Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 19 novembre 2012
Anonymous per la Palestina #Opisrael.
"Anonymous ha lanciato una campagna, denominata #OpIsrael, che ha attaccato circa 700 siti istituzionali israeliani in segno di protesta contro la nuova offensiva dell'esercito di Tel Aviv. L'attacco più eclatante è stato al sito del Ministero degli Esteri il cui database è stato cancellato dall'organizzazione pirata. Oltre a questo sono stati attaccati anche il sito di Kadima, il partito centrista che fa parte della coalizione di governo guidata da Netanyahu, quello della Banca di Gerusalemme e della città di Tel Aviv. Molti di questi siti sono semplicemente inaccessibili mentre alcuni riportano delle immagini e dei messaggi a favore dei palestinesi. Uno di questi, ad esempio, riportava il messaggio: "Questo attacco è in risposta all'Ingiustizia perpetrata contro il popolo palestinese". Anonymous, inoltre, sta cercando di dare supporto, come può, alla popolazione palestinese. Sul proprio account Twitter, infatti, l'organizzazione ha messo a disposizione il "Gaza Care Package", una sorta di pacchetto di salvataggio, che contiene informazioni in arabo e inglese in caso di caduta della connessione internet. Il pacchetto contiente anche informazioni su come evadere la sorveglianza dell'esercito israeliano ed istruzioni di primo soccorso." Mr SPOCK, VG
http://www.beppegrillo.it/2012/11/anonymous_per_l.html
PERCHE' ISRAELE ATTACCA DI NUOVO LA STRISCIA DI GAZA ? - Gaetano Colonna
Per chi si occupa di Medio Oriente, l'impressione è che la nuova offensiva israeliana contro Gaza non ha come scopo reale quello che le forze armate ed il governo israeliano stanno dichiarando con enfasi e che i media occidentali accettano con grande naturalezza.
Israele è infatti oggi assai meglio protetto contro i missili di quanto lo sia mai stato in precedenza: l'installazione del sistema anti-missile Iron Dome ha fornito allo Stato ebraico un ulteriore potenziamento dei propri sistemi di difesa passiva.
Anche per questo, il rischio effettivo costituito dal lancio dei razzi dalla Striscia di Gaza non si è mai tradotto in un pericolo strategico per Israele, com'è dimostrato dal numero delle vittime: 21 israeliani uccisi in totale negli ultimi undici anni, rispetto agli oltre 2.300 Palestinesi uccisi nello stesso periodo.
D'altra parte Israele, dalla fine dell'operazione Piombo Fuso del dicembre di quattro anni fa, ha sempre esercitato con estrema durezza il suo controllo militare nell'area, intervenendo costantemente con sanguinosi attacchi, più o meno mirati, contro gli uomini di Hamas e delle altre fazioni, come avvenuto il 22 e 23 ottobre scorsi (7 vittime fra i palestinesi), il 10 settembre scorso (4 palestinesi uccisi) e il 5 agosto scorso (1 palestinese ucciso).
Hamed Jabari stava trattando?
Ma c'è qualcosa che non convince anche nell'episodio che ha dato inizio all'offensiva, l'uccisione dell'uomo forte di Hamas a Gaza, quell'Hamed Jabari che i media di tutto il mondo si sono affrettati a presentare, sulla scorta di quanto dichiaravano i portavoce delle forze armate israeliane, il capo militare di Hamas. In realtà, una voce non sospetta, il giornale israeliano Haaretz, riportava lo scorso 15 novembre le dichiarazioni di Gershon Baskin, un pacifista israeliano che ha partecipato alle trattative per il rilascio del soldato Gilad Shalid: secondo Baskin, Jabari era al centro di contatti con Israele, mediati dall'Egitto, tanto che avrebbe ricevuto, poche ore prima di essere ucciso, la bozza di un accordo di tregua permanente, "che comprendeva i meccanismi per mantenere il cessate-il-fuoco anche nel caso di una recrudescenza di ostilità fra Israele e le diverse fazioni palestinesi nella Striscia di Gaza".
Addirittura, secondo la dettagliata ricostruzione che Baskin ha fatto ad Haaretz della trattativa in corso, Jabari sarebbe stato pronto a questo accordo sulla base della considerazione della crescente inutilità del lancio di razzi contro Israele.
