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venerdì 29 marzo 2019

Sanità, Censis-Rbm: “L’anno scorso 12,2 milioni di italiani non si sono curati per motivi economici”. - Chiara Daina

Sanità, Censis-Rbm: “L’anno scorso 12,2 milioni di italiani non si sono curati per motivi economici”

Il risultato, secondo il Rapporto Censis-Rbm, è che la spesa sanitaria privata è lievitata a 35,2 miliardi di euro, con un aumento del 4,2 per cento in tre anni (2013-2016).

Nel 2016 12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato le cure sanitarie per motivi economici. Una fetta di emarginati che è notevolmente cresciuta rispetto al 2015 (più 1,2 milioni). E’ quanto emerge dal Rapporto Censis-Rbm. Considerando anche i cittadini che hanno avuto difficoltà economiche e si sono impoveriti per sostenere di tasca propria le spese mediche (intramoenia o in strutture private), la cifra sale a 13 milioni. Di questi, 7,8 milioni sono stati costretti ad attingere ai risparmi di una vita o addirittura a indebitarsi con parenti e amici, fino ad aprire un mutuo in banca. E 1,8 milioni sono precipitati nella fascia di povertà.
Il risultato, si legge nel Rapporto, è che la spesa sanitaria privata è lievitata a 35,2 miliardi di euro, con un aumento del 4,2 per cento in tre anni (2013-2016). In assoluto, secondo il sondaggio Rbm, l’impegno più oneroso è per le visite specialistiche (74,7 per cento), seguito dall’acquisto dei farmaci o dal pagamento del ticket (53,2), dagli accertamenti diagnostici (41,1), prestazioni odontoiatriche (40,2), analisi del sangue (31), lenti e occhiali da vista (26,6), riabilitazione (14,2), protesi, tutori e ausili vari (8,9) e spese di assistenza sociosanitaria.
Il motivo principale per cui si ricorre sempre più spesso al privato sono le liste di attesa troppo lunghe nel pubblico. Queste in parte dipendono dal sott’organico cronico di personale e dall’impatto dell’invecchiamento della popolazione sull’organizzazione socio-sanitaria. Con evidenti disomogeneità locali. Qualche esempio: “Per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno l’attesa arriva a 142 giorni. Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni (più 6 giorni rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono 109. Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni (6 giorni in più), ma al Sud ne sono necessari 111. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (più 8 giorni), ma l’attesa sale a 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (nel 2014 erano otto in meno), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (18 giorni in più), con un picco di 77 giorni al Sud”.
La spending review in sanità, si ricorda nel Rapporto che cita la Corte dei Conti, ha fatto ridurre la spesa sanitaria pubblica pro-capite dell’1,1 per cento l’anno in termini reali dal 2009 al 2015. Diversamente da quanto è accaduto nello stesso periodo in Francia, dove è cresciuta dello 0,8 per cento l’anno, e in Germania (più 2 per cento annuo). La differenza è lampante anche se si osserva l’incidenza della spesa sanitaria rispetto al Pil: il 6,8 per cento da noi, l’8,6 in Francia e il 9,4 in Germania.

mercoledì 28 settembre 2016

Ticket sanitari, in arrivo altre spese: 24 prestazioni non saranno più gratuite.

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Una media di circa 4 miliardi di euro l’anno. Tanto pesa sul bilancio delle famiglie italiane la spesa per i ticket sanitari (3 miliardi) e le visite fatte in extramoenia (1 miliardo), ovvero nell’ambito dell’attività libero-professionale dei medici negli ospedali.

Una situazione già «pesante», che «si aggraverà a seguito degli ulteriori ticket previsti con i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), con i quali alcune prestazioni chirurgiche prima gratuite diverranno a pagamento». Ad affermarlo è Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato (Tdm), che avverte come ad essere «maggiormente colpite dalla misura saranno proprio le fasce più deboli, a partire dagli anziani».

«Si tratta di un’ulteriore “batosta” – afferma il coordinatore nazionale del Tdm, Tonino Aceti, commentando i dati sull’introduzione di nuovi ticket segnalati dalla Cgil – a discapito soprattutto di fasce più svantaggiate ». I nuovi Lea – ovvero le cure e prestazioni garantite dal Servizio sanitario ai cittadini, gratuitamente o col pagamento del ticket – prevedono infatti che «alcune prestazioni chirurgiche prima gratuite ora diventino a pagamento, passando dal regime di Day Surgery a quello ambulatoriale, come ad esempio l’intervento per la cataratta: già oggi le liste di attesa per questo tipo di intervento sono di circa 10 mesi – afferma Aceti – ma ora che l’intervento non sarà più gratuito è ovvio che molti cittadini preferiranno rivolgersi al privato».

