martedì 17 maggio 2011

Sala vuota per Borsellino nel paese del boss.


Incontro a Castelvetrano, patria di Messina Denaro. I presidi si rifiutano di mandare gli studenti. Contestato il pentito Calcara: doveva uccidere il magistrato invece lo salvò.


di ATTILIO BOLZONIPALERMO - Parlare di mafia si può ma quando è una mafia lontana, una mafia degli altri. Perché se il boss è quello della porta accanto, è vietata anche solo la parola. Figurarsi poi se qualcuno fa nomi o addirittura cognomi. Ne sa qualcosa il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia che a Castelvetrano ieri si è ritrovato solo - insieme a un pentito - a ricordare Paolo Borsellino. Vuoto il teatro comunale, disertato soprattutto dagli studenti "comandati" dai dirigenti scolastici a restare in classe "perché i ragazzi non hanno niente da imparare da certi personaggi".
Così è nelle terre di Matteo Messina Denaro, è andata in scena una Sicilia antica che sembrava per sempre sepolta.

Niente lezione di "legalità" per gli allievi degli istituti superiori di Castelvetrano, mezzo secolo fa diventata famosa per la messinscena dell'uccisione del bandito Giuliano e oggi città che probabilmente dà ancora ricovero all'ultimo grande latitante di Cosa Nostra. Sotto il palco sette vecchietti, due ragazzi dell'Associazione antiracket che avevano organizzato l'incontro, il sindaco Gianni Pompeo e poi nessun altro ad ascoltare il procuratore Ingroia che era l'ospite, il giornalista Giacomo Di Girolamo che presentava L'Invisibile - il suo ultimo libro proprio sulla vita di Matteo Messina Denaro - e il collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara. È stato proprio il ritorno nella provincia trapanese del pentito a scatenare l'ira dei suoi concittadini.

Lui, Calcara, era quello che una ventina di anni fa avrebbe dovuto uccidere Paolo Borsellino con un fucile di precisione però poi decise di saltare il fosso e raccontare - alla vittima designata, Borsellino - i segreti delle "famiglie" di Trapani. Per la prima volta in Sicilia dopo due decenni, Calcara è stato accolto malamente. Castelvetrano ha salutato con rabbia la sua rimpatriata. "Dottore in criminologia e malaffare", gli hanno gridato.

A fine mattinata il procuratore Ingroia se n'è andato infuriato: "I presidi hanno ritenuto di non mandare gli studenti all'incontro e credo che sia una decisione incredibile. Ritengo grave e molto significativo che in un'occasione del genere, in ricordo del giudice Paolo Borsellino, nella città di Matteo Messina Denaro si avverta di più la presenza dello stesso latitante che di Paolo Borsellino. Tutto questo è assurdo".
Durante l'incontro c'è stato volantinaggio. Prima un foglio distribuito da Tonino Vaccarino, ex sindaco della città (chiamato in causa da Calcara) che è stato prosciolto dall'accusa di mafiosità e condannato per traffico di stupefacenti. Diceva il suo volantino: "Non si combatte la mafia con un falso pentito". E ha spiegato Vaccarino, che qualche tempo fa era stato pure ingaggiato dai servizi segreti per intraprendere una corrispondenza proprio con Matteo Messina Denaro: "È un'offesa per tutti far passare come docente della legalità un assassino come quello, oggi sono commosso per il rifiuto dei giovani a incontrarlo".

Poi, fuori dal teatro, è arrivato anche il volantino firmato da Francesco Fiordaliso, dirigente scolastico del liceo classico di Castelvetrano: "Penso che Vincenzo Calcara sia un personaggio che ha niente da insegnare ai nostri giovani e per questo ho rifiutato di consentire, dopo essermi consultato con i miei collaboratori, che i miei studenti - del classico, dello scientifico e del pedagogico - partecipassero all'incontro con lui". Al termine della bagarre il sindaco Pompeo ha tentato di rimediare alla brutta figura fatta dalla sua città. E ha rinvitato il procuratore Ingroia a Castelvetrano per il prossimo febbraio, un altro incontro su mafia e mafiosi. L'ultimo commento di Ingroia: "Oggi, l'unico veramente contento sarà Matteo Messina Denaro".



Tira una bella aria. - di Andrea Scanzi.



