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domenica 28 aprile 2024

Wormhole e viaggio nel tempo.

Un wormhole potrebbe essere il trucco che l’universo mette a disposizione per viaggiare nel tempo. Cos’è, però, unn wormhole? E come potrebbe aiutarci a viaggiare nel tempo?

Andiamo con ordine.

Cos’è il tempo?

La più antica concezione del tempo che ci ha tramandato la filosofia è quella dei greci che ne avevano un concetto ciclico che vedeva gli eventi ripetersi indefinitamente.

Sant’Agostino, che dal tempo era ossessionato, scrisse di sapere bene che cosa fosse, ma di non essere in grado di spiegarlo se qualcuno glielo chiedeva.

Il fisico Richard Feynman amava dire che il tempo è ciò che accade quando non accade nient’altro.

Nonostante gli sforzi compiuti da molti altri scienziati, il tempo resta una variabile sfuggente. Tuttavia, grazie ad Albert Einstein e alla sua teoria della Relatività, abbiamo una nuova visione del tempo, non più unico e immutabile ma legato indissolubilmente allo spazio in una struttura influenzata dalla gravità che egli definì “spaziotempo”.

Molti si chiedono se sia possibile viaggiare nel tempo in modo diverso dal viaggio che ognuno di noi compie quotidianamente, dal passato verso il futuro. È possibile viaggiare a ritroso nel tempo per giungere in epoche passate?

Il viaggio nel tempo verso il passato difficilmente potrebbe essere affrontato. Pur non essendo nota una sola legge della fisica che lo proibisca assolutamente, non riusciamo a trovare un meccanismo che renda possibile farlo, e se potessimo farlo, la possibilità aprirebbe una serie di paradossi.

Tuttavia, in linea teorica il viaggio potrebbe essere compiuto, dovremmo solo trovare un wormhole.

Un wormhole per muoversi nel tempo e nello spazio.

La possibile esistenza dei wormholes fu teorizzata per la prima volta nel 1916, anche se allora venivano chiamati in un altro modo. Mentre esaminava la soluzione di un altro fisico alle equazioni nella teoria della relatività generale di Albert Einstein, il fisico austriaco Ludwig Flamm capì che era possibile un’altra soluzione.

Descrisse un “buco bianco“, un’inversione temporale teorica di un buco nero. Gli ingressi a entrambi potrebbero essere collegati da un condotto spazio-temporale.

wormhole

Nel 1935, Einstein e il fisico Nathan Rosen usarono la teoria della relatività generale per elaborare l’idea di Flamm, proponendo l’esistenza di “ponti” attraverso lo spazio-tempo.

Questi ponti collegherebbero due punti diversi nello spazio-tempo, teoricamente creando una scorciatoia che potrebbe ridurre il tempo e la distanza del viaggio. Queste scorciatoie furono chiamate ponti di Einstein-Rosen, o wormhole.

I wormhole, ammesso esistano, sarebbero quindi scorciatoie nello spazio, tunnel che collegano due parti distanti dell’universo attraverso un percorso molto breve. Se fossimo in grado di realizzare un tunnel simile potremo percorrere distanze immense in brevissimo tempo.

Per sfruttare queste scorciatoie, innanzitutto dovremmo in qualche modo agganciare un’estremità del nostro wormhole e portarlo a una velocità prossima a quella della luce. Sappiamo dalla teoria della relatività speciale di Einstein che, a velocità prossime a quella della luce, gli orologi in movimento battono il tempo più lentamente e che gli oggetti sperimentano lo scorrere del tempo in maniera diversa rispetto a quelli che si muovono più lentamente.

Allo stesso modo se portassimo una delle estremità del nostro tunnel a velocità vicine a quella della luce un eventuale orologio in esso non batterebbe il tempo allo stesso modo dell’altra estremità.

Ora dovremo portare l’estremità “accelerata” in prossimità dell’estremità opposta, esse non saranno più sincronizzate sullo stesso tempo, un’imboccatura del tunnel si troverà nel passato rispetto all’altra.

Percorrendo il tunnel dall’estremità del presente si sbucherà dalla parte del tunnel che batte il tempo più lentamente, nel passato, arrivando prima di essere partiti.

Questo modo apparentemente semplice di ingannare le leggi della natura sulle restrizioni imposte dai viaggi temporali, sembra non essere apprezzato dalla natura stessa che pare non amare nemmeno i wormhole.

Wormhole e materia esotica.

Uno dei problemi riguarda la dimensione di questi passaggi. La loro esistenza è prevista fin dalle prime fasi dell’espansione dell’universo, ma a livelli microscopici, circa 10–33 centimetri. Si ritiene, però, che alcuni di questi wormholes si siano espansi diventando molto più grandi.

Un altro problema nasce dalla loro stabilità.

I wormholes di Einstein-Rosen sarebbero inutili per viaggiare perché collassano rapidamente. Tuttavia c’è una speranza, ricerche più recenti hanno scoperto che un wormhole contenente materia “esotica” potrebbe rimanere aperto e immutabile per lunghi periodi di tempo e quindi utilizzabile.

La materia esotica, che non dobbiamo confondere con la materia oscura o con l’antimateria, conterrebbe una densità di energia negativa e una grande pressione negativa. Se un wormhole contenesse una sufficiente quantità di materia esotica, sia naturale che aggiunta artificialmente, potrebbe teoricamente essere usato per inviare viaggiatori attraverso di esso.

I wormholes, oltre a farci ipoteticamente viaggiare indietro nel tempo, potrebbero collegare due regioni separate all’interno dell’universo, oppure teoricamente potrebbero collegare due diversi universi.

Sarebbe sufficiente la materia esotica per stabilizzare il passaggio?

Alcuni ritengono di no, anche solo la presenza di un viaggiatore all’imboccatura del tunnel, fatto quindi di normale materia, lo destabilizzerebbe causandone il collasso. Oggi non abbiamo le capacità per creare un simile passaggio, non sappiamo nemmeno se esiste davvero né come produrre la materia esotica, in pratica possiamo solo ipotizzare questo tipo di passaggio con la speranza che in futuro la nostra tecnologia sarà cosi progredita da realizzarli.

https://reccom.org/wormhole-e-viaggio-nel-tempo/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR3MbquhpMXEpN2KUz-k5cJZpaUaYqFYzc-G-L_AMB2EW7hxCvjAh6aVp5Y_aem_ASSOP64i6ByU9CVguoouwskPpySfY_YVNwI0dTGmrvX8ivi0mqf4HtmPEqx75UB8mNAeJlAdwKQKafhZL_a5Zu3O

giovedì 4 novembre 2021

Renzi e il volo a scrocco per gli Usa (poi pagato da Open): “Devo votare contro quelle m…e di grillini”. - Valeria Pacelli

 

LE CARTE - Nei nuovi atti i messaggi dell’ex premier. Il viaggio da Clinton a spese della “fondazione culturale”. La caccia al “passaggio”: “Chiedere a Kerry?. No, sembriamo dei morti di fame”. Il preventivo per il Falcon: 130mila euro. Bianchi: “Matteo ha perso la testa”. E Lotti: “Non ho parole…”