Che potesse esserci in corso una qualche forma di trattativa, d'altra parte, lo si potrebbe anche dedurre dalla visita, lo scorso 23 ottobre, dell'emiro del Qatar Hamad bin Khalifa, il primo capo di Stato di un paese arabo a venire a visitare la Striscia di Gaza ed il governo di Hamas, con l'ovvio consenso dello Stato ebraico, dato che, non possiamo dimenticarlo, la Striscia di Gaza si trova dal punto di vista internazionale tuttora sotto occupazione israeliana, nonostante il ritiro delle truppe occupanti avvenuto nel 2005: ricorda infatti Gilles Paris su Le Monde che Israele "continua a controllare la stragrande maggioranza delle frontiere terrestri, la totalità della linea costiera (con uno spazio minimo lasciato alla pesca autorizzata) e la totalità dello spazio aereo" della Striscia.
Il fatto che Israele abbia permesso questo tutto sommato storico avvenimento, d'altra parte, fa pensare che l'emiro, sicuramente non sospetto di simpatie per l'Iran, avesse per obiettivo anche quello di accrescere il peso politico delle forze arabe anti-shiite a Gaza, in coerenza con quanto sta avvenendo in tutta l'area intorno ad Israele, Egitto e Libano in primo luogo.
Ma il clima generale mostrava altri sintomi interessanti, tra i quali giganteggia, per quanto trascuratissima dai media, la dichiarazione del 6 novembre scorso di Abu Mazen, come si sa presidente dell'Autorità Palestinese, che conteneva una ancor più storica apertura sulla questione del "diritto al ritorno" dei palestinesi, l'affermazione che sarebbe tornato nella sua città natale, Safed, da turista: un'apertura davvero ampia nel momento in cui, lo stesso giorno, Israele apriva invece le gare d'appalto per la costruzione di altri 1.200 alloggi negli insediamenti dei coloni israeliani a Gerusalemme est.
Israele deve impedire la pace in Medio Oriente
Difficile credere quindi che la preoccupazione israeliana sia rivolta alla minaccia dei razzi di Hamas. Come sempre, a nostro avviso, come già avvenuto nel dicembre 2008, lo scopo dello Stato ebraico è quella di evitare che si arrivi ad una definizione pacifica dei contenziosi che si vanno accumulando come non mai negli ultimi venti anni in Medio Oriente, per salvaguardare esclusivamente gli interessi strategici dello Stato ebraico, che oggi sono soprattutto due: evitare il completamento del processo di pace di Oslo, che Israele considera superato dai fatti, soprattutto in presenza di un fronte politico palestinese dilaniato dalla lotta fra Hamas e Olp; chiudere i conti con la questione iraniana. Non a caso, quindi, Israele colpisce in Palestina subito dopo la rielezioni di Obama, costringendo il presidente americano ad un immediato appoggio alla propria politica di "auto-difesa" che si traduce nella ripresa di violazioni gravissime del diritto internazionale, dati gli effetti di questa nuova operazione di guerra sulla popolazione civile della Striscia di Gaza, già ridotta in condizioni inimmaginabili dal conflitto del 2008. Così facendo, si spazza via non solo qualsiasi possibilità di mediazione con Hamas, ma anche di concedere un sia pur minimo spazio diplomatico all'Egitto di Morsi o ai Paesi arabi reazionari del Golfo. La prospettiva dei due Stati, l'interruzione della politica degli insediamenti nella Cisgiordania, la questione di Gerusalemme e quella, già ricordata, del "diritto al ritorno" vengono una volta ancora travolte da una nuova operazione israeliana.
Ma la questione dell'Iran, rimane quella centrale. L'Iran è in situazione estremamente difficile, per la perdita dell'ultimo alleato possibile, la Siria di Assad, alla cui guerra civile si collega anzi il rischio di un coinvolgimento in una "libanizzazione" che si estenderebbe dalla costa mediterranea al confine della Persia, con uno stillicidio di forze che non potrebbe recare alcun beneficio al regime degli ayatollah. L'Iran è in crisi interna, come dimostra il recente durissimo scambio di lettere fra il presidente Mahmoud Ahmadinejad ed il capo del potere giudiziario Sadegh Larijani, una disputa in cui Ahmadinejad ha finito per attaccare apertamente la stessa guida suprema, Ali Khamenei (che ha preso le parti di Larijani), rilevando, non a torto, che mentre Ahmadinejad è stato "eletto dal popolo", Khamenei no - un attacco che evidenzia la diversa concezione politica di fondo delle due massime autorità iraniane. L'Iran è poi in crisi dal punto di vista economico, poiché la sua moneta, il rial, ha perso in un anno il 75% del suo valore, come hanno evidenziato le preoccupate dichiarazioni di molti esponenti religiosi ed economici iraniani ai primi di ottobre che hanno accusato l'Occidente di condurre una vera e propria guerra economica contro il Paese.
