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giovedì 7 aprile 2022

La guerra è un affare: ecco chi ci guadagna. - Nicola Borzi

 

Armi e gas: i colossi Usa guadagnano dal conflitto e gli Stati Ue sono clienti.

EFFETTI COLLATERALI - I rialzi maggiori in Borsa. I big della Difesa fanno festa con aumenti a 2 cifre. Il metano russo sostituito da esportatori americani.

L’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio, pare lontana dalla fine, ma ha già vincitori e vinti. Se non sul campo, almeno sul piano economico: i mercati hanno prezzato alcuni dei suoi effetti. L’analisi del Fatto sulle azioni di 24 tra le imprese più rilevanti nel settore delle armi e dell’energia, mostra che a trarre profitto sono multinazionali che producono sistemi per la difesa, statunitensi in primis ma non solo, e i grandi esportatori americani di gas naturale liquefatto (Lng), chiamati a rimpiazzare progressivamente le forniture di metano russo dalle quali l’Europa dipende per il 40% del suo fabbisogno. Non sono ovviamente ancora noti aumenti di ordini, fatturato o utili, ma i rialzi dei titoli segnalano le attese degli investitori.

Le armi. L’“operazione militare speciale” di Putin ai danni di Kiev ha cambiato le dinamiche geopolitiche. La Germania ha stanziato 100 miliardi per il riarmo, altri 19 Paesi della Nato (tra i quali l’Italia) sono pronti a portare le spese militari al 2% del Pil con un incremento dei budget di 73,3 miliardi di euro l’anno, al quale si aggiungeranno i maggiori stanziamenti Usa e di altri Paesi. Molti titoli del settore avevano già iniziato a segnare rialzi prima del 24 febbraio, quando il dispiegamento di truppe russe segnalava il conflitto in arrivo. L’asticella la fissa l’indice S&P 500 delle maggiori azioni di Wall Street che tra il 23 febbraio, ultima chiusura prima della guerra, e il 6 aprile ha segnato +5,7%. Nello stesso periodo alcune aziende hanno ottenuto performance più elevate: tutte sono fornitrici del Pentagono e dei Paesi Nato. La prima, a sorpresa, è l’italiana Leonardo che ha visto un rialzo del 43,9% da 6,4 a 9,2 euro. Seguono Bwx Technologies (+26,3%), società della Virginia che fornisce componenti e combustibile nucleare al governo Usa, e Booz Allen Hamilton (+25,2%), gigante della consulenza strategica in stretti rapporti con il Dipartimento della Difesa di Washington. Poi Bae Systems (+23,3%), gigante britannico del settore, la sconosciuta ai più L3Harris (+16,8%), società tecnologica contractor della Marina Usa, e i colossi americani Northrop Grumman, che produce aerei e droni come il Global Hawk (+15,8%), Heico (+14,2%) che realizza motori di aerei e avionica, Lockheed Martin (dai caccia F-35 ai missili anticarro Javelin, +14,2%), General Dynamics (dai sottomarini delle classi Virginia e Columbia ai carriarmati M1 Abrams, +10,6%) e Honeywell International (droni per esercito e marina, +9,6%). Dalla bonanza è rimasta fuori la francese Safran, attiva nei caccia, che ha perso in Borsa l’8,15%.

Il gas. L’altro settore che mostra il cambio di paradigma geopolitico è quello dei produttori ed esportatori di gas naturale liquefatto (Lng), specie di shale gas, il combustibile ottenuto dal fracking delle rocce di scisto, considerata una delle attività più dannose per il clima e l’ambiente, la cui produzione è aumentata del 70% dal 2010. Gli esportatori statunitensi di Lng stanno emergendo come i veri grandi vincitori della crisi dell’approvvigionamento del Vecchio continente, poiché per il terzo trimestre consecutivo hanno esportato volumi record nell’Unione europea e a prezzi decollati dopo l’invasione russa dell’Ucraina, scattata proprio quando gli esportatori Usa di Lng avevano completato progetti di sviluppo pluriennali per esportare grosse quantità. A dicembre gli Usa hanno venduto all’estero il 13% della propria produzione di Lng, con una crescita di sette volte rispetto a cinque anni prima. Già a dicembre, prima della guerra ma nel pieno dei rincari del gas in Europa, gli Usa avevano superato il Qatar come maggior esportatore mondiale di Lng. Ma i qatarioti stanno preparando investimenti giganteschi per riprendersi la leadership. Il più grande esportatore statunitense è Cheniere Energy, seconda società al mondo dopo la compagnia nazionale emiratina Qatar Energy per capacità di export (35 milioni di tonnellate l’anno), i cui titoli in Borsa dal 23 febbraio non a caso hanno segnato +18,9%.

