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domenica 24 settembre 2023

NAPOLITANO È MORTO (MA IL VITALIZIO VIVE) - Andrea Battantier

 

Ci lasciano due tra i più grandi contenitori umani
di segreti degli ultimi 100 anni, Matteo Messina Denaro e Giorgio Napolitano.
La morte di Napolitano, come quella di altri politici, ci fa riflettere su una realtà amara: nonostante siano ora scomparsi, hanno lasciato dietro di sé una sorta di eredità sinistra.
Napolitano, in linea con una compagine di arraffoni, ha lasciato ai figli e nipoti vitalizi che noi, il popolo, continueremo a pagare.
È un privilegio che non tutti possono vantare.
Questo sistema, che permette ai politici di arricchirsi durante il loro mandato e poi godere di vantaggi vitalizi, è una macchia sulla storia della politica italiana.
È una vergogna italiana che continua a persistere, mentre nel resto del mondo queste pratiche sono state abbandonate da tempo.
Nel corso della storia repubblicana italiana, sono emersi pochi politici che hanno suscitato un senso di rispetto e ammirazione sincera. Tra questi, si possono menzionare Pertini, Berlinguer e Moro. Erano uomini che sembravano impegnati a servire il bene comune piuttosto che il proprio interesse personale.
Giorgio Napolitano, a mio avviso, rappresenta uno dei peggiori presidenti della storia italiana. Del resto, non si diventa il comunista preferito di Kissinger per caso.
Non se ne vanno sempre i migliori.
Il suo coinvolgimento nella trattativa stato-mafia è un'ombra che ha oscurato gran parte del suo mandato.
Quando fu interrogato sulle trattative stato-mafia si avvalse, da senatore a vita, della facoltà di non rispondere.
Non è riuscito a stare lontano da Silvio, ha firmato il lodo Alfano.
Insomma, è un altro che si porta segreti nella tomba, un'altra 'scatola nera' finita negli abissi. La morte non cancella ciò che si è stati in vita.
Ps
Il mio sogno: ascoltare le famose intercettazioni, dopo i funerali di Stato, s'intende.
(A. Battantier, Italien Néandertalien)
***
"Chi fosse Napolitano lo descrive bene Ermanno Rea in "Mistero napoletano". Un uomo di apparato sempre fedele a ciò che momento per momento gli conveniva, che fosse il suo appoggio all'occupazione dell'Ungheria o la distruzione delle registrazioni dei rapporti Stato-mafia.
Il vezzo di glorificare i morti a prescindere, nasconde sempre una complicità con questo sistema mentale che giudico imbelle e vigliacco". (Gian Carlo Zanon)

giovedì 16 aprile 2015

Kissinger premia Napolitano, il suo “comunista preferito”. - Antonella Rampino



L’ex segretario di stato consegnerà all’ex presidente il riconoscimento.

Caro Giorgio, ci vediamo a Berlino. Con una e-mail Henry Kissinger ha confermato a Giorgio Napolitano che sarà lui a consegnargli il Premio Kissinger, il prossimo 17 giugno all’American Academy a Berlino. Del resto, non sarebbe stato possibile diversamente, non solo quella è la tradizione del premio: soprattutto, l’uomo che per un quarto di secolo ha rappresentato la personificazione della politica americana all’estero e il suo «comunista preferito» («ex comunista», reagì Napolitano alla battuta), si sentono spesso, il filo è sempre acceso. L’ultima volta che si sono incontrati, per un lungo faccia-a-faccia, fu due anni fa a New York, quando Henry salì a trovare il vecchio amico Giorgio nelle Torri del Waldorf Astoria. Adesso, si rivedranno a Berlino. 

Assieme a Genscher  
Per Napolitano è il secondo riconoscimento in politica estera nel giro di pochi giorni, avendo recentemente accettato la presidenza onoraria dell’Ispi, il più importante e storico think-tank italiano sulle relazioni internazionali. Il Kissinger Prize dal 2007 premia la personalità della politica europea che si sono distinte nei rapporti transatlantici. 

Ed è la prima volta che il prestigioso premio, che ha avuto come destinatari tra gli altri Helmut Kohl, George Bush (senior), James Baker e quell’Helmut Schmidt del quale lo stesso Napolitano apprezzò l’analisi fortemente critica della politica tedesca nella crisi dell’eurozona, va a un italiano. Di più: è la prima volta che va a un politico del Sud dell’Europa, a un uomo del Mediterraneo. Napolitano, che lo condividerà con l’ex ministro degli Esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher, è stato designato l’11 marzo scorso «in riconoscimento degli straordinari contributi al consolidamento dell’integrazione e stabilità europea», segno di quanto si abbia consapevolezza anche all’estero del certosino lavoro di tessitura nei rapporti interni ed internazionali e del polso saldo con cui dal Colle si affrontarono, nel 2011 e nel 2013, due crisi politiche italiane che avrebbero potuto minare con la stabilità dell’eurozona anche quella dell’area del dollaro.  

Genscher verrà premiato «per il contributo alla soluzione della Guerra Fredda». Verso entrambi, ha detto il presidente dell’Accademia Americana di Berlino Gerhard Casper, «abbiamo un debito di gratitudine». L’uso del Kissinger Prize è che i premiati vengano presentati da una personalità di rilievo. Per Genscher non si esclude possa essere Angela Merkel.  

giovedì 30 maggio 2013

Photos of LA DITTATURA !!!E.S.M. !!!



ALDO MORO HA DICHIARATO GUERRA A TUTTE LE BANCHE 

Fu infatti così che i governi Moro finanziarono le spese statali, per circa 500 miliardi di lire degli anni ‘60 e ‘70, attraverso l’emissione di cartamoneta da 500 lire “biglietto di stato a corso legale” (emissioni “Aretusa” e “Mercurio”). La prima emissione fu normata con i DPR 20-06-1966 e 20-10-1967 del presidente Giuseppe Saragat per le 500 lire cartacee biglietto di Stato serie Aretusa, (Legge 31-05-1966). La seconda emissione fu regolata con il DPR 14-02-1974, del Presidente Giovanni Leone per le 500 lire cartacee biglietto di stato serie Mercurio, DM 2 aprile 1979.

Aldo Moro incarcerato dai brigatisti rossi (bieca manovalanza) telecomandati dalla Central Intelligence Agency, con la compiacenza dell’ambasciatore USA Richard Gardner (intimo del presidente della Repubblica uscente Giorgio Napolitano, che più recentemente ha ricevuto in pompa magna il criminale internazionale Henry Kissinger). Lo stesso Kissinger che aveva minacciato di morte Moro, come si evince anche dalle molteplici testimonianze processuali e documentali.
Mentre minacciava Moro, Kissinger stava agendo non in qualità di rappresentante della politica estera degli Stati Uniti, ma piuttosto secondo le istruzioni ricevute dal Club di Roma, il braccio che si occupava della politica estera della Commissione dei 300.
«Mio padre doveva viaggiare sull'Italicus - il treno legato alla strage del 4 agosto 1974 - per raggiungere la famiglia in vacanza in Trentino, ma prima che il convoglio partisse fu fatto scendere per firmare delle carte importanti». Sono parole della figlia dello statista Dc rapito e assassinato dalle Brigate rosse Aldo Moro. Sulla vettura numero 5 di quel treno, l'espresso Roma-Brennero, esplose una bomba che provocò 12 morti e una cinquantina di feriti.

POPOLO ITALIANO INFORMATI SUL SIGNORAGGIO BANCARIO CAPIRAI CHE LA CRISI E' UNA TRUFFA!!!


https://www.youtube.com/watch?v=V7r12fB9fhM


https://www.youtube.com/watch?v=19YdUXu5FGY


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10200723166994662&set=gm.466547123424521&type=1

mercoledì 10 aprile 2013

WikiLeaks: le trame d'Italia. - Stefania Maurizi





Le manovre di Kissinger. L'appoggio Usa a Formigoni e Cl. Il visto negato da Washington a Napolitano. Lo strano incidente di Berlinguer in Bulgaria. Una nuova ondata di cablo sugli eventi degli anni '70.

E' stato uno dei più grandi protagonisti della politica estera americana del ventesimo secolo. Un uomo che ha deciso i destini del mondo. Da Washington a Roma, dall'Argentina al Vietnam, le sue decisioni e ossessioni hanno condizionato governi, spianato la strada a colpi di stato e dittature atroci, combattuto la guerra Fredda negli anni più caldi del comunismo. Henry Kissinger, potente segretario di Stato americano ai tempi di Richard Nixon e Gerald Ford è al centro delle nuove rivelazioni di WikiLeaks, a cui "l'Espresso", in collaborazione con "Repubblica", ha avuto accesso esclusivo per l'Italia, insieme a un team di diciotto media internazionali: dal quotidiano argentino "Pagina12" all'agenzia "Associated Press", dal giornale "The Hindu" a quello australiano "The Age". 

Un database di 1.707.499 cablo della diplomazia americana che vanno dal 1973 al 1976: "i Kissinger Cables'. Comunicazioni tra Henry Kissinger e le ambasciate di tutto il mondo, che rivelano una miniera di informazioni su tutte le nazioni della Terra, tra colpi di stato e scandali che hanno caratterizzato quegli anni in cui il mondo era diviso in due superpotenze: l'America e l'Urss. 

Dai file sull'Italia emergono le trame e i personaggi che hanno fatto la storia del Paese negli anni più bui, ma che ancora oggi sono al centro della scena politica o, comunque, della memoria collettiva. Dal celebre visto per l'America, negato a Giorgio Napolitano nel 1975, alle rivelazioni su Formigoni e Comunione e Liberazione. Dalle responsabilità del Vaticano nella collaborazione con i peggiori regimi dittatoriali che hanno insanguinato l'America Latina all'incidente stradale di Berlinguer in Bulgaria: un banale scontro di automezzi o il tentativo di assassinare un leader di indiscusso carisma che, però, non piaceva a troppi? 

Henry KissingerHenry KissingerQuesti documenti che oggi pubblica WikiLeaks e che riguardano gli anni dal '73 al '76 sono stati desecretati dallo stesso governo degli Stati Uniti. Quello che l'organizzazione di Assange ha fatto è stato assemblarli in un potente database costruito dal gruppo e ricercabile per parole chiave, dove è possibile trovare sia 1.707.499 di file dal 1973 al 1976 (che il gruppo ha ribattezzato "The Kissinger Cables"), sia i 251287 cablo segreti che vanno dal 2002 al 2010 ("Cablegate") pubblicati da WikiLeaks per la prima volta nel novembre 2010: una mossa che scatenò la reazione infuriata della Casa Bianca, di Hillary Clinton e del Pentagono, perché quei cablogrammi tanto recenti non erano mai stati desecretati dal governo americano, che di fatto ancora oggi, a fini legali, li considera documenti riservati, nonostante siano in rete e siano finiti sulle pagine dei giornali di tutto il mondo.

Mettendo insieme in un avveniristico database i file di Kissinger e i cablo degli anni 2000, l'organizzazione di Assange ha creato una grande libreria pubblica della diplomazia Usa: "PlusD", ovvero la "WikiLeaks' Public Library of the United States Diplomacy", uno strumento preziosissimo che da oggi in poi permette a chiunque di cercare i documenti che vuole, senza filtri o senza avere abilità particolari.

Questa operazione è ancora più importante se si considera che gli Stati Uniti si riservano comunque la facoltà di poter secretare di nuovo anche i documenti che il loro stesso governo ha desecretato, togliendoli dal dominio pubblico, se ritengono che le informazioni in essi contenute possono danneggiare gli interessi degli Stati Uniti. Come è successo, per esempio, nel 2006, quando l'amministrazione Bush ha deciso improvvisamente di secretare oltre 55mila dossier che, in molti casi, erano stati diffusi ormai da anni, e il cui contenuto era anche finito in libri e articoli di stampa. Un'operazione che può sembrare paradossale, ma come conferma a l'Espresso il guru della segretezza, l'americano Steven Aftergood: «Sotto certe condizioni, i documenti rilasciati pubblicamente possono essere secretati di nuovo».

Con questa libreria di WikiLeaks, i documenti non potranno più essere sottratti al pubblico dominio. E le storie che lasciano affiorare sull'Italia e il Vaticano permettono di riallacciare i fili di un passato di trame, scandali, sotterfugi, influenze che tiene ancora il Paese sotto scacco.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/wikileaks-le-trame-ditalia/2204227

lunedì 19 novembre 2012

PERCHE' ISRAELE ATTACCA DI NUOVO LA STRISCIA DI GAZA ? - Gaetano Colonna



Per chi si occupa di Medio Oriente, l'impressione è che la nuova offensiva israeliana contro Gaza non ha come scopo reale quello che le forze armate ed il governo israeliano stanno dichiarando con enfasi e che i media occidentali accettano con grande naturalezza.

Israele è infatti oggi assai meglio protetto contro i missili di quanto lo sia mai stato in precedenza: l'installazione del sistema anti-missile Iron Dome ha fornito allo Stato ebraico un ulteriore potenziamento dei propri sistemi di difesa passiva.

Anche per questo, il rischio effettivo costituito dal lancio dei razzi dalla Striscia di Gaza non si è mai tradotto in un pericolo strategico per Israele, com'è dimostrato dal numero delle vittime: 21 israeliani uccisi in totale negli ultimi undici anni, rispetto agli oltre 2.300 Palestinesi uccisi nello stesso periodo.

D'altra parte Israele, dalla fine dell'operazione Piombo Fuso del dicembre di quattro anni fa, ha sempre esercitato con estrema durezza il suo controllo militare nell'area, intervenendo costantemente con sanguinosi attacchi, più o meno mirati, contro gli uomini di Hamas e delle altre fazioni, come avvenuto il 22 e 23 ottobre scorsi (7 vittime fra i palestinesi), il 10 settembre scorso (4 palestinesi uccisi) e il 5 agosto scorso (1 palestinese ucciso).

Hamed Jabari stava trattando? 

Ma c'è qualcosa che non convince anche nell'episodio che ha dato inizio all'offensiva, l'uccisione dell'uomo forte di Hamas a Gaza, quell'Hamed Jabari che i media di tutto il mondo si sono affrettati a presentare, sulla scorta di quanto dichiaravano i portavoce delle forze armate israeliane, il capo militare di Hamas. In realtà, una voce non sospetta, il giornale israeliano Haaretz, riportava lo scorso 15 novembre le dichiarazioni di Gershon Baskin, un pacifista israeliano che ha partecipato alle trattative per il rilascio del soldato Gilad Shalid: secondo Baskin, Jabari era al centro di contatti con Israele, mediati dall'Egitto, tanto che avrebbe ricevuto, poche ore prima di essere ucciso, la bozza di un accordo di tregua permanente, "che comprendeva i meccanismi per mantenere il cessate-il-fuoco anche nel caso di una recrudescenza di ostilità fra Israele e le diverse fazioni palestinesi nella Striscia di Gaza". 

Addirittura, secondo la dettagliata ricostruzione che Baskin ha fatto ad Haaretz della trattativa in corso, Jabari sarebbe stato pronto a questo accordo sulla base della considerazione della crescente inutilità del lancio di razzi contro Israele.

Che potesse esserci in corso una qualche forma di trattativa, d'altra parte, lo si potrebbe anche dedurre dalla visita, lo scorso 23 ottobre, dell'emiro del Qatar Hamad bin Khalifa, il primo capo di Stato di un paese arabo a venire a visitare la Striscia di Gaza ed il governo di Hamas, con l'ovvio consenso dello Stato ebraico, dato che, non possiamo dimenticarlo, la Striscia di Gaza si trova dal punto di vista internazionale tuttora sotto occupazione israeliana, nonostante il ritiro delle truppe occupanti avvenuto nel 2005: ricorda infatti Gilles Paris su Le Monde che Israele "continua a controllare la stragrande maggioranza delle frontiere terrestri, la totalità della linea costiera (con uno spazio minimo lasciato alla pesca autorizzata) e la totalità dello spazio aereo" della Striscia.

Il fatto che Israele abbia permesso questo tutto sommato storico avvenimento, d'altra parte, fa pensare che l'emiro, sicuramente non sospetto di simpatie per l'Iran, avesse per obiettivo anche quello di accrescere il peso politico delle forze arabe anti-shiite a Gaza, in coerenza con quanto sta avvenendo in tutta l'area intorno ad Israele, Egitto e Libano in primo luogo.

Ma il clima generale mostrava altri sintomi interessanti, tra i quali giganteggia, per quanto trascuratissima dai media, la dichiarazione del 6 novembre scorso di Abu Mazen, come si sa presidente dell'Autorità Palestinese, che conteneva una ancor più storica apertura sulla questione del "diritto al ritorno" dei palestinesi, l'affermazione che sarebbe tornato nella sua città natale, Safed, da turista: un'apertura davvero ampia nel momento in cui, lo stesso giorno, Israele apriva invece le gare d'appalto per la costruzione di altri 1.200 alloggi negli insediamenti dei coloni israeliani a Gerusalemme est.

Israele deve impedire la pace in Medio Oriente

Difficile credere quindi che la preoccupazione israeliana sia rivolta alla minaccia dei razzi di Hamas. Come sempre, a nostro avviso, come già avvenuto nel dicembre 2008, lo scopo dello Stato ebraico è quella di evitare che si arrivi ad una definizione pacifica dei contenziosi che si vanno accumulando come non mai negli ultimi venti anni in Medio Oriente, per salvaguardare esclusivamente gli interessi strategici dello Stato ebraico, che oggi sono soprattutto due: evitare il completamento del processo di pace di Oslo, che Israele considera superato dai fatti, soprattutto in presenza di un fronte politico palestinese dilaniato dalla lotta fra Hamas e Olp; chiudere i conti con la questione iraniana. Non a caso, quindi, Israele colpisce in Palestina subito dopo la rielezioni di Obama, costringendo il presidente americano ad un immediato appoggio alla propria politica di "auto-difesa" che si traduce nella ripresa di violazioni gravissime del diritto internazionale, dati gli effetti di questa nuova operazione di guerra sulla popolazione civile della Striscia di Gaza, già ridotta in condizioni inimmaginabili dal conflitto del 2008. Così facendo, si spazza via non solo qualsiasi possibilità di mediazione con Hamas, ma anche di concedere un sia pur minimo spazio diplomatico all'Egitto di Morsi o ai Paesi arabi reazionari del Golfo. La prospettiva dei due Stati, l'interruzione della politica degli insediamenti nella Cisgiordania, la questione di Gerusalemme e quella, già ricordata, del "diritto al ritorno" vengono una volta ancora travolte da una nuova operazione israeliana.

Ma la questione dell'Iran, rimane quella centrale. L'Iran è in situazione estremamente difficile, per la perdita dell'ultimo alleato possibile, la Siria di Assad, alla cui guerra civile si collega anzi il rischio di un coinvolgimento in una "libanizzazione" che si estenderebbe dalla costa mediterranea al confine della Persia, con uno stillicidio di forze che non potrebbe recare alcun beneficio al regime degli ayatollah. L'Iran è in crisi interna, come dimostra il recente durissimo scambio di lettere fra il presidente Mahmoud Ahmadinejad ed il capo del potere giudiziario Sadegh Larijani, una disputa in cui Ahmadinejad ha finito per attaccare apertamente la stessa guida suprema, Ali Khamenei (che ha preso le parti di Larijani), rilevando, non a torto, che mentre Ahmadinejad è stato "eletto dal popolo", Khamenei no - un attacco che evidenzia la diversa concezione politica di fondo delle due massime autorità iraniane. L'Iran è poi in crisi dal punto di vista economico, poiché la sua moneta, il rial, ha perso in un anno il 75% del suo valore, come hanno evidenziato le preoccupate dichiarazioni di molti esponenti religiosi ed economici iraniani ai primi di ottobre che hanno accusato l'Occidente di condurre una vera e propria guerra economica contro il Paese. 

