capitale che deve rinascere". E il popolo del blog la perdona, tanti attestati di stima.
Polizze sono due, per procura non c'è reato - Sono due le polizze vita stipulate da Salvatore Romeo con beneficiaria, in caso di morte, Virginia Raggi. Una da 30 mila euro stipulata nel gennaio 2016 e priva di scadenza, l'altra da 3000 euro con scadenza 2019. Per gli inquirenti non costituirebbero fatto penalmente rilevante in quanto non emergerebbe un'utilità corruttiva. Si tratta di polizze da investimento che non presuppongo la controfirma del beneficiario. Entrambe le polizze sono state mostrate alla sindaca ieri nel corso dell'interrogatorio. Virginia Raggi, secondo quanto si è appreso, è letteralmente "caduta dalle nuvole". Le polizze, secondo quanto si è appreso, erano da investimento e per quanto riguarda quella con scadenza, l'importo maturato può essere ritirato solo dall'investitore mentre il beneficiario può entrare in possesso del danaro sono in caso di morte del primo.
Sulle polizze causali fantasiose  - "Figlia" e "motivi affettivi". Queste le causali, ritenute "fantasiose" anche perchè Romeo non ha figli, sulle polizze stipulate da Salvatore Romeo. In una di quelle stipulate a favore di Raggi la dicitura riportata si riferiva a "motivi affettivi". In tutto Romeo ha investito 130 mila euro in polizze sulla vita, sette con Intesa-San Paolo per 90 mila euro, scegliendo come beneficiari anche altri attivisti M5S e impiegati del Comune di Roma.

Frongia, non sapevo nulla delle polizze  - "Delle polizze di Salvatore Romeo con più beneficiari non ne sapevo nulla, come non ne era a conoscenza la sindaca". Lo dichiara all'ANSA l'assessore allo Sport ed ex vicesindaco di Roma Daniele Frongia, fedelissimo della sindaca Raggi e con Salvatore Romeo e Raffaele Marra componente del cosiddetto "Raggio magico".

Pd: Raggi spieghi in Aula, valuti se andare avanti

"Se ho la fiducia del Movimento 5 Stelle? Direi di si, ho anche sentito Grillo", ha detto Raggi. "Cosa mi ha detto? Che farà polizze per tutti". Con una battuta detta sorridendo la sindaca di Roma.

"La polizza? Non ne sapevo nulla VIDEO. Così la sindaca di Roma Virginia uscendo di casa il giorno dopo l'interrogatorio-fiume. A chi le chiedeva se si sentisse come l'ex ministro Scajola per la polizza a "sua insaputa" Raggi ha detto: "Queste polizze posso essere fatte senza che il beneficiario lo sappia". Mi sento ancora nel Movimento e non penso affatto alle dimissioni", ha sottolineato Raggi.
Romeo fu fotografato con la sindaca sul tetto del Campidoglio in un'immagine divenuta celebre - si è dimesso a dicembre dopo l'arresto di Raffaele Marra per corruzione per una vicenda di quattro anni fa. Si indaga per accertare se la sindaca fosse a conoscenza della polizza. I magistrati che indagano sulle nomine della Giunta Raggi cercano di capire la ratio, ma anche il modus di questi investimenti, ovvero se le somme fossero veramente di Romeo o di altri e se la geografia dei destinatari risponda a un qualche disegno. Tra le ipotesi forse anche il tentativo di favorire Raggi nella corsa alle 'Comunarie' online, che la vide vincitrice su Marcello De Vito, mentre l'altro competitor, Daniele Frongia, si ritirò facendo convergere i voti su Raggi. L'inchiesta sulle nomine e il nuovo filone che sembra aprirsi sulla polizza si aggiungono all'altra indagine sul presunto dossier ai danni di De Vito per affossarne la candidatura a sindaco.