Il 5 giugno 2018 è una giornata piena di impegni per Matteo Renzi. Uno fondamentale. Votare contro la fiducia al Conte-1 e poi volare a Washington dove è stato invitato per la cerimonia del 50esimo anniversario della morte di Bob Kennedy. Il leader di Italia Viva vuole partire dopo il voto. Ha bisogno di un volo e ne parla con l’imprenditore Vincenzo Manes. Sono le 11:09 del 3 giugno 2018. Scrive Renzi: “Mi ha invitato Bill Clinton mercoledì mattina ad Arlington per la cerimonia di Bob Kennedy, 50 anni dopo. Lui farà un discorso ufficiale. A me hanno chiesto di leggere discorso sul Pil. Una roba da seghe. Devo però votare contro i grillini martedì alle 17. Rischio di non avere voli. C’è qualche tuo amico riccone che viaggia dopo le 18 verso Washington? O hai contratti per prendere un aereo a poco? È una figata storica quella di parlare ad Arlington ricordando Bob Kennedy, ma non posso evitare di votare la sfiducia a queste merde. Conosci qualcuno?”. Il messaggio è allegato alle carte dell’indagine della Procura di Firenze sulla Fondazione Open, l’inchiesta chiusa da poche settimane e che vede indagati tra gli altri, con l’accusa di concorso in finanziamento illecito, l’ex premier, gli ex ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi e l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Fondazione. I pm – che ritengono la Open un’articolazione politico-organizzativa della corrente renziana del Pd – hanno depositato migliaia di atti.

Il senatore “non chiedere, sembriamo dei morti di fame”

Tra questi c’è lo scambio di messaggi Whatsapp tra Vincenzo Manes (imprenditore mai indagato nell’inchiesta fiorentina, in passato tra i finanziatori della Fondazione) e Renzi. Il 3 giugno 2018, Renzi dice di essere stato invitato negli Usa e chiede a Manes se conosce qualcuno “che viaggia dopo le 18 verso Washington”.

Dopo il messaggio di Renzi ecco lo scambio con Manes:

Manes (M): Aereo da Roma a Washington che parta martedì sera?

Renzi (R): Yes. O perché qualcuno deve essere ripreso in Usa e quindi aereo deve comunque viaggiare. Altrimenti costa troppo.

M: Hai chiesto a Diego?

R: È in Cina.

M: Oppure guarda se c’è connection da Londra. Cioè parti privato da Roma x Londra e prendi aereo x Washington che parte tardi. Adesso mi informo.

R: Ultimo volo troppo tardi.

M: Troppo tardi nel senso che arriva troppo tardi??

R: Ya.

M: Chiedi al Panerai se sanno di Ge!! Ma non ti portano secondo me. Marchionne?

R: Ora mi informo.

M: Privato costa 100mila.

R: 100mila è troppo anche per Bobby Kennedy.

M: Chiedo a Kerry se sa di qualcuno.

R: No, lascia stare. Sembriamo morti di fame.

I messaggi proseguono sullo stesso argomento. Poi il 4 giugno Renzi comunica a Manes che il volo lo prenderà la Fondazione Open: “Stiamo prendendo un volo privato come fondazione. Non abbiamo alternative, temo. Speriamo di poter partire da Parigi o Londra in serata. Oppure voliamo diretti su Washington”.

Secondo la Guardia di Finanza, questo scambio di messaggi “evidenzia la posizione di preminenza del sen. Renzi rispetto agli impegni economici della Fondazione stessa”. In base a quanto ricostruito dalla Gdf, inoltre, dall’analisi della documentazione della Open emerge un contratto di noleggio tra la Fondazione e la società Leader Srl per un “Jet bi-reattore tipo Dessault Falcon 900 – configurazione 12 posti pax” “al costo complessivo di 134.900, per la tratta Ciampino/Washington con andata 5 giugno e ritorno 6 giugno 2018”.

Chi paga, dunque, è la Open, che – secondo quanto ricostruito dalla Finanza – in quel momento “non disponeva della somma, ovvero della ‘copertura’ necessaria a far fronte all’impegno economico assunto, come emerge dal saldo del conto corrente (…) che ammontava a 6.511,87 euro”.

Alberto Bianchi “134.900? Matteo ha perso la testa?”

Del volo per Washington parlano anche Alberto Bianchi e Luca Lotti. Ecco lo scambio di messaggi Whatsapp del 5 giugno 2018.

Bianchi (B): 134.900???! Ma ha perso la testa?

Lotti (L): Non ho parole. Io gli ho detto che senza copertura non si può.

B: È il minimo.

L: Eyu quanto mette?