Kissinger, Obama e Pillar of Defense

Sono le ragioni che possono spiegare il tentativo iraniano di aprire una trattativa diretta con gli Usa, di cui la stampa statunitense ha dato notizie fin dallo scorso 20 ottobre. Una prospettiva di cui si è da ultimo occupato Henry Kissinger sul Washington Post del 16 novembre, in un articolo diretto al neo-eletto presidente Obama nel quale definiva quella iraniana la "questione più urgente che il presidente deve affrontare". Kissinger conclude in maniera molto chiara: "Perché negoziare con un paese che ha dimostrato una tale ostilità ed evasività? Proprio perché la situazione è così tesa. La diplomazia può ottenere come risultato un accordo accettabile. Oppure il suo fallimento mobiliterà il popolo americano ed il mondo, rendendo chiare o le cause di una escalation della crisi fino al livello di una pressione militare, oppure quelle di una sostanziale acquiescenza al programma nucleare iraniano. Qualunque sia il risultato, esso esigerà la volontà di guardare fino in fondo alle sue implicazioni finali. Non ci possiamo permettere un altro disastro strategico".

Precisamente nelle parole di Kissinger risiede a nostro avviso la motivazione della nuova iniziativa militare di Israele: chiudere il varco a qualsiasi trattativa per una sistemazione stabile del Medio Oriente, mantenere alta la tensione sul problema iraniano e, forse, creare le pre-condizioni per quella "escalation della crisi fino al livello di una pressione militare" di cui parla l'ex-segretario di stato americano. Basta poco, in un nuovo clima di guerra come quello che Israele ha aperto in Palestina, perché si aprano possibilità di chiudere anche la partita iraniana: potrebbe essere il nuovo rapporto dell'AIEA, sul quale filtrano indiscrezioni che avvalorano le analisi israeliane di poche settimane perché l'Iran arrivi alla capacità di produrre materiale fissile di uso militare; basta che un nuovo drone, come avvenuto qualche settimana fa, sorvoli i cieli israeliani; basta un'intensificazione della tensione al confine con il Libano, o con la Siria.

Una cosa per noi è certa: non sono i missili di Hamas, l'obiettivo di questa campagna. Per questo, bisognerà prenderla molto sul serio, più di quanto non stiano facendo i media occidentali.

Gaetano Colonna

18.11.2012


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11106

venerdì 28 settembre 2012

KISSINGER, UN CRIMINALE DI GUERRA AL QUIRINALE CON NAPOLITANO. - Gianni Lannes



Se Heinz Albert non fosse il maggiore sospettato in qualità di mandante diretto dell’omicidio di Aldo Moro e della strage della sua scorta, le 5 fotografie attualmente in bella mostra sul sito del Quirinale, dell’ex segretario di Stato Usa a colloquio sorridente con il presidente della Repubblica uscente, Giorgio Napolitano, non avrebbero rilievo politico e sociale. 
Ma c’è di più, Henry il potente boss politico - al servizio di ben due presidenti Usa (Nixon & Ford) è pure ricercato a livello internazionale: infatti, tempo fa, è dovuto fuggire dall’Irlanda dove la polizia stava per arrestarlo in seguito ad una segnalazione di attivisti per i diritti civili. Nel 2001, mentre Kissinger si trovava a Parigi, gli è stato recapitato un mandato di comparizione emanato dal giudice LeLoire per testimoniare sulla scomparsa di cittadini francesi in Cile durante l’era dittatoriale del suo socio generale Pinochet. Invece di presentarsi al magistrato, Kissinger ha preferito fuggire in tutta fretta. Lo stesso ex segretario di Stato USA, vanta una denuncia per concorso nell’omicidio del comandante militare cileno Renè Schneider. Nel 2001 il giudice argentino Rodolfo Corral ha emesso nei suoi confronti un mandato di comparizione per la presunta complicità nell’ ”Operazione Condor”. Ad Henry Kissinger - già membro della Trilateral Commission e del Club Bilderberg - sono imputabili crimini contro l'umanità. L'11 settembre 1973 Kissinger ebbe un ruolo di sostegno attivo ordinando l'utilizzo di caccia statunitensi per mettere a segno il colpo di Stato militare di Augusto Pinochet contro il presidente socialista cileno Salvador Allende, eletto democraticamente. Relativamente ancora poca cosa rispetto alle accuse a ragion veduta dello sterminio di milioni di persone in vari continenti per assicurare il dominio Usa. Nello Stivale nessuno si scandalizza se piomba un macellaio - ombra nera della Cia - che ha trascorso la vita tra affari e genocidi su commissione e detta ancora legge nel nostro Paese a sovranità azzerata.
Impunemente l’ex braccio destro di Nixon atterra in Italia e viene addirittura ricevuto in pompa magna a Villa Madama dal sodale Napolitano che lui stesso definisce “My favorite communist”. In questa tenuta di rappresentanza del ministero degli Esteri, un’associazione privata nord-americana - l’Aspen Institute - ha organizzato una conferenza. Le accuse ad Henry Kissinger si sono fatte molto pesanti, almeno all’estero, come indiscutibilmente è altrettanto forte la richiesta di molti illustri personaggi di revocare il premio Nobel assegnatogli indebitamente nel 1973. E’ certo però che se l’ex Segretario di Stato americano lanciò frasi riguardanti il golpe cileno di questa portata: «Non si può permettere che il Cile diventi marxista, per il semplice motivo che la sua popolazione è irresponsabile» le riflessioni diventano obbligatorie anche da noi. Cile, Uruguay, Argentina almeno a pelle, sangue, dna e storia non ci sono indifferenti come, il Pakistan, l’Indonesia e Timor Est.