E’ tutto vero, non è uno scherzo. Politologi ed editorialisti non se lo aspettavano (per questo fanno i politologi e gli editorialisti). E’ stata la tornata elettorale più bella, stupefacente e rassicurante di tutti i 17 anni di lungo incubo berlusconiano (che non sono finiti, ma quantomeno cigolano).

E’ tutto vero, ed è bello. Formigoni che soffre, livido, all’Infedele. Porro che sparge la sua vacua saggezza dermatica da Mentana. Stracquadanio che non sa più chi insultare (nel dubbio, suggerirei se stesso). Berlusconi che non parla. Lady Blackberry Ravetto - ultima del carro – mandata a metà pomeriggio a dire che a Milano “La coalizione tiene se ndrmbltfggcmsmbr nchssnsprmssndiczzzziooooni” (“se andremo al ballottaggio come sembra anche se sono primissime indicazioni)” e poi gira stizzita il culo dritto, come in una pessima cover del Guccini migliore. La Gelmini, sexy giusto in salsa sadomaso agli Sgommati, con una camicia a righe rubata ai saldi dell’Oviesse, zimbellata e irrisa a Sky da un incazzosissimo Cacciari. Quagliariello che famirror climbing. Gasparri che fa Gasparri. La Santanchè che, tra una bandiera di Hamas e una mascella al vento, afferma con gli ultimi rigurgiti di ricino che “con Pisapia vincono Leoncavallo e droga” (e gli “spinelli”, parola già vecchia nel ’68, quando le pantere dovevano morderla nel sedere).

E’ tutto vero. Ed è bello. E qualcosa vuol dire.

1. Il Pd stupisce, signoreggia e soverchia quando non fa il Pd. Ma ovviamente non lo capiranno. Latorre Dixit: “Mi sembra chiaro che abbiamo vinto e dobbiamo continuare così” (due errori in un corpo solo: a) non hai vinto, b) continuare “così” come?). Il Pd ha rovesciato le previsioni con candidati indesiderati (Pisapia) o addirittura contrapposti (De Magistris). Se il Pd avesse fatto il Pd, la Moratti e Lettieri sarebbero già sindaci di Milano e Napoli. Si attende una dichiarazione netta di Veltroni, che esorti tutti a prendere le distanze dal giustizialismo. Ispirandosi alla Thatcher, a Cameron e magari pure a i Cugini di Campagna (per il senso di squadra e della coalizione).

2. Può anche essere che questo sia l’inizio della rinascita, ma la lentezza degli italiani resta tristemente insuperabile (e perdere al ballottaggio farebbe ancora più male, quantomeno a Milano – Napoli resta durissima comunque).

3. E’ la vittoria della cosiddetta “antipolitica”. Grillo, Idv e Sel (Pisapia). Che il centrodestra tratteggi questi trionfi come derive eversive verso la sinistra radicale, ci sta (e dona gioia: rosica per noi, Mastrolindo Sallusti). Che la sinistra riformista (ehhh?) continui a usare la parola“antipolitica”, è offensivo per ormai un elettore su dieci (in alcune realtà pure di più).

4. “Berlusconi ha perso, ma il successo di De Magistris e Grillo sposta l’asse del centrosinistra lontano dal Terzo polo che, nonostante il risultato, rimane il naturale approdo della coalizione. De Magistris non è una scelta di governo”. L’ha detto, parola più parola meno, Aldo Cazzullo ieri pomeriggio a La7. Una sintesi politica che mi ricorda, per acume, una frase qualsiasi di Massimo D’Alema.

5. Tra le istantanee della vita, rimarrà a tutti nel cuore l’attimo in cui Letizia Moratti accusa Pisapia di avere avuto amicizie terroriste e perfino una condanna. E nel momento in cui l’ha detto, palesemente “consigliata”, lei che sta alla grinta pugnace come Leonardo Manera alla comicità, abbiamo quasi tutti pensato che aveva impugnato la pistola per spararsi su un piede (poi la metafora della pistola l’ha usata Bersani, è vero, ma ogni tanto anche lui ne indovina qualcuna. Si chiama “Teoria del Caos”. Come quando Seppi azzecca uno smash su venti. Non è abilità: è culo).

6. Espugnare Milano, vorrebbe dire colpire al cuore il berlusconismo. E dai dai dai dai (cit).

7. Gli analisti che provano a spiegare l’exploit di Grillo, mi ricordano i vecchi genitori che provarono ad opporsi alla beat generation e all’avvento del rock’n'roll.

