Visualizzazione post con etichetta Clinton. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Clinton. Mostra tutti i post

giovedì 4 novembre 2021

Renzi e il volo a scrocco per gli Usa (poi pagato da Open): “Devo votare contro quelle m…e di grillini”. - Valeria Pacelli

 

LE CARTE - Nei nuovi atti i messaggi dell’ex premier. Il viaggio da Clinton a spese della “fondazione culturale”. La caccia al “passaggio”: “Chiedere a Kerry?. No, sembriamo dei morti di fame”. Il preventivo per il Falcon: 130mila euro. Bianchi: “Matteo ha perso la testa”. E Lotti: “Non ho parole…”

Il 5 giugno 2018 è una giornata piena di impegni per Matteo Renzi. Uno fondamentale. Votare contro la fiducia al Conte-1 e poi volare a Washington dove è stato invitato per la cerimonia del 50esimo anniversario della morte di Bob Kennedy. Il leader di Italia Viva vuole partire dopo il voto. Ha bisogno di un volo e ne parla con l’imprenditore Vincenzo Manes. Sono le 11:09 del 3 giugno 2018. Scrive Renzi: “Mi ha invitato Bill Clinton mercoledì mattina ad Arlington per la cerimonia di Bob Kennedy, 50 anni dopo. Lui farà un discorso ufficiale. A me hanno chiesto di leggere discorso sul Pil. Una roba da seghe. Devo però votare contro i grillini martedì alle 17. Rischio di non avere voli. C’è qualche tuo amico riccone che viaggia dopo le 18 verso Washington? O hai contratti per prendere un aereo a poco? È una figata storica quella di parlare ad Arlington ricordando Bob Kennedy, ma non posso evitare di votare la sfiducia a queste merde. Conosci qualcuno?”. Il messaggio è allegato alle carte dell’indagine della Procura di Firenze sulla Fondazione Open, l’inchiesta chiusa da poche settimane e che vede indagati tra gli altri, con l’accusa di concorso in finanziamento illecito, l’ex premier, gli ex ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi e l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Fondazione. I pm – che ritengono la Open un’articolazione politico-organizzativa della corrente renziana del Pd – hanno depositato migliaia di atti.

Il senatore “non chiedere, sembriamo dei morti di fame”

Tra questi c’è lo scambio di messaggi Whatsapp tra Vincenzo Manes (imprenditore mai indagato nell’inchiesta fiorentina, in passato tra i finanziatori della Fondazione) e Renzi. Il 3 giugno 2018, Renzi dice di essere stato invitato negli Usa e chiede a Manes se conosce qualcuno “che viaggia dopo le 18 verso Washington”.

Dopo il messaggio di Renzi ecco lo scambio con Manes:

Manes (M): Aereo da Roma a Washington che parta martedì sera?

Renzi (R): Yes. O perché qualcuno deve essere ripreso in Usa e quindi aereo deve comunque viaggiare. Altrimenti costa troppo.

M: Hai chiesto a Diego?

R: È in Cina.

M: Oppure guarda se c’è connection da Londra. Cioè parti privato da Roma x Londra e prendi aereo x Washington che parte tardi. Adesso mi informo.

R: Ultimo volo troppo tardi.

M: Troppo tardi nel senso che arriva troppo tardi??

R: Ya.

M: Chiedi al Panerai se sanno di Ge!! Ma non ti portano secondo me. Marchionne?

R: Ora mi informo.

M: Privato costa 100mila.

R: 100mila è troppo anche per Bobby Kennedy.

M: Chiedo a Kerry se sa di qualcuno.

R: No, lascia stare. Sembriamo morti di fame.

I messaggi proseguono sullo stesso argomento. Poi il 4 giugno Renzi comunica a Manes che il volo lo prenderà la Fondazione Open: “Stiamo prendendo un volo privato come fondazione. Non abbiamo alternative, temo. Speriamo di poter partire da Parigi o Londra in serata. Oppure voliamo diretti su Washington”.

Secondo la Guardia di Finanza, questo scambio di messaggi “evidenzia la posizione di preminenza del sen. Renzi rispetto agli impegni economici della Fondazione stessa”. In base a quanto ricostruito dalla Gdf, inoltre, dall’analisi della documentazione della Open emerge un contratto di noleggio tra la Fondazione e la società Leader Srl per un “Jet bi-reattore tipo Dessault Falcon 900 – configurazione 12 posti pax” “al costo complessivo di 134.900, per la tratta Ciampino/Washington con andata 5 giugno e ritorno 6 giugno 2018”.

Chi paga, dunque, è la Open, che – secondo quanto ricostruito dalla Finanza – in quel momento “non disponeva della somma, ovvero della ‘copertura’ necessaria a far fronte all’impegno economico assunto, come emerge dal saldo del conto corrente (…) che ammontava a 6.511,87 euro”.

Alberto Bianchi “134.900? Matteo ha perso la testa?”

Del volo per Washington parlano anche Alberto Bianchi e Luca Lotti. Ecco lo scambio di messaggi Whatsapp del 5 giugno 2018.

Bianchi (B): 134.900???! Ma ha perso la testa?

Lotti (L): Non ho parole. Io gli ho detto che senza copertura non si può.

B: È il minimo.

L: Eyu quanto mette?

B: Senti Ele. Ma non mi pare bastino.

La Finanza ha poi analizzato i contributi incassati da Open. Dall’analisi della documentazione contabile emerge che il 6 giugno 2018 “viene accreditato sul conto corrente della Fondazione il ‘contributo volontario’ di 20 mila euro proveniente dalla Fondazione Eyu”, “ente – la descrivono gli investigatori – di diretta emanazione del Pd”. La Tci Telecomunicazioni Italia srl “da ricondurre all’onorevole Gianfranco Librandi (onorevole di Italia Viva, non indagato, ndr), ha erogato 100mila euro a favore della Fondazione tramite due bonifici di 50mila euro cadauno, effettuati il 4 e l’11 luglio 2018”. Sono contributi che secondo la Guardia di Finanza “appaiono funzionali alla ‘copertura’ dei costi del noleggio dell’aeromobile con cui Renzi si è recato a Washington”. E aggiungono: “In tal senso si evidenzia la circostanza i bonifici sono pervenuti alla Open prima dell’emissione della fattura Leader srl n. 206 del 16 luglio 2018”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/04/renzi-e-il-volo-per-gli-usa-ce-un-riccone-che-parte/6378895/

venerdì 29 marzo 2019

C’è un unico vero “Russiagate”: ed è quello di Hillary Clinton. - Roberto Vivaldelli

Hillary Clinton durante la campagna elettorale in Iowa

E se il vero “Russiagate” coinvolgesse Hillary Clinton? Ora che l’esito delle indagini del procuratore speciale Mueller ha stabilito che fra la campagna di Donald Trump e la Russia non c’è alcuna “collusione” riemergono le ombre sulle operazioni passate dei democratici. Su tutte, lo scandalo “Uranium One”.

Come rileva Breitbart, un certo numero di domande senza risposta riguardano il ruolo che assunse l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton nel consegnare il 20% delle forniture di uranio americano alla società di proprietà del governo russo. Ad oggi, nessuna seria indagine è stata avviata per fare luce su quella decisione controversa.

Torna alla ribalta il “Russiagate” di Hillary Clinton.
Come riporta Forbes, del caso se n’è occupato di recente il senatore dell’Iowa Chuck Grassley, presidente della commissione giudiziaria del Senato, che ha chiesto informazioni al bureau rispetto a una perquisizione fatta dall’Fbi nella residenza di un informatore che sarebbe stato in possesso di informazioni importanti inerenti la Fondazione Clinton e l’operazione Uranium One.

“Il 19 novembre 2018 – scrive Grassley – l’Fbi ha fatto irruzione nella casa di un suo informatore, il signor Dennis Nathan Cain, che sarebbe in possesso di documenti relativi alla Fondazione Clinton e all’operazione Uranium One”. Il senatore chiede “su quali basi l’Fbi ha deciso di effettuare il suddetto raid il 19 novembre 2018” con la richiesta di “fornire una copia del mandato e di tutte le dichiarazioni sostitutive”. Inoltre, Grassley chiede informazioni a Christopher Wray, direttore del bureau, “rispetto al materiale sequestrato” e se questo “contiene informazioni riservate”. Domande che, ad oggi, non hanno ricevuto risposta o che non sono state rese pubbliche.