Delitto Moro - Nel 1982 grazie alla testimonianza giurata in sede giudiziaria di Corrado Guerzoni (collaboratore di Moro) - prontamente rimossa e dimenticata dagli addetti ai lavori di pulizia ed ignota alla coscienza collettiva - l’Italia e l’Europa (ma non gli Stati Uniti) appresero che Kissinger era dietro la morte di Aldo Moro. Sicuro nella sua posizione di membro della più potente fra le società segrete del mondo, il tedesco Kranz non solo terrorizzò Moro, ma portò avanti le sue minacce di far “eliminare” l’uomo politico pugliese se non avesse rinunciato al progetto di far progredire l’economia e l’industria in Italia.

Nel giugno e luglio di 30 anni fa, la moglie di Aldo Moro, Eleonora Chiavarelli Moro, testimoniò in tribunale che l’assassinio del marito fece seguito a serie minacce di morte, esercitate da colui che lei definì «una figura politica americana di alto livello». La signora Eleonora Moro ripeté la stessa frase attribuita ad Henry Kissinger nella testimonianza giurata di Guerzoni: «O tu cessi la tua linea politica oppure pagherai a caro prezzo per questo». Richiamato dai giudici, a Guerzoni fu chiesto se poteva identificare la persona di cui aveva parlato la signora Moro. Guerzoni confermò che si trattava di Henry Kissinger, come d’altra parte aveva precedentemente dichiarato. Il giornalista Guerzoni spiegò in tribunale come Kissinger fece le sue minacce ad Aldo Moro in una stanza d’albergo durante una visita ufficiale di alcuni leader italiani. Secondo Guerzoni, Moro, che solo in seguito divenne Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, era un uomo di prim’ordine, uno che non si sarebbe mai piegato a minacce ed avvertimenti di stile mafioso. Moro era accompagnato nella sua visita agli Usa dal Presidente della Repubblica in carica. Kissinger era un importante agente del RIIA, un membro del CFR e del Club di Roma.

Ecco come l’analista John Coleman ha ricostruito e documentato l’eliminazione di Moro ed il coinvolgimento di Kissinger, nel libro THE STORY OF THE COMMITTEE OF 300 (pubblicato nel 1992 e mai tradotto in Italia).

«Aldo Moro fu un leader che si oppose alla “crescita zero” e alla riduzione della popolazione pianificata dal NWO per l’Italia, per questo incorrendo nelle ire del Club di Roma, un’entità creata dagli Olympians della Commissione dei 300 per portare a compimento le sue politiche. In un tribunale di Roma, un amico intimo di Aldo Moro, il 10 di Novembre del 1982, testimoniò che l’ex Presidente del Consiglio fu minacciato da un agente della RIIA (Istituto Reale per gli Affari Internazionali) – che era anche membro della Commissione dei 300 – mentre era il Segretario di Stato USA in carica. Quest’uomo era Henry Kissinger . Moro fu rapito dalle Brigate Rosse nel 1978 ed in seguito assassinato brutalmente. Fu al processo alle Brigate Rosse che diversi di loro testimoniarono che erano a conoscenza di un coinvolgimento degli USA ai massimi livelli nel complotto per uccidere Aldo Moro. Mentre minacciava Moro, Kissinger stava agendo non in qualità di rappresentante della politica estera degli Stati Uniti, ma piuttosto secondo le istruzioni ricevute dal Club di Roma, il braccio che si occupava della politica estera della Commissione dei 300».

Nella sua esposizione di questo atroce crimine, Coleman dimostrò come Aldo Moro, un leale membro del partito della Democrazia Cristiana, fu ucciso da assassini controllati dalla loggia Massonica P2 con l’obiettivo di riportare l’Italia in linea con i piani del Club di Roma per deindustrializzare il paese e ridurre in modo considerevole la sua popolazione. Il piano di Moro di stabilizzare l’Italia attraverso la piena occupazione e la pace industriale e politica avrebbe da una parte rafforzato l’opposizione cattolica al comunismo e dall’altra reso la destabilizzazione del Medio Oriente molto più difficile. L’Italia fu scelta come paese-test dalla Commissione dei 300. L’Italia è importante per i piani dei cospiratori perché è il paese occidentale avente rapporti politici ed economici col Medio Oriente più vicino a tale area. Inoltre ospita alcune delle famiglie della Nobiltà Nera più potenti d’Europa. Se l’Italia fosse uscita indebolita dall’affaire Moro, ci sarebbero state ripercussioni anche nel Medio Oriente, e questo avrebbe indebolito l’influenza degli USA nella regione. L’Italia è importante anche per un’altra ragione: è la porta d’ingresso in Europa della droga proveniente dall’Asia e dal Libano.

