martedì 28 giugno 2011

Il deputato leghista Massimo Bitonci: «I napoletani affoghino nei loro rifiuti».

Il sindaco-deputato Massimo Bitonci

CITTADELLA. «Il governatore Zaia ha mille volte ragione, in Veneto non accetteremo mai i rifiuti napoletani. Siamo stufi di risolvere i loro problemi, si arrangi De Magistris, l'unto del Signore, mediocre magistrato e sindaco senza valore». Parole dure quelle di Massimo Bitonci, deputato della Lega e sindaco di Cittadella.

E la solidarietà dove la mettiamo? «Ma quale solidarietà, Napoli è uno scandalo europeo. Perché mai dovremmo pagare la mala gestione di altri? In Veneto ogni provincia, ogni sindaco cerca i siti e le discariche dove smaltire, provvede alla raccolta differenziata che a Napoli, se va bene, arriverà tra dieci anni. L'ho detto in un filo diretto col pubblico di un'emittente romana seguitissima. Non c'è stato uno che mi abbia dato torto».

E l'emergenza sanitaria? «Finché non succede qualcosa di grave a Napoli non cambierà nulla. Ma li ha visti come gettano i sacchi dalle finestre?». Sì, ma c'è chi getta benzina sul fuoco. «La camorra? Comincino a ribellarsi, a non pagare il pizzo». E nel frattempo? «Che affoghino tra i loro rifiuti, a quel punto cercheranno da soli un po' di aria».



Rotondi dice no ai tagli dei privilegi “La gente ci detesta, difendiamo la Casta”.


Il ministro per l'Attuazione del programma, intervistato da Libero, si scaglia contro Tremonti e a Berlusconi suggerisce: se vuole far durare il governo deve coccolare i parlamentari.


“Dobbiamo coccolare i parlamentari; se un giorno gli si dice che vanno dimezzati, il giorno dopo che gli si taglia lo stipendio, quello successivo l’auto blu, significa voler proprio far cadere il governo”. Il ministro Gianfranco Rotondi è contrario ai tagli dei privilegi a deputati e senatori. Anzi. I privilegi, dice, vanno tutelati. “Tanto, più impopolari di così”.

Il ministro per l’Attuazione del programma si arruola nell’esercito nemico di Giulio Tremonti. “Le misure contro i privilegi della politica le considero un insulto alla sua intelligenza”, dice. E suggerisce una ricetta tutta sua. “Forte del fatto che nessuno, neanche all’opposizione, vuole andare al voto, Berlusconi deve avere un’unica preoccupazione: coltivare i rapporti con Camera e Senato”. Come? “Teniamoci buoni i mille parlamentari”, dice Rotondi in un’intervista a Libero. “Non possiamo dargli l’aumento, ma almeno coccoliamoli, rassicuriamoli, non rompiamogli le palle se vogliamo arrivare al termine della legislatura. E nel frattempo cerchiamo di farci dimenticare. Perché, inutile negarlo, la gente ormai ci detesta”.

Secondo Rotondi, dunque, cosi il governo può arrivare alla sua scadenza naturale del 2013. Altrimenti rischia. “Se uno un giorno dice a deputati e senatori che vanno dimezzati, il giorno dopo che taglia loro gli stipendi, quello successivo che gli toglie l’auto blu, allora è un kamikaze, significa che vuole proprio farlo cadere questo governo”.

Una difesa della Casta. “Più impopolari di così. Il deputato oggi è uno sputtanato che va per la pagnotta, questo è il giudizio che ci siamo cuciti addosso, per merito dei comici, delle trasmissioni tv”, secondo Rotondi. Non per merito dei parlamentari. “Un tempo si accusava i politici di rubare, oggi gli si rimprovera solo di avere dei privilegi previsti dalla legge. Ma attenzione. Questa furia antipolitica finisce per essere antiparlamentare. e il Parlamento è come la salute: ti rendi conto che è importante solo quando non ce l’hai più”, dice Rotondi.

Insomma una sorta di requiem al governo. E al premier Rotondi suggerisce di tornare allo spirito di una volta tanto “deve rassegnarsi al fatto che in diciotto mesi non può fare le riforme istituzionali, né la riforma della giustizia e neppure quella fiscale. Al massimo si può far approdare qualche legge in Parlamento”.




