sabato 29 febbraio 2020

Corruzione, terremoto al Comune di Palermo: 7 arresti, ai domiciliari 2 consiglieri e 2 funzionari. - Luigi Ansaloni

corruzione, Agostino Minnuto, Fabio Seminerio, Francesco La Corte, Giovanni Lo Cascio, Giovanni Lupo, Giuseppe Monteleone, Mario Li Castri, Sandro Terrani, Palermo, Cronaca


Terremoto al Comune di Palermo. Un'inchiesta per corruzione piomba sull'amministrazione comunale, coinvolgendo in particolare il settore dell'edilizia. I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza e i carabinieri del Reparto operativo – nucleo investigativo di Palermo, hanno posto ai domiciliari due consiglieri comunali, due dirigenti, un professionista e due imprenditori. Sette arresti più un obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.
Nell'ambito delle indagini, coordinate dalla procura di Palermo e in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip del Tribunale, i militari hanno arrestato i consiglieri comunali Sandro Terrani (Italia Viva), 51 anni, membro della Commissione Bilancio, Finanza e Tributi, e Giovanni Lo Cascio (Pd), 50 anni, presidente della commissione Urbanistica, lavori pubblici, edilizia privata e residenziale pubblica; i funzionari comunali Mario Li Castri, 54 anni, di Palermo, ex dirigente dell’Area tecnica della riqualificazione urbana e delle infrastrutture, e Giuseppe Monteleone, 59 anni, di Palermo, ex dirigente dello Sportello Unico Attività Produttive; l'architetto Fabio Seminerio, 57 anni, di Palermo; gli imprenditori Giovanni Lupo, 77 anni, di San Giovanni Gemini, in provincia di Agrigento, e Francesco La Corte, 47 anni, originario di Ribera, rispettivamente amministratore di fatto e di diritto della Biocasa s.r.l. (con sede a Palermo) che opera nel settore edilizio. All’architetto Agostino Minnuto, 60 anni, di Alia, in provincia di Palermo, è stato notificato l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.
I reati contestati sono "corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione e falso ideologico in atto pubblico".
Le indagini hanno permesso di individuare un vero e proprio comitato d’affari composto da imprenditori e professionisti in grado di condizionare le scelte gestionali di pubblici dirigenti e amministratori locali per ottenere vantaggi economici nel settore dell’edilizia privata.
LE INDAGINI. Nel 2016, Seminerio e altri soggetti a lui vicini hanno presentato – per conto di numerosi imprenditori – tre progetti per la lottizzazione di aree industriali dismesse del Comune di Palermo (via Maltese, via Messina Marine e via San Lorenzo) per la realizzazione di 350 unità abitative di edilizia sociale residenziale convenzionata. Per ottenere la deroga al piano regolatore generale era necessario che il consiglio comunale ne attestasse il pubblico interesse.
L’istruttoria sulle proposte di deliberazione fu curata da Li Castri, allora a capo dell’Area tecnica del Comune, il quale, in affari con Seminerio, avrebbe rilasciato il parere favorevole nonostante la mancanza di alcuni requisiti di ammissibilità in materia di edilizia convenzionata. Li Castri avrebbe inoltre ottenuto la promessa da La Corte e Lupo (interessati all’approvazione dei piani costruttivi) di assegnare a Seminerio la direzione dei lavori edilizi da realizzare. A sua volta, l'architetto avrebbe destinato a Li Castri una parte dei profitti percepiti dopo l’approvazione da parte del consiglio comunale delle tre proposte di deliberazione. Anche Monteleone si sarebbe adoperato per il buon esito della delibera relativa all’ex area industriale di via San Lorenzo.
I CONSIGLIERI COMUNALI. Il capogruppo del Pd Giovanni Lo Cascio e quello di Italia Viva Sandro Terrani, di 51, secondo l'accusa, avrebbero fatto pressioni per fare approvare in consiglio le delibere che permettevano la costruzione degli alloggi in variante urbanistica nelle aree delle fabbriche dismesse. Il 7 novembre 2019, però, il consiglio comunale ha bocciato l'atto (qui il verbale)
Adesso per i due consiglieri comunali, che fanno parte della maggioranza che sostene il sindaco Orlando, dovrebbe scattare lo stop alla carica. Il Pd nel frattempo ha annunciato di avere sospeso Lo Cascio. «Ho appreso con sconcerto la notizia del provvedimento cautelare, avvenuto stamattina, nei confronti di Giovanni Lo Cascio, consigliere comunale del Partito Democratico a Palermo», afferma il commissario regionale del Pd Siciliano Alberto Losacco. «La magistratura faccia il suo corso, avrà sempre il pieno sostegno del Partito Democratico. E’ necessario accertare eventuali reati e responsabilità», ha aggiunto.
L'ALTRO CASO. C'è poi un'altra vicenda che coinvolge Li Castri, sempre nel suo ruolