venerdì 11 maggio 2018

Storia: La Giornata della Vittoria russa. - Michael Jabara Carley

(o la storia della Seconda Guerra Mondiale che non si sente spesso in Occidente).

La Giornata della Vittoria russa (o la storia della Seconda Guerra Mondiale che non si sente spesso in Occidente)

Ogni 9 maggio la Federazione Russa celebra la sua festa nazionale più importante, la Giornata della Vittoria, il den’ pobedi.

Durante le prime ore di quel giorno nel 1945 il Maresciallo Georgij Konstantinovič Žukov, comandante del 1° Fronte bielorusso, che aveva preso d’assalto Berlino, ricevette la resa incondizionata tedesca. La Grande Guerra Patriottica era andata avanti per 1418 giorni di inimmaginabile violenza, brutalità e distruzione. Da Stalingrado e dal Caucaso settentrionale e dalla periferia nord-occidentale di Mosca alle frontiere occidentali dell’Unione Sovietica a Sebastopoli nel sud e Leningrado e ai confini con la Finlandia, nel nord, il paese era stato devastato. Si stima che 17 milioni di civili, uomini, donne e bambini, siano morti, anche se nessuno conoscerà mai la cifra esatta. Villaggi e città furono distrutti; famiglie vennero spazzate via senza che nessuno le ricordasse o piangesse la loro morte.

Most Soviet citizens lost family members during the war. No one was left unaffected.

La maggior parte dei cittadini sovietici perse membri della propria famiglia durante la guerra. Nessuno rimase indenne.

Dieci milioni o più di soldati sovietici morirono nella lotta per espellere il mostruoso invasore nazista, e infine occupare Berlino alla fine di aprile 1945. I morti dell’Armata Rossa furono lasciati insepolti in mille luoghi lungo i percorsi verso ovest o in fosse comuni non segnate, non essendoci il tempo per una corretta identificazione e sepoltura. La maggior parte dei cittadini sovietici perse i membri della famiglia durante la guerra. Nessuno rimase indenne.
La Grande Guerra Patriottica iniziò alle 3:30 del mattino, il 22 giugno 1941, quando la Wehrmacht nazista invase l’Unione Sovietica lungo un fronte che si estendeva dal Baltico al Mar Nero con 3,2 milioni di soldati tedeschi, organizzati in 150 divisioni, sostenuti da 3.350 carri armati, 7.184 pezzi di artiglieria, 600.000 camion, 2.000 aerei da guerra. Le forze finlandesi, italiane, romene, ungheresi, spagnole, slovacche, tra gli altri, alla fine si unirono all’attacco. L’alto comando tedesco calcolò che l’Operazione Barbarossa avrebbe impiegato solo 4-6 settimane per finire l’Unione Sovietica. In occidente, l’intelligence militare statunitense e quella britannica concordavano. Inoltre, quale forza aveva mai battuto la Wehrmacht? La Germania nazista era il colosso invincibile; la Polonia era stata distrutta in pochi giorni; il tentativo anglo-francese di difendere la Norvegia fu un fiasco; quando la Wehrmacht attaccò ad ovest, il Belgio si affrettò a lasciare il combattimento; la Francia crollò in poche settimane; l’esercito britannico venne cacciato da Dunkerque senza più nulla, senza armi da fuoco o camion; nella primavera del 1941, la Jugoslavia e la Grecia scomparvero nel giro di poche settimane a poco prezzo per gli invasori tedeschi.

The Red Army’s losses were unimaginable, two million soldiers lost in the first three and a half months of the war.

Le perdite dell’Armata Rossa furono inimmaginabili, nei primi tre mesi e mezzo di guerra morirono due milioni di soldati.

Ovunque la Wehrmacht avanzasse in Europa, era una passeggiata… Fino al giorno in cui i soldati tedeschi attraversarono le frontiere sovietiche. L’Armata Rossa fu colta di sorpresa, nel bel mezzo di misure di mobilitazione, perché il dittatore sovietico Josif Stalin non credeva agli avvertimenti di pericolo della sua stessa intelligence, ma che fosse una provocazione della Germania hitleriana. Il risultato fu una catastrofe. Ma a differenza della Polonia e diversamente dalla Francia, l’Unione Sovietica non abbandonò il combattimento dopo le previste 4 o 6 settimane. Le perdite dell’Armata Rossa furono inimmaginabili: nei primi tre mesi e mezzo di guerra morirono due milioni di uomini. Le province baltiche andarono perse. Smolensk cadde, e poi Kiev, nella peggiore sconfitta della guerra. Leningrado era circondata. Un vecchio chiese ad alcuni soldati: “Da dove vi state ritirando?” Ci furono sventure ovunque, troppo numerose da menzionare. Ma in luoghi come la Fortezza di Brest e in centinaia di campi e boschi senza nome, incroci stradali e villaggi e città, le unità dell’Armata Rossa combatterono spesso fino all’ultimo soldato. Combatterono per uscire dell’accerchiamento per ricongiungersi alle proprie linee o per sparire nelle foreste e nelle paludi della Bielorussia e dell’Ucraina nordoccidentale, per organizzare le prime unità partigiane ad attaccare la retroguardia tedesca. Alla fine del 1941, tre milioni di soldati sovietici erano morti (principalmente prigionieri di guerra che morirono in mani tedesche); 177 divisioni furono cancellate dall’ordine di battaglia sovietico. Tuttavia, l’Armata Rossa combatté, perfino respingendo i tedeschi a Yelnya, a sud est di Smolensk, alla fine di agosto. La Wehrmacht sentì il morso dell’Armata Rossa malconcia, ma non sconfitta. Le forze tedesche stavano subendo 7000 vittime al giorno, un’esperienza nuova per loro.

At places like the fortress of Brest, Red Army units fought on often to the last soldier.

In luoghi come la Fortezza di Brest, le unità dell’Armata Rossa combatterono spesso fino all’ultimo uomo. La scritta recita, in russo, “Muoio ma non mi arrendo. Addio, patria”.

Mentre la Wehrmacht avanzava, gli Einsatzgruppen, gli squadroni della morte delle SS, seguivano, uccidendo ebrei, zingari, comunisti, prigionieri di guerra sovietici o chiunque si mettesse sulla loro strada. Collaborazionisti nazisti del Baltico e dell’Ucraina davano una mano negli omicidi di massa. Donne e bambini sovietici venivano denudati e costretti a fare la fila, in attesa dell’esecuzione. Quando arrivava il gelido inverno i soldati tedeschi sparavano agli abitanti del villaggio o li cacciavano dalle loro case, vestiti di stracci come mendicanti, derubandoli dei focolari, dei vestiti invernali e del cibo.
A occidente coloro che avevano predetto un rapido collasso sovietico, i soliti sovietofobi occidentali, vennero buggerati e dovettero rimangiarsi le loro previsioni. L’opinione pubblica capì che la Germania hitleriana era entrata in un pantano, non in un’altra campagna di Francia. Mentre l’uomo comune britannico plaudiva la resistenza sovietica, il governo britannico fece relativamente poco per aiutare. Alcuni ministri del governo erano persino restii a definire alleata l’Unione Sovietica. Churchill si rifiutò di lasciare che la BBC suonasse l’inno nazionale sovietico, l’Internazionale, la domenica sera insieme a quelli degli altri alleati.

Western public opinion understood that Hitlerite Germany had walked into a quagmire, not another campaign in France.

L’opinione pubblica occidentale capì che la Germania hitleriana era finita in un pantano, la campagna di Francia non si sarebbe ripetuta.