Kissinger, Obama e Pillar of Defense
Sono le ragioni che possono spiegare il tentativo iraniano di aprire una trattativa diretta con gli Usa, di cui la stampa statunitense ha dato notizie fin dallo scorso 20 ottobre. Una prospettiva di cui si è da ultimo occupato Henry Kissinger sul Washington Post del 16 novembre, in un articolo diretto al neo-eletto presidente Obama nel quale definiva quella iraniana la "questione più urgente che il presidente deve affrontare". Kissinger conclude in maniera molto chiara: "Perché negoziare con un paese che ha dimostrato una tale ostilità ed evasività? Proprio perché la situazione è così tesa. La diplomazia può ottenere come risultato un accordo accettabile. Oppure il suo fallimento mobiliterà il popolo americano ed il mondo, rendendo chiare o le cause di una escalation della crisi fino al livello di una pressione militare, oppure quelle di una sostanziale acquiescenza al programma nucleare iraniano. Qualunque sia il risultato, esso esigerà la volontà di guardare fino in fondo alle sue implicazioni finali. Non ci possiamo permettere un altro disastro strategico".
Precisamente nelle parole di Kissinger risiede a nostro avviso la motivazione della nuova iniziativa militare di Israele: chiudere il varco a qualsiasi trattativa per una sistemazione stabile del Medio Oriente, mantenere alta la tensione sul problema iraniano e, forse, creare le pre-condizioni per quella "escalation della crisi fino al livello di una pressione militare" di cui parla l'ex-segretario di stato americano. Basta poco, in un nuovo clima di guerra come quello che Israele ha aperto in Palestina, perché si aprano possibilità di chiudere anche la partita iraniana: potrebbe essere il nuovo rapporto dell'AIEA, sul quale filtrano indiscrezioni che avvalorano le analisi israeliane di poche settimane perché l'Iran arrivi alla capacità di produrre materiale fissile di uso militare; basta che un nuovo drone, come avvenuto qualche settimana fa, sorvoli i cieli israeliani; basta un'intensificazione della tensione al confine con il Libano, o con la Siria.
Una cosa per noi è certa: non sono i missili di Hamas, l'obiettivo di questa campagna. Per questo, bisognerà prenderla molto sul serio, più di quanto non stiano facendo i media occidentali.
Gaetano Colonna
18.11.2012
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11106
Carceri, è emergenza sovraffollamento In cella 66mila detenuti per 46mila posti.
Roma - (Adnkronos/Ign) - L'associazione 'Antigone' denuncia le condizioni dietro le sbarre nel suo ultimo rapporto 'Senza dignità', precisando che "per l'Italia potrebbero scattare sanzioni per almeno 400mila euro dalla Corte europea dei Diritti dell'uomo". Nei giorni scorsi il presidente dell'Unione Camere Penali, ospite ai 'Dibattiti Adnkronos': ''Nelle carceri situazione intollerabile, condizioni igieniche al limite" (VIDEO) (VERSIONE INTEGRALE).
Roma, 19 nov. - (Adnkronos/Ign) - Il sovraffollamento, il taglio delle risorse, le violenze e le morti in cella. Sono questi alcuni dei maggiori problemi dell''emergenza carceri' in Italia, denunciati dall'associazione Antigone, che questa mattina ha presentato a Roma il IX Rapporto nazionale sulle condizioni di detenzione dal titolo "Senza dignità". Su 46.795 posti disponibili - calcola Antigone - oggi in cella ci sono 66.685 detenuti, per un tasso di affollamento del 142,5% contro una media europea del 99,6%. Sono soprattutto uomini italiani i detenuti nelle nostre carceri, provenienti da Campania (26,3%), Sicilia (17,9%), Puglia (10,5%) e Calabria (8,6%). Le donne, 2.857, rappresentano solo il 4,2%. Mentre gli stranieri sono il 35,6% , una percentuale anche questa tra le più alte in Europa.
Altro problema, denunciato da Antigone, è quello dell'eccessivo numero di ore trascorse in cella dai detenuti: nella grande maggioranza delle carceri italiane il tempo è in media di venti ore al giorno. La possibilità di uscire si limita infatti all'ora d'aria, quattro ore al giorno che, lamenta Antigone, "l'esperienza ci insegna vengono spesso ulteriormente contratte".
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Carceri-e-emergenza-sovraffollamento-In-cella-66mila-detenuti-per-46mila-posti_313909588602.html
Sequestro lampo a Spinelli, ragioniere di Berlusconi: 35 milioni per un dossier.
Sequestro lampo a scopo estorsivo, con l’offerta da parte dei malviventi di documenti utili ad alleggerire la posizione di Silvio Berlusconi nel caso Lodo-Mondadori. Giuseppe Spinelli, stretto collaboratore del Cavaliere (e noto alle cronache per i pagamenti cash alle Olgettine) è stato aggredito, a metà ottobre, in casa sua, e minacciato per tutta la notte (insieme alla moglie) con una pistola, da un gruppo di persone che ha chiesto all’ex premier – tramite, appunto, il suo cassiere – 35 milioni di euro “in cambio di documentazione utile all’ex presidente del Consiglio nel processo sul Lodo Mondadori, in grado di ribaltare la sentenza civile d’Appello”. La Polizia di Stato, a seguito di una serrata indagine, ha eseguito questa mattina sei arresti e varie perquisizioni. A indagare sull’episodio sono state la sezione di Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Milano e la Squadra mobile. Decine di uomini della Polizia di Stato stanno eseguendo in varie città italiane arresti e perquisizioni disposte dalla Direzione distrettuale Antimafia di Milano. La questura di Milano conferma che si è trattato di “sequestro lampo a scopo di estorsione, avvenuto nel milanese la notte tra il 15 e il 16 ottobre”. Non risulta che sia stato pagato alcun riscatto. Mentre, secondo quanto dichiarato dai vertici della Squadra Mobile, la magistratura è stata informata nel pomeriggio del 17 ottobre, 30 ore dopo la fine del sequestro. E la denuncia formalizzata il 18.
LA BANDA – Spinelli e la moglie sono stati sentiti dai pm la mattina del 18 ottobre. La banda che ha fatto irruzione in casa Spinelli era composta da sei persone. Le persone arrestate oggi sono sei: tre italiani e tre albanesi. Il regista è un pregiudicato di Bari, Francesco Leone, legato al clan Parisi. Leone è autore di una celebre rapina a fine anni ’80 alla Caripuglia di Bari, con bottino di 1 miliardo e 200 milioni di lire. Diventa pentito nel ’96, ma già nel ’97 i pm scelgono di non utilizzarlo nel processo per il Petruzzelli di Bari. Nel ’98 è di nuovo autore di rapine e gli viene revocato il programma di protezione. Nel 2000 viene arrestato per rapine e sequestri lampo a Roma (tentò di sequestrare un ufficiale dell’Aeronautica militare chiedendo 5 milioni di lire). Proprio per i sequestri lampo, viene condannato nel 2001 a 9 anni e 4 mesi. Insieme a lui Pierluigi Tranquilli, incensurato, arrestato dalla Mobile di Roma, fermato a un casello autostradale mentre era diretto in Toscana. Alessio Maier, nato a Como e residente a Malnate (Va), con precedenti per associazione a delinquere legati al traffico di auto rubate e a un giro di false finanziarie da cui partì un’indagine per truffa per cui fu arrestata anche la moglie di Franco Baresi, Maura Lari. Poi tre cittadini albanesi, tutti con precedenti penali: Ilirjan e Laurenc Tanko, Marjus Anuta.