Tra le altre società Usa del settore che ne hanno beneficiato in Borsa ci sono i giganti Chevron (+20,5%) e, in misura minore, ExxonMobil (+7,8%). Male invece la malese Petronas (-2,1%), la britannica Bp (-4,6%) e la francese TotalEnergies (-10,8%). A fare la differenza sono la presenza geografica e le infrastrutture. I costi industriali di raffreddamento, stoccaggio, trasporto e rigassificazione peseranno sul conto finale per i clienti europei, decretando un maggior o minor rincaro rispetto al gas russo, di certo più conveniente. Ma la misura non è determinabile anche per la segretezza dei contratti di fornitura stipulati con Mosca. Come impararono a loro spese già i Romani, vae victis.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/07/armi-e-gas-i-colossi-usa-guadagnano-dal-conflitto-e-gli-stati-ue-sono-clienti/6551494/

sabato 5 maggio 2018

'Ndrangheta, assalto ai fondi Ue e all'affare migranti; 68 arresti. Coinvolti un sacerdote e il capo della Misericordia. - Alessia Candito e Fabio Tonacci


Risultati immagini per leonardo sacco

Operazione della Dda di Catanzaro contro il clan Arena che controllava il Cara più grande d'Europa. Le accuse: associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegali di armi, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture. Al sacerdote 132 mila euro in un anno per "assistenza spirituale".

ROMA - Il Cara di Crotone, uno dei più grandi d'Europa era in mano alla 'ndrangheta. Da dieci anni. Su 103 milioni di euro di fondi Ue, che lo Stato ha girato dal 2006 al 2015 per la gestione del centro dei richiedenti asilo di Crotone, 36 sono finiti alla cosca degli Arena. Questo racconta l'ultima inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, in base alla quale questa mattina sono state fermate 68 persone, molte appartenenti appunto al clan Arena.

BUFERA SULL'UOMO DELLE MISERICORDIE. Agli arresti sono finiti anche Leonardo Sacco, presidente della sezione calabrese e lucana della Confraternita delle Misericordie, organizzazione che da dieci anni gestisce il Cara di Isola Capo Rizzuto, ed il parroco del paese, don Edoardo Scordio, entrambi accusati a vario titolo di associazione mafiosa, oltre a vari reati finanziari e di diversi casi di malversazione, reati aggravati dalle finalità mafiose. Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri del Ros, guidati dal generale Giuseppe Governale, in collaborazione con i finanzieri della Tributaria di Crotone, Sacco avrebbe stretto accordi con don Scordio, parroco di Isola di Capo Rizzuto e tra i fondatori delle Misericordie, per accaparrarsi tutti i subappalti del catering e di altri servizi. Grazie a Sacco la 'ndrangheta sarebbe riuscita a mettere le mani sui fondi girati dal governo non solo per la gestione del Cara calabrese e di due Spraar aperti nella medesima zona, ma anche per quella dei centri di Lampedusa. Un affare da 30 milioni di euro: i cibi da preparare, gli operatori chiamati a lavorare nel centro, le lavanderie industriali per pulire lenzuola e tovaglie. Tutto in mano ai clan.


'Ndrangheta, 3,5 mln a don Scordio: dieci anni di 'restituzione prestiti' e 'donazioni'

don Edoardo Scordio

"IL SISTEMA DI SFRUTTAMENTO DEL PARROCO". 
In tale quadro, una somma consistente veniva distribuita indebitamente al parroco della Chiesa di Maria Assunta, a titolo di prestito e pagamento di false note di debito: solo nel corso dell'anno 2007, per servizi di assistenza spirituale che avrebbe reso ai profughi, ha ricevuto 132 mila euro. Don Scordio, ritenuto il gestore occulto della Confraternita della Misericordia, è emerso quale organizzatore di un sistema di sfruttamento delle risorse pubbliche destinate all'emergenza profughi, riuscendo ad aggregare le capacità criminali della cosca Arena e quelle manageriali di Leonardo Sacco al vertice della citata associazione benefica, da lui fondata.