L’Armata Rossa si ritirò ancora, ma continuò a combattere disperatamente. Non era una guerra normale, ma una lotta violenta senza precedenti contro un invasore omicida per la patria, la famiglia, il paese, per la vita stessa. A novembre l’Armata Rossa lanciò degli opuscoli sulle linee tedesche, che citavano Carl von Clausewitz, il teorico militare prussiano: “È impossibile mantenere o conquistare la Russia”. Era una vera spacconata in quelle circostanze, ma era anche la verità. Alla fine, davanti a Mosca, nel dicembre del 1941, l’Armata Rossa, sotto il comando di Žukov, respinse le truppe della Wehrmacht trecento chilometri a sud. L’immagine dell’invincibilità nazista fu distrutta. La Barbarossa era troppo ambiziosa, la blitzkrieg aveva fallito e la Wehrmacht subì la sua prima sconfitta strategica. A Londra Churchill accettò, a malincuore, di lasciare che la BBC suonasse l’inno nazionale sovietico.

The image of Nazi invincibility was shattered.

L’immagine dell’invincibilità nazista venne distrutta.

Nel 1942 l’Armata Rossa continuò a subire sconfitte e pesanti perdite, combattendo quasi da sola. Nel novembre di quell’anno a Stalingrado sul Volga, tuttavia, l’Armata Rossa lanciò una controffensiva, che portò ad un’importante vittoria e alla ritirata della Wehrmacht sulle sue linee di partenza nella primavera del 1942… Tranne che per la Sesta Armata tedesca, catturata nel kotel o calderone di Stalingrado. Lì, 22 divisioni tedesche, alcune delle migliori di Hitler, furono distrutte. Stalingrado fu la Verdun della Seconda Guerra Mondiale. “È un inferno”, disse un soldato. “No… questo è dieci volte peggio dell’inferno”, lo corresse qualcun altro. Alla fine dei combattimenti invernali del 1943, le perdite dell’Asse furono sbalorditive: 100 divisioni tedesche, italiane, romene, ungheresi furono distrutte o fatte a pezzi. Il Presidente degli Stati Uniti, Franklin Roosevelt, riconobbe che le sorti della guerra erano cambiate: la Germania hitleriana era condannata.

Women soldiers during the Battle of Stalingrad.
Donne soldato durante la Battaglia di Stalingrado.

Era il febbraio del 1943. In quel mese non c’era una sola divisione britannica, americana o canadese che combattesse in Europa contro la Wehrmacht. Non una. Allo sbarco in Normandia mancavano sedici mesi. Gli inglesi e gli americani stavano all’epoca combattendo due o tre divisioni tedesche in Nord Africa, uno spettacolo collaterale rispetto al fronte sovietico. L’opinione pubblica occidentale sapeva chi stava portando il fardello della guerra contro la Wehrmacht. Nel 1942, l’80% delle divisioni dell’Asse era schierato contro l’Armata Rossa. All’inizio del 1943 c’erano 207 divisioni tedesche sul fronte orientale. I tedeschi tentarono un’ultima spinta, un’ultima offensiva contro il saliente di Kursk nel luglio del 1943. Quell’operazione fallì. L’Armata Rossa quindi lanciò una controffensiva in tutta l’Ucraina, che portò alla liberazione di Kiev a novembre. Più a nord, Smolensk era stata liberata il mese prima.
Lo spirito del popolo sovietico e della sua Armata Rossa era formidabile. Il corrispondente di guerra Vasilij Semënovič Grossman ha catturato la sua essenza nei suoi diari personali. “Notte, tempesta di neve”, scrisse all’inizio del 1942, “Veicoli, artiglieria. Si stanno muovendo in silenzio. All’improvviso si sente una voce roca. “Ehi, qual è la strada per Berlino?” Un ruggito di risate”.

Western public opinion knew who was carrying the burden of the war against the Wehrmacht

L’opinione pubblica occidentale sapeva chi stava sopportando il peso della guerra contro la Wehrmacht.

I soldati non erano sempre coraggiosi. A volte scappavano. “Un commissario di battaglione armato di due revolver cominciò a gridare: “Dove state andando figli di puttana, dove? Avanzate, per la nostra Patria, per Gesù Cristo, figli di puttana! Per Stalin, figli di puttana!””… Tornarono alle loro posizioni. Quei compagni furono fortunati; il commissario avrebbe potuto spararli tutti. A volte lo faceva. Un soldato si offrì volontario per giustiziare un disertore. “Hai avuto pietà di lui?” Chiese Grossman. “Come si può parlare di pietà”, rispose il soldato. A Stalingrado sette uzbeki vennero riconosciuti colpevoli di autolesionismo. Vennero tutti fucilati. Grossman lesse una lettera trovata nella tasca di un soldato sovietico morto. “Mi manchi tanto. Per favore, vieni a trovarci… Sto scrivendo questo, e le lacrime si stanno riversando. Papà, per favore, torna a casa e facci visita”.
Le donne combattevano a fianco degli uomini come cecchini, artiglieri, carristi, piloti, infermiere partigiane. Mandavano anche avanti il fronte interno. “I villaggi sono diventati il regno delle donne”, scrisse Grossman, “Guidano trattori, fanno la guardia a magazzini e stalle… Le donne portano sulle loro spalle il grande fardello del lavoro. Dominano… mandano pane, aerei, armi e munizioni al fronte”. Quando la guerra arrivò sul Volga, non rimproverarono i loro uomini di aver rinunciato a tanto terreno. “Le donne guardano e non dicono niente”, scrisse Grossman, “…non una parola dura”. Ma nei villaggi vicino al fronte, a volte lo facevano.

It was just a matter of time before the destruction of Nazi Germany

La distruzione della Germania nazista era solo una questione di tempo.