8. L’analisi “politica” secondo cui “Grillo fa il gioco della destra, senza di lui Pisapia avrebbe vinto al primo turno eccetera”, è di una miopia accecante. Oltre che vagamente fascista. Nello specifico:
a) Chi vota Grillo, non voterebbe mai Pd. Ne è lontanissimo. Al massimo, il M5S sottrae voti agli astenuti e, in minima parte, all’Italia dei Valori.
b) Se il Pd perde quando è favorito (Bresso un anno fa), non è per colpa di Grillo. E’ per colpa del Pd.
c) Votare Pd e centrosinistra non è un obbligo regio o un’imposizione divina. Un voto va meritato, non esatto (participio passato del verbo “erigere”). Altrimenti si chiama zdanovismo, stalinismo. O anche solo elucubrazione politico-pensosa di Eugenio Scalfari (e derivati).
d) Oltre al “meno peggio”, qualche volta nella vita può esistere anche il “meglio”.
e) Grillo ha sfondato – in alcuni casi clamorosamente, vedi il 10 percento a Bologna – soprattutto in quelle città dove era scontata la vittoria del centrosinistra, o comunque mancavano nomi credibili. Nelle realtà in cui l’imperativo era dare la spallata a Berlusconi ed erano presenti figure stimabili (Milano, Napoli), è andato benino ma non benissimo. Segno di un voto affatto irresponsabile e, piuttosto, ponderato.
f) Se neanche dopo questa tornata elettorale verrà compresa la portata di un movimento che in alcune realtà (placide: vedi Arezzo) è addirittura divenuto terzo partito cittadino, e tutto questo nonostante il silenzio pressoché totale dei media “canonici”, significherà che giornalismo e politica italiane sono tonte quando va bene e conniventi quando va meno bene.

9) Tuonano, i tromboni:Ha vinto il voto di protesta“. Sì, ma protestare (democraticamente) mica è un difetto. E’ farlo dopo quasi vent’anni, o non farlo, che è imperdonabile.

10) Tira una bella aria. Soprattutto quando i giornali di regime dicono il contrario. Speriamo duri.




Oggi, chissà perchè....


...mi sento così.

Come liberata da un incubo che mi ha attanagliato fino a ieri ...


Rinasce la speranza, non siamo tutti da buttare, qualcuno che ancora pensa c'è.





Arcore, Pollica, Orbetello... quando le urne diventano un caso


Il ministro Matteoli perde il suo feudo toscano, a Pollica, nel Cilento, diventa sindaco il vice di Vassallo. Il record del candidato molisano: zero preferenze

ROMA - Sorprese, colpi di scena e casi limite. La geografia del voto amministrativo è ricca anche di situazioni particolari. Spesso si tratta di curiosità o poco più, ma in alcune circostanze gli eventi hanno anche una certa valenza politica. Altero Matteoli, ministro delle Infratsrutture ed ex sindaco di Orbetello, si è visto ad esempio sfilare il suo storico feudo. Monica Paffetti, candidata della coalizione di centrosinistra, ha trionfato infatti nel comune maremmano sconfiggendo Rolando Di Vincenzo, delfino di Matteoli e candidato alla sua successione.

Rischia di passare di mano anche un altro luogo fortemente simbolico come Arcore, dove la candidata del centrosinistra Rosalba Piera Colombo è in testa e sembra essere in grado di costringere al ballottaggio il centrodestra al governo sino ad oggi. Municipio dal significato particolare è anche quello di Pollica, nel Cilento, dove è stato eletto Stefano Pisani, il vice di Angelo Vassallo, il sindaco anti camorra e anti speculazione ucciso nel settembre scorso con nove colpi di pistola. "Subito dopo la notizia della vittoria - ha spiegato Pisani - sono andato a pregare sulla tomba di Angelo. In questi mesi ci siamo impegnati nel solco lasciato da lui, e anche in queste ultime settimane abbiamo continuato a lavorare senza farci distrarre dalle elezioni. E' quanto avrebbe fatto Angelo".

Vittoria straordinaria del centrosinistra pure a Castiglione della Pescaia
con il 94,7% dei voti. In questo caso il trionfo è dovuto però al particolare che il candidato Giancarlo Farnetani correva da solo dopo l'esclusione (per alcuni errori di compilazione nella documentazione) della lista di centrodestra sostenuta dal sindaco uscente e portavoce del Pdl toscano Monica Faenzi.