Le migliori figure di merda di Berlusconi.


“Con gli indignados è finita la sottomissione a questo sistema economico e politico”. - di Cristina Artoni


Lo sostiene Arcadi Oliveres, economista all’università di Barcellona, secondo cui il movimento 15-M ha portato "un vento fresco". Ora l'obiettivo è "cambiare la maniera di lavorare poco democratica dei partiti".


“Gli indignados hanno portato un vento fresco dopo la sottomissione totale dei cittadini al sistema economico-politico in due anni e mezzo di crisi”.Arcadi Oliveres, economista all’università di Barcellona e presidente dell’organizzazione Giustizia e Pace, è in Spagna una delle anime invisibili del movimento 15-M. Rifiuta l’etichetta di ideologo, ma per gli indignados è sempre disponibile. In poco più di un mese ha realizzato 27 dibattiti in altrettanti “acampadas” del Paese.

Perché la ‘spanish revolution’ è arrivata proprio ora?
“La goccia determinante è stata provocata da due o tre elementi. La prima è la legge Sinde voluta dalla ministra della Cultura che limita la libertà di espressione nel web e dei social network. L’altra è la crescente protesta dei cittadini che hanno perso le proprie case per non essere riusciti a pagare i mutui. Il tutto si è convogliato in un momento in cui in Spagna eravamo alla vigilia delle elezioni amministrative. Era il momento di esprimersi e le parole che sono emerse sono: ‘Siamo indignati’”.

Non le sembra che il movimento avanzi troppo lentamente?
“No, credo che debba avanzare con calma e in modo riflessivo. Siamo in una fase preliminare dove si deve esercitare quella che possiamo definire la ‘pedagogia politica’. Il movimento è composto soprattutto da giovani con poca preparazione politica. Lo diceva giustamente un mio collega l’altro giorno: ‘Questi ragazzi sono passati dalla playstation alla politica’. Ma siamo di fronte a un cambiamento radicale. Lasciamo passare l’estate. In Spagna, soprattutto nei piccoli paesi in questi mesi ci sono tante feste di piazza, celebrazioni. E’ qui che ci può essere un nuovo confronto tra i cittadini. Diamo tempo al movimento di crescere. Non sarà difficile al rientro focalizzare 5 o 6 punti su cui proseguire la lotta”.

Ne ha in mente qualcuno?
“Mi sembra importante che sia già emersa la detrazione degli interessi passivi sui mutui ipotecari. Qui, a differenza degli Stati Uniti, nel caso la banca espropri un appartamento per un mutuo insolvente, il cittadino oltre a restare senza casa deve pagare un debito. E’ inammissibile. Ci vuole una petizione urgente per cancellare questa ingiustizia. Altro tema in discussione è la riforma della legge elettorale. Le liste per le consultazioni non devono essere limitate ai partiti politici”.

C’è chi definisce il movimento anti politico.
“Quando in piazza gli indignados gridano ‘Non ci rappresentate’ non sono contro la politica ma contro dei vertici che non ascoltano. Alle conferenze che ho svolto negli accampamenti lo ho ribadito più volte, è necessario nei prossimi mesi creare un dialogo con chi ha responsabilità politica. Gli slogan non portano da nessuna parte. Dobbiamo, come cittadini riuscire a cambiare gli obiettivi, le rivendicazioni e la maniera di lavorare che è sicuramente poco democratica dei partiti politici. Tutti questi passaggi vanno fatti, ma per arrivare ad un cambiamento occorre costruire un ponte tra il movimento dei cittadini e il mondo politico. Ovviamente di più con alcuni partiti piuttosto che con altri”.

I socialisti spagnoli sono in grado di farlo?
“Dubito. In Spagna il partito socialista non solo ora ma anche in passato, da ben 29 anni, ha dimostrato di essere una formazione di destra. Lo ha dimostrato Felipe Gonzales, che malgrado i suoi discorsi di sinistra, nella pratica sia politica sia economica è stato a destra. Il Psoe ha fatto avanzare il paese solo sui diritti civili delle famiglie. Non mi stupisce quando gli elettori socialisti sono compianti da tutti: sono stati totalmente ingannati dai propri leader”.