Nel frattempo, gli alleati occidentali attaccarono l’Italia. Stalin aveva richiesto a lungo un secondo fronte in Francia, cosa alla quale Churchill oppose resistenza. Voleva attaccare il “ventre molle” dell’Asse non per aiutare l’Armata Rossa, ma per ostacolare la sua avanzata nei Balcani. L’idea era di avanzare rapidamente a nord dello stivale italiano, quindi dirigersi a est verso i Balcani per tenere fuori l’Armata Rossa. La strada verso Berlino era tuttavia a nord-est. Il piano di Churchill fu un fallimento; gli alleati occidentali non arrivarono a Roma fino al giugno del 1944. C’erano circa 20 divisioni tedesche in Italia che combattevano contro le forze alleate superiori di numero. Ad est c’erano ancora più di duecento divisioni dell’Asse, dieci volte quelle in Italia. Il 6 giugno 1944, quando l’Operazione Overlord ebbe inizio in Normandia, l’Armata Rossa si trovava sulle frontiere polacche e romene. Una quindicina di giorni dopo lo sbarco in Normandia, l’Armata Rossa lanciò l’Operazione Bagration, un’enorme offensiva che si incuneò nel centro del fronte orientale tedesco e portò ad un’avanzata di 500 chilometri verso ovest, mentre gli alleati occidentali erano ancora fermi sulla penisola normanna del Cotentin l’Armata Rossa era diventata una potenza inarrestabile. Era solo una questione di tempo prima della distruzione della Germania nazista. Quando la guerra finì nel maggio 1945, l’Armata Rossa aveva rappresentato la causa dell’80% delle perdite della Wehrmacht, e quella percentuale era molto più alta prima dell’invasione della Normandia. “Coloro che non hanno mai provato tutta l’amarezza dell’estate del 1941”, scrisse Vasilij Grossman, “non potranno mai apprezzare pienamente la gioia della nostra vittoria”. Le truppe e il popolo cantavano molti inni di guerra [in francese] per tenere alto il morale. Sviashchennaia voina, “La Guerra Sacra” era uno dei più popolari. I russi si alzano ancora in piedi quando lo sentono.
Gli storici spesso discutono su quando sia avvenuta la svolta decisiva della guerra nel teatro europeo. Alcuni propongono il 22 giugno 1941, il giorno in cui la Wehrmacht ha attraversato le frontiere sovietiche. Altri indicano le battaglie di Mosca, Stalingrado o Kursk. Durante la guerra l’opinione pubblica occidentale sembrava più favorevole all’Armata Rossa di alcuni leader occidentali, Winston Churchill, per esempio. Roosevelt era migliore, un leader politico più pragmatico, che riconosceva facilmente il ruolo preponderante dei sovietici nella guerra contro la Germania nazista. L’Armata Rossa, disse a un generale dubbioso nel 1942, stava uccidendo più soldati tedeschi e distruggendo più carri armati tedeschi di tutti gli altri alleati messi insieme. Roosevelt sapeva che l’Unione Sovietica era il fulcro della grande coalizione contro la Germania nazista. Io chiamo FDR il padrino della “grande alleanza”. Tuttavia, nell’ombra si nascondevano i soliti odiatori dell’Unione Sovietica, che stavano solo aspettando il loro momento prima di emergere di nuovo. Quanto maggiore era la certezza della vittoria sulla Germania nazista, tanto più rumorosi divennero gli oppositori della grande alleanza.
Gli americani possono essere suscettibili riguardo al ricordo dell’Armata Rossa che recita il ruolo principale nella distruzione della Wehrmacht. “Che ne dite della Legge Affitti e Prestiti”, dicono, “senza le nostre scorte, l’Unione Sovietica non avrebbe potuto sconfiggere i tedeschi”. In effetti, la maggior parte delle forniture della Legge Affitti e Prestiti non arrivarono nell’URSS fino a dopo Stalingrado. I soldati dell’Armata Rossa chiamavano scherzosamente il cibo arrivato tramite la Legge Affitti e Prestiti il “secondo fronte”, dato che quello vero tardava ad arrivare. Nel 1942 l’industria sovietica stava già surclassando la Germania nazista nelle principali categorie di armamenti. Il T-34 era un carro armato americano o sovietico? L’educato Stalin ricordava sempre di ringraziare il governo degli Stati Uniti per le jeep e gli autocarri Studebaker, perché avevano aumentato la mobilità dell’Armata Rossa. Dissero i russi, voi avete contribuito con l’alluminio, noi abbiamo contribuito con il sangue… fiumi di sangue.

The everyman in Europe and the United States knew very well who had carried the load against the Wehrmacht.

L’uomo comune in Europa Stati Uniti sapeva chi aveva retto l’urto della Wehrmacht.

Non appena la guerra finì, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti iniziarono a pensare ad un’altra guerra, questa volta contro l’Unione Sovietica. Nel maggio 1945 l’alto comando britannico ideò l’Operazione “Unthinkable”, un piano top secret per un’offensiva, rinforzata dai prigionieri di guerra tedeschi, contro l’Armata Rossa. Che bastardi ingrati. Nel settembre 1945, gli americani previdero l’uso di 204 bombe atomiche [in inglese] per distruggere l’Unione Sovietica. Il padrino, il Presidente Roosevelt, era morto in aprile, e in poche settimane i sovietofobi americani invertirono la sua politica. La grande alleanza fu solo una tregua in una Guerra Fredda che era iniziata dopo la presa del potere bolscevica nel novembre del 1917, e che riprese nel 1945.
In quell’anno i governi degli Stati Uniti e del Regno Unito dovettero ancora confrontarsi con l’opinione pubblica. L’uomo comune in Europa e negli Stati Uniti sapeva benissimo chi aveva sopportato il peso contro la Wehrmacht. Non si poteva riprendere la vecchia politica di odio contro l’Unione Sovietica così, senza cancellare la memoria del ruolo dell’Armata Rossa nella vittoria della Germania hitleriana. Così i ricordi del patto di non-aggressione nazi-sovietico dell’agosto del 1939 furono tirati fuori dall’armadio, anche se i ricordi della precedente opposizione anglo-francese [in inglese] alle proposte sovietiche di una sicurezza collettiva contro la Germania nazista, e specialmente del tradimento [in inglese] della Cecoslovacchia, vennero omesse dalla nuova narrativa occidentale. Come ladri nella notte, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti svaligiarono il vero resoconto della distruzione della Germania nazista.
Già nel dicembre 1939, gli inglesi pianificarono di pubblicare un libro bianco [in inglese] che incolpava Mosca per il fallimento dei negoziati per un’alleanza anglo-franco-sovietica durante la primavera e l’estate precedenti. I francesi obiettarono perché era più probabile che il libro bianco persuadesse l’opinione pubblica che la parte sovietica fosse stata seria riguardo alla resistenza alla Germania nazista mentre britannici e francesi non lo erano. Il libro bianco venne accantonato. Nel 1948 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti pubblicò una raccolta di documenti che attribuivano la colpa della Seconda Guerra Mondiale a Hitler e Stalin. Mosca replicò con una propria pubblicazione che dimostrava le affinità occidentali con il nazismo. Iniziò in Occidente la battaglia per far ricordare il Patto di Non-Aggressione dell’Unione Sovietica, e per dimenticare il ruolo preponderante dell’Armata Rossa nel distruggere la Wehrmacht.

By the end of the war, memories of the Nazi-Soviet non-aggression in August 1939 were brought out of the closet.

Alla fine della guerra vennero tirati fuori dal cassetto i ricordi del patto di non aggressione nazi-sovietico dell’agosto del 1939.

Quanti di voi non hanno visto un film di Hollywood che afferma che gli sbarchi in Normandia sono stati la grande svolta della guerra? “E se gli sbarchi fossero falliti?”, si sente spesso. “Oh… non sarebbe successo molto”, è la risposta appropriata. La guerra sarebbe durata più a lungo e l’Armata Rossa avrebbe piantato le sue bandiere sulle spiagge della Normandia provenendo da est. Poi ci sono i film sulla campagna di bombardamenti alleati contro la Germania, il fattore “decisivo” nel vincere della guerra. Nei film di Hollywood sulla Seconda Guerra Mondiale, l’Armata Rossa è invisibile. È come se gli americani (e gli inglesi) rivendicassero gli allori che non hanno guadagnato.
Mi piace chiedere agli studenti del mio corso universitario sulla Seconda Guerra Mondiale, chi ha sentito parlare di Overlord? Tutti alzano la mano. Poi chiedo chi ha sentito parlare dell’Operazione Bagration? Quasi nessuno alza la mano. Chiedo scherzosamente chi ha “vinto” la guerra contro la Germania nazista e la risposta è “l’America”, naturalmente. Solo pochi studenti, di solito quelli che hanno fatto altri corsi con me, risponderanno l’Unione Sovietica.
La verità è una strada in salita in un mondo occidentale dove le “bufale” sono la norma. L’OSCE e il Parlamento europeo danno la colpa della Seconda Guerra Mondiale all’Unione Sovietica, leggasi Russia e il presidente Vladimir Putin. Hitler è quasi dimenticato in questa baraonda di accuse prive di prove. Dietro il falso racconto storico ci sono gli Stati baltici, la Polonia e l’Ucraina, che vomitano odio per la Russia. I Paesi baltici e l’Ucraina ora ricordano i collaboratori nazisti come eroi nazionali e celebrano le loro azioni. In Polonia, per alcune persone, questo è difficile da digerire; si ricordano dei collaboratori nazisti ucraini che hanno assassinato decine di migliaia di polacchi in Volinia. Sfortunatamente, tali ricordi non hanno fermato i teppisti polacchi dal vandalizzare i monumenti alle vittime di guerra dell’Armata Rossa o dal dissacrare i cimiteri di guerra sovietici. I “nazionalisti” polacchi non sopportano la memoria dell’Armata Rossa che libera la Polonia dall’invasore nazista.