B: Senti Ele. Ma non mi pare bastino.

La Finanza ha poi analizzato i contributi incassati da Open. Dall’analisi della documentazione contabile emerge che il 6 giugno 2018 “viene accreditato sul conto corrente della Fondazione il ‘contributo volontario’ di 20 mila euro proveniente dalla Fondazione Eyu”, “ente – la descrivono gli investigatori – di diretta emanazione del Pd”. La Tci Telecomunicazioni Italia srl “da ricondurre all’onorevole Gianfranco Librandi (onorevole di Italia Viva, non indagato, ndr), ha erogato 100mila euro a favore della Fondazione tramite due bonifici di 50mila euro cadauno, effettuati il 4 e l’11 luglio 2018”. Sono contributi che secondo la Guardia di Finanza “appaiono funzionali alla ‘copertura’ dei costi del noleggio dell’aeromobile con cui Renzi si è recato a Washington”. E aggiungono: “In tal senso si evidenzia la circostanza i bonifici sono pervenuti alla Open prima dell’emissione della fattura Leader srl n. 206 del 16 luglio 2018”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/04/renzi-e-il-volo-per-gli-usa-ce-un-riccone-che-parte/6378895/

domenica 31 gennaio 2021

Matteo D’Arabia, le 10 cose che non tornano. - Salvatore Cannavò

 

Senza vergogna - L’ex sindaco di Firenze getta fumo sulla vicenda saudita, ma i punti controversi sono tantissimi: i diritti umani, la guerra, il caso Khashoggi, la stampa complice.

I giornali che lo criticano lo farebbero per creare un “diversivo”. Così Matteo Renzi ha commentato le polemiche – poche per la verità – seguite al suo viaggio saudita per partecipare alla Future Investment Initiative. “Prendo l’impegno a discutere con tutti i giornalisti dei miei incarichi internazionali, delle mie idee sull’Arabia saudita, di tutto”, ha dichiarato Renzi. Ma non ora, perché c’è la crisi di governo da risolvere.

E allora proviamo a riassumere quello che di questa vicenda dovrebbe far vergognare e a porre alcune domande.

1. Il diversivo. Matteo Renzi non ha avuto remore a recarsi a Riyad per la conferenza della Fii, istituto finanziato dal governo saudita, nel bel mezzo di una crisi provocata da lui. Per tornare ha utilizzato il beneficio di un volo privato garantito dal Fii stesso. Aveva avvertito il presidente Sergio Mattarella che in quei giorni così intensi si sarebbe assentato?

2. Condotta immorale. Nel Parlamento europeo esiste un Codice di condotta in base al quale, assicurano autorevoli esponenti di Strasburgo, una situazione come quella renziana sarebbe stata censurata. Renzi si è fatto pagare, nel pieno di un mandato parlamentare, da una istituzione che dipende da uno Stato straniero. Possibile che un politico che ama “il coraggio e la nobiltà d’animo” non sappia definire un proprio, accettabile, codice di condotta?

3. I diritti di Amnesty. L’elencazione delle violazioni dei diritti umani da parte saudita, stilato da Amnesty è esplicito. Ieri, sul manifesto, il portavoce italiano, Riccardo Noury, citava tra i casi più eclatanti quello di Raif Badawi, blogger, fondatore di Liberali sauditi: “Viene fatto scendere da un pulmino, in catene. La piazza di fronte alla moschea di Gedda è piena di gente. Arriva il funzionario addetto all’esecuzione delle pene e lì, al centro della piazza, inizia ad agitare la frusta. Una, due, dieci, 50 volte. Dopo 15 minuti, lo ‘spettacolo’ è terminato. Il pulmino riparte”. Che ne pensa Renzi?