Completamente annullate invece le elezioni a Staiti, nella Locride. Anche qui c'era una sola lista capeggiata da Antonio Domenico Principato con la lista "Lista civica - i giovani per Staiti", ma non avendo votato la metà degli elettori il risultato è stato invalidato.

Singolare risultato infine a Pizzone, piccolo centro della provincia di Isernia. Uno dei tre candidati alla carica di sindaco, Giovanni Davide Petrocelli, ha ottenuto zero voti. Lo scrutinio è stato ultimato in pochi minuti e il sindaco eletto, Letizia Di Iorio, ha ottenuto 133 preferenze. L'altro candidato alla carica di primo cittadino, Nicola Mollichelli, ha ottenuto invece 112 voti.

Il prete che bestemmiava via sms e chiedeva “uno di colore, un negrone”. - di Alessandro D'Amato


Le parole di don Riccardo Seppia nelle intercettazioni che lo accusano

Repubblica pubblica i verbali che accusano don Riccardo Seppia, parroco 50enne di Sestri Ponente accusato di pedofilia e spaccio di stupefacenti. Nell’articolo di Giuseppe Filetto e Marco Preve vengono riportate le parole di don Seppia all’amico che gli faceva da pusher e gli procurava minorenni:

IL BACIO IN CANONICA «Ormai è fatta, l’ho baciato in bocca, in canonica». Così don Riccardo informa l’amico riguardo all’unico episodio di violenza sessuale nei confronti di un minore che al momento gli viene contestato. Verso il sedicenne ci sono però altri messaggi inquietanti: «C’è tua madre? Dille che vai a scuola e poi vieni da me che sono solo». Il minore sarà sentito con la formula dell’incidente probatorio dal pm Stefano Puppo la prossima settimana.
CHE SATANA SIA CON TE Nell’ordinanza di custodia cautelare vengono riportati numerosi dialoghi con dei maghrebini maggiorenni che don Riccardo contatta per sesso o droga. Ad uno lo saluta in questo modo: «Ciao come stai? Che Satana sia con te».
L’EX SEMINARISTA Si tratta di uno dei sei indagati dell’inchiesta. Le sue iniziali sono E.A., ha 40 anni, è stato espulso dal seminario ed oggi è un sedicente croupier. Seppia riceve una sua telefonata: «Sono qui a Palermo, in camera in albergo e mi sono appena fatto…». Il prete gli risponde con osservazioni oscene e su quanto anche lui vorrebbe fare le stesse cose.
BESTEMMIE VIA SMS Nelle carte dell’ordinanza firmata dal gip milanese Maria Vicidomini sono riportati una decina di sms che contengono bestemmie scritte secondo lo slang giovanile e sempre abbinate ad argomenti sessuali: «Porko….!!!», «porko….kriminale!!!». Per i giudici sono indicativi di una vera e propria doppia personalità. Sembra proprio che don Riccardo abbini volutamente, come fosse uno sfogo, la sacralità della religione alle oscenità più turpi: «Me lo vorrei…. sull’altare».
IL SESSO IN SAUNA Una lunga sequenza di messaggi irripetibili, segno di una vera e propria ossessione per pratiche erotiche estreme. I carabinieri del Nas hanno ricostruito la sua parabola erotica. Tutto inizia con le sue frequentazioni di saune di Milano dove avvengono incontri tra gay. Sesso spinto durante il quale si fa uso di droghe. Di recente il sacerdote di via Ludovico Calda era un habitué di un circolo Arci di Milano, luogo di incontri sessuali.
UNO DI COLORE Allo spacciatore senegalese di Milano il parroco chiede di trovargli «uno di colore, un negrone».
COCAINA CON L’OMAGGIO «Vengo su, mi prepari un 4×1», così scrive al suo pusher del capoluogo lombardo, anche lui indagato. Il 4×1 significa una promozione speciale, quattro dosi al prezzo di tre. Un tipo di acquisto riservato a clienti affidabili.
SPACCIO AI RAGAZZINI «Ho la neve, vieni da me: basta portare il solito regalino», «vieni che c’è bianca, ho bisogno di compagnia ». Il secondo capo d’imputazione riguarda quattro presunte cessioni di cocaina ad altrettanti ragazzi, un italiano e tre nordafricani, che sarebbero tutti maggiorenni.
TENTATO DAL SUICIDIO In un sms scambiato con l’amico ex seminarista don Riccardo Seppia scrive: «L’altra sera volevo suicidarmi». Una frase che gli inquirenti non ritengono celasse una reale intenzione, ma che allegano per sottolineare l’instabilità del soggetto e il rischio che se restasse a piede libero potrebbe non controllarsi e commettere altri atti di violenza.
SCHIAVO DELLA DROGA «Sono cocainomane, sono finito in questi guai per colpa della tossicodipendenza ma non ho mai frequentato i Sert» così don Riccardo si rivolge al medico del carcere. Mentre al cappellano chiede quando potrà parlare con i suoi genitori e il cardinale Bagnasco. Prima però dovrà rispondere alle domande del pm Stefano Puppo.