The veterans, fewer each year, come out wearing uniforms that often do not fit quite right or threadbare jackets covered with war medals and orders.

I veterani, sempre meno ogni anno, sfilano indossando uniformi non della loro misura o giacche logore ricoperte di medaglie di guerra e ordini militari.

In Russia, tuttavia, la propaganda mendace dell’Occidente non ha alcun effetto. L’Unione Sovietica, e anche la Federazione Russa, ha prodotto i suoi film sulla Seconda Guerra Mondiale, i più recenti sono sulla difesa della Fortezza di Brest e di Sebastopoli e sulla Battaglia di Stalingrado. Il 9 maggio di ogni anno i russi ricordano i milioni di soldati che hanno combattuto e sono morti, e i milioni di civili che hanno sofferto e sono morti per mano dell’invasore nazista. I veterani, sempre meno ogni anno, escono con uniformi che spesso non sono della loro misura o giacche logore coperte da medaglie di guerra e ordini militari. “Trattateli con tatto e rispetto”, scrisse Žukov nelle sue memorie: “È un piccolo prezzo dopo quello che hanno fatto per voi nel 1941-1945”. Come avete fatto, mi sono chiesto osservandoli nella Giornata della Vittoria di alcuni anni fa, come avete fatto a farcela, vivendo costantemente con la morte e con così tanto dolore e difficoltà?

An Immortal Regiment march in Moscow
Una marcia del Reggimento Immortale a Mosca.

Ora, ogni anno nella Giornata della Vittoria, marcia il “reggimento immortale”, il bessmertnyi polk; i russi nelle città di tutto il paese e all’estero marciano insieme portando grandi fotografie di membri della famiglia, uomini e donne, che hanno combattuto in guerra. “Ti ricordiamo”, vogliono dire, “e non ti dimenticheremo mai”.

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Articolo pubblicato su Strategic Culture il 9 maggio 2018.Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[le note in questo formato sono del traduttore]

Occupazione, «lavoro federale per tutti». La sinistra Usa riscopre Roosevelt. - Marco Valsania

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Gli Stati Uniti hanno un insolito problema occupazionale. Con il tasso dei senza lavoro ai minimi storici del 3,9%, alla ribalta sale oggi l’esercito di sotto-occupati e degli occupati marginali. Vale a dire, accanto ai 6,6 milioni di ufficialmente ancora senza busta paga, gli oltre dieci milioni di americani che sfuggono a restrittive statistiche ufficiali. 
Perché restano fuori dalla forza lavoro, incapaci di dimostrare d’aver cercato attivamente un impiego. Oppure perché fanno parte dei cosiddetti forzati del part-time, impiegati poche ore al giorno nonostante aspirino a mestieri a tempo pieno.

Il «lavoro federale» di Sanders.
È da questa realtà meno rosea dietro agli exploit del mercato del lavoro che trova slancio una nuova proposta di legge formulata dai leader della sinistra del Partito Democratico, anzitutto l’ex e forse futuro candidato alle primarie presidenziali Bernie Sanders. Una proposta che prescrive non il reddito di cittadinanza, piuttosto un lavoro federale a tutti coloro che lo desiderano e ne abbiano bisogno, retribuito 15 dollari l’ora più benefit (calcolati in altri tre dollari). Qualche centro di ricerca ne ha già stimato il costo totale: 450 miliardi di dollari l’anno, meno del budget del Pentagono e l’equivalete del 2,3% del Pil.
L’idea, ancora nel recente passato considerata improponibile, trova eco tanto da suscitare dibattito e l’interesse della bibbia del business americano, il Wall Street Journal. Gli stessi detrattori non la denunciano tanto come contraria ai valori dell’individualismo e al governo ridotto all’osso. Non inveiscono contro il costo per le casse pubbliche, in realtà inferiore ai 450 miliardi, forse la metà visto che, come sottolineano i fautori del programma, non tutti gli aventi diritto se ne avvarrebbero e che ridurrebbe automaticamente altri servizi di assistenza.

Un programma «deprimente».
I critici semmai mettono l’accento sull’effetto deprimente che potrebbe avere altrove sulla creazione di occupazione, cioè sulla marcia di investimenti privati e economia di mercato. Con il 39% dei lavoratori, 54 milioni, che guadagna proprio 15 o meno dollari l’ora, l’attrazione dei nuovi impieghi federali potrebbe farsi sentire e, se in alcuni casi spingesse semplicemente al rialzo i salari di tutti, altrove potrebbe cancellare parte degli impieghi meno pagati. Un esempio citato deriva da uno studio di Harvard del 2011: quando un parlamentare diventa presidente di una Commissione importante, nello Stato che l’ha eletto arrivano maggiori fondi federali e però quel medesimo Stato soffre poi di contrazioni negli investimenti e impieghi privati.

Quando lo disse Roosevelt.
L’idea d’un programma federale per prosciugare non tanto lo stagno della politica inviso a Donald Trump ma quello della disoccupazione e della sotto-occupazione, ha tuttavia precedenti illustri. Nel 1944 il presidente democratico icona nazionale Franklin Delano Roosevelt, nel Discorso sullo Stato dell’Unione, propose esattamente una legge per offrire garanzie di lavoro e reddito. Un «Second Bill of Rights», una Seconda Carta dei Diritti in aggiunta ai principi iscritti nella Costituzione. Che recitava, tra gli altri, i seguenti «diritti»: lavoro, salario adeguato e decenti condizioni di vita.

mercoledì 9 maggio 2018

Io so quale sarà la prossima nazione ad essere invasa dagli Stati Uniti. - Lee Camp



Alla fine di questo articolo, sarà chiaro quale sarà la prossima nazione ad essere invasa e devastata dagli Stati Uniti. O, in mancanza di ciò, quale sarà la prossima nazione che il nostro complesso industriale militare e di intelligence cercherà a tutti i costi di invadere.


Noi tutti vorremmo sapere perché l’America fa quello che fa. E non intendo riferirmi al perché gli Americani fanno quello che facciamo noi. Penso che questa domanda se la potrebbe fare, fra molti secoli, qualche futuro professore, mentre mostra ai suoi studenti un video telepatico di qualche incontro attuale di UFC [Ultimate Fighting Championship – arti marziali miste] dove i contendenti si prendono a calci in faccia davanti ad una folla che fa il tifo (non per l’uno o per l’altro dei due combattenti, ma piuttosto per (vedere) più calci in faccia).

Ma sembra che noi tutti diamo per scontato che l’America, intesa come entità e come corporazione, abbia un qualche genere di più alta motivazione per i suoi comportamenti, per le azioni portate avanti dalla sua classe dirigente. Però, in pratica, la maggior parte di tutti noi si rende condo che le ragioni che ci vengono ammannite dagli addetti stampa e dai ridicoli conduttori dei telegiornali della sera sono le stronzate più marce e puzzolenti che ci possano essere.

