giovedì 1 dicembre 2011

Pensioni: manovra blindata, la Cgil fa muro Mario Monti: “L’Italia rischia grosso”. - di Stefano Feltri




La netta chiusura di Susanna Camusso rischia di compromettere il clima di consenso attorno al premier. Il Partito democratico accetterà "misure che non sono nostre al cento per cento", ma rilancia sulla patrimoniale sgradita al Pdl.


Il presidente del Consiglio Mario Monti
Angela Merkel Nicolas Sarkozy parleranno di fronte ai loro Parlamenti per spiegare cosa intendono fare dell’Europa e, soprattutto, dell’euro. “Io non farò discorsi”, annuncia Mario Monti da Bruxelles. Il suo contributo al tentativo, che ormai sembra quasi disperato, di difendere la moneta unica lo darà presentando la manovra di bilancio lunedì, in Consiglio dei ministri. Poi le misure saranno discusse e approvate entro Natale, assicura il presidente del Senato Renato Schifani.

“Ho ribadito uno zero molto importante, non facile da raggiungere, ma che sarà conseguito”, ha spiegato il premier nella sala stampa di Bruxelles, riassumendo due giorni di vertici da ministro dell’Economia, prima eurogruppo (Paesi dell’euro) poi Ecofin (ministri europei dell’Economia). Lo zero è quello del deficit nel 2013, cioè il pareggio di bilancio (che diventerà un vincolo Costituzionale, ieri il primo passo col voto alla Camera), ma – ha precisato Monti – seguendo la scaletta prevista dal rapporto degli ispettori della commissione, presentato ieri: l’obiettivo da raggiungere subito è il deficit all’1,6 per cento nel 2012. Quindi subito manovra da 11 miliardi per compensare la mancata crescita rispetto al quadro delineato dalla manovra estiva. Poi 4 miliardi dalla delega fiscale, cioè il taglio di agevolazioni e sussidi previsto dal ministro Giulio Tremonti ma non ancora attuato, e infine un ulteriore intervento per garantire equità e redistribuzione (cioè si dovrà anche spendere qualcosa, ma senza toccare i saldi, quindi si taglierà anche per redistribuire). Monti sa che non sarà facile, ha quattro giorni per convincere sindacati e partiti di maggioranza che la manovra non si tocca, che non ci sono spazi di mediazione: “Penso di agire con la massima rapidità. E in tempi molto ristretti. Avremo anche delle consultazioni, ma farò appello al fatto che siamo in una situazione straordinariamente delicata e che certi passaggi e ritualità graditi a tutti forse non sarebbero a vantaggio dei cittadini”.

Il messaggio non era rivolto certo soltanto alla Cgil, ma è il sindacato di Susanna Camusso quello che più si sta agitando per le indiscrezioni sulla riforma delle pensioni: “Il governo deve sapere che 40 è un numero magico e intoccabile e mi pare che questo sia esaustivo della discussione”. Che è un modo un po’ barocco per dire che la Cgil è contraria a ogni intervento sulle pensioni di anzianità. Mentre è quasi certo che il ministro del Welfare Elsa Fornero interverrà anche sugli assegni maturati in base ai contributi versati e non soltanto in base all’anzianità, sia pure con un sistema di soglie variabili e non con l’abolizione delle pensioni di anzianità o il loro drastico ridimensionamento auspicato dall’Europa. “Accetteremo misure che non sono nostre al cento per cento ma abbiamo da dire la nostra”, avverte il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, lasciando intendere che un intervento pesante sulle pensioni dovrebbe essere compensato da una patrimoniale, sgradita al Pdl.

Il nodo Cgil per Monti è però un primo problema, non tanto perché il sindacato possa davvero ostacolare la manovra, ma in quanto rischia di compromettere il clima di consenso attorno al premier che invece ha bisogno di mostrarsi il più saldo possibile al vertice della prossima settimana a Bruxelles, quel Consiglio europeo dell’ 8-9 dicembre in cui i capi di governo dell’euro dovranno indicare cosa intendono fare per salvare la moneta: eurobond, modifica dei trattati, interventi sulla Bce. Non si deve però “sottovalutare ciò che è già stato deciso e posto in atto e che richiede di essere seriamente esercitato e valorizzato”, è l’invito al pragmatismo di Monti. Prima di infilarsi nel tunnel burocratico della revisione di trattati su cui si fonda l’Ue, meglio sfruttare gli strumenti già a disposizione, come il “six pack“, cioè l’insieme di procedure di politica economica che consente alla Commissione Ue di controllare l’impegno al rigore e alla crescita dei governi nazionali. In questa settimana, comunque, qualche decisione deve essere presa, perché la tensione sui mercati finanziari ha raggiunto nuovi picchi. Tanto che le principali Banche centrali del mondo, dalla Bce alla Fed a quella del Giappone, hanno lanciato ieri un’azione coordinata (a sorpresa): il taglio di mezzo punto del tasso sugli swap in dollari, in pratica hanno reso meno costoso per le banche private ottenere dei prestiti di emergenza in valuta americana. Lo scopo è scongiurare la crisi di liquidità, cioè la paralisi del mercato inter-bancario dovuta alla sfiducia tra istituti. L’effetto collaterale è che l’euro si è rafforzato sul dollaro. Almeno per ora.