http://www.giornalettismo.com/archives/125629/il-prete-che-bestemmiava-via-sms-e-chiedeva-uno-di-colore-un-negrone/

Elezioni, c’è una luce in fondo al tunnel. - di Peter Gomez


Di una cosa possiamo essere sicuri: d’ora in poi nella politica italiana niente sarà più come prima. Il voto di ieri, che proprio Silvio Berlusconi aveva presentato come un referendum su se stesso e sul suo governo, ha dato un responso chiaro. Ha detto che il Paese non ne può più del Cavaliere. Ha dimostrato che il suo disprezzo per le regole, per gli avversari, per l’etica e per l’educazione, ha ormai irrimediabilmente stancato.

Per questo non è azzardato prevedere che, se tra quindici i giorni anche i ballottaggi – a partire da quello di Milano – si concluderanno nello stesso modo, la permanenza del presidente del Consiglio pro-tempore a Palazzo Chigi rischia di durare meno di quanto lui speri.

La partita però è tutt’altro che chiusa. Per dare una scossa e frantumare la maggioranza parlamentare che Berlusconi ancora controlla, non sarà sufficiente che all’ombra della Madonnina Giuliano Pisapia strappi (fatto probabile, ma non del tutto certo) la poltrona di sindaco a Letizia Moratti. Decisivo sarà anche il ben più difficile secondo turno di Napoli dove Luigi De Magistris per vincere dovrà ottenere l’appoggio degli elettori del Pd e del Terzo polo.

Solo così i signori del Palazzo sentiranno realmente il fiato sul collo dei cittadini. Solo così le crepe nelle fila del centrodestra si allargheranno fino a rendere palese il fatto che la maggioranza (quasi quanto il Paese) ha mille problemi. Ma che il più grosso di tutti è lui: il settantacinquenne Berlusconi.

Poi, per completare l’opera, bisognerà pensare al passo successivo: i referendum di giugno. Ieri in Sardegna quello consultivo sul nucleare ha dimostrato come realmente sull’atomo sia possibile raggiungere e superare (e di molto) il quorum.

Al Senato, già questa settimana, si dovrebbe cominciare a discutere la legge Omnibus in cui Berlusconi, per sua stessa ammissione, ha introdotto l’abrogazione a tempo delle centrali, in modo da evitare la consultazione nazionale e poi riprendere, tra un paio d’anni, il programma atomico. Una furbata, o meglio un furto di democrazia dichiarato, che però potrebbe non bastare per evitare il voto. Sia perché la corte di Cassazione può ammettere il referendum lo stesso (la legge attuale non verrà interamente abrogata da Palazzo Madama), sia perché il presidente Giorgio Napolitano può evitare di promulgare immediatamente le nuove norme (per farlo ha 30 giorni di tempo), dando così agli elettori la possibilità di esprimersi.

Ecco perché i referendum, tra i quali accanto a quello sull’acqua pubblica è presente quello sul legittimo impedimento, sono ora, con i ballottaggi, la nuova tappa nella corsa per ristabilire (o meglio stabilire) nel nostro Paese dei canoni da normale democrazia .

La festa di Milano per la vittoria di Pisapia, alla quale sono accorse senza essere state convocate da nessuno migliaia di persone, e i risultati straordinari raggiunti in molte città del Movimento 5 Stelle (il vero terzo polo), dimostrano come in Italia tra i cittadini ci sia una gran voglia di riappropriarsi della politica con la P maiuscola. Chi ora è asserragliato nel palazzo la sa benissimo. Per questo la partita è tutt’altro che chiusa. Ma in fondo al tunnel, dopo tanti anni, si intravede un po’ di luce.