4. Khashoggi e la Supercoppa. Il caso più agghiacciante è ovviamente quello del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso, seviziato “smembrato con una sega”, dopo essere entrato nel consolato saudita a Istanbul. Bin Salman, indicato come il mandante dell’omicidio, non ha mai risposto di nulla e Agnes Callamard, responsabile Onu per le esecuzioni extragiudiziali, ha definito il processo allestito dai sauditi come privo di “legittimità legale o morale”. Il 26 ottobre 2018, il deputato Luciano Nobili, che di Italia Viva sembra guidare il servizio d’ordine, dichiarava su Twitter: “Dopo la morte di Khashoggi la comunità internazionale non può restare indifferente. La Supercoppa non può giocarsi in Arabia Saudita”. La Supercoppa no, la conferenza sì?

5. Scusi, dov’è lo Yemen? Tra i crimini sauditi riconosciuti internazionalmente ci sono i centomila morti nello Yemen, gettato in una guerra interna ormai decennale e in cui Riyad ha giocato sporco anche grazie alle bombe occidentali. Tra cui quelle prodotte in Italia e approvate, guarda caso, proprio dal governo Renzi. Ora, finalmente, il governo ha bloccato l’export di quelle bombe, applicando la legge 185 e in virtù di una risoluzione firmata sia dal M5S che dal Pd. Quanti morti servono per non parlare con un regime?

6. Se mi fossi ritirato. Nel colloquio-intervista con Bin Salman, Renzi si è presentato “soprattutto come ex sindaco di Firenze”. In realtà, è soprattutto un senatore in carica, membro della Commissione Difesa. L’Arabia Saudita è tra i Paesi al mondo che più spendono in armamenti. Possibile che non si colga il tema del conflitto di interessi? Inutile ricorrere a casi come quello di Gerhard Schröder, Tony Blair o Bill Clinton, tutti impegnati in iniziative “private”, ma dopo aver dismesso qualsiasi incarico pubblico. Renzi lo avrebbe potuto fare se avesse dato seguito a quanto dichiarato in occasione del Referendum 2016, ma la politica non l’ha lasciata.

7. La quarantena dei furbi. Grazie alla carica di senatore, Renzi non ha dovuto sottoporsi alla quarantena per coloro che rientrano dagli Stati contenuti nell’elenco E del Dpcm 14 gennaio. Sulla base di quell’elenco, “gli agenti diplomatici” sono esentati dall’obbligo di quarantena e, secondo quanto confermato dall’Ufficio questori del Senato, i senatori vengono coperti dalla norma. Che, però, non dovrebbe riguardare chi viaggia per interessi personali soprattutto se retribuiti. Abbiamo anche i “furbetti della quarantena”?

8. Rinascimento medievale. Renzi ha dato prova di un nitido provincialismo rivolgendosi “al grande principe” con il sorriso emozionato dello scolaretto di fronte al maestro. La gag del Rinascimento l’aveva già usata più volte, ma in questo caso sembra davvero imbarazzante. Per quanto si voglia giocare a paragonare i “prìncipi” del Cinquecento a quelli che governano nel Golfo Persico, di mezzo c’è la Storia. Il Rinascimento è un simbolo dell’Italia chiamato in causa per definire una fase di progresso culturale. In Arabia Saudita si è data la possibilità alle donne di guidare solo nel 2018 e di entrare in uno stadio nel 2019. Più che Rinascimento siamo in pieno Medioevo (con tante scuse al Medioevo).

9. Un Jobs act saudita. “Sono geloso del costo del lavoro a Riyad” ha detto Renzi a Bin Salman. Geloso: perché sono alti o perché sono bassi? Perché i salari sauditi sono piuttosto buoni per i sauditi doc, ma il sistema si regge su 11 milioni di lavoratori migranti sottoposti a un regime semi-schiavistico. Con un ruolo assolutistico delle imprese (che possono anche ridurre unilateralmente i salari). Pensava a questo sistema quando ideava il Jobs act?

10. Il silenzio della stampa. A differenza di altri casi, Matteo Renzi ha goduto della sostanziale impunità dal resto delle forze politiche. Ma ancora di più dalla stampa. Tranne Domani che ha dato la notizia, il manifesto, la Verità e, ovviamente, il Fatto la vicenda non ha avuto il risalto che merita sul resto della stampa nazionale né nei telegiornali.