"C'ERA UNA VOLTA LA PREVIDENZA", GUARDA L'INFOGRAFICA DI SALVATORE CANNAVO'



Per leggere meglio: 
http://www.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2011/12/pensioni_infografica_interna.jpg

Olanda: creato in laboratorio un virus letale. - di Redazione InformaSalus.it

virus
Olanda: creato in laboratorio un virus letale
I ricercatori dell'Erasmus Medical Centre di Rotterdam (Paesi Basi) hanno creato una variante estremamente contagiosa del virus dell'influenza aviaria H5N1in grado di trasmettersi facilmente a milioni di persone, scatenando, così una pandemia.

Il supervirus creato virtualmente in laboratorio è una vera e propria arma biologica virtualmente capace di sterminare la popolazione. 

Come ha dichiarato il virologo Ron Fouchier, coordinatore delle ricerche, sono sufficienti 5 modificazioni genetiche per trasformare quello che è originariamente un virus poco contagioso - che fino ad oggi ha ucciso solo 500 persone - in un agente patogeno molto pericoloso.  Qualora il supervirus finisse in mani sbagliate, avverte Fouchier, avrebbe tutte le potenzialità per diventare una vera arma biologica.

I ricercatori che hanno creato il super virus vogliono che il loro lavoro venga pubblicato,ma la comunità scientifica si oppone alla pubblicazione e  in tanti sollevano dubbi sull'opportunità dell'esperimento. Quest'ultimo fa parte di una ricerca internazionale più ampia per comprendere meglio l'H5N1.

Fouchier ammette che il virus creato è “uno dei più pericolosi che si possano ottenere”, ma è comunque deciso a voler pubblicare l'esperimento

Negli Stati Uniti, però, l'esperimento è stato duramente criticato Thomas Inglesby, scienziato esperto di bioterrorismo e direttore del Centro per la Biosicurezza dell’Università di Pittsburgh ha affermato: “è solo una cattiva idea quella di trasformare un virus letale in un virus letale e altamente contagioso. È un’altra cattiva idea quella di pubblicare i risultati delle ricerche che altri potrebbero copiare”. Critico anche Richard Ebright, biologo molecolare della Rutgers University in New Jersey che ha dichiarato: “Questo lavoro non andava fatto”.


mercoledì 30 novembre 2011

«Così assumevamo i figli dei politici». - di Fiorenza Sarzanini

Pierfrancesco Guarguaglini e la moglie,entrambi indagati per false fatturazioni (Olycom)
Pierfrancesco Guarguaglini e la moglie,entrambi indagati per false fatturazioni (Olycom)

L'ex manager Borgogni: la Lega ha imposto Orsi a Berlusconi Favori a leghisti e al pd Latorre. Che replica: una bufala.

NAPOLI - Lancia messaggi, accuse, sparge veleni. Testimone a Napoli, indagato a Roma, il manager di Finmeccanica Lorenzo Borgogni cerca di resistere al ciclone che si è abbattuto sulla holding . E tenta di rilanciare il proprio ruolo raccontando ai pm i rapporti coltivati in questi anni dai vertici aziendali con politici e funzionari di Stato. Si concentra soprattutto sulle assunzioni di parenti e amici di parlamentari con un'attenzione particolare ai leghisti. «Perché - chiarisce - sono stati loro a imporre al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la nomina di Giuseppe Orsi come amministratore delegato», avvenuta nell'aprile scorso quando si decise che Pier Francesco Guarguaglini, che all'epoca ricopriva entrambe le cariche, sarebbe rimasto solo presidente e con una riduzione delle deleghe. I rapporti tra i due sono gelidi, Borgogni non nega la propria avversione nei confronti di Orsi. Non a caso nell'elenco dei «favori» inserisce anche quello fatto al parlamentare del Pd Nicola Latorre, «per ottenere l'appoggio del suo partito». Sono i tre verbali di interrogatorio davanti ai sostituti Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio - titolari dell'indagine che parte dalla consulenza ottenuta dal faccendiere Valter Lavitola e già conta una decina di indagati - a ricostruire quanto raccontato sino ad ora. Ma l'inchiesta appare essere entrata in una fase cruciale perché soltanto nei prossimi giorni, quando tornerà accompagnato dall'avvocato Stefano Bortone, si capirà se si tratta di una vera collaborazione o se invece il responsabile delle Relazioni istituzionali - che si è autosospeso la scorsa settimana dopo aver saputo che il giudice di Roma aveva negato la richiesta di arresto presentata dal pm Paolo Ielo - sta soltanto giocando una partita interna a Finmeccanica e alle sue «controllate» per regolare i conti tra cordate diverse. 

Da Ponzellini a Giorgetti fino a Milanese
Sono numerosi i familiari dei potenti entrati in Finmeccanica grazie a una politica di assunzioni clientelari. Borgogni cita i due figli di Massimo Ponzellini, l'ex presidente della banca Popolare di Milano recentemente coinvolto nell'indagine della Procura di Milano sui finanziamenti concessi alla società Atlantis e da tempo ritenuto vicino al Carroccio. Poi si concentra su Giancarlo Giorgetti, leader leghista attuale presidente della commissione bilancio della Camera, anche lui favorito con un contratto a un parente. «Per assicurarsi buoni rapporti con il Pd - aggiunge - il figlio di Latorre fu prima assunto nella sede statunitense dell'Augusta e poi trasferito in quella italiana». Affermazione che il diretto interessato definisce «una enorme e bufala». «Mio figlio - spiega Latorre - è entrato tre anni fa ed è stato trasferito dopo sei mesi. Non so chi sia Orsi e questo contratto non c'entra nulla con la politica, anche perché io non mi sono mai occupato di nomine in Finmeccanica e posso escludere che il mio partito avrebbe avallato un'operazione del genere». Durante i suoi interrogatori il manager ha evidenziato il ruolo di Marco Milanese, braccio destro di Giulio Tremonti quando era ministro dell'Economia, che si occupava proprio delle nomine di Finmeccanica. E ha sottolineato come sia stato proprio lui a decidere l'ingresso nell'organismo di vigilanza di una società controllata dalla holding di sua moglie, l'avvocato Anna Maria Taddei.

I capannoni affittati a Malpensa Più articolato, secondo Borgogni, il piano di Orsi per spostare da Sud a Nord alcune attività strategiche e così assecondare i voleri della Lega. In questo quadro si inserisce la scelta di trasferire da Pomigliano D'Arco a Venegono in provincia di Varese, la sede legale dello stabilimento dell'Alenia, che tante polemiche ha già provocato visto che uno dei dirigenti è la moglie dell'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni. I diretti interessati hanno smentito, ma Borgogni insiste nel parlare di un piano «strategico» che «serviva a garantire l'ascesa di Orsi». E cita un episodio che riguarda l'attuale capogruppo del Carroccio alla Camera. Sostiene il manager che l'attuale vertice aziendale ha pianificato la chiusura di alcune attività ritenute sinora strategiche. Ma anche che alcuni appalti esterni sono stati affidati per soddisfare le richieste degli sponsor politici. Come nel caso che riguarda Marco Reguzzoni. Borgogni ha raccontato che a Malpensa sono stati presi in affitto alcuni capannoni di una società segnalata proprio dal parlamentare che guida il gruppo a Montecitorio.

Le telefonate con Milone Di fronte ai magistrati napoletani Borgogni ha parlato anche degli affari esteri, ammettendo che alcuni manager avrebbero favorito il pagamento di tangenti per ottenere commesse in Medio Oriente e in Sud America, in alcuni casi trattenendo una parte (è il filone nel quale era stata coinvolta anche l'ex modella Debbie Castaneda). Proprio quello che, secondo i pentiti dell'inchiesta romana, avrebbe fatto anche lui. Durante l'interrogatorio di sabato scorso di fronte al pm Paolo Ielo a Borgogni è stato chiesto di chiarire a che titolo avrebbe versato soldi a Filippo Milone, ex capo della segreteria di Ignazio la Russa, nominato sottosegretario alla Difesa nel governo Monti. Ma le sue risposte non sono apparse credibili e ora dovrà tornare per dimostrare la sua reale intenzione di raccontare la verità anche su questo fronte aperto nella Capitale.