L’affare Uranium One.
Come vi abbiamo raccontato su Gli Occhi della Guerra,  secondo i critici, quando era Segretario di Stato, Hillary Clinton usò la sua carica per aiutare la Russia ad acquisire il controllo di un quinto delle riserve americane di uranio in cambio di milioni di dollari versati alla Clinton Foundation, la fondazione di famiglia.

Come spiega Federico Punzi su Formiche, nel 2013, “il colosso statale russo per l’energia atomica, la Rosatom, acquisisce il controllo della compagnia canadese Uranium One e, tramite essa, di un quinto delle riserve minerarie di uranio negli Stati Uniti per un valore di decine di miliardi di dollari.  uranio negli Stati Uniti per un valore di decine di miliardi di dollari. Ovviamente, essendo l’uranio un bene strategico, con evidenti implicazioni per la sicurezza nazionale, l’acquisizione ha avuto bisogno del via libera di una commissione governativa”.

Mentre i russi presero gradualmente il controllo di Uranium One in tre transazioni distinte dal 2009 al 2013, secondo il New York Times  il presidente canadese della compagnia con sede a Toronto, Ian Telfer, fece quattro donazioni diverse alla Clinton Foundation attraverso la fondazione di famiglia, per un totale di 2,35 milioni di dollari. Nel 2010, spiega Punzi, “dopo che la Rosatom annunciò l’intenzione di acquisire la quota di maggioranza della Uranium One e poco prima che venisse concessa l’autorizzazione governativa, l’ex presidente Bill Clinton incassò mezzo milione di dollari dalla banca d’affari russa Renaissance Capital per un discorso pronunciato a Mosca”.

L’inchiesta di The Hill.
A riaccendere i riflettori su un’indagine che sembrava essere finita su un binario morto fu l’inchiesta pubblicata da The Hill nell’ottobre 2017, secondo la quale prima che l’amministrazione Obama approvasse l’accordo nel 2010, l’Fbi entrò in possesso di alcune prove in merito ad alcuni episodi di corruzione, bustarelle, estorsioni e riciclaggio di denaro che vedevano coinvolti i funzionari russi.
Inoltre, secondo un testimone oculare, gli uomini della Rosatom in quel periodo avrebbero speso milioni di dollari negli Usa a beneficio di fondazioni come quella dell’ex presidente Clinton, proprio nel periodo in cui il Segretario di Stato era Hillary Clinton. 

La verità su Uranium One, il Russiagate dei Clinton.
Ciò che è acclarato è che la Clinton Foundation ha nascosto una donazione straniera di 2,35 milioni di dollari da parte del capo della società russa che aveva fatto affari con il Dipartimento di Stato. 
Lo stesso New York Times ha confermato che Hillary Clinton ha violato il Memorandum of Understanding che lei stessa ha firmato con l’amministrazione Obama promettendo di rivelare tutte le donazioni straniere ricevute durante il suo mandato come Segretario di Stato.

Perché non tenne fede agli accordi presi? Cosa nascondeva? Inoltre, come conferma il New Yorker, Bill Clinton ha guadagnato 500.000 dollari per un discorso tenuto Mosca che fu pagato da “una banca d’investimento russa che aveva legami con il Cremlino” al momento dell’operazione Uranium One. Il dubbio rimane: perché non si è fatta luce su questa vicenda? D’altro canto Trump è stato messo sotto inchiesta per molto meno. Per non dire nulla. 

http://www.occhidellaguerra.it/russiagate-hillary-clinton-uranium-one/?fbclid=IwAR3yTHcPq5veMGpgu_nEl04UwQNQoPvyLyak2yzze6uHbrKO0dNiZ11TjtM

giovedì 10 novembre 2016

La madre di tutte le domande si impone: come mai la candidata sostenuta da “i poteri forti” ha perso alla grande? - Sergio Di Cori Modigliani

trump-0     jesseventura2
   Trump e consorte                                                                           Jess Ventura