Sappiamo che l’invasione dell’Iraq non aveva nulla a che fare con le armi di distruzione di massa. Sappiamo adesso che la distruzione della Libia non è avvenuta affatto per “fermare un uomo cattivo.” Anche se si da uno sguardo veloce a quello che hanno fatto fino ad ora i dittatori di tutto il mondo, si scoprirà che agli Stati Uniti non importa assolutamente nulla il fatto che siano buoni o cattivi, che usino il loro tempo libero per uccidere migliaia di innocenti o per dedicarsi al giardinaggio. Infatti gli Stati Uniti concedono aiuti militari al 70% dei dittatori di tutto il mondo

(Speriamo però solo durante le vacanze).

Allora, se non è per le motivazioni che ci vengono fornite, perché gli Stati Uniti , invadono, distruggono e talvolta occupano alcune nazioni? E’ chiaro che sotto ci devono essere risorse petrolifere o giacimenti di minerali rari. Ma c’è qualcos’altro che collega fra di loro tutte le nostre guerre recenti.

Come ha riferito il Guardian, subito prima dell’inizio della guerra in Iraq, “nell’ottobre del 2000, l’Iraq aveva insistito per abbandonare il dollaro americano, la valuta del nemico, per il molto più flessibile euro.”

Comunque, un esempio non fa tendenza. Se così fosse, io sarei un famoso campione mondiale di beer-pong [1], mentre ho un personal best di 1-27 (numeri che certamente non mi fanno annoverare nella categoria dei professionisti).

Ma c’è dell’altro. Appena la Libia aveva iniziato a fare i primi passi verso una valuta africana su base aurea, convincendo tutti i suoi vicini africani ad adottarla, noi abbiamo invaso anche lei, con l’aiuto della NATO. L’autrice Ellen Brown l’aveva fatto notare al momento dell’invasione:

[Gheddafi] aveva dato inizio ad un movimento per il rifiuto del dollaro e dell’euro e si era appellato alle nazioni arabe ed africane perché usassero, al loro posto, la nuova valuta, il dinaro d’oro.


Anche John Perkins, l’autore di “Confessions of an Economic Hitman”, ha sostenuto che la vera ragione dell’attacco alla Libia è stato l’allontanamento di Gheddafi dal dollaro e dall’euro.

Questa settimana, The Intercept ha riferito ha riferito che la cacciata di Gheddafi, voluta sopratutto dal Presidente francese Nicolas Sarkozy, è, in pratica, da collegarsi al fatto che Sarcozy aveva segretamente ricevuto alcuni milioni da Gheddafi e questa sua corruzione stava per diventare di pubblico dominio. Ma l’articolo nota anche che “il reale zelo militare [di Sarcozy] e il suo desiderio di un cambio di regime si erano manifestati solo dopo che [Hillary] Clinton e la Lega Araba avevano manifestato il loro desiderio di vedere estromesso [Gheddafi].” Il fatto poi che Gheddafi avesse in progetto di eliminare l’uso del petrodollaro in Africa ha certamente fornito le motivazioni necessarie. (Non ci vuole molto per eccitare gli Stati Uniti ad intraprendere una nuova campagna di bombardamenti.

Sono quasi sicuro che noi abbiamo invaso una volta il Madagascar, negli anni ‘70, solo perché laggiù si fumava roba buona).
In questo momento starete pensando, “ Ma, Lee, la tua teoria è ridicola. Se queste invasioni riguardassero tutte quante l’attività bancaria, allora i ribelli libici, aiutati dalla NATO e dagli Stati Uniti, dopo aver abbattuto Gheddafi avrebbero dovuto subito instaturare un nuovo sistema bancario.”

In pratica, non avevano aspettato così a lungo. Nel bel mezzo di quella guerra brutale, i ribelli libici si erano creati la loro banca centrale.

La Brown ha affermato: “Diversi autori hanno notato un fatto strano, che i ribelli libici abbiano avuto il tempo, durante la rivolta, di crearsi una banca centrale, ancora prima di dotarsi di un governo (vero e proprio)”.

Caspita, detto così sembra proprio che tutto giri attorno al sistema bancario.

Molti di voi conoscono la famosa frase del Generale Wesley Clark sulle sette nazioni (da invadere) in cinque anni. Clark è un generale a quattro stelle, è stato a capo del Comando Alleato Supremo della NATO ed ha partecipato alle elezioni presidenziali del 2008 (chiaramente, potrebbe fare di meglio). Ma è abbastanza probabile che, fra 100 anni, l’unica cosa per cui sarà ricordato sarà per il fatto di averci fatto sapere quello che il Pentagono gli aveva detto nel 2002: “Abbatteremo sette nazioni in cinque anni. Cominceremo con l’Iraq, poi la Siria, il Libano, poi la Libia, la Somalia, il Sudan. Torneremo indietro e ci faremo anche l’Iran fra cinque anni.”

La maggior parte di queste cose si è verificata. Abbiamo, naturalmente, aggiunto all’elenco alcune nazioni, come lo Yemen. Stiamo dando una mano a distruggere lo Yemen sopratutto per rendere felice l’Arabia Saudita. Sembra che il nostro governo e i nostri media si preoccupino solo dei bambini siriani (per giustificare un cambio di regime). Non potrebbe importarcene di meno dei bambini iemeniti, iracheni, afgani, palestinesi, nord-coreani, somali, di Flint (Michigan), di Baltimora, dei bambini nativi americani, portoricani o Na’vi…. un momento, penso che questi siano di “Avatar.” Non era un film? Sto iniziando a confondere i miei ricordi con i film in 3D.

La Brown si spinge anche oltre nella sua analisi delle rivelazioni di Clarke:
Che cosa hanno in comune queste sette nazioni?… Nessuna di esse è nell’elenco dei 56 membri del BIS ( Bank for International Settlements). Questo evidentemente le tiene al riparo dai poteri regolatori dei banchieri della banca centrale svizzera. I più infidi di tutto il gruppo potrebbero essere stati la Libia e l’Iraq, le due nazioni che sono state effettivamente attaccate.

Quello che sto cercando di dire è: tutto gira intorno al sistema bancario.

Adesso starete pensando: “Ma, Lee, allora, perché gli Stati Uniti sono così smaniosi di trasformare la Siria in uno stato fallito, se la Siria non ha mai abbandonato il dollaro? Tutta la tua stupida teoria va in frantumi proprio qui.”

Per prima cosa, non mi piace il vostro tono. Secondo, nel febbraio 2006, la Siria ha cessato di utilizzare il dollaro come valuta forte primaria.

Penso di intravvedere una certa tendenza. Infatti, è stato riportato, il 4 gennaio, che il Pakistan stava abbandonando il dollaro nel commercio con la Cina e, nello stesso giorno, gli Stati Uniti lo hanno inserito nella lista nera per le violazioni alla libertà di culto. Lo stesso giorno? Dovremmo veramente credere che il Pakistan abbia smesso di commerciare in dollari con la Cina nello stesso giorno in cui ha iniziato a tirare pugni sul naso ai cristiani, senza neanche una buona ragione? No, chiaramente il Pakistan ha violato la nostra fredda e dura religione valutaria.

Tutto questo ci lascia con un’unica domanda: chi sarà il prossimo nell’elenco delle invasioni americane, illegali ma ammantate di giustificazioni fasulle? Beh, la settimana scorsa l’Iran lo ha finalmente fatto: è passato dal dollaro all’euro. E, ovviamente, questa settimana il complesso industriale-militare, i media corporativi ed Israele, si sono messi tutti insieme a dire che l’Iran sta mentendo sul suo programma di riarmo atomico. Quante sono le probabilità che una notizia del genere possa essere data solo dopo pochi giorni dall’abbandono del dollaro da parte dell’Iran? Quante sono le possibilità?