CANCRO, DONNA RIFIUTA CHEMIOTERAPIA MA GUARISCE GRAZIE ALLA SOMATOSTATINA




La moglie di un oncologo famoso americano si ammala di cancro e il marito non la sottopone alla chemioterapia.


Sidney Winawer è un oncologo direttore del Laboratorio di Ricerca per il Cancro al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di NewYork, uno dei centri più importanti del mondo.
Per decenni ha praticato la chemioterapia a tutti i pazienti, metà dei quali sono deceduti. Ma un giorno la diagnosi è toccata a sua moglie… Ben consapevole dei danni catastrofici e dell’inutilità assoluta di quel tipo di cura (come ammetterà più tardi nel suo libro “Dolce è la tua voce”, Positive Press, 1998) non la sottopone a nessuna chemioterapia o radioterapia, ma si affida alla somatostatina (quella diLuigi Di Bella) E la moglie guarisce!Perchè la chemioterapia non risolve il problema.
Secondo la stragrande maggioranza delle teorie mediche, ci si ammala di cancro per una insufficienza del sistema immunitario. La chemioterapia riduce le masse tumorali di dimensione, ma al prezzo di distruggere completamente il midollo e le difese immunitarie dell’organismo, col risultato che quest’ultimo rimarrà debilitato ed esposto ad ammalarsi di nuovo per anni o anche per il resto della vita.

Per dare un’idea di quanto siano tossici questi veleni posso prendere spunto dalla stessa documentazione farmaceutica allegata a questi “farmaci”: pensate che basterebbe solo aumentare di poco le dosi di una sola “seduta” di chemioterapia per uccidere un cane, nel 100% dei casi, per avvelenamento nel giro di pochi giorni (potete controllare voi stessi dato che la tossicologia è pubblica).
Inoltre per smaltire questi farmaci occorre molto tempo (mesi e mesi), molto di più della durata di ogni ciclo, per cui quando si torna ad es. dopo un mese a fare un altro ciclo si ha un accumulo continuo di veleni nell’organismo!
Il fatto che molto spesso il cancro ritorna negli anni successivi, dopo una cura di chemioterapia ,non è dovuto a una certa “predisposizione” della persona, ma al fatto che le difese immunitarie sono ormai distrutte e quindi l’organismo è completamente indifeso ed è logico che venga aggredito nuovamente. La chemioterapia non è quindi la soluzione definitiva del problema, poichè questo si ripresenta molto spesso anni dopo con maggiore violenza.
Il cancro deve essere vinto invece potenziando il sistema immunitario.
Per molti tipi di tumore , il sistema immunitario ha una “memoria”, esattamente come per le malattie esantematiche (morbillo, varicella, rosolia, ecc.); se il tumore viene vinto dall’organismo stesso, piuttosto che represso dai farmaci, è molto più difficile che si ripresenti in seguito.
Qui ci sono 5 pagine di dati ufficiali sui veri risultati della chemioterapia dal 1950 ad oggi, oltre ai retroscena delle multinazionali farmaceutiche.
La ricerca non ha fatto passi da gigante come tutti pensano, ma, al contrario, la gente si ammala e muore più che nei decenni scorsi. Con i metodi di cura attuali il 90% degli ammalati non sopravvive più di 10 anni al cancro.


http://www.free-italy.info/2011/11/cancrodonna-rifiuta-chemioterapia-ma.html

Da Capri a Cortina, 1.500 euro in 5 giorni ecco le carte che accusano Minzolini.




Il rapporto della guardia di finanza alla base dell'accusa di peculato contro il direttore del Tg1 su cui deciderà il gup. Per 12 volte negli hotel più lussuosi il giornalista ha pagato per due con la carta di credito della Rai

di GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA - Augusto Minzolini e Mauro Masi la chiamano "incomprensione amministrativa". Un innocuo pasticcio da 74.636,90 euro sperperati in un anno dal "direttorissimo"usando la carta di credito aziendale della Rai. Non ci siamo capiti e finiamola lì. Ma il procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna lo chiama peculato e il Nucleo di polizia tributaria della Capitale addirittura truffa aggravata (reato punibile con la reclusione da 1 a 5 anni). Il quadro probatorio sembra non lasciare scampo a Minzolini. All'"incomprensione amministrativa" è legata la sua sorte di direttore del Tg1. Martedì il giudice delle indagini preliminari decide sulla richiesta di rinvio a giudizio. Se dà il via libera al processo, Minzolini ha le ore contate. 
L'informativa delle Fiamme gialleIn 77 pagine di informativa la Guardia di Finanza ricostruisce dettaglio per dettaglio la vicenda della carta di credito aziendale usata indebitamente dal direttore del Tg1. Un lavoro certosino, che scava nella vita privata del giornalista quando questa è stata foraggiata dai soldi pubblici della Rai. Incrocio di ricevute sequestrate a Roma e Torino, verbali di interrogatorio, corrispondenza interna: su queste basi la procura ha messo sotto indagine Minzolini per peculato escludendo la truffa. Il 6 dicembre sarà un'impresa far passare un vorticoso e invidiabile elenco di località di vacanza, spese allegre, misteriosi informatori, ristoranti e alberghi di extra lusso con i quali si potrebbe scrivere una breve guida Michelin, come un piccolo equivoco senza importanza.

"La restituzione è irrilevante "
Nel dossier si ritrovano molti particolari già conosciuti. Le mete delle trasferte del direttorissimo: week end a Capri, Barcellona, Ischia, Cortina, Cannes, Sanremo, Venezia, Marrakech, Dubai, Londra, Palma de Majorca, Amburgo, Monaco, Saturnia, Il Cairo. Il totale speso per questi viaggi e addebitato sulla carta di credito aziendale: 74.636,90 euro in poco più di un anno, dal 28 luglio 2009 al 30 novembre 2010, quando scoppia lo scandalo e la Rai ritira la carta a Minzolini. Di questa cifra il giornalista ha restituito 65.341,33 euro in 5 tranche: 2000 trattenuti sullo stipendio di febbraio 2011, 63.330,76 con tre assegni da marzo a maggio dello stesso anno, 1134 versati nel giugno scorso. Ma, precisa la polizia tributaria, ai fini del reato "è irrilevante la successiva avvenuta restituzione in cassa della somma". 
Il doppio rimborso spese
Il pasticcio dunque si complica. La lettura delle carte offre infatti altri particolari inediti. Le Fiamme gialle segnalano l'ipotesi di truffa aggravata per alcuni casi in cui Minzolini ha ottenuto un doppio rimborso: quello registrato per la carta di credito e quello a forfait, "richiesto e ottenuto dallo stesso Minzolini, per un importo complessivo di 1637,16 euro". In pratica, il direttore pagava il ristorante con il denaro aziendale attraverso la carta ma chiedeva anche il rimborso della diaria. Negli alberghi più belli e nelle località più lussuose, in 12 occasioni Minzolini "ha fruito di pernottamenti per 2 persone" e dieci volte è stato giustificato dall'azienda. Il direttore si portava il lavoro a letto. Ma sull'informatore o l'informatrice che Minzolini ospitava nella sua stanza c'è il buio pesto. Nemmeno la Finanza è riuscita a saperne di più. Le "schede alloggiati", come si chiamano in gergo i verbali delle Questure che registrano le presenze in hotel sulla base dei documenti presentati alla reception, non hanno fornito alcuna risposta. L'identità della Mata Hari è destinata a rimanere un mistero. 
"uso quasi quotidiano della carta"
Per legittimi motivi di riservatezza, Minzolini non rivela i nomi degli ospiti dei suoi pranzi o dei suoi aperitivi. Fa una sola eccezione e in questo modo risparmia 3166,50 euro dalla somma restituita a Viale Mazzini. La cifra, si giustifica il giornalista, è riferita a pasti con il vicedirettore di Libero Franco Bechis. "L'analisi delle spese  -  scrivono le Fiamme gialle  -  ha consentito di evidenziare un uso quasi quotidiano della carta di credito in esame". La usava anche quando non lavorava? Dal 28 luglio 2009 al 30 novembre 2010 Minzolini risulta "assente dal servizio" solo 5 giorni: il 29 e 30/8/2009, il 2 giugno, 29 giugno e 1 novembre 2010. In queste giornate spende 1527,70 euro pasteggiando nei ristoranti di Roma La Vecchia pineta, Mirabelle, Flame, Cesare, Harry's Bar, Gallura, Palazzo Manfredi, Girarrosto Fiorentino. "Senza autorizzazione" pranza al ristorante di Fiumicino "Bastianelli al Molo" 14 volte in un anno per una spesa di 2351,70 euro. 
Paga la Rai. 
Gli alberghi migliori
I numeri sono un incubo per il direttorissimo. Quelli del Tg1 in caduta libera di spettatori. E quelli delle note spese. Ma nel giro del mondo di Minzolini colpiscono anche gli indirizzi. Un concetrato della migliore tradizione alberghiera planetaria. A Venezia cambia e prova diversi alberghi: Gritti Palace, Bauer il Palazzo, Boscolo. Poi c'è il Cap d'Antibes beach (Cannes), il Carlo IV (Praga), il Four Season (Firenze), il Capri Tiberio Palace, il Principe di Savoia (Milano), Baglioni Hotel (Londra), Atlantis (Dubai), Vier Jahreszeiten Kempinski (Monaco). Dodici volte la carta di credito lo segnala in un luogo di vacanza, ma lui risulta in servizio. Il sistema registra. Dopo le prime notizie sull'inchiesta, "Minzolini rettifica la sua posizione considerandosi a riposo". Tutto questo è solo un pasticcio interno? Incomprensione amministrativa è una formula studiata da Masi e Minzolini con il contributo degli avvocati per tirarsi fuori dai guai. Eppure Minzolini, nello scambio burocratico di lettere, non rinuncia a uno strappo. Scrive il 19 marzo 2011 (e la Finanza annota): "Di questo cortocircuito l'azienda avrebbe potuto avvertirmi prima e non aspettare 18 mesi...". A Masi girano le scatole, si capisce dalla replica: "P. S.: un'amichevole precisazione. È più che evidente che la tua affermazione è sicuramente una semplificazione giornalistica e come tale la intendo". Schermaglie ininfluenti sulla decisione di martedì.