In che senso gli indignados hanno portato un vento fresco?
“Gli spagnoli, negli ultimi anni sono cresciuti tra televisione e calcio. Dal lunedì alla domenica ogni giorno viene data in pasto ai cittadini una partita. Un buon mezzo per rimbecillire le menti. Per questo considero il movimento fresco, siamo di fronte al risveglio delle coscienze. In questi mesi d’estate crescerà, e l’autunno sarà caldo”.



Marco Travaglio e il mausoleo egizio di Berlusconi!


lunedì 27 giugno 2011

Ruby, i pm: “Da Fede, Mora e Minetti sistema per fornire prostitute a Berlusconi”.

Caso Ruby, Ambra e Chiara parti civili contro Mora, Fede e Minetti

Un bordello per compiacere Berlusconi. Un autentico sistema strutturato per fornire ragazze disponibili a prostituirsi al premier”. Parole durissime pronunciate dal procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno e dal pm Antonio Sangermano, per chiedere il rinvio a giudizio per: Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti. Una richiesta che arriva al termine dell’udienza preliminare davanti al Gup Maria G. Domanico nel processo al tribunale di Milano, dove i tre sono imputati per induzione e favoreggiamento della prostituzione. Secondo la pubblica accusa “esiste una convergenza di vari elementi tale da giustificare la richiesta di processare i tre”. Un ”sistema – definiscono ancora i magistrati – che si avvaleva della mercificazione della fisicità della donna e della mortificazione della dignità femminile”.

I pm milanesi hanno anche “delineato” i ruoli dei tre: Lele Mora era “l’arruolatore” di ragazze; il direttore del Tg4, Emilio Fede, era il “fidelizzatore”, colui che doveva testare l’affidabilità della persona a fare sesso, il grado di riservatezza e, poi, c’era lei, Nicole Minetti, con il compito di fare da “filtro“, una specie organizzatrice economico-logistico, colei che metteva in contatto Berlusconi alle ragazze. Colei che secondo gli inquirenti, amministrava “il bordello”.

Un ruolo che combacia con quanto raccontato al settimanale Vanity Fair da Simone Giancola, nell’anticipazione del numero che uscirà mercoledì, e da poche settimane ex della consigliera regionale lombarda Minetti. “Ho capito che Nicole – dichiara Giancola – per il suo ruolo politico, aveva funzione di filtro tra Berlusconi e quelle ragazze. Era il punto d’incontro formale. A quelle cene non sono mai stato, ma – conclude – non mi scandalizza certo l’idea che potessero esserci anche giovani ‘animatrici‘”.

Il processo che vede imputati Fede, Minetti e Mora è cominciato stamattina alle 9 circa, anche se i tre hanno deciso di disertare l’udienza preliminare. Accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile, per le feste hot nella residenza privata del premier Silvio Berlusconi ad Arcore. Secondo i magistrati della procura di Milano i tre avrebbero reclutato a pagamento, o dietro promesse di regali, numerose ragazze anche minorenni per festini hard. Ognuno con il proprio compito. Alla consigliera regionale lombarda Nicole Minetti, sarebbe toccato ad esempio quello di istruire al Bunga Bunga le giovani ragazze invitate alle serate ad Arcore. E’ lei che in unaintercettazione telefonica con un’amica dirà: “Non me ne fotte un cazzo se lui è il presidente del Consiglio o, cioè, è un vecchio e basta. A me non me ne frega niente, non mi faccio prendere per il culo. Si sta comportando da pezzo di merda pur di salvare il suo culo flaccido”.

Il dispiegamento di cameraman, fotografi e cronisti davanti al tribunale di Milano è quello delle grandi occasioni. Gli obiettivi, però, sono tutti per il collegio di avvocati dei possibili parti civili. Primi fra tutti i legali di Karima El Mahroug, in arte Ruby. La diciottenne marocchina al centro dello scandalo che vede implicato in un altro processo il presidente del Consiglio, accusato di prostituzione minorile e concussione.