Sono prestazioni chirurgiche che vanno dalla cataratta al tunnel carpale, dall’ernia al dito a martello, ed includono pure l’impianto e la ricostruzione del cristallino, interventi di artroscopia ed artroplastica. Si tratta, in tutto, di 24 prestazioni.
Inoltre, Aceti avverte: «Va detto che molte regioni hanno già fatto sapere di essere in difficoltà, dal momento che non hanno una rete ambulatoriale adatta a farsi carico di tali prestazioni». Insomma, «una cattiva notizia, considerando che già attualmente, secondo le segnalazione che giungono al Tdm – sottolinea – proprio il peso economico dei ticket rappresenta la seconda causa, dopo le liste di attesa, per il mancato accesso alle prestazioni del Servizio sanitario». Senza contare, aggiunge, che «in vari casi il costo del ticket è più alto del costo per la stessa prestazione nel privato. Così si ammazza il Servizio pubblico». Il fatto, rileva Aceti, «è che in un momento in cui dovremmo ridurre il peso sulle famiglia, al contrario, lo si aggrava».
Da qui la richiesta del Tdm di una riforma del sistema dei ticket che preveda «l’abolizione del super-ticket da 10 euro a ricetta, la progressiva compartecipazione alla spesa in base al reddito ma a patto che il costo nel pubblico resti minore che nel privato ed il mantenimento dell’esenzione dal ticket per malati cronici e disoccupati».

giovedì 24 luglio 2014

Ticket stellari e attese infinite, italiani in fuga dal Ssn: spesi oltre 30 mld in sanità privata.


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(Adnkronos Salute) - Italiani in fuga dal Servizio sanitario nazionale. Ticket stellari e tempi di attesa troppo lunghi stanno spingendo sempre più italiani - oltre 12 milioni - verso gli operatori della sanità privata. Che si leccano i baffi. Secondo le stime che emergono dal documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla sostenibilità economica del Ssn, condotta dalle commissioni Bilancio e Affari Sociali della Camera, la spesa privata ha sfondato il muro dei 30 miliardi l'anno
Per l'esattezza 30,3 mld, tra farmaceutica, assistenza e cura, diagnostica e altro, che - come si legge nel documento - costituiscono "una percentuale rilevante della spesa sanitaria complessiva". Una spesa ingente che - osservano i deputati - "pur non collocandosi su un livello non dissimile da quella di altri Paesi europei, è nel nostro Paese quasi per intero 'out of pocket', mentre altrove è in buona parte intermediata da assicurazioni e fondi". L''indagine della Camera svela anche i motivi di questa emigrazione di pazienti dal pubblico al privato: "E' stato rilevato - si legge nel documento - come l'applicazione dei ticket stia di fatto escludendo le fasce economicamente più deboli della popolazione dall'accesso alle prestazioni sanitarie, in particolare a quelle di specialistica e diagnostica".

I dati del Censis - La fotografia del Ssn che emerge dall'indagine della Camera trova conferma nei dati rilevati dal Censis. Due indizi fanno una prova. Secondo una recente ricerca dell'istituto sul ruolo della sanità integrativa, sono infatti sempre di più gli italiani che pagano di tasca propria i servizi sanitari che il pubblico non garantisce più: nel 2013 la spesa sanitaria privata è infatti aumentata del 3% rispetto al 2007. E nello stesso arco di tempo quella pubblica è rimasta quasi ferma (+0,6%). Secondo il Censis, gli italiani sono costretti a scegliere le prestazioni sanitarie da fare subito a pagamento e quelle da rinviare oppure non fare. Così, crolla il ricorso al dentista a pagamento (oltre un milione di visite in meno tra il 2005 e il 2012), ma nello stesso periodo aumentano gli italiani che pagano per intero gli esami del sangue (+74%) e gli accertamenti diagnostici (+19%). Ormai il 41,3% dei cittadini paga di tasca propria per intero le visite specialistiche. Cresce anche la spesa per i ticket, sfiorando i 3 miliardi di euro nel 2013: +10% in termini reali nel periodo 2011-2013.

Oltre 12 milioni gli italiani che ricorrono al privato - Insieme alla spesa cresce anche il numero delle persone che si rivolgono al privato. Gli ultimi dati del Censis stimano in 12,2 mln gli italiani che negli ultimi anni hanno fatto ricorso alla sanità privata, pagando le cure di tasca propria. I motivi? La ragione fondamentale è perché nel pubblico bisogna aspettare troppo tempo per accedere alle prestazioni, come dichiarato dal 61% di coloro che ricorono alla sanità privata. Altre motivazioni sono: per quasi il 33%, la possibilità di scegliere il medico di fiducia, e per il 18,2% "se paghi vieni trattato meglio", mentre il 15% fa riferimento alla indicazione di una persona di fiducia. La fuga nel privato riguarda soprattutto l'odontoiatria (90%), le visite ginecologiche (57%) e le prestazioni di riabilitazione (36%). Ma il 69% delle persone che hanno effettuato prestazioni sanitarie private reputa alto il prezzo pagato e il 73% ritiene elevato il costo dell'intramoenia.

Ticket troppo alti - Uno scenario che incide sul giudizio che gli italiani hanno del Ssn. A finire nel mirino è soprattutto il costo dei ticket. Secondo quanto rilevato dagli esperti del Censis, il 50% degli italiani ritiene che il ticket sulle prestazioni sanitarie sia una tassa iniqua, il 19,5% pensa che sia inutile e il 30% lo considera invece necessario per limitare l'acquisto di farmaci. Il 56% dei cittadini ritiene troppo alto il ticket pagato su alcune prestazioni sanitarie, mentre il 41% lo reputa giusto. Si lamentano di dover pagare ticket elevati soprattutto per le visite ortopediche (53%), l'ecografia dell'addome (52%), le visite ginecologiche (49%) e la colonscopia (45%). Molto diffusa è poi la percezione di una copertura pubblica sempre più ristretta: il 41% degli italiani dichiara che la sanità pubblica copre solo le prestazioni essenziali e tutto il resto bisogna pagarselo da soli, per il 14% la copertura pubblica è insufficiente per sé e la propria famiglia, mentre il 45% ritiene adeguata la copertura per le prestazioni di cui ha bisogno.
In questa cornice spicca il dato relativo alla sanità integrativa. Il Censis stima in 6 milioni gli italiani che hanno aderito a un fondo sanitario integrativo. Considerando anche i loro familiari, si sale a circa 11 milioni di assistiti. Pochi, rispetto a quanto si registra in altri Paesi europei. Secondo il recente rapporto 'Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali di Censis e Unipol, "l'Italia resta una delle poche economie avanzate in cui la spesa sanitaria out of pocket intermediata - vale a dire gestita attraverso assicurazioni integrative o strumenti simili - si ferma a una quota molto bassa: appena il 13,4% del totale della spesa sanitaria privata a fronte del 43% della Germania, del 65,8% della Francia, del 76,1% degli Stati Uniti".

Sempre più gettonata l'intramoenia - Ma non si registra solo il boom della spesa sanitaria privata. Sempre più italiani, infatti, fanno ricorso all'intramoenia per curarsi. Sfiniti da liste d'attesa troppo lunghe e da ticket comunque salati, sempre più connazionali, al momento di sottoporsi a una visita specialistica o a un semplice esame diagnostico, ricorrono a prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale, i quali utilizzano le strutture dell'ospedale stesso a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa. Secondo gli ultimi dati del Censis, è pari a quasi il 12% la quota di coloro che si rivolgono di più all'intramoenia: oltre il 14% nella fascia d'età tra i 30 e i 45 anni, con punte del 17% tra gli abitanti del Sud e delle isole. Analizzando l'indagine a livello territoriale, la frequenza con la quale si ricorre all'intramoenia è aumentata per il 10% nel Nord-Ovest; per il 3% nel Nord-Est; per il 12,8% in Centro; per il 17,2% nel Sud e nelle Isole.
Il ricorso all'intramoenia, più che una scelta, sembra però essere una necessità. Una costrizione. La fotografia scattata dall'ultimo Rapporto Pit-Salute di Cittadinanzattiva Tribunale diritti del malato (Tdm) sembra dire questo: oltre il 15% dei cittadini segnala infatti il "necessario ricorso all'intramoenia per potersi curare", pur percependo tale soluzione come una "vera ingiustizia". Spesso infatti, a fronte di lunghe attese per esami o visite specialistiche, vengono proposte soluzioni in intramoenia in pochissimo tempo. Ecco, due, tra le migliaia di segnalazione giunte al Tdm: "Per prenotare una risonanza magnetica presso la Asl di Civitanova - scrive un paziente - mi hanno prospettato come tempo di attesa novembre e siamo a marzo. Privatamente, pagando 139 euro, tempo di attesa massimo una settimana". E ancora: "Mia figlia ha necessità di effettuare una visita dermatologica perché la pediatra ha suggerito di far controllare un neo sospetto. Mi sono subito adoperato - scrive un papà - a prenotare la visita, ma l'attesa era di 11 mesi. Per curiosità ho provato a prenotare la visita in intramoenia presso il Cup del San Gallicano e l'operatrice mi ha risposto che, se volevo, potevano farla già in quel momento, ma il costo era di 110 euro. Non ho parole".

martedì 10 giugno 2014

Ticket sanitario al +65% in sei anni e tempi di attesa sempre più lunghi, nel Lazio si preferisce la libera professione.

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(MeridianaNotizie) Roma, 9 giugno 2014- “Non ci stupiscono affatto i dati sul caro-ticket in sanità. Nella nostra Regione la Uil Fpl ha evidenziato il costo eccessivo dei Ticket, che, tra l’altro, coinvolge solamente il 33% dei cittadini”. Lo comunica in una nota il segretario generale della Uil Fpl di Roma e Lazio Sandro Bernardini. “Per le Risonanze Magnetiche – prosegue la nota – i cui tempi di attesa per determinati esami superano i 300 giorni circa, (ad esempio quella del Cervello e del tronco Encefalico) o per le TAC, rispetto a 6 anni fa il costo del ticket è aumentato di ben 25 euro, oltre il 65% in più rispetto al costo originario. Il cittadino per questi esami deve quindi sborsare 61,15 euro che corrispondono a 36,15 € del vecchio ticket, più i 15 euro a seguito dell’introduzione del Decreto n.42 del 17 Novembre 2008 dell’allora Commissario ad Acta, più i 10 euro in più ad impegnativa previsti dal D.L. nr. 98 del 06/07/2011.

Stessa sorte – prosegue Bernardini – per le visite specialistiche, esami di laboratorio, Radiografie ed Ecografie il cui ticket è di €50,15; un aumento di 14 euro, circa il 40% in più rispetto al costo originario (4 euro di quota fissa nel 2008 + i 10 euro ad impegnativa del 2011). In questo calcolo non abbiamo aggiunto il consistente aumento del costo di tutte le prime visite con ministeriale 89.7 passate da 13,63 euro agli attuali 20,66 € (parliamo ad esempio di visita cardiologia, chirurgica, ortopedica, dermatologica, gastroenteorologica, nefrologia ecc). Per le prestazioni di Fisiokinesiterapia (Fkt) l’aumento invece è stato di 15 euro. Ma non è finita –conclude Bernardini- Il nostro sindacato ha dimostrato come negli ultimi anni i paganti il ticket si stiano sempre più spostando dal SSN alla Libera Professione che offre (molto spesso nelle stesse strutture ospedaliere) esami in pochi giorni, pagando una somma di poco superiore al Ticket stesso”.

http://www.meridiananotizie.it/2014/06/cronaca/ticket-sanitario-al-65-in-sei-anni-e-tempi-di-attesa-sempre-piu-lunghi-nel-lazio-si-preferisce-la-libera-professione/

Per un esame del sangue, ho pagato 86 € di ticket, mi è sembrato eccessivo.

sabato 31 maggio 2014

Ticket, dal 1 luglio si cambia: ATTENZIONE L’Asl avverte: “Si paga di più se non si chiama”. Ecco come fare e le nuove normative per essere esenti.

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Dal 1 luglio non vale più l'autocertificazione sulla ricetta: la fascia sarà assegnata automaticamente. Importante verificare se si è registrati chiamando l’Usl di competenza.

Cambiano le regole per il pagamento del ticket e le Usl raccomandano a tutti i cittadini di telefonare per verificare e autocertificare la fascia di reddito negli elenchi della tessera sanitaria. Il nuovo sistema dematerializzato della sanità, che introduce anche la prescrizione farmaceutica digitale, infatti, comporta nuove procedure e le Usl  spiegano tutto quello che devono sapere e fare i cittadini entro e non oltre il 30 giugno per non avere problemi legati a pagamento di ticket in base alla fascia di reddito.