Il terrorismo psicologico dei media sulla finta battaglia Bruxelles - Roma sulla manovra correttiva. - Marco Zanni

marco zanni - Il terrorismo psicologico dei media sulla finta battaglia Bruxelles - Roma sulla manovra correttiva

Oggi vedo molti giornali scrivere sul presunto scontro tra Bruxelles e Roma per quanto riguarda la manovra di bilancio correttiva da €3,4 miliardi richiesta dalla Commissione al nostro Paese. Avevo già parlato ampiamente di quello che sarebbe successo a fine ottobre, quando l'allora governo Renzi, come da regole UE, presentò ai partner europei e alla Commissione la legge di bilancio per il 2017. Già allora i burocrati di Bruxelles avevano sollevato dubbi su quei numeri, esprimendo però solo riserve che sarebbero state sciolte il 5 dicembre, guarda caso un giorno dopo l’attesissimo e pericolosissimo referendum italiano sulla riforma costituzionale. La motivazione? Le istituzioni UE, anticipando la tagliola sull’Italia con nuovi tagli e nuove tasse, non volevano avvantaggiare i “populisti”: campioni di democrazia insomma, come troppo spesso hanno dimostrato.
Si aspetta, ma puntualmente il 5 dicembre, durante la riunione dell’Eurogruppo (un organismo informale senza regole che però decide i destini di milioni di cittadini europei), l’UE decidere di chiedere il conto all’Italia: le assurde regole di Maastricht, inasprite dall’architrave del Fiscal Compact (Six-pack e Two-Pack), vanno rispettate: ballano €15 miliardi sul saldo strutturale di bilancio, l’1% del PIL, per rispettare le promesse fatte un anno prima da Renzi in cambio di qualche spicciolo di flessibilità sul 2016 per distribuire qualche inutile mancetta elettorale. Arrivano le prime bordate “europee” verso Roma, ma con Renzi dimissionario e senza un nuovo governo, nessuna decisione concreta viene presa. Solo una volta instaurato e rodato il governo Gentiloni, ecco l’UE tornare all’attacco. Se i toni usati da Bruxelles e dal commissario Moscovici sono pesanti, lo è un po’ meno la richiesta concreta: non un aggiustamento da €15 miliardi, ma solo un ritocchino da €3,4 miliardi, lo 0,2% del PIL. La Commissione è consapevole delle imminenti elezioni italiane e tenta di usare la mano leggera mantenendo la fermezza dei toni: costringere il governo italiano ad alzare le tasse e tagliare welfare vicino all’appuntamento elettorale rischia di consegnare il Paese in mano ai fantomatici “populisti”, che sono brutti e cattivi. Con elezioni anche in Olanda, Francia e Germania, per tenere in piedi questo castello di carta le provano tutte. Altra grande prova di democrazia dell’UE. Ma come per Brexit, non funzionerà.
E ora arriviamo agli ultimi giorni: Moscovici sollecita formalmente il governo italiano ad agire, e Padoan tenta fintamente di fare la voce grossa, almeno a quanto dicono i giornali di oggi. “Italia sfida UE: no a manovra” e altri titoli del genere, che però non rappresentano in realtà quanto veramente detto da Padoan. Infatti nelle parole del ministro dell’economia italiano non traspare la volontà, che sarebbe sacrosanta, di mandare sovranamente a quel paese Bruxelles, ma soltanto di rinviare la resa dei conti a dopo le elezioni, per non tirarsi la zappa sui piedi in campagna elettorale. Nuove tasse e nuovi tagli ci saranno sicuramente, ma Pier Carlo vuole rinviare la sorpresina per gli italiani a dopo il voto. E questa è la prima bugia, a proposito di fake news, che oggi i media italiani snocciolano.