Egidio Verzini, il legale che assiste Ruby, ha annunciato ai cronisti prima di entrare che Karima potrebbe costituirsi parte civile sia nell’udienza preliminare a carico del trio Fede, Minetti, Mora e sia nel processo che si celebra con rito immediato nei confronti del Cavaliere. “Stiamo valutando gli atti per decidere”, ha dichiarato Verzini.

Saranno invece sicuramente parte civile Ambra Battilana e Chiara Danese, due delle tante ragazze ospiti alle serate di Arcore. Le due giovanissime testimoni che, interrogate dagli inquirenti hanno raccontato di essere rimaste “scioccate” dopo le notti passate nella villa del premier.

Il Gup Maria Grazia Domanico ha infatti accolto l’istanza del legale delle due ragazze. Sono state loro a raccontare ai pm con ampia dovizia di dettagli le notti del “bunga-bunga”, con le cene dove la statuetta di Priapo, personaggio mitologico dagli enormi organi genitali, veniva fatta passare tra le ragazze che erano invitate a toccarla. L’avvocato Stefano Castrale ha dichiarato ai cronisti che le due giovani “si costituiranno parte civile e, in caso di condanna, potranno pretendere il risarcimento didanni morali e di immagine“.

Ipotesi a cui si erano opposti i legali dei tre imputati. Secondo Nadia Alecci, legale di Emilio Fede, “il motivo della loro costituzione non è contemplato dal reato contestato a Minetti, Mora e Fede” e aggiunge “le ragazze hanno posto come motivo della loro costituzione un danno all’immagine, cosa che non è rapportabile alle contestazioni mosse, posto che si tratta di reati contro la morale pubblica”.

Oggi in ogni caso difficilmente si entrerà nel merito della discussione. L’udienza è infatti divisa in due tronconi: quello del merito delle accuse contro i tre imputati e poi la parte che riguarda la trascrizione delle intercettazioni telefoniche. E dopo la costituzione delle parti dovrebbe essere trattata la questione delle telefonate. I procuratori aggiunti Pietro Forno, Ilda Boccassini e il pm Antonio Sangermanohanno chiesto la nomina di un perito che trascriva le telefonate da utilizzare nell’udienza di merito. Ma non è tutto. Le difese potrebbero anche sollevare l’eccezione sulla competenza territoriale dei magistrati milanesi. Secondo la difesa dei tre, visto che i festini sarebbero stati fatti in provincia di Monza, provincia dove ricade il comune di Arcore, il tribunale di Milano non sarebbe competente nel giudizio.

In mattinata non era mancata qualche polemica tra i funzionari del palazzo di giustizia e la stampa, quando ai cronisti è stato impedito l’accesso al corridoio nella sezione del tribunale dove è in corso l’udienza.



Giustizialismo? No, si chiama trasparenza. - di Filippo Rossi

Filippo Rossi

Prendersela con le intercettazioni
è come mettersi a guardare il dito mentre si indica la luna. A me interessa la luna. Del dito non me ne frega nulla. E non me ne frega nulla di elucubrazioni mentali su garantismo sì garantismo no, su giustizialismo sì o giustizialismo no. Non m’importa quanto sono garantista e quanto giustizialista. M’importa di sapere il più possibile di quanto ha fatto e sta facendo una cosca mafiosa che è riuscita a occupare le stanze della democrazia. Perché i cittadini devono avere il diritto di controllare chi li governa. Il politico non è un cittadino comune. Il politico è pagato da tutti noi. E tutti noi abbiamo il sacrosanto diritto di sapere per cosa lo paghiamo: se davvero fa i nostri interessi o quelli di qualcun altro. Servono le intercettazioni? Ben vengano. Quanto è controllato l’impiegato di un’azienda? Quanto è controllato un nostro militare in guerra? Quanto una donna di servizio? E quanto uno studente in classe?

I cittadini hanno il diritto e il dovere di controllare i politici. Le stanze del potere dovrebbero essere come quelle del Grande Fratello: tutti dovremmo sapere cosa si fa e si dice là dentro. Giustizialismo? No. Si chiama trasparenza.