Milano, tutti in silenzio al quartier generale di Letizia Moratti. - di Thomas Mackinson


In via Romagnosi grande desolazione per il tracollo del Pdl. Spariscono tutti i leader di partito. Giornalisti lasciati soli in sala stampa. I guru della comunicazione scelti dal sindaco non sanno che dire

Il tracollo del Pdl e di Letizia Moratti a Milano è inchiodato ai numeri. E non solo quelli relativi allo spoglio delle schede ma anche a quelli che hanno marcato una giornata tutta al contrario per il centrodestra e per chi ha assistito alla sua inattesa debacle. Nel quartier generale del comitato per la Moratti, in via Romagnosi, per tutto il giorno ha regnato una surreale desolazione. Anche numerica.

Zero sono i maggiorenti del partito accorsi da queste parti. I vari esponenti del Pdl locale e nazionale non hanno fatto neppure capolino al comitato dopo le prime proiezioni. Lupi, Casero, l’assessore Cadeo sono accorsi e poi corsi via. Una fuga in piena regola. Matteo Salvini, Lega, ha fatto in tempo a dire “resto fiducioso” prima di dileguarsi per tutto il resto della giornata. La Moratti, intanto, ha fatto sapere che uscirà dalla casa di Galleria de Cristoforis solo dopo un risultato consolidato. Non prima di mezzanotte, forse l’una. Ma le persone a lei più vicine riferiscono di uno stato di semi-choc: “Mi aspettavo il ballottaggio, ma non a parti invertite”, avrebbe detto la Moratti commentando i numeri dal salotto, in compagnia di figlia e nipotina.

Dopo i primi exit poll il centrodestra locale è dunque sparito e un centinaio dei giornalisti sono rimasti per ore senza un’indicazione, una dichiarazione, un volto. Tutti a bocca asciutta. Ma nel vero senso del termine. Perché dalle 15 alle 20 non è stato portato un bicchier d’acqua a quel centinaio di professionisti dell’informazione, cameraman e fotografi che hanno atteso pazienti di raccontare qualcosa. Di cibo non se ne parla neppure. Zero. “I panini sono per i membri del Comitato”, spiega un cameriere in livrea nera che porta avanti e indietro vassoi zeppi di cibarie e di calici di vino bianco. Tutti destinati alla stanza dello staff. Alle 20, dopo varie rimostranze, ha aperto un bar. Ma serve solo acqua. Nel 2006, da queste parti, era una pacchia tra tartine echampagne, sfilate di colonnelli del Pdl col sorriso e dichiarazioni entusistiche. Il vento pare davvero cambiato. Su tutti i fronti.

A proposito di numeri sono stati sette secondi. Intensi, ma sette secondi. Tanti ne ha impiegati il sottosegretario Laura Ravetto per leggere tre righe di comunicato in cui annunciava che “Il Pdl ha tenuto”. Una frase che è parsa di circostanza. Soprattutto perché per diverse ore, nella stanzetta interdetta ai giornalisti, si sono fiondati i professionisti della comunicazione al soldo del Pdl. In evidente stato di crisi.

Che dire? Per risolvere il dilemma sono arrivati i guru della comunicazione scelti direttamente dal sindaco e da mesi impegnati in prima nella sua campagna elettorale. C’era ad esempio il portavoce di Atm, Matteo Mangosi, portavoce di Atm ma catapultato al Comitato. C’eraAlessandro Usai, il professionista pagato 625 euro al giorno dai milanesi per occuparsi della comunicazione del sindaco ma è da tempo al servizio del candidato Moratti e del Pdl. Poi Red Ronnie, autore della web tv di Letizia Moratti ricambiato con una consulenza da 60mia euro. L’artista è uscito dalla porta bianca della “Ravetto-room” per raccontare una storiella indiana sulla pazienza e l’attesa. Come dire… “Non sappiamo che dire”. Poi è toccato al conduttore di Telelombardia Roberto Poletti, da alcuni mesi organico alla squadra del sindaco, tentare una sintesi: “Guarda ero dentro, ma nessuno osava proferire parola”.