La seconda bugia è a mio avviso ancora più grave: il frame lanciato dalla stampa nostrana è che se il governo si rifiuterà di fare la manovra correttiva, l’UE ci commissarierà. Questa fasulla interpretazione ha un significato ben preciso, un messaggio terroristico con cui ormai dovremo avere una certa dimestichezza: dobbiamo fare quello che ci dice Bruxelles, perché l’UE è l’unica alternativa possibile. Senza l’UE saremo perduti, e se non rispettiamo le regole ci commissariano. E’ la retorica del TINA, There Is No Alternative, non c’è altra alternativa all’UE, tanto cara ai sostenitori di questo progetto criminale. Questa è una truffa bella e buona propinata agli italiani per calmierare il risentimento del popolo verso queste istituzioni. Il governo italiano avrebbe il potere e la forza di esercitare quel pizzico di sovranità che ancora gli è rimasta rischiando poco o niente. E sarebbe il caso di iniziare a farlo. Dire che in caso di mancata manovra correttiva verremo commissariati, significa dire una bugia per fare terrorismo psicologico e far abituare il popolo al fatto che le nuove tasse e i nuovi tagli sono necessari, altrimenti c’è l’apocalisse. 
Il mancato rispetto delle regole di Maastricht (principalmente sul rapporto deficit/PIL e sul rapporto debito pubblico/PIL) non porta concretamente a nessun commissariamento, ma solo all’avvio da parte della Commissione europea di una procedura d’infrazione lunga e ridicola, come la storia ha dimostrato. L’ultimo caso sono state le sanzioni a Spagna e Portogallo: i due Paesi della penisola iberica erano finiti sotto procedura d’infrazione UE per mancato rispetto delle regole sul deficit. Dopo molto tempo dall’avvio della procedura (la Spagna sfora il rapporto deficit/PIL dal 2008), molti richiami, molte lettere e via dicendo la Commissione e l’Eurogruppo, a fine 2016 (ben 8 anni dopo, quasi due legislature!!!) decidono di sanzionare i due Paesi per deficit eccessivo: e qual è la terribile punizione inflitta dall’UE ai disobbedienti? Nessuna, nel concreto nessuna! Nessuna sanzione pecuniaria, ma solo la paventata minaccia di bloccare l’accesso ai fondi del bilancio UE, che poi sono una cifra ridicola e si tratta di soldi degli stessi Stati membri. Ecco, per i media italiani questa pagliacciata di procedura sanzionatoria che dura 8 anni e si traduce in una sanzione non pecuniaria equivarrebbe al commissariamento del Paese. Inutile terrorismo psicologico che va smascherato.
Ribellarsi alle assurde regole di Bruxelles non solo si può fare senza grossi problemi, ma oggi diviene assolutamente necessario. Come il popolo italiano si ribellò all’occupazione nazi-fascista durante la seconda guerra mondiale, oggi è compito di ogni governo che rappresenti davvero gli interessi dei cittadini opporsi ai crimini finanziari perpetrati dalle istituzioni UE. Il governo italiano ha il dovere di mandare a quel paese la Commissione e l’Eurogruppo, ribadendo la propria sovranità. Il benessere dei cittadini deve avere la priorità assoluta su qualsiasi assurda regola di bilancio. Avremmo dovuto farlo già a dicembre 2015, quando il governo Renzi si piegò alle regole sul bail-in e mandò sul lastrico centinaia di migliaia di risparmiatori italiani, alla faccia dell’articolo 47 della Costituzione. E nei mesi successivi la borsa italiana, di cui le banche rappresentano la parte maggiore, bruciò altre decine di miliardi di risparmi: tutto questo per rispettare una regola assurda e distruttiva.
Non fatevi spaventare dai giornali su queste cose, ma abbiate paura per i pericoli veri: il commissariamento del Paese può arrivare da altri due canali, come ho cercato di spiegare durante la conferenza di martedì sera a Milano. L’attacco al sistema bancario italiano e al debito pubblico: nel primo caso, le regole punitive possono portare il governo a chiedere aiuto al MES e quindi a far intervenire la Troika, nel secondo caso l’”aiuto” arriverebbe dal programma OMT della BCE, ma l’effetto sarebbe lo stesso, l’ingresso della Troika a Roma.
Di questo dobbiamo aver paura, e la paura deve servirci per avere il coraggio di scrivere veramente e al più presto possibile la parola “fine” all’esperienza dell’UE e dell’Euro.

