Il presidente Gian Carlo Blangiardo, in audizione sulla Nadef, ha ribadito quello che economisti, addetti ai lavori e istituzioni internazionali ripetono da anni: i soldi sottratti alle casse pubbliche da chi non paga le tasse contribuiscono ad affossare le prospettive di sviluppo. Il vice direttore generale di Bankitalia Signorini e la Corte dei Conti invece hanno avvertito che serve "cautela" nell'indicare come coperture i proventi dalla lotta all'evasione, che sono incerti.
I dati contenuti nel rapporto sull’economia non osservata allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza mostrano “la persistenza di elevati livelli di evasione fiscale e contributiva, aspetti critici per il rafforzamento della capacità competitiva e di crescita del nostro paese e per l’efficacia e l’equità delle politiche pubbliche”. Il presidente Istat Gian Carlo Blangiardo, in audizione nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato, ha ribadito quello che economisti, addetti ai lavori e istituzioni internazionali ripetono da anni: i soldi sottratti alle casse pubbliche da chi non paga le tasse contribuiscono ad affossare le prospettive di crescita dell’Italia. La relazione annuale presentata insieme alla Nadef quantifica il “tax gap” medio – cioè la differenza fra il gettito teorico e quello effettivo, che stima l’evasione fiscale – in 109,7 miliardi nel periodo 2014-2016.
Dal canto suo il vice direttore generale di Bankitalia, Luigi Federico Signorini, sempre nel corso dell’audizione ha sottolineato che “in Italia l’evasione sottrae all’erario una quantità elevata di gettito, ma il gettito mancato non è l’unica conseguenza dei comportamenti irregolari nei confronti del fisco. Chi evade riesce a offrire beni o servizi a un prezzo più basso rispetto ai concorrenti onesti; la connessa distorsione altera l’allocazione dei fattori della produzione, con conseguenze negative sull’efficienza, sulla produttività e sulla crescita. L’evasione si traduce in un inasprimento dei tributi per le aziende in regola, ostacolandone la competitività relativa; analogamente, l’aumento della pressione fiscale in capo ai contribuenti che adempiono correttamente agli obblighi fiscali pone un problema di equo trattamento dei cittadini, a maggior ragione se l’effetto di dichiarazioni infedeli si estende oltre il campo strettamente fiscale, per esempio alle agevolazioni o ai servizi sociali previsti per i meno abbienti. L’evasione insomma incide tanto sull’efficienza quanto sull’equità: ostacola il regolare funzionamento del mercato e altera i meccanismi redistributivi disegnati dalla legge. C’è, giustamente, ampio consenso sulla necessità di prendere misure efficaci per contrastarla.
Signorini però ha anche avvertito che serve “cautela” nella valutazione “dei risultati che si possono ottenere in un singolo anno nel contrasto all’evasione fiscale”da cui il governo conta di ricavare nel 2020 oltre 7 miliardi. “Gli effetti delle misure che si introducono e i loro tempi non possono essere quantificati in anticipo con certezza, ed è bene continuare a valutarne analiticamente, caso per caso, l’efficienza e l’efficacia, ed eventualmente fare le correzioni tecniche opportune”, ha spiegato Signorini. “In ultima analisi l’evolversi dei comportamenti dei contribuenti, che per lo più è graduale, ha un ruolo cruciale”.
D’accordo la Corte dei Conti secondo cui il ricorso “massiccio” per la copertura della manovra alla lotta all’evasione “rafforza le riserve su tale modalità di copertura”. “Sul fronte delle entrate, all’impegno per il riassorbimento di sacche di evasione ed elusione, dovrebbe necessariamente accompagnarsi un processo di riforma più complessivo, che risponda a criteri di equità e semplificazione del sistema e che restituisca un ambiente più favorevole alla crescita”. Considerate le dimensioni dell’evasione fiscale, stimata tra i 90 e oltre 100 miliardi, “sicuramente i margini d’intervento ci sono. Quello che noi abbiamo storicamente cercato di sottolineare è l’esigenza di una strategia coordinata, fatta di tante misure”, spiega il consigliere della Corte dei conti ed ex direttore dell’Agenzia delle entrate, Massimo Romano. “Non c’è uno strumento unico che risolve il problema ma una linea di interventi che devono avere una loro coerenza”.
L’auspicio è che si possano mettere in campo”, sottolinea Romano. L’utilizzo dei pagamenti elettronici “è un complemento, un pezzo di una strategia, non l’unica strategia possibile”.
Per quanto riguarda i dati macro della Nadef, l’Istat giudica “coerente” l’obiettivo di crescita programmatica fissato dal governo per il 2019, pari a +0,1%, “in assenza di perturbazioni derivanti da una significativa involuzione dello scenario internazionale”. Le previsioni complete sul 2020 verranno pubblicate il 4 dicembre. “Per un paese in cui il debito pubblico rappresenta uno dei principali fattori di fragilità, assicurare che la variazione abbia quanto meno il segno giusto è il minimo”, ha detto invece Signorini. “La situazione di questi anni è storicamente eccezionale. I tassi nominali sono i più bassi che si ricordino. Questa situazione va sfruttata per mettere il rapporto tra debito e prodotto su un sentiero di durevole discesa”. Per Signorini è necessaria una riforma fiscale complessiva e organica, fondata su un’attenta analisi che non può consistere nell’abbattere tutte le imposte. Nella definizione dei provvedimenti da adottare sarà opportuno prendere in considerazione in modo complessivo gli strumenti disponibili, incluse le imposte indirette”.
Quotazioni in borsa ed evasione fiscale non aiutano l'economia mondiale, ma contribuiscono a determinare una sostanziale differenza economica tra ricchi, sempre più ricchi perchè azionisti ed evasori fiscali, e poveri sempre più poveri perchè schiavi di chi non rispetta le regole. Cetta.