LA TELEFONATA A BERLUSCONI – A riferire la dinamica del sequestro è il capo della Squadra Mobile di Milano Alessandro Giuliano: “Secondo il racconto dello stesso Spinelli, mentre rientrava in casa il 15 ottobre, è stato aggredito da uomini incappucciati mentre apriva la porta di casa. Queste persone hanno costretto i coniugi a restare segregati per tutta la notte, fino alle 9 del mattino successivo, quando Spinelli ha potuto contattare direttamente Silvio Berlusconi. Che era consapevole di essere al telefono con il suo collaboratore mentre era sotto minaccia”. Il sequestro finisce alle 9 del mattino del 16 ottobre. La segnalazione del reato è arrivata alla procura il 17 ottobre. E solo il 18 la denuncia formale. I malviventi avrebbero obbligato Spinelli a chiamare il Cavaliere proprio per proporre lo scambio tra soldi e documenti sul caso che ha contrapposto i Berlusconi e i De Benedetti. Forse una registrazione. Il Cavaliere e l’avvocato Ghedini, secondo le ricostruzioni fatte dalla polizia, avrebbero preso tempo. Poi la segnalazione alla magistratura. Da quel giorno, oltre un mese fa, Spinelli vive sotto scorta in località segreta.
Innegabile!
Chi ha visto Report e lo spaccato che ne esce della politica e di come vengono sperperati i soldi che ci vengono quotidianamente sottratti da uno Stato ingordo, non può che riflettere su questa citazione!
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Voti e grandi opere: i clan si stanno comprando il paese.
«Nel nord Italia la mafia si presenta con il volto rassicurante di manager e colletti bianchi: in un momento di recessione come questo, l’aristocrazia mafiosa offre dei capitali, accontentandosi di quote di minoranza, per colonizzare progressivamente il territorio con una fitta rete di relazioni a lungo termine». Lo ha detto il procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, durante la missione speciale a Palermo della Commissione antimafia europea. «Non dimentichiamo che uno dei mandanti del giudice Rosario Livatino operava in Germania dove era conosciuto come un brillante imprenditore di import-export». La stessa Europa, avverte lo scrittore Massimo Carlotto, è diventata «la più grande “lavanderia di denaro” del mondo», grazie alla permeabilità del business e ai giganteschi affari garantiti dalle grandi opere.
«I media – accusa Carlotto – ci raccontano ancora la mafia di Totò Riina, di Bernardo Provenzano: ma quella era l’archeologia della mafia, ora i clan siciliani e calabresi si scontrano negli Usa e in Canada, lontano dai riflettori». Per Carlotto, ospite tempo da del “Valsusa FilmFest”, quello delle grandi opere come la linea Tav Torino-Lione è un terreno d’elezione per la nuova imprenditorialità mafiosa, come riconobbe l’allora ministro dell’interno Roberto Maroni. In televisione finiscono ancora notizie di arresti per traffico di droga, ma il narcotraffico – aggiunge Carlotto – non è in cima alle voci del nuovo business criminale: oltre al traffico di armi, secondo il giallista, il fatturato delle mafie è gonfiato soprattutto dal colossale business della sofisticazione alimentare, seguito dal traffico illegale dei rifiuti e dallo sfruttamento internazionale della prostituzione. Le grandi opere? «Sono affari sicuri, senza rischi, perfetti per riciclare il denaro di provenienza illecita».
Denaro che, in tempi di grande crisi, fa gola a tutti, a cominciare dalle banche: «Le mafie – aggiunge Carlotto – non sarebbero mai potute arrivare dove sono arrivate, senza determinanti appoggi nel mondo della politica, dell’imprenditoria e della finanza». Fa eco il procuratore Scarpinato: «Il veicolo di penetrazione delle mafie nei territori è la collusione attraverso la canalizzazione di voti di preferenza verso un candidato». Pietra dello scandalo, l’hinterland lombardo inquinato dalla ‘ndrangheta: a Milano e dintorni «non occorrono migliaia di voti, ne basta una manciata». Oppure, aggiunge il magistrato, l’infiltrazione «avviene con il coinvolgimento di pezzi di nomenklatura, con una triangolazione di interessi tra colletti bianchi, imprenditori e mafia». Un’articolazione «che mostra una strutturazione nuova del fenomeno». E attenzione: la mafia prospera anche perché «milioni di cittadini normali chiedono di acquistare illegalmente beni e servizi, secondo le leggi di mercato». In questo modo, il fenomeno assume «dimensioni macroeconomiche», non più contrastabili «coi soli strumenti del diritto penale».
BASTA SPARARE SUI CIVILI E SUI BAMBINI....
Ognuno di noi nel proprio piccolo può fare qualcosa. Boicotta il made in Israele! Siamo tutti coinvolti!
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