Vari gruppi si sono aggregati sotto la bandiera del “socialismo” da quando si formò ufficialmente il Club di Roma (Aurelio Peccei) nel 1968. Fra questi, la Nobiltà Nera di Venezia e Genova, la loggia Massonica P2 e le Brigate Rosse, tutti operanti per i medesimi scopi. Investigatori della Polizia a Roma che operavano nel caso di Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse incapparono nei nomi di diverse potenti famiglie italiane che operavano in modo stretto con i terroristi. La Polizia scoprì anche che in almeno una dozzina di casi, queste potenti famiglie bene in vista avevano messo a disposizione le loro case o proprietà come covi sicuri per le Brigate Rosse.

La “nobiltà” finanziaria internazionale opera analogamente per distruggere la Repubblica Italiana, ed un grande apporto è stato offerto da Richard Gardner anche nel periodo in cui svolgeva il ruolo di ambasciatore del presidente Carter a Roma. Non a caso la recensione di Giorgio Napolitano al libro di Gardner (Mission: Italy) - che “re Giorgio” chiama affettuosamente “Dick” - è stata pubblicata proprio dalla rivista Aspenia (numero 27, anno 2004) è oltremodo illuminata. Insomma, tutto torna prima o poi, basta dare un’occhiata ai contenuti reali senza farsi confondere dagli abbagli. Nel Gruppo dei 300 figurano anche gli italiani Giovanni Agnelli, Umberto Ortolani (il vero deus ex machina della P 2) e Carlo De Benedetti.




16 marzo 1978 - «49 dei 92 proiettili che furono ritrovati in via Fani erano ricoperti da una particolare vernice a lunga conservazione - specifica l’esperto storico Gianni Cipriani - ed erano senza la data di fabbricazione. La prima perizia parlò di proiettili in uso a forze armate non convenzionali».

Colpì la geometrica potenza. Le brigate rosse non avevano la forza né la capacità di portare a termine un sequestro militarmente così complesso. Si trattava di un’organizzazione fatta da giovani con poca o scarsa esperienza bellica. A parte gli infiltrati dei servizi segreti, addestrati a Capo Marrargiu in una base di Gladio. E poi un rapimento in pieno giorno nel centro di Roma, nella primavera del 1978, tutte le sue guardie del corpo freddate in pozze di sangue. Inverosimile.

Federico Umberto Valerio, a capo per decenni dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, nonché fondatore, anzi “padrino” (come amava ricordare e farsi chiamare) del Club di Berna - che riunisce i servizi segreti europei, elvetici ed Usa - si è vantato che «Le brigate rosse erano ampiamente infiltrate». Inoltre, tutti i componenti delle br erano noti agli ambiti di comando superiore di carabinieri, polizia e servizi segreti.

Lo storico dell’intelligence italiana, Gianni Cipriani così argomenta: «Valerio Morucci il brigatista che fu arrestato non molto temo dopo l’eliminazione di Aldo Moro aveva un’agenda piena di documenti e di numeri di telefono con annotazioni molto riservate. E tra queste, quella del generale Giovanni Romeo a che era capo dell’Ufficio D del Sid, cioè l’ufficio più importante durante il sequestro. E’ stato proprio il generale che nel 2001 in Commissione Stragi ha parlato in maniera chiara della presenza di agenti dei servizi segreti all’interno delle brigate rosse». Anzi, la mattina dell’agguato sul luogo della mattanza c’era il colonnello Guglielmi dell’ufficio sicurezza interna (già addestratore di Capo Marrargiu) che interrogato in seguito ha dichiarato una cosa piuttosto singolare. Vale a dire di “essere stato invitato a pranzo da un amico alle nove del mattino”.

Anche a Giovanni Galloni - certo non l’ultimo arrivato - tornò in buona fede la memoria parecchio tempo dopo. Così riporta il settimanale L’Espresso (14 maggio 2007): «Ci sono dei fatti nuovi da scoprire e da introdurre», dice Galloni, «perché non tutte le cose su Moro sono state dette, soprattutto quelle che riguardano la sua fine». Perché solo adesso? Perché, a quasi trent'anni di distanza dalla strage di via Fani e dal ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio della famosa R4 rossa, l'ultraottantenne Giovanni Galloni avverte la necessità di riaprire questo capitolo della storia italiana e, soprattutto, della Democrazia Cristiana di cui entrambi furono esponenti di primissimo piano? Gli aspetti ancora nell'ombra, per Galloni, sono soprattutto due: «Le quattro sentenze che ci sono state sulla morte di Moro non hanno soddisfatto la magistratura. Una parte di quei magistrati, compreso il fratello di Moro, mi ha detto di aver rifiutato i verdetti dei tribunali. Sono convinti che le Br abbiamo negato di avere avuto alle loro spalle altri esecutori solo per ottenere degli sconti di pena, che ci sono stati. E ora anche questo va chiarito».

Henry Kissinger è anche proprietario della Kissinger Associates, una società che offre consulenze e contatti a multinazionali e società in genere e che annovera, o ha annoverato tra la sua clientela, le più grandi industrie mondiali come la Coca-Cola, la Daewoo, l’American Express, l’Anheuser-Bush, la Banca nazionale del Lavoro, la Fiat; particolarmente riconoscente alla K.A. è la Freeport McMoran, una società mineraria che ha in gestione la più grande miniera d’oro al mondo e che si trova a Grasberg in Irian Jaya (la parte occidentale della Nuova Guinea annessa dagli indonesiani).