Inattesa vittoria a sorpresa di Donald Trump? Proprio per niente. Era annunciata.
Si tratta, piuttosto, dell’auto-distruzione della dinastia Clinton, un suicidio amorevolmente assistito da un Barack Obama stanco e miope, che dopo otto anni alla Casa Bianca ha gettato la spugna e si è fidato di una persona come Hillary Clinton, da lui saggiamente licenziata 4 anni fa, con la frase e non farti mai più vedere da queste parti. Si vede che Obama non ha letto bene le immortali tragedie sul potere scritte da William Shakespeare, dove gli arrogantoni super ambiziosi -di solito anche permalosi – covano risentimento, voglia di rivincita, ambizioni megalomani e finiscono per cavalcare gli insondabili binari della dimensione mentale personale, spacciandola per fatti reali e oggettivi. La realtà (che ci piaccia o meno, quella esiste, al di là delle nostre paturnie e interpretazioni soggettive che vengono pure diffuse nel mondo virtuale) era chiara, visibile, sotto gli occhi di tutti. E in Usa lo sapevano tutti che non vi era alcun dubbio che Trump avrebbe vinto. Vi cito qui di seguito un testo del più celebre antagonista statunitense pubblicato 50 giorni fa. E’ un articolo del regista documentarista Michael Moore (http://michaelmoore.com/trumpwillwin/) oppure più estesamente su http://www.alternet.org/election-2016/michael-moores-5-reasons-why-trump-will-win. il cui titolo è: “I cinque motivi per i quali Donald Trump vincerà le elezioni a novembre e nessuno lo può fermare“. Inizia con “miei cari concittadini, ho davvero delle pessime notizie per tutti voi…..” elaborando e argomentando, con profonda conoscenza delle contraddizioni del suo paese, le diverse valenze che hanno costruito l’inarrestabile successo di Donal Trump.
E’ una sorpresa anche per gran parte degli italiani. La nostra stampa, per lo più, ci ha riferito ciò che diceva la CNN e dell’America, quella vera, ci ha detto poco o nulla. Stavo in Usa, nell’ estate del1980 e lavoravo come corrispondente per “Il Lavoro” di Genova diretto da Giuliano Zincone (lui ed Oriana Fallaci erano in Vietnam nel 1964 e i loro reportage sul corriere della sera e su L’europeo erano epici, perchè veri, scritti sotto le bombe vere, stando al fronte sulla linea di fuoco. Impagabili.) C’era la campagna elettorale e il candidato indipendente che aveva sbaragliato ogni concorrente dentro il partito repubblicano era Ronald Reagan, definito un clown senza alcuna possibilità di vincere. Riuscii allora a farmi accreditare e mi conquistai il posto sull’autobus che seguiva il tour di Reagan attraversando tutti gli stati. Non c’era nessun altro giornalista italiano, se ne stavano a Manhattan e Washington (Los Angeles non esisteva ancora come piazza). La grande spinta degli anni’70 era finita, la società era cambiata ed era chiaro -seguendo il carrozzone reaganiano- che lui avrebbe vinto. Ricordo l’editoriale sulla prima pagina del corriere della sera, il giorno prima della votazione, scritto dal decano dei corrispondenti, Ugo Stille (di lì a breve sarebbe diventato il direttore) il cui titolo era “Perchè Reagan non ha alcuna possibilità di vincere”. Anche Lucio Manisco su Il Messaggero scriveva le stesse cose, e Sergio Segre su l’Unità e tutti gli altri: descrivevano un’America che da anni non esisteva più. In questi giorni si è poco parlato dell’articolo di Michael Moore (che è anche poco girato in rete) e degli interventi delle femministe post-moderne statunitensi capeggiate dalla grande intellettuale Camille Paglia, con il suo “too easy darling” (trad. “troppo facile, tesoro mio”) nel quale attaccava Hillary sostenendo che era un pessimo esempio per le femministe essendosi rifiutata di usare il suo cognome perchè mi è utile usare il cognome di mio marito. “Un’immagine obsoleta della donna, falsa e ipocrita come lei”, ha sentenziato l’autorevole femminista. Così come sarebbe stato opportuno andare a intervistare Susan Sarandon, che ha guidato la sinistra antagonista contro Hillary. O i grandi sindacalisti dei comitati di base di fabbrica a Detroit, nel Michigan (lì ha perso le elezioni la Clinton) quelli con i quali si era incontrato e scontrato Marchionne nel 2010, i quali hanno votato per Trump. Così come ha votato per Trump la stragrande maggioranza dei giovani laici (tra i 18 e i 35 anni) in Florida e in Pennsylvania, ragazzi digitali che odiano l’ipocrisia, l’opacità, la menzogna di stato, che non leggono il New York Times e gli editoriali di quelli che in Italia definiamo radical chic, e non seguono i media mainstream perchè si affidano ad altri veicoli di comunicazione che appartengono a un altro sistema mentale: quello della percezione, dell’emotività, e della denuncia di crimini nascosti. La botta definitiva a Hillary gliel’ha data l’uragano di due mesi fa ad Haiti, quello che ha causato circa 5.000 morti e 250.000 persone senza tetto (e senza nessuna assistenza) di cui nessuno ha parlato, ma sono diventati invece argomento principe nella campgana elettorale statunitense per un particolare che giudico fondamentale: la notizia diffusa con ampia documentazione provata da Jill Stein (candidata verde sostenuta dalla Sarandon, Michael Douglas e dalle prime 200 organizzazioni ambientaliste americane) in cui si spiega che la vera ragione di quel terribile disastro non è stata Madre Natura bensì un business gestito dai Clinton. Nel 2010, infatti, quando c’era stato il devastante terremoto (il 12 Gennaio) Hillary si era precipitata nell’isola con aerei pieni di medicinali e cibo pagati dalla sua fondazione, litigando