LEGGI 'Ndrangheta, 3,5 mln a don Scordio: dieci anni di 'restituzione prestiti' e 'donazioni'
Sotto la lente degli investigatori la Quadrifoglio srl di Pasquale Poerio, cugino del presidente della ditta 'la Vecchia Locanda' che fino al 2011 si occupava del catering per i migranti ospiti del Cara. Un contratto rescisso in fretta e furia quando i contatti del presidente Antonio Poerio con uomini della 'ndrangheta locale hanno indotto la prefettura a sospendere il certificato antimafia alla società. A sostituirla - e forse non a caso - con quella del cugino. Ma questi non sarebbero gli unici rapporti "imbarazzanti" del presidente Sacco. Per gli investigatori, non è per nulla casuale che il capannone della protezione civile della Misericordia sia quello un tempo appartenuto a Pasquale Tipaldi, uomo di spicco del clan Arena ucciso nel 2005, e oggi ancora in mano ai suoi parenti.


LE "AMICIZIE" CON ALFANO E BIANCHI. Rapporti che per lungo tempo Sacco sarebbe riuscito a tenere sotto traccia, mentre non esitava a mostrarsi in compagnia di politici e uomini delle istituzioni. Considerato vicino alla parlamentare Dorina Bianchi, come alla famiglia dell'attuale ministro degli Esteri, Angelino Alfano, qualche anno fa Sacco è finito nell'occhio del ciclone per aver indicato Lorenzo Montana, cognato del fratello di Alfano, per dirigere la struttura di Lampedusa. Un incarico che l'uomo, funzionario dell'Agenzia delle Entrate, dunque senza esperienza per quel ruolo, non ha ricoperto per molto. Si è dimesso poco dopo a causa delle polemiche. Anche in Calabria però Sacco ha sempre goduto di stima, protezione e potere, tanto da entrare - in quota politica - all'interno del Cda della società che per lungo tempo ha gestito l'aeroporto di Crotone.

LA PAX MAFIOSA. L'inchiesta "Johnny" del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri e dell'aggiunto Vincenzo Luberto ha scoperto che proprio l’elevato flusso di finanziamenti pubblici riservati all’emergenza migranti ha finito per costituire la principale motivazione della pax mafiosa tra le cosche Arena e Dragone contrapposte ai Nicoscia e Grande Aracri che, nel primo decennio del 2000, si erano rese protagoniste di un cruento conflitto degenerato in numerose uccisioni e scontri a fuoco. La faida, infatti, cessava proprio quando andava a regime il sistema di drenaggio di denaro pubblico derivato dagli appalti per la gestione del centro accoglienza e le risorse venivano così spartite tra le famiglie mafiose.
http://www.repubblica.it/cronaca/2017/05/15/news/_ndrangheta_smantellata_la_cosa_arena_68_fermi-165476854/#gallery-slider=165513824

Leggi anche:

IL FIGLIO DEL PRETE CON AGGANCI IN VATICANO E IL BUSINESS DEI FINTI PROFUGHI.

Sembra che il gestore della struttura, Sacco, sia il figlio biologico del sacerdote che aveva messo in piedi il business grazie ai contatti con la ‘ndrangheta, in particolare la cosca Arena. Ma i contatti di Sacco e del suo papà parroco dei profughi arrivavano molto in alto. I pentiti che collaborano con i magistrati stanno scoperchiando un vero ginepraio di affari gestiti con i soldi pubblici. (leggi l'articolo al link qui sotto)

https://voxnews.info/2017/05/16/il-figlio-del-prete-con-agganci-in-vaticano-e-il-business-dei-finti-profughi/

Le ville e le barche comprate con i soldi per i profughi.