La cosa bella riguardo alla fabbrica del consenso del nostro stato corporativo è quanto essa sia prevedibile. Vediamo come i media mainstream pubblichino sempre più articoli, che spingono tutti sul fatto che l’Iran è uno sponsor del terrorismo e sta cercando di sviluppare l’atomica (che è un’arma di distruzione di massa, WMD, ma, per qualche strana ragione, i nostri media sono riluttanti a dire “loro hanno le WMD”). Qui c’è un articolo del 2017 di PSB dove si afferma che l’Iran è lo stato che, più di tutti gli altri, sponsorizza il terrorismo.

Bisogna allora pensare che l’elenco degli sponsor del terrorismo non comprenda la nazione che ha prodotto le armi che hanno migliorato in modo significativo le capacità militari dello Stato Islamico. (Sono gli Stati Uniti).

O la nazione che ha sganciato centinaia di bombe al giorno in Medio Oriente. (Sono gli Stati Uniti). Ma quelle bombe non causano nessun terrore. Quelle sono chiaramente bombe felici. Pare che abbiamo appena sganciato 1995 Richard Simmons [comico americano] su gente ignara.

Il punto è, mentre guardiamo i nostri patetici media corporativi continuare la preparazione del consenso alla guerra con l’Iran, non caschiamoci.
Tutte queste guerre sono per le banche. E ci muoiono milioni di persone. Altri milioni ne hanno la vita distrutta.
Io e voi in questo gioco siamo solo delle pedine, ma, l’ultima cosa che le elites vogliono, sono delle pedine che mettano in dubbio la narrativa ufficiale.

(Lee Camp è un comico americano, scrittore, attore ed attivista. Considerato da Salon “il John Oliver di Russia Today”, Camp è l’ospite del primo telegiornale comico di RT of America “Renacted Tonight”, che affronta la scaletta delle nozie con una salutare dose di satira e umorismo. L’esperienza giornalistica di Lee è molto vasta, avendo scritto per The Onion, Comedy Central e The Huffington Post, compresa una raccolta di saggi di successo, come Moments of Clarity e Neither Sophisticated Nor Intelligent. I suoi spettacoli di cabaret sono stati rappresentati anche a Comedy Central,  ABC’s Good Morning America, Showtime’s The Green Room con Paul Provenza, Al-Jazeera, BBC’s Newsnight, E!, MTV, e Spike TV.)

5.06.2018

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da MARKUS

[1] una gara di bevute in cui i giocatori cercano di gettare palline da ping-pong dentro boccali di birra; il perdente deve bere il contenuto del boccale in cui entra la pallina.

https://comedonchisciotte.org/io-so-quale-sara-la-prossima-nazione-ad-essere-invasa-dagli-stati-uniti/

martedì 8 maggio 2018

“Tocca All’Europa” – Paul Craig Roberts – Cosa si può fare per salvare il mondo. - Paul Craig Roberts



Starà all’Europa dire l’ultima parola, se la Terra finirà o no per una Catastrofe nucleare. 

I governi europei non si rendono conto del potenziale di cui dispongono per salvare il mondo dall’aggressione di Washington, perché gli europei occidentali, dalla fine della Seconda guerra mondiale, sono abituati ad essere Paesi- vassalli di Washington, mentre gli europei centro-orientali hanno accettato di diventare vassalli di Washington dopo il crollo dell’URSS.
Il Vassallaggio paga bene però solo se non si mettono in conto tutti i costi.
Con l’adesione alla NATO, l’Europa centro-orientale permise a Washington di sistemare la sua presenza militare ai confini della Russia. Questa presenza militare ai confini della Russia ha dato a Washington una indebita fiducia che anche la Russia avrebbe potuto essere costretta a diventare un suo stato vassallo. Malgrado il terribile destino dei due migliori eserciti mai messi insieme  – la Grande Armata di Napoleone e la Wehrmacht tedesca - Washington non ha ancora imparato che in guerra ci sono due regole da rispettare: 
(1) Non marciare sulla Russia. 
(2) Non marciare sulla Russia.
Per effetto della sottomissione dell’Europa a Washington, è difficile che Washington impari questa lezione prima che Washington avrà marciato sulla Russia.
Washington, nella sua idiozia olistica, ha già fatto un pezzetto di questa marcia prima con il colpo di stato in Ucraina e poi con i suoi attacchi alle posizioni militari siriane. Come ho scritto all’inizio di questa settimana, Washington sta facendo una escalation nella crisi siriana.
Ciò che può fermare questa escalation prima che esploda una guerra è una decisione dell’Europa centro-orientale di disimpegnarsi e tirarsi indietro dall’aggressione di Washington.
L’Europa non ci guadagna niente a stare nella NATO. Gli europei non sono minacciati da una aggressione russa, ma sono minacciati dalla aggressione di Washington contro la Russia. Se i neo-conservatori americani e i loro alleati israeliani riusciranno a provocare una guerra, tutta l’Europa verrebbe distrutta. Per sempre.
Ci sarà qualcosa che non va nei politici europei se si permettono di far correre questo rischio ai popoli che governano?
L’Europa è ancora il posto della bellezza che gli uomini hanno creato nel corso dei secoli – architettura, arte e intelletto – l’Europa è un museo che non dovrebbe essere distrutto. Una volta liberatasi dal vassallaggio di Washington, l’Europa potrebbe persino tornare a vivere una vita creativa.
L’Europa sta già soffrendo economicamente per le sanzioni illegali imposte da Washington contro la Russia – sanzioni che Washington fa gravare sugli europei –  e per i milioni di rifugiati non europei che stanno inondando i paesi europei in fuga dalle guerre illegali di Washington contro i popoli musulmani, guerre che gli americani sono costretti a combattere per il bene di Israele .
Che cosa resta agli europei per il gran sacrificio che devono sopportare per essere vassalli di Washington? Non resta altro che la minaccia di un Armageddon.  Pochi “leader” europei  si accaparrano enormi sussidi da Washington per appoggiare la sua agenda illegale. Basta dare un’occhiata all’enorme fortuna accumulata da Tony Blair, che non è certo frutto della normale remunerazione di un primo ministro inglese.
Gli europei, inclusi i loro “leader”, avrebbero molto più da guadagnare se facessero parte del progetto russo-cinese sulla Via della Seta. È l’Oriente che sta sorgendo, non l’Occidente. La via della seta collegherebbe l’Europa al Sol Levante. In Russia c’è un territorio non ancora sviluppato pieno di risorse, la Siberia, che è più grande degli USA. In base al suo potere d’acquisto, la Cina è già la più grande economia del mondo. Militarmente l’alleanza russo-cinese è molto più di un avversario per Washington.
Se l’Europa avesse buonsenso e se avesse una qualsiasi leadership, direbbe addio a Washington.
Quanto vale per l’Europa l’egemonia di Washington sul mondo? Che ci guadagnano gli europei – al contrario di quella manciata di politici che prendono pacchi di soldi da Washington – per il loro vassallaggio a Washington?  L’Europa non si riesce a trovarne uno di beneficio. Gli apologeti di Washington dicono che l’Europa ha paura di essere dominata dalla Russia. E allora perché gli europei non hanno paura dei 73 anni di dominio che ha esercitato Washington sull’Europa, un dominio che li sta portando ad conflitto militare con la Russia?
A differenza di europei e russi, gli americani hanno poca esperienza con i morti in tempo di guerra. Solo una delle battaglie della prima guerra mondiale, la Battaglia di Verdun, ha causato più vittime in battaglia di quanti gli Stati Uniti ne hanno subito in tutte le guerre della sua esistenza a partire dalla Rivoluzione per l’indipendenza dalla Gran Bretagna.
La battaglia di Verdun della prima guerra mondiale, avvenuta prima dell’entrata in guerra degli Stati Uniti, fu la battaglia più lunga e dolorosa della storia umana, nel 2000 si è calcolato che le vittime furono un totale di 714.231, 377.231 francesi e 337.000 tedeschi, circa 70.000 morti al mese; altre stime dicono che il numero di vittime durante la battaglia fu 976.000  e che durante tutta la guerra i morti a Verdun furono 1.250.000.
Al contrario, le vittime americane della prima guerra mondiale dopo l’entrata degli Stati Uniti furono 53.402 morti in battaglia e 200.000 feriti.
Ecco l’elenco dei morti in guerra degli Stati Uniti a cominciare dalla Rivoluzione fino alla “guerra globale al terrore” (ad agosto 2017):
  • Rivoluzione Americana: 4,435
  • Guerra del 1812: 2,260
  • Guerre contro i Nativi Americani (1817-1898): 1,000
  • Guerra Messicana: 1,733
  • Guerra di Aggression del Nord :
  • Nord: 104,414
  • Sud   : 74,524
  • Guerra Ispano-Americana: 385
  • Seconda Guerra Mondiale: 291,557
  • Guerra di Corea: 33,739
  • Guerra del Vietnam: 47,434
  • Guerra del Golfo: 148
Tutto insieme si arriva a  561.629 morti in guerra
Se aggiungiamo i morti nelle battaglie per la guerra globale al terrorismo, fino a Agosto 2017 –  altri 6,930 – arriviamo a 568.559 morti USA in tutte le guerre finora combattute.
Questo numero è paragonabile con le 714.231 vittime, di cui in questo momento non posso dire quanti siano stati i morti e quanti i feriti, in una sola battaglia della prima guerra mondiale che non coinvolse soldati statunitensi.
In altre parole, eccetto che nella guerra contro gli Stati confederati e contro i nativi americani, con tutti i loro enormi crimini di guerra, gli Stati Uniti non hanno altra esperienza di guerra. Quindi Washington può entrare in guerra leggermente. Solo che,  se ci sarà una prossima ,volta succederà un Armageddon, una catastrofe e Washington non esisterà più. E neanche noi.
I morti USA nella prima guerra mondiale furono pochi perché gli Stati Uniti entrarono in guerra solo nell’ultimo anno. Allo stesso modo nella seconda guerra mondiale il Giappone fu sconfitto perché perse la sua flotta e la sua aviazione nei bombardamenti di Tokyo e di altre città giapponesi, che richiesero poche battaglie mortali per gli Stati Uniti. Gli attacchi nucleari su Hiroshima e Nagasaki furono ingiustificati e avvennero quando il Giappone chiedeva solo di arrendersi. Sono morti 200.000 civili giapponesi in quegli attacchi nucleari e nessun americano tranne i prigionieri di guerra detenuti in quelle città. In Europa, come nella prima guerra mondiale, gli Stati Uniti non entrarono in guerra contro la Germania fino all’ultimo anno, quando la Wehrmacht era già stata annientata e sconfitta dall’esercito rosso sovietico. Anche l’invasione della Normandia ebbe scarsa opposizione perché tutte le forze tedesche erano sul fronte russo.
Se ci fosse una terza guerra mondiale, gli Stati Uniti e tutto il mondo occidentale sarebbero immediatamente distrutti, perché non c’è niente che si frappone tra l’Occidente e la straordinaria capacità nucleare della Russia,  se non la probabilità di una distruzione completa e totale. Se la Cina si mettesse dalla parte della Russia, come previsto, il mondo occidentale potrebbe essere distrutto per sempre.
Perché l’Europa accetta questo scenario? Non c’è rimasto niente di umanità o di intelligenza in nessun posto in Europa? Possibile che l’Europa sia diventata una mandria di bestiame in attesa di essere massacrata dalle macchinazioni di folli neo-con americani? Non ci sono leader politici, in Europa, a cui sia rimasto un briciolo di buon senso, un briciolo di integrità?
Se è così, attendiamo il nostro destino, perché a Washington non esiste nessuna umanità e nessuna intelligenza.
E’ l’Europa che deve prendere l’iniziativa ed in particolare sono gli europei dell’Europa-centrale. E’ gente che i russi liberarono dai nazisti e che nel XXI secolo è stata aggredita molto più da Washington, quando cercava di imporre la sua egemonia nell’est-Europa,  che non da Mosca.
Se l’Europa riuscirà a liberarsi dal controllo di Washington, c’è ancora speranza per la vita.  Altrimenti, già siamo come morti. 

Autore della traduzione Bosque Primario.

sabato 5 maggio 2018

'Ndrangheta, assalto ai fondi Ue e all'affare migranti; 68 arresti. Coinvolti un sacerdote e il capo della Misericordia. - Alessia Candito e Fabio Tonacci


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Operazione della Dda di Catanzaro contro il clan Arena che controllava il Cara più grande d'Europa. Le accuse: associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegali di armi, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture. Al sacerdote 132 mila euro in un anno per "assistenza spirituale".

ROMA - Il Cara di Crotone, uno dei più grandi d'Europa era in mano alla 'ndrangheta. Da dieci anni. Su 103 milioni di euro di fondi Ue, che lo Stato ha girato dal 2006 al 2015 per la gestione del centro dei richiedenti asilo di Crotone, 36 sono finiti alla cosca degli Arena. Questo racconta l'ultima inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, in base alla quale questa mattina sono state fermate 68 persone, molte appartenenti appunto al clan Arena.

BUFERA SULL'UOMO DELLE MISERICORDIE. Agli arresti sono finiti anche Leonardo Sacco, presidente della sezione calabrese e lucana della Confraternita delle Misericordie, organizzazione che da dieci anni gestisce il Cara di Isola Capo Rizzuto, ed il parroco del paese, don Edoardo Scordio, entrambi accusati a vario titolo di associazione mafiosa, oltre a vari reati finanziari e di diversi casi di malversazione, reati aggravati dalle finalità mafiose. Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri del Ros, guidati dal generale Giuseppe Governale, in collaborazione con i finanzieri della Tributaria di Crotone, Sacco avrebbe stretto accordi con don Scordio, parroco di Isola di Capo Rizzuto e tra i fondatori delle Misericordie, per accaparrarsi tutti i subappalti del catering e di altri servizi. Grazie a Sacco la 'ndrangheta sarebbe riuscita a mettere le mani sui fondi girati dal governo non solo per la gestione del Cara calabrese e di due Spraar aperti nella medesima zona, ma anche per quella dei centri di Lampedusa. Un affare da 30 milioni di euro: i cibi da preparare, gli operatori chiamati a lavorare nel centro, le lavanderie industriali per pulire lenzuola e tovaglie. Tutto in mano ai clan.