con le associazioni e con ogni altro interlocutore lì presente per dare sostegno (compreso lo scontro con Bertolaso, presente nell’isola, che quasi provocò un incidente diplomatico tra Usa e Italia) riuscendo nel suo intento, cioè assumere il totale controllo degli aiuti per la popolazione locale, gestito dalla sua fondazione benefica. Due anni dopo, la fondazione dei Clinton risultava incaricata della concessione sul demanio territoriale dell’isola che affidò alla American Mining Corporation, la più importante multinazionale del carbone. Questa azienda diede inizio alla più grande opera di deforestazione mai verificatasi nell’America Centrale. Hanno tagliato migliaia e migliaia di palme che da millenni vivevano lì, aprendo 156 nuove miniere di carbone a cielo aperto. E così, l’isola di Haiti è rimasta senza la sua più potente e poderosa barriera di difesa naturale: una selva di giganteschi alberi che fermano e dirottano i venti degli uragani che da sempre devastano la zona. Senza quella difesa, le case dei poveri sono state spazzate via. Questa piccola storiella ha avuto un effetto dirompente nell’immaginario collettivo che è montato sul passaparola della solidarietà umana (quella vera) e la gente indignata ha accusato la Clinton di ipocrisia.
Ma soprattutto il “fattore Jess Ventura”  è stato davvero fondamentale. Un nome che a molti italiani non dice niente. Si tratta di un curioso personaggio, ex attore, ex campione di wrestling, ambientalista, grande complottista, (è la persona nell’immagine in bacheca) il quale nel 1997 scende in politica con una formazione inedita “Il Partito Riformista della Nazione” vince le elezioni e diventa governatore dello stato del Minnesota. Costui diventa un’icona dell’antagonismo anti-sistema. Rimane in carica fino al 2003, attaccando il potere centrale, il capitalismo americano, l’ipocrisia moralistica americana, accusando Hillary Clinton di essere la responsabile della cancellazione dello Steagall Act rooseveltiano con il quale, Bill Clinton, nell’ottobre del 1998, grazie a un decreto presidenziale votato da tutti i repubblicani, consegnava ufficialmente e formalmente l’intera economia planetaria nelle mani della finanza speculativa gestita da Wall Street e dalla City di Londra. La sua elezione fu il grande shock della vita politica americana di quei tempi. Trovò anche uno sponsor, un imprenditore di New York che si precipitò da lui iniziando a finanziarlo per cercare di convincerlo a presentarsi alle elezioni presidenziali del 2000 contro i repubblicani e i democratici. Jess Ventura non accettò (“la politica mi disgusta, è il luogo in cui si incontra il business e la psicopatia mentale” dichiarò abbandonando l’attività pubblica). Il suo sponsor di allora era Donald Trump. Quello fu il colpo di fulmine per l’attuale presidente, e quello fu l’esempio che lui ha deciso di cominciare a perseguire, dedicando i seguenti dieci anni a coltivare le relazioni necessarie e sufficienti per poter essere sostenuti in maniera credibile. Ma Jess Ventura ha iniziato a fare scuola, diventando la prima vera grande icona del cambiamento per la generazione dei millennials, quella che esploderà con “occupywallstreet” nel 2010, dando l’accelerazione imprevista e cercata da Trump.
Il vincitore di queste elezioni è un uomo che è riuscito a sintetizzare e interpretare i malumori autentici del Paese. L’unico oppositore convincente avrebbe potuto essere Bernie Sanders, avrebbe senz’altro vinto. Ma lui era un socialista, e Obama ha compiuto il miope errore di essersi fidato di Hillary cedendo al compromesso con Wall Street che ha voluto sostenere i Clinton. Così come le multinazionali, il grande Corporate America, la spina dorsale dei cosiddetti “poteri forti”. Quest’esperienza è la prova lampante della stupidità di una locuzione come questa. Ma che razza di forza avrebbe questo fantomatico potere se non è neppure in grado di vincere una elezione presidenziale?  La realtà, infatti è molto più complessa, variegata, multi-dimensionale.
Donald Trump, forse, farà del bene all’America. Di sicuro non farà del bene all’Europa di cui, francamente Trump se ne frega.
In quanto europeo sono preoccupato. Ora avremmo  bisogno di una grande compattezza della nostra civiltà, della nostra cultura, della grandiosa eredità del nostro continente. Ma appare molto chiaro che aumenta sempre di più l’insofferenza verso un sistema politico centrale che sta dimostrando di non essere capace nè di comprendere nè di gestire questo momento. Anche perchè non esiste nessun leader politico che ha il coraggio di dire la nuda verità: questa crisi non è superabile, perchè la realtà ha prodotto un inatteso boomerang: il capitalismo è finito, non è più in grado e non sarà mai più in grado di produrre benessere. O si va oltre questo paradigma oppure inevitabilmente finiranno per esplodere guerre civili dovunque e comunque.
Siamo già nel post-Maya.
Donald Trump è il primo presidente di questa fase.
Non sappiamo ancora come interpreterà questo ruolo.
Ma una cosa è certa: così come Ronald Regan ha condotto il mondo verso la fine e il crollo del comunismo senza passare per la guerra nucleare, è probabile che Donald Trump ci condurrà, paradossalmente (da miliardario arrogante) verso la fine del capitalismo, evitando una guerra globale.
Speriamo.
Nel frattempo, le borse crollano? Macchè. Volano tutte al rialzo. Come mai?
Perchè Donald Trump è il vero potere forte, questa è la chiave.
Il potere forte è soltanto quello che vince. Per questo è forte. Perchè vince.

mercoledì 3 agosto 2016

La NSA ha tutte le email “cancellate” di Clinton. - Alex Christoforou, The Duran 1/8/2016

Quante volte ti ho detto che ci serve un armadio più grande!?
Per l’ultima volta, ci serve un armadio più grande!

Un ex-agente della NSA dice che la DNC non è stata piratata dalla Russia, ma dai servizi segreti degli Stati Uniti.

Sul programma radio di Aaron Klein, “Aaron Klein Investigative Radio“, l’informatore del governo USA William Binney ha affrontato il caso delle email piratate affermando che il server del Comitato Nazionale Democratico non è stato violato dalla Russia, ma da un agente scontento dell’intelligence degli Stati Uniti. La motivazione… la preoccupazione per il disprezzo di Hillary Clinton verso i segreti della sicurezza nazionale quando usò le email personali e per aver sempre mentito su ciò. Binney ha appena iniziato a fare rivelazioni e siamo sicuri che alcun sito dei media principali avrà il coraggio di riferirne. “Putin l’ha fatto” è la favola a cui le pecore devono credere facilmente. Binney ha anche detto che la NSA ha tutte le email cancellate di Clinton, e l’FBI potrebbe ottenerle, se volesse. Non c’è bisogno che Trump lo chieda ai russi, può semplicemente rivolgersi ai più vicini FBI e NSA.

Breitbart continua
Binney si riferisce a una testimonianza alla Commissione Giustizia del Senato del marzo 2011 dell’allora direttore dell’FBI Robert S. Mueller, in cui parlò della capacità dell’FBI di accedere alle varie banche dati segrete “per rintracciare i terroristi noti e sospetti”. Dice Binney: “Ora quello di cui (Mueller) parlava del database nel NSA, come mostrato chiaramente dal materiale diffuso da (Edward) Snowden, indica l’accesso diretto al database della NSA di FBI e CIA, e senza alcuna supervisione. Quindi, ciò significa che NSA e numerose agenzie del governo degli Stati Uniti hanno anch’esse queste e-mail”. “Se l’FBI davvero le volesse andrebbe in tale banca dati e le avrebbe subito“, dichiarava sulle e-mail di Clinton e della DNC. 

All’improvvisa domanda se credeva che la NSA abbia le copie di “tutte” le e-mail di Clinton, tra cui la corrispondenza eliminata, Binney ha risposto in senso affermativo. “Sì” ha risposto. “Questo sarebbe il mio punto. Le hanno tutte e l’FBI può averle proprio da lì“. 
Binney ipotizzava che il pirataggio della DNC sarebbe stato coordinato da qualcuno della comunità d’intelligence statunitense arrabbiato per la compromissione della Clinton dei dati della sicurezza nazionale con l’uso personale delle e-mail. Altro punto è che Hillary, secondo un articolo dell’Observer di marzo, ha un problema con la NSA perché ne ha compromesso il materiale Gamma, il materiale più sensibile della SNC. E così numerosi funzionari della NSA si lamentano con la stampa o con coloro che hanno scritto articoli che l’accusano. Prese il materiale per i messaggi di posta elettronica direttamente dai rapporti Gamma. Ciò compromette direttamente il materiale più sensibile del SNC. Quindi è un vero problema, vi sono molte persone afflitte da ciò che ha fatto in passato. Quindi non necessariamente vanno visti i russi quali i soli ad aver ottenuto tali e-mail.
L’Observer così ha definito la classificazione Gamma: “il compartimento Gamma è un utile trucco della NSA usato verso le informazioni estremamente sensibili (ad esempio, conversazioni decifrate tra governi esteri, come in questo caso)”. Zerohedge ha alcuni retroscena su Binney, il più serio analista della sicurezza che si possa incontrare. “Più di un anno prima che Edward Snowden scioccasse il mondo nell’estate 2013 con rivelazioni che hanno cambiato la politica estera e nazionale degli Stati Uniti, soprattutto illuminando ciò che la NSA fa veramente ogni giorno, un ex-membro dello staff della NSA, e ormai noto informatore, William Binney, diede dei dettagli alla rivista Wired su tutto ciò che Snowden avrebbe comprovato l’estate successiva. Lo notammo in un post del 2012 dal titolo “Siamo vicini allo Stato totalitario chiavi in mano – il Grande Fratello entra nel vivo nel settembre 2013“. Non sorprende che Binney ebbe scarsa attenzione nel 2012, i suoi suggerimenti furono visti assurdi e ridicolmente cospiratori. Solo dopo fu evidente che aveva ragione. Ancora più importante, dopo le rivelazioni di Snowden, ciò che dice Binney diventa vangelo. Binney fu un architetto del programma di sorveglianza della NSA. E’ un noto informatore da quando si dimise il 31 ottobre 2001 dopo aver trascorso più di 30 anni nell’agenzia. Indica la testimonianza alla Commissione Giustizia del Senato del marzo 2011 dell’allora direttore dell’FBI Robert S. Mueller, in cui parlò della capacità dell’FBI di accedere alle varie banche dati segrete “per rintracciare i terroristi noti e sospetti”.

13661884
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


https://aurorasito.wordpress.com/2016/08/02/lnsa-ha-tutte-le-email-cancellate-di-clinton/