COSA CAMBIA:  Attualmente il pagamento del ticket (di compartecipazione alla spesa dei farmaci e delle visite) può avvenire sia tramite attestazione della fascia di reddito da parte del medico prescrittore (che la rileva dal Sistema TS – Tessera Sanitaria), sia con autocertificazione dell’assistito al momento della prenotazione, ma dal primo luglio le cose cambieranno e la fascia di reddito di appartenenza (attribuita dal Ministero delle Finanze sulla base della dichiarazione dei redditi) comparirà in automatico sulla ricetta senza possibilità di modifica o inserimento ex-novo da parte del medico prescrittore o del farmacista.

I RISCHI: E’ importante sapere che per varie motivazioni di ordine sia fiscale che informatico, alcuni assistiti potrebbero non risultare presenti nel Sistema TS (per esempio potrebbero non essere presenti i lavoratori dipendenti che hanno solo il Cud e non hanno l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi), oppure potrebbero essere presenti con una fascia di reddito non corrispondente a quella dichiarata. Ma l’assenza dal Sistema TS dopo il 1° luglio comporterà una attribuzione automatica alla fascia più alta (con pagamento intero del ticket) e inoltre, sempre dopo il 1° luglio, l’autocertificazione della fascia di reddito da parte dell’assistito non potrà più essere fatta al medico stesso contemporaneamente alla prescrizione/ricettazione, ma potrà avvenire solo presso gli sportelli Cup, oppure on line (Pec, e-mail) o fax della azienda Usl di appartenenza, mediante la compilazione e invio di un apposito modulo regionale.

CHIAMARE SUBITO: E’ quindi importante – comunica la Usl  al quotidiano Umbria24– che i cittadini si informino subito, e comunque entro e non oltre il 30 giugno, della propria presenza nell’anagrafe del Sistema TS e nel caso di assenza o di errata attribuzione della fascia di reddito è importante autocertificarsi tempestivamente. Si possono ottenere informazioni sulla presenza o meno nel sistema TS ed eventuale supporto per l’autocertificazione chiamando l’Usl di competenza, preferibilmente nelle ore pomeridiane per abbreviare l’attesa. Informazioni dettagliate e moduli sul sito. Una volta inviata l’autocertificazione, l’Azienda Usl di appartenenza iscriverà il cittadino nel Sistema TS o ne correggerà la posizione e rilascerà il certificato relativo alla fascia di reddito dichiarata.

INFO:  Il calcolo per stabilire la fascia di reddito deve essere fatto sulla base delle informazioni che si trovano in calce al modello di autocertificazione o di autocertificazione per variazione di fascia (modello 4 e modello 5). Le informazioni nel Sistema TS relative alla fascia di reddito e all’eventuale diritto all’esenzione vengono aggiornate al 31 marzo di ogni anno, il certificato rilasciato dalle Aziende USL ai cittadini aventi diritto avrà validità dal momento del rilascio fino al 31 marzo dell’anno successivo. Non dovranno presentare l’autocertificazione gli esenti totali per reddito, né chi fa parte di un nucleo familiare con reddito complessivo superiore a 100mila euro in quanto tenuto al pagamento del ticket nella quota massima.

A CHI SI RIVOLGE A tutti gli assistiti, eccetto gli esenti per reddito*  (che hanno già fatto l’autocertificazione) e i cittadini in fascia di reddito superiore a 100mila euro.

SONO ESENTI PER REDDITO I SEGUENTI SOGGETTI:

* E01 Soggetti con meno di 6 anni o più di 65 anni con reddito familiare inferiore a euro 36.151,98.

* E02 Disoccupati – e loro familiari a carico – con reddito familiare inferiore a euro 8.263,31, incrementato a euro 11.362,05 euro in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516 euro per ogni figlio a carico.

* E03 Titolari di assegno (ex pensione) sociale e loro familiari a carico.

* E04 Titolari di pensione al minimo, con più di 60 anni – e loro familiari a carico – con reddito familiare inferiore a euro 8.263,31, incrementato a euro 11.362,05 euro in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516 euro per ogni figlio a carico.

Si riepilogano di seguito le fasce di reddito e le relative codifiche che devono comparire sulla ricetta per l’applicazione delle quote di compartecipazione:


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