Creato il virus che può uccidere la metà della popolazione mondiale.







Polemiche infuocate nel mondo scientifico sulla pubblicazione dello studio. «Arma chimica». «No, aiuta a prepararsi alla pandemia»

MILANO - I ricercatori dell'Erasmus Medical Centre di Rotterdam (Paesi Bassi) hanno prodotto una variante estremamente contagiosa del virus dell'influenza aviariaH5N1 in grado di trasmettersi facilmente a milioni di persone, scatenando, così, una pandemia. Gli scienziati, guidati dal virologo Ron Fouchier, hanno scoperto che bastano cinque modificazioni genetiche per trasformare il virus dell'influenza aviaria (che finora ha ucciso 500 persone nel mondo) in un agente patogeno altamente contagioso che potrebbe scatenare una pandemia in grado di uccidere la metà della popolazione mondiale. La sua elevata capacità di diffusione è stata dimostrata in esperimenti condotti sui furetti, che hanno un sistema respiratorio molto simile a quello dell'uomo.
LE RICERCHE - Le ricerche di Fouchier fanno parte di un più ampio programma mirato a una maggiore comprensione dei meccanismi di funzionamento del virus H5N1. È stato lo stesso virologo ad ammettere che la variante geneticamente modificata è uno dei virus più pericolosi che siano mai stati prodotti. Un altro gruppo di virologi dell'Università del Wisconsin in collaborazione con l'Università di Tokyo è arrivato a un risultato simile a quello di Fouchier.
LE POLEMICHE SULLA PUBBLICAZIONE - Ora il dibattito è se pubblicare o no la ricerca. Molti scienziati sono infatti preoccupati dalla possibilità che, in mani sbagliate, il virus potrebbe trasformarsi in un'arma biologica. Negli Stati Uniti le polemiche sono roventi. Thomas Inglesby, scienziato esperto di bioterrorismo e direttore del Centro per la Biosicurezza dell’Università di Pittsburgh è categorico. «È solo una cattiva idea quella di trasformare un virus letale in un virus letale e altamente contagioso. È’ un’altra cattiva idea quella di pubblicare i risultati delle ricerche che altri potrebbero copiare». Critico anche Richard Ebright, biologo molecolare della Rutgers University in New Jersey: «Questo lavoro non andava fatto». Pubblicare lo studio però, come sostiene lo stesso Fouchier, aiuterebbe la comunità scientifica a prepararsi a una pandemia di H5N1. Sulla stessa linea d'onda l'italiano Fabrizio Pregliasco, virologo all'Università di Milano: «Non pubblicare lascerebbe i ricercatori al buio su come rispondere a un focolaio. Lo scambio di conoscenze è fondamentale per prevedere la reale gravità di una pandemia. L'aviaria era sì una "bestia" nuova, ma non apocalittica. Con un maggiore scambio di conoscenze la diffusione di informazioni sarebbe stata più precisa e meno allarmistica».