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lunedì 9 novembre 2020

RESISTERE RESISTERE. - Rino Ingarozza

Certo che il Presidente Conte ne deve avere di pazienza. Ne deve avere proprio tanta. Riceve attacchi quotidiani un po' da tutti. Dall'opposizione ma anche dalla maggioranza.

Salvini e Meloni che non perdono occasione per dargli contro. Anzi, per certi aspetti, sembra che aspettino, col fucile puntato, che dica qualcosa (una cosa qualsiasi) per attaccarlo. Probabilmente durante il giorno si mettono d'accordo sulla strategia da adottare il giorno dopo.
"Giorgia, presto ....ha detto terra ....andiamo in tv a dire acqua".
"A Matte' ma per piantare una pianta ci vuole la terra".
"'E che ti frega. Possiamo dire che per farla crescere ci vuole l'acqua. E lui non l'ha detto".
"Ma era sottinteso ...dai, su."
"Giorgina, non so i tuoi, ma i miei credono a tutte le cazzate che dico".
"Matte', non ti allargare, anche i miei sono così ".
Quando, invece, il Presidente non parla, c'è sempre il discorso "immigrati" da sfoderare. I barconi, i terribili clandestini neri e sporchi.
Ma queste cose le sappiamo tutti. Ognuno di noi ha scritto decine di post, su questo.
Il problema è che si deve guardare anche dal fuoco amico. Dal PD e soprattutto da lui, dal presuntuoso fiorentino. Dall'oppositore interno, a prescindere. Il bastian contrario per strategia di partito. Deve far parlare di sé e del suo partitino. Il problema (per lui) è che, più parla, e più il suo partito perde consensi.
Ora è addirittura indagato (insieme a Lotti e Boschi) ed ecco l'infamia.
Ha pensato di avvisare il governo che, senza di lui, non c'è maggioranza.
In pratica un ricatto bello e buono. Aiutatemi in questa storia o faccio cadere il governo.
Che personaggio. Non ne azzecca una ma è sempre gonfio di sé. Come un pallone. Il famoso "pallone gonfiato".
Conte viene attaccato su tutto. Politica estera (forse perché è riuscito ad ottenere 209 miliardi dall'Europa) e questa è una cosa che proprio non riescono a mandar giù. Dall'altro lato vorrebbero metterci le mani, su quei soldi, decidere loro, cosa farne, come spenderli, come "Spartirli".
La più insistente e "bavosa" su questo è lei, la Giorgetta nazionale, che chiede di andare a votare, un giorno si e l'altro pure.
Lei la Giorgina patriota. La Giorgina di Viva l'Italia (sembra che De Gregori, quando ha scritto questa canzone, si sia ispirata a lei.)
Quella che è talmente "italiana" che ha detto che vorrebbe trasportare,in Italia, il modello Trump. Quello che ha messo i dazi su prosecco e parmigiano. Un nuovo motto "prima i dazi".
Viene attaccato anche sulla politica interna. In particolar modo, sulla gestione della pandemia.
"Matte' ha detto di chiudere"
"E noi diciamo che si deve aprire"
"Giorgina, ha detto di aprire"
"E noi diciamo di chiudere".
Niente, però, rispetto alle affermazioni del Presidente della regione Lombardia, Fontana.
"Chiudere la regione è uno schiaffo ai cittadini Lombardi" ha detto.
A Fontana.......... ĺa Lombardia è stata chiusa in base ai dati che "tu" hai fornito.
E poi parli di schiaffi proprio tu? Tu che, mentre i tuoi corregionali contavano gli ultimi spiccioli per fare la spesa, hai pensato bene di commissionare, a tuo cognato, senza alcuna gara d'appalto, dei camici, con i loro soldi? Ci vuole un bel coraggio.
"Il coraggio dei Tartari".
Il tartaro, che è quello che ha Fontana sui denti. E che c.... hai tanti soldi all'estero ( frutto dei risparmi dei tuoi genitori.....certo) e spendili due euro per farti la pulizia dei denti.
Attaccato da tutti. Lui, però, si lascia scivolare tutto addosso e va avanti per la sua strada. Ha chiesto alle regioni di assumersi le loro responsabilità e gli hanno risposto picche. Ma lui non si è scomposto. Ha assunto anche l'onere di prendere decisioni che i governatori non hanno voluto assumersi.
Gli stessi governatori che battevano i pugni, per avere più autonomia.
"Faccio tutto io" (quando non ci sono problemi. Quando ci sono .....pensaci tu).
Resta solo la speranza che il Presidente Conte non si stanchi. Che non gli venga la voglia di "ma andate a quel paese" (sono sicuro che direbbe proprio così, e non "affanculo". Dall'alto della sua classe).
Spero solo che non gli venga voglia di mollare tutto.
Non oso pensare come sarebbe il paese, gestito dal "duo vergogna".
Non oso pensare come sarebbe il paese, gestito dall'associazione
"Aumma aumma".
Rino Ingarozza