A 34 anni dall’assassinio dello statista Aldo Moro le carte sono ancora vergognosamente coperte dal segreto, in palese violazione della legge 124 dell’anno 2007 che aveva stabilito il limite temporale di 30 anni alla consultazione libera. Ed il generale Dalla Chiesa ci ha rimesso la pelle insieme alla moglie, esattamente dopo le conferme e rivelazioni in tribunale sulle minacce di Kissinger a Moro.

Allora Monti sarà possibile conoscere almeno la verità sulla fantomatica seduta spiritica nella quale venne fatto il nome di Gradoli? Sarebbe l'unica volta che abbia avuto successo di cui si ha conoscenza. Ed è tutto agli atti delle commissioni parlamentari d'inchiesta, ma nessuno all'epoca andò a controllare seriamente in via Gradoli a Roma, proprio dove era prigioniero il presidente Moro. Romano Prodi quando si deciderà a svelare la fonte che gli ha parlato di Gradoli? Quanti italiani sanno che Prodi ha dichiarato in due commissioni d'inchiesta parlamentari che questo nome è venuto fuori dal gioco del piattino a Bologna?

domenica 16 settembre 2012

Henry Kissinger: “Se non riesci a sentire i tamburi di guerra allora devi essere sordo”.



NEW YORK – Stati Uniti – Con una notevole ammissione l’ex Segretario di Stato dell’era Nixon, Henry Kissinger, rivela ciò che sta accadendo in questo momento nel mondo e in particolare in Medio Oriente. Parlando dal suo lussuoso appartamento di Manhattan, l’anziano statista, che compirà 89 anni a maggio, con l
a sua analisi della situazione attuale, è molto più avanti del forum mondiale di geo-politica ed economia.

di Alfred Heinz - Daily Squib (giornale satirico)

“Gli Stati Uniti stanno tenendo a freno Cina e Russia, e l’ultimo chiodo nella bara sarà l’Iran, che è, naturalmente, l’obiettivo principale di Israele. Abbiamo permesso alla Cina di aumentare la sua forza militare e alla Russia di riprendersi dalla sovietizzazione, per dare loro un falso senso di spavalderia, questo creerà un crollo più veloce per tutti loro insieme. Siamo come un tiratore sveglio che sfida l’inesperto a prendere la pistola, ma quando ci prova, è bang bang. La prossima guerra sarà così grave che una sola superpotenza può vincere, e siamo noi gente. È per questo che l’UE ha tanta fretta di formare un superstato completo perché sanno che sta arrivando, e per sopravvivere, l’Europa dovrà essere un unico stato coeso. La loro urgenza mi dice che loro sanno benissimo che la grande resa dei conti è alle porte. Oh quanto ho sognato questo momento delizioso. “

“Chi controlla il petrolio controlla le nazioni, chi controlla il cibo controlla il popolo”.

Il Signor Kissinger ha poi aggiunto: “Se sei una persona comune, allora puoi prepararti per la guerra spostandoti verso la campagna e mantenendo una fattoria, ma devi portare con te le armi, perchè ci saranno in giro orde di affamati. Inoltre, anche se l’elite avrà i suoi ripari e rifugi speciali, deve essere altrettanto attenta durante la guerra, come i civili semplici, perché anche i loro rifugi possono essere compromessi”.

Dopo una pausa di alcuni minuti per raccogliere i suoi pensieri, il signor Kissinger, ha continuato:

“Abbiamo detto ai militari che avremmo dovuto prendere più di sette paesi del Medio Oriente per le loro risorse e hanno quasi completato il loro lavoro. Sappiamo tutti cosa penso dei militari, ma devo dire che questa volta hanno obbedito anche troppo. Resta solo l’ultimo gradino, cioè l’Iran che sarà davvero l’ago della bilancia. Per quanto tempo la Cina e la Russia possono stare a guardare mentre l’America fa il repulisti? Il grande orso russo e la falce cinese saranno risvegliati dal loro sonno e questo accadrà quando Israele dovrà combattere con tutte le sue forze e le sue armi per uccidere più arabi che può. Se tutto andrà bene come speriamo, la metà del Medio Oriente sarà Israeliano. I nostri giovani sono stati addestrati bene più o meno nell’ultimo decennio sulle console dei giochi da combattimento, è stato interessante vedere il nuovo gioco Call of Duty Modern Warfare 3, che rispecchia esattamente ciò che avverrà nel prossimo futuro con la sua programmazione predittiva. I nostri giovani, negli Stati Uniti e in Occidente, vengono preparati perché sono stati programmati per essere buoni soldati, carne da cannone, e quando gli sarà ordinato di uscire in strada e combattere quei pazzi Cinesi e Russi, obbediranno agli ordini. Dalle ceneri noi costruiremo una società nuova, resterà solo una superpotenza, e sarà il governo mondiale che vince. Non dimenticare, gli Stati Uniti, hanno le armi migliori, abbiamo roba che nessun altra nazione ha, e diffonderemo quelle armi nel mondo, quando sarà il momento giusto.”

Fine del colloquio. Il nostro giornalista viene scortato fuori dalla stanza dal sorvegliante di Kissinger.




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