giovedì 2 febbraio 2017

Matteo Fabris Orfini, l’idolo di noi tutti. - Andrea Scanzi

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Egli ci ha parlato. 

“Dieci giorni per un accordo sulla legge elettorale e voto a giugno oppure subito al voto”. 

Oppure: “I riservisti aiutano gli avversari. Chi ha avuto occasione per cambiare il paese faccia autocritica”. 

Ma anche: “La legislatura è finita il 4 dicembre ed è stato deciso dagli italiani. Non dobbiamo però aver paura del loro giudizio e del loro voto”. 

Fino al definitivo: “Il mondo è rotondo e, a forza di spostarti a sinistra, ti ritrovi a destra come Trump”. 

Così parlò lo sfavillante, e sin dagli albori rutilante, Matteo Orfini. 
Uomo ossimorico, da sempre definito “giovane” (ora turco, ora dalemiano, ora renziano) senza mai esser stato giovane. 
Nato nel 1974, anche se a guardarlo avresti detto prima, Orfini è uno statista straordinario. La sua biografia è piena di aneddoti ammantati di leggenda. Per esempio quella volta che fece un provino come Fabris nel remake di Compagni di scuola, ma non lo presero. Oppure – ma sarà vero? – quando lo scartarono nelle selezioni finali dello spot di Amica Chips, scegliendo comunque un attore a lui somigliante. Di sicuro non attengono alla leggenda, bensì alla Storia, altre istantanee che vedono Orfini protagonista. 
Su tutte la foto, che trasuda genio e bellezza, in cui lo si vede ingobbito di fronte alla playstation, mentre svolge il ruolo di punching-ball del Gran Capo Renzi
In quelle stesse ore il Pd stava perdendo una delle tante elezioni che ha perso e il ligio Orfini, che fino al giorno prima aveva trattato Renzi come una sorta di usurpatore berlusconiano, cominciava la via Crucis del probo servitore di partito disposto a tutto – ma proprio a tutto – pur di avere un posto. 
Un ruolo. 
Una ragione di vita. 
Era l’inizio di una nuova carriera: quella dell’”amico debole”, e non troppo affascinante, figura di cui da sempre si circondano quelli (o quelle) convinti di esser fighi. Tra una pausa e l’altra, Orfini soleva twittare consigli tattici agli allenatori del Milan, che purtroppo (per il Milan) venivano spesso ascoltati. 
Nel frattempo le imprese orfiniche si succedevano: su tutte la portentosa rinascita del Pd romano, che il Commissario Orfini prima redime e poi salva. Era così che il Matteo debole (cioè: più debole di quell’altro) si guadagnava il ruolo di Presidente di partito, da lui interpretato con la stessa libertà intellettuale che vantava Bondi con Silvio
Dopo la Waterloo capitolina, Orfini scompariva per alcuni mesi, con vivo scorno dei tanti talkshow affezionatisi a quell’eloquio mesto, quel carisma diversamente efficace e quel capino dolentemente pennuto. Il rovescio referendario lo affliggeva ulteriormente, ma Orfini era ben lungi dall’arrendersi. Anzi. Ritrovava pigolo, e financo brio, in contemporanea degli attacchi di D’Alema: il vecchio maestro. L’uomo di cui, forse per affetto antico, imita ancora voce e pause. Ed eccolo, il vero capolavoro politico di Fabris Orfini: far quasi rimpiangere chi lo ha preceduto. Compreso D’Alema. Bravo Matteo: quello debole, ma pure quell’altro.
(Il Fatto Quotidiano, 31 gennaio 2017)


http://www.andreascanzi.it/?p=4724

Le mani della 'ndrangheta su fondi Ue, arrestato ex assessore Calabria Nazareno Salerno.

foto archivio © ANSA

L'inchiesta riguarda la gestione dei fondi del credito sociale. Nove gli arresti.

L'ex assessore al Lavoro della Regione Calabria, Nazareno Salerno, è stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Catanzaro sull'ingerenza della cosca di 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) nella gestione dei fondi della comunita' europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficolta'. L'inchiesta riguarda, in particolare, la gestione dei fondi del credito sociale ed ha portato complessivamente all'arresto di nove persone.  
Si tratta di esponenti politici, imprenditori e amministratori pubblici della Regione Calabria, nonché due soggetti contigui alla cosca Mancuso. Le indagini hanno documentato l'ingerenza mafiosa della potente cosca 'ndranghetista nella gestione dei fondi della Comunita' europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficolta'.
I reati contestati, a vario titolo, agli indagati sono minaccia ed estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione, peculato, turbativa d'asta ed abuso d'ufficio.
In corso di esecuzione anche un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 2 milioni di euro. 
In particolare, l'attivita' ha accertato l'esistenza di un comitato d'affari che distraeva i finanziamenti comunitari vincolati al progetto regionale 'Credito sociale' indirizzandoli su conti correnti di societa' private, anche all'estero. Il provvedimento viene eseguito in queste ore dal Ros unitamente al Comando provinciale Carabinieri di Catanzaro e a quello della Guardia di finanza di Vibo Valentia, ed è stato emesso su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro. 
L'operazione, coordinata dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, è stata condotta dai Carabinieri del Ros unitamente ai militari del Comando provinciale di Catanzaro ed alla Guardia di finanza di Vibo Valentia.