'Ndrangheta, 3,5 mln a don Scordio: dieci anni di 'restituzione prestiti' e 'donazioni'

don Edoardo Scordio

"IL SISTEMA DI SFRUTTAMENTO DEL PARROCO". 
In tale quadro, una somma consistente veniva distribuita indebitamente al parroco della Chiesa di Maria Assunta, a titolo di prestito e pagamento di false note di debito: solo nel corso dell'anno 2007, per servizi di assistenza spirituale che avrebbe reso ai profughi, ha ricevuto 132 mila euro. Don Scordio, ritenuto il gestore occulto della Confraternita della Misericordia, è emerso quale organizzatore di un sistema di sfruttamento delle risorse pubbliche destinate all'emergenza profughi, riuscendo ad aggregare le capacità criminali della cosca Arena e quelle manageriali di Leonardo Sacco al vertice della citata associazione benefica, da lui fondata.

LEGGI 'Ndrangheta, 3,5 mln a don Scordio: dieci anni di 'restituzione prestiti' e 'donazioni'
Sotto la lente degli investigatori la Quadrifoglio srl di Pasquale Poerio, cugino del presidente della ditta 'la Vecchia Locanda' che fino al 2011 si occupava del catering per i migranti ospiti del Cara. Un contratto rescisso in fretta e furia quando i contatti del presidente Antonio Poerio con uomini della 'ndrangheta locale hanno indotto la prefettura a sospendere il certificato antimafia alla società. A sostituirla - e forse non a caso - con quella del cugino. Ma questi non sarebbero gli unici rapporti "imbarazzanti" del presidente Sacco. Per gli investigatori, non è per nulla casuale che il capannone della protezione civile della Misericordia sia quello un tempo appartenuto a Pasquale Tipaldi, uomo di spicco del clan Arena ucciso nel 2005, e oggi ancora in mano ai suoi parenti.


LE "AMICIZIE" CON ALFANO E BIANCHI. Rapporti che per lungo tempo Sacco sarebbe riuscito a tenere sotto traccia, mentre non esitava a mostrarsi in compagnia di politici e uomini delle istituzioni. Considerato vicino alla parlamentare Dorina Bianchi, come alla famiglia dell'attuale ministro degli Esteri, Angelino Alfano, qualche anno fa Sacco è finito nell'occhio del ciclone per aver indicato Lorenzo Montana, cognato del fratello di Alfano, per dirigere la struttura di Lampedusa. Un incarico che l'uomo, funzionario dell'Agenzia delle Entrate, dunque senza esperienza per quel ruolo, non ha ricoperto per molto. Si è dimesso poco dopo a causa delle polemiche. Anche in Calabria però Sacco ha sempre goduto di stima, protezione e potere, tanto da entrare - in quota politica - all'interno del Cda della società che per lungo tempo ha gestito l'aeroporto di Crotone.

LA PAX MAFIOSA. L'inchiesta "Johnny" del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri e dell'aggiunto Vincenzo Luberto ha scoperto che proprio l’elevato flusso di finanziamenti pubblici riservati all’emergenza migranti ha finito per costituire la principale motivazione della pax mafiosa tra le cosche Arena e Dragone contrapposte ai Nicoscia e Grande Aracri che, nel primo decennio del 2000, si erano rese protagoniste di un cruento conflitto degenerato in numerose uccisioni e scontri a fuoco. La faida, infatti, cessava proprio quando andava a regime il sistema di drenaggio di denaro pubblico derivato dagli appalti per la gestione del centro accoglienza e le risorse venivano così spartite tra le famiglie mafiose.
http://www.repubblica.it/cronaca/2017/05/15/news/_ndrangheta_smantellata_la_cosa_arena_68_fermi-165476854/#gallery-slider=165513824

Leggi anche:

IL FIGLIO DEL PRETE CON AGGANCI IN VATICANO E IL BUSINESS DEI FINTI PROFUGHI.

Sembra che il gestore della struttura, Sacco, sia il figlio biologico del sacerdote che aveva messo in piedi il business grazie ai contatti con la ‘ndrangheta, in particolare la cosca Arena. Ma i contatti di Sacco e del suo papà parroco dei profughi arrivavano molto in alto. I pentiti che collaborano con i magistrati stanno scoperchiando un vero ginepraio di affari gestiti con i soldi pubblici. (leggi l'articolo al link qui sotto)

https://voxnews.info/2017/05/16/il-figlio-del-prete-con-agganci-in-vaticano-e-il-business-dei-finti-profughi/

Le ville e le barche comprate con i soldi per i profughi.

Leonardo Sacco ha acquistato 129 immobili (tra cui 46 abitazioni, 1 residence, 4 ville, 9 garage, 6 depositi, 6 negozi e 38 ettari di terreno), 81 autovetture, 27 ambulanze e 5 imbarcazioni. Tutti sequestrati.
La Misericordia «gestisce anche il presidio fisso “118” di Isola di Capo Rizzuto e il servizio di protezione civile per l’intera regione Calabria». Ma la società «Sea Lounge» di Sacco «ha corrisposto negli ultimi anni (dal 2010) gli unici redditi dichiarati al Fisco di ammontare variabile tra i 17 mila e i 50 mila euro l’anno, in netta sproporzione con il 
tenore di vita seguito». (leggi l'articolo al link qui sotto)

https://www.nextquotidiano.it/leonardo-sacco-edoardo-scordio/

venerdì 4 maggio 2018

Renzi, nuova inchiesta a carico della madre Laura Bovoli: “Indagata a Cuneo per bancarotta fraudolenta”.

Renzi, la mamma Laura Bovoli indagata a Cuneo per bancarotta fraudolenta

Secondo quanto riporta la Verità gli inquirenti piemontesi hanno iscritto la genitrice dell'ex premier nel registro degli indagati con l'accusa di bancarotta fraudolenta documentale. Nel mirino i rapporti tra la società di famiglia, la Eventi 6, e la subappaltante Direkta.

Il braccio operativo chiedeva pezze d’appoggio retrodatate e Laura Bovoli provvedeva. E’ quanto emerge dalla corrispondenza tra la madre di Matteo Renzi e Mirko Provenzano raccolta dagli inquirenti cuneesi che, riferisce la Verità in edicola giovedì 3 maggio, hanno iscritto la genitrice dell’ex premier nel registro degli indagati con l’accusa di bancarotta fraudolenta documentale. Nel mirino i rapporti tra la Eventi 6, società della famiglia Renzi, e la Direkta di Provenzano, che prima di fallire nel 2014 avrebbe operato come subappaltante di Rignano restituendo una percentuale al committente.
“In pratica Rignano pagava e Cuneo restituiva con giustificazioni considerate poco credibili dagli investigatori”, scrive il quotidiano di Maurizio Belpietro che parla di fatture per quasi 200mila euro emesse da Direkta nel biennio 2011-12. Secondo i documenti citati testualmente dal giornale la moglie di Tiziano Renzi, in veste di amministratrice della Eventi 6, già indagata a Firenze per false fatturazioni, era piuttosto solerte nel fornire alla società partner le carte richieste per far quadrare i conti.
Esemplare il caso di alcune note di credito per un totale di quasi 80mila euro emesse dalla società di Cuneo a storno parziale di fatture che “di fatto risultano, almeno in parte, rappresentare il rimborso dei costi sostenuti da Eventi 6 per il pagamento di interessi passivi (…), per spese legali o per errate fatturazioni, chiamato dalle parti cosiddetto rischio d’impresa”, scrivono gli inquirenti nelle carte citate dalla Verità. Dove si legge anche la mail di Provenzano che il 13 aprile 2013 chiede a Rignano “di avere delle richieste su carta intestata Eventi 6 di note di credito per penali e disservizi con data antecedente di un giorno o due alla data delle emissioni delle note”. E la Bovoli prepara e firma. Giustificando così della “documentazione da ritenersi falsa”.