Sui social network, il cinguettio quotidiano di giornalisti, molto noti, molto liberali e molto antipopulisti, è stato attento nell’accusare, limitandosi ad alzare il sopracciglio. Quella politica giova alla politica? E questo tipo di giornalismo giova al giornalismo?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/31/matteo-darabia-le-10-cose-che-non-tornano/6084667/

giovedì 15 dicembre 2016

Alessandra Moretti (Pd): "Sono malata, non lavorerò". Invece è a una festa di matrimonio in India. - Ferruccio Sansa

Alessandra Moretti (Pd) con la febbre, niente Consiglio regionale. “E invece era in India”

Veneto - Miracolo della Moretti: s’era data indisposta al consiglio regionale, poi le foto su Instagram.

Malata di viaggio”. Quando i consiglieri regionali veneti del Pd hanno visto la dichiarazione della loro capogruppo, Alessandra Moretti, hanno fatto un salto sulla sedia: “Viaggio? Noi la immaginavamo a letto con il termometro. Invece era in India”. I compagni non l’hanno presa bene: “Noi in consiglio e la capogruppo in India…”.
Una manciata di giorni fa la chat dei consiglieri Pd veneti annuncia la convocazione per l’assemblea: “Moretti ha mandato un messaggio: sono malata. Stop. Mica sapevamo che era all’estero. Mentre c’era la sessione di bilancio”. Ma poi la notizia salta fuori. Galeotto un messaggio sul social network Instagram postato dalla stessa Moretti: “C’erano foto di Alessandra… in India, così l’abbiamo chiamata e il telefono suonava strano”, raccontano in Regione.
Una trasferta segreta? Macché: “Un viaggio che apre gli occhi sul mondo”, scrive Moretti sul social. E anche con il cronista la prende con un’ironia condita dall’accento vicentino più forte dopo il ritorno nel suo Veneto: “Sono contenta che vi preoccupiate tanto per la mia salute”, esordisce Moretti, che dopo aver abbandonato il Parlamento italiano per quello europeo, si era candidata alla presidenza del Veneto (sconfitta da Luca Zaia). “Potete stare tranquilli, sto meglio”, sorride Moretti. Si vede dalle foto, eccola in mezzo alla folla colorata davanti a un tempio: “Guardi che sono stata ammalata davvero… quelle cose che vengono in India, ce la siamo presa tutti”, si fa seria. Ma i suoi colleghi dicono che non sapevano del suo viaggio… “Macché, la mia segreteria sapeva. Sono venuta qui con mio padre per un matrimonio, una festa di quattro giorni”.
Una vera e propria spedizione istituzionale, riferisce il Giornale di Vicenza: oltre a Moretti era presente anche l’assessore alla Sicurezza del Comune di Vicenza, Dario Rotondi. Tutti a festeggiare il matrimonio di Jorge Sharma, imprenditore orafo con base a Vicenza. Ma quell’assenza dalla politica? “Questa in India è un’esperienza pazzesca. Dovrebbero farla tutti i politici. Dovreste vedere quanta povertà, quanta sofferenza. Non ce ne rendiamo conto”.
Moretti colpita dal mal d’India? I colleghi del gruppo Pd in Regione non ci credono molto: “Se è per questo, era già stata a Miami. E poi Moretti ha il record delle assenze (27,78%) in Consiglio, seconda solo a Zaia”. Non tira proprio una bella aria nel Pd regionale: “Preferisco fare l’indiano”, evita ogni commento un collega sui banchi dell’opposizione. E un altro ancora: “Che figura ci fa il Pd? Come facciamo a dire che il nostro capogruppo è in India? Era assente anche quando si parlava di Sanità”.
Moretti non si scompone: “Stiamo facendo un gran lavoro. È dura, ma diamo battaglia”. L’India? “Vale più una settimana qui che un anno a Palazzo”.