mercoledì 1 febbraio 2017

Lady dentiera, i giudici sequestrano d’urgenza 2,5 milioni. Il Consiglio di Stato le ridà l’appalto da 103. - Thomas Mackinson

Lady dentiera, i giudici sequestrano d’urgenza 2,5 milioni. Il Consiglio di Stato le ridà l’appalto da 103

Cortocircuito tra magistratura e giustizia amministrativa: la società di Maria Paola Canegrati, agli arresti domiciliari e sotto processo per corruzione, si riprende l'odontoiatria dell'ospedale di Desio, da cui era partita l'inchiesta. "Non c'erano anomalie nel bando". A firmare il ricorso in appello i commissari del Prefetto. Solo quattro giorni prima il Tribunale di Monza aveva ottenuto il sequestro d'urgenza di beni e conti correnti. Il revisore che fece saltare il sistema: "Non mi meraviglia, le cose non funzionano".

Escono dalla porta per rientrare dalla finestra. Il Tribunale sequestra a Lady dentiera beni per 2,5 milioni, quattro giorni dopo il Consiglio di Stato le riapre le porte dell’Ospedale di Desio-Vimercate riaffidando all’imprenditrice Maria Paola Canegrati l’appalto da 103 milioni, proprio quello per “servizi di assistenza specialistica di odontoiatria” che le costò l’arresto per corruzione insieme ad altre venti persone, tra le quali Fabio Rizzi, braccio destro sulla Sanità del governatore Roberto Maroni (che ha patteggiato). Meno noto che l’appalto al centro dello scandalo avesse anche una storia di ricorsi iniziata nel 2015 e finita il 20 dicembre scorso, quando la terza sezione del Consiglio di Stato lo ha riassegnato alla Servicedent della Canegrati, ritenendo che il bando fosse tecnicamente regolare. Un cortocircuito tra magistratura e giustizia amministrativa: quattro giorni prima il Tribunale di Monza otteneva il sequestro d’urgenza di beni e conti correnti per la titolare tuttora agli arresti e sotto processo (prossima udienza il 15 febbraio), dopo che il Gup ha respinto la sua richiesta di patteggiamento a 4 anni e 2 mesi, ritenendo la pena esigua.
La notizia non trapela finché il nuovo direttore generale Pasquale Pellino – in carica dal 1 gennaio 2016 proprio in seguito alla bufera giudiziaria – il 27 gennaio annuncia via mail a dipendenti e collaboratori quanto segue: “Abbiamo il piacere di informarvi che la Giustizia Amministrativa ha deciso l’affidamento a favore di Servicedent, tutto ciò si traduce col fatto che la suddetta società sarà legittimata al continuare l’attività per altri 6 anni +2”. Nessuna menzione delle implicazioni della decisione e del fatto che la titolare della società che fornirà il servizio, già commissariata a giugno dell’anno scorso, è sotto processo.
Ma c’è dell’altro. Perché a proporre appello contro la decisione del Tar, che aveva accolto il ricorso di una concorrente (Smart Dental Clinic s.r.l., già Pentadent s.r.l. del gruppo San Donato) non è la titolare agli arresti ma i commissari che il prefetto di Monza ha nominato al suo posto a giugno: un altro paradosso. Lo spiega l’avvocato della Canegrati, Michele Saponara, mostrando soddisfazione per la sentenza: “Il Consiglio di Stato alla fine ha ritenuto legittimo il bando che aveva provocato tanto scandalo e sul quale sono appese alcune delle accuse contro la mia cliente. L’appello proposto e vinto dai commissari dimostra che non era poi così irregolare”.
Non si meraviglia Giovanna Ceribelli, il revisore dei conti che ha dato il via all’inchiesta setacciando appalti e fatture alla Canegrati. “E’ un’altra stortura delle leggi italiane, quando si trova qualcuno che ha ottenuto non uno ma diversi appalti in maniera “non ortodossa”, anziché vederseli revocare se lì vede riaffidare e per mano dei commissari”. “E’ vero che all’epoca dell’appalto non era ancora successo niente, ma oggi c’è un processo Canegrati in corso. La direzione sanitaria forse dovrebbe considerare che nell’ambito dell’indagine penale sono emerse irregolarità sui lavori eseguiti e sulle prestazioni fatte ai cittadini abbastanza pesanti, per non dire dei pagamenti doppi o fatti pagare in regime privato quando rientravano nell’assistenza sanitaria regionale”. Le carte del Gip raccontavano anche di materiali “diversi e più scadenti” proposti ai pazienti rispetto a quelli utilizzati solitamente dalle strutture sanitarie.
Da settembre la Ceribelli siede nel consiglio direttivo nell’Agenzia regionale anticorruzione (Arac), nata sull’onda di quello scandalo. “Ma non ha la struttura adeguata per occuparsi di queste cose, siamo solo in due ad avere le qualifiche per setacciare le gare. Qualcuno dei componenti ritiene possa diventare una specie di “centro studi” anziché di prevenzione della corruzione, cosa non prevista dalla legge istitutiva. Personalmente continuo a credere nella trasparenza, tanto che sto cercando di far rispettare la legge laddove le aziende del sistema regionale non lo fanno”. Una cosa fin banale, ma poi non così tanto.
documenti del bando finito nel mirino dell’autorità giudiziaria (e riammesso ora da quella amministrativa) dovrebbero essere disponibili sul sito dell’Azienda ospedaliera. La nuova gestione ha però preso tutto il pacchetto della vecchia e l’ha messo in una sezione separata tramite un link, che avvisa: “Per accedere ai documenti della precedente Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate, cliccare qui”. Il link però… non funziona. Il direttore Pellino ci fa chiamare al volo dal responsabile dell’area tecnica che assicura “provvederemo al più presto, grazie della segnalazione”. Un’ora dopo richiama dicendo che è stato ripristinato. Al momento in cui scriviamo però le sezioni (bandi, avvisi, concorsi etc) ci sono, ma sono vuote. “Accidenti, provvederemo. Grazie della segnalazione”. 
Benedetta trasparenza.

domenica 29 gennaio 2017

Cose dell'altro geo.....

D'Alema: Al via raccolta fondi e adesioni, tutti liberi se si va al voto


D'Alema: "Al via raccolta fondi e adesioni, tutti liberi se si va al voto"

http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2017/01/28/alema-via-raccolta-fondi-adesioni-tutti-liberi-voto_YFzMcSVTH84Neks2P3AOZK.html?refresh_ce

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Non si schiodano, mungere la vacca fino a sfinirla è il loro hobby preferito. Questa gente non ha mai lavorato, vive da sempre alle spalle di chi lavora. E mentre non lavora, sfrutta i ricavi leciti ed illeciti del suo NON-lavoro per costruirsi patrimoni da favola. 
Questi servi del potere economico, non hanno alcuna coscienza, sono privi di ogni sentimento, godono nel possedere cose e persone. Si sentono dei, vivono al di fuori dal mondo reale, ma non disdegnano imporre regole coercitive a chi li mantiene spacciandole per magnanimità personali.
Rappresentano una calamità, dovremmo liberarcene definitivamente, anche mandandoli in esilio, pena l'ergastolo se dovessero, malauguratamente per loro e per noi, rimettere piede sul suolo che per troppo tempo hanno calpestato.
Mettiamoli al bando!

byCetta

sabato 28 gennaio 2017

Vorrei....

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Vorrei che l'"Unità" e il "corsera (corriere della serva) parlassero dei finanziamenti che Buzzi ha elargito a Marino per la sua campagna elettorale; 
delle responsabilità della famiglia Boschi nella vicenda di banca Etruria; 
dei problemi economici di Tiziano Renzi, ...
Mi pare che anche Renzi abbia agevolato la scalata di amici in ranghi governativi o centri di potere, come anche la stessa Boschi, Alfano e tanti altri; 
il codice penale va applicato anche nel loro caso se si tratta di vicende simili a quelle che riguardano la Raggi.

Ma siamo in Italia, dove nulla è come dovrebbe essere e a pagare sono sempre quelli che non si prostrano al potere costituito (e non costituente). 
Siamo una stelletta degli Usa, ma non abbiamo nessuna voce in capitolo, non veniamo chiamati a votare i loro rappresentanti, siamo solo chiamati a rispettare le regole che ci impongono indirettamente servendosi di persone poco rispettabili: i nostri governanti.

Cetta