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giovedì 2 febbraio 2017

Matteo Fabris Orfini, l’idolo di noi tutti. - Andrea Scanzi

Risultati immagini per orfini


Egli ci ha parlato. 

“Dieci giorni per un accordo sulla legge elettorale e voto a giugno oppure subito al voto”. 

Oppure: “I riservisti aiutano gli avversari. Chi ha avuto occasione per cambiare il paese faccia autocritica”. 

Ma anche: “La legislatura è finita il 4 dicembre ed è stato deciso dagli italiani. Non dobbiamo però aver paura del loro giudizio e del loro voto”. 

Fino al definitivo: “Il mondo è rotondo e, a forza di spostarti a sinistra, ti ritrovi a destra come Trump”. 

Così parlò lo sfavillante, e sin dagli albori rutilante, Matteo Orfini. 
Uomo ossimorico, da sempre definito “giovane” (ora turco, ora dalemiano, ora renziano) senza mai esser stato giovane. 
Nato nel 1974, anche se a guardarlo avresti detto prima, Orfini è uno statista straordinario. La sua biografia è piena di aneddoti ammantati di leggenda. Per esempio quella volta che fece un provino come Fabris nel remake di Compagni di scuola, ma non lo presero. Oppure – ma sarà vero? – quando lo scartarono nelle selezioni finali dello spot di Amica Chips, scegliendo comunque un attore a lui somigliante. Di sicuro non attengono alla leggenda, bensì alla Storia, altre istantanee che vedono Orfini protagonista. 
Su tutte la foto, che trasuda genio e bellezza, in cui lo si vede ingobbito di fronte alla playstation, mentre svolge il ruolo di punching-ball del Gran Capo Renzi
In quelle stesse ore il Pd stava perdendo una delle tante elezioni che ha perso e il ligio Orfini, che fino al giorno prima aveva trattato Renzi come una sorta di usurpatore berlusconiano, cominciava la via Crucis del probo servitore di partito disposto a tutto – ma proprio a tutto – pur di avere un posto. 
Un ruolo. 
Una ragione di vita. 
Era l’inizio di una nuova carriera: quella dell’”amico debole”, e non troppo affascinante, figura di cui da sempre si circondano quelli (o quelle) convinti di esser fighi. Tra una pausa e l’altra, Orfini soleva twittare consigli tattici agli allenatori del Milan, che purtroppo (per il Milan) venivano spesso ascoltati. 
Nel frattempo le imprese orfiniche si succedevano: su tutte la portentosa rinascita del Pd romano, che il Commissario Orfini prima redime e poi salva. Era così che il Matteo debole (cioè: più debole di quell’altro) si guadagnava il ruolo di Presidente di partito, da lui interpretato con la stessa libertà intellettuale che vantava Bondi con Silvio
Dopo la Waterloo capitolina, Orfini scompariva per alcuni mesi, con vivo scorno dei tanti talkshow affezionatisi a quell’eloquio mesto, quel carisma diversamente efficace e quel capino dolentemente pennuto. Il rovescio referendario lo affliggeva ulteriormente, ma Orfini era ben lungi dall’arrendersi. Anzi. Ritrovava pigolo, e financo brio, in contemporanea degli attacchi di D’Alema: il vecchio maestro. L’uomo di cui, forse per affetto antico, imita ancora voce e pause. Ed eccolo, il vero capolavoro politico di Fabris Orfini: far quasi rimpiangere chi lo ha preceduto. Compreso D’Alema. Bravo Matteo: quello debole, ma pure quell’altro.
(Il Fatto Quotidiano, 31 gennaio 2017)


http://www.andreascanzi.it/?p=4724