Leonardo Sacco ha acquistato 129 immobili (tra cui 46 abitazioni, 1 residence, 4 ville, 9 garage, 6 depositi, 6 negozi e 38 ettari di terreno), 81 autovetture, 27 ambulanze e 5 imbarcazioni. Tutti sequestrati.
La Misericordia «gestisce anche il presidio fisso “118” di Isola di Capo Rizzuto e il servizio di protezione civile per l’intera regione Calabria». Ma la società «Sea Lounge» di Sacco «ha corrisposto negli ultimi anni (dal 2010) gli unici redditi dichiarati al Fisco di ammontare variabile tra i 17 mila e i 50 mila euro l’anno, in netta sproporzione con il 
tenore di vita seguito». (leggi l'articolo al link qui sotto)

https://www.nextquotidiano.it/leonardo-sacco-edoardo-scordio/

sabato 1 ottobre 2016

Il terremoto ad Amatrice è un affare per Pd e coop. - Giuseppe Marino



L'appalto di un miliardo per la costruzione delle case di legno vinto da un consorzio di Legacoop.

Manco il tempo di iniziare a parlare di ricostruzione e già s'insinua il sospetto che il «modello Emilia» in salsa amatriciana si traduca in una pioggia di appalti per le coop rosse.
Dell'area culturale e geografica vicina al commissario per la ricostruzione Vasco Errani del resto fanno parte alcuni giganti delle costruzioni. La voce che ha messo in allarme il mondo produttivo reatino è che sia già pronto un «pacchetto imprese» per le opere di messa in sicurezza dell'area del cratere, pacchetto privo di imprese locali.
Forse è solo una diceria. Ma qualche certezza intanto c'è. Una è che il primo appalto, quello per la costruzione dei Map, i moduli abitativi provvisori, ovvero le famose casette di legno che ospiteranno i terremotati fino a ricostruzione completata, sia andato a un gruppo di aziende in cui spicca il ruolo del Cns, un consorzio bolognese targato Legacoop di cui fanno parte 192 cooperative, tra cui una di quelle che facevano riferimento all'onnipresente Salvatore Buzzi. Il Cns, denunciano i Cinque Stelle, «ha già appaltato parte delle costruzioni a un altro gruppo, Cosp Tecnoservice che ha finanziato nel 2015 la campagna di Catiuscia Marini (la governatrice Pd dell'Umbria) sia pure con una somma modesta». L'altra certezza è che i sindacati del Lazio sentono già odore di bruciato e sono corsi a bussare alla porta della Regione per fissare i paletti. I segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil nei giorni scorsi hanno incontrato tre assessori regionali presso la Camera di commercio di Rieti, mettendo sul piatto tre richieste: far lavorare manodopera del posto, far lavorare aziende locali e trovare la copertura normativa necessaria a realizzare questi due obiettivi, mettendo in grado le imprese locali, che sono medio-piccole, di entrare nel giro degli appalti.
Anche sul versante degli imprenditori c'è più di qualche perplessità. «Già nei primi lavori i materiali sono arrivati da fuori - dice Gianfranco Castelli, presidente uscente di Unindustria Rieti e proprietario di un'azienda proprio ad Accumoli, epicentro del terremoto - se vogliono aiutare questo territorio devono almeno dare una chance di competere alle aziende locali». Il sindaco di Accumoli Stefano Petrucci avvisa i suoi conterranei: «Non possono pensare di partecipare a grandi appalti se non si consorziano e non acquisiscono le qualifiche necessarie».
Il terremoto è stato una tragedia terrificante. Il dopo terremoto, è inutile nasconderlo, può portare risorse a un territorio che conta tra le potenziali vittime anche la fragile economia locale. E i numeri sono giganteschi: la stima della Protezione civile è di 3-4 miliardi di danni. L'appalto delle casette è un primo piatto ricco. Bandito dalla Consip nel 2014, in via preventiva, vale 1,188 miliardi, pari a 1.075 euro al metro quadro. Una tariffa che, nota un'inchiesta dell'Espresso, è più cara di quanto pagato all'Aquila. E soprattutto è più di quanto costi qualunque casa ad Amatrice e dintorni, dove i prezzi arrivano a 840 euro al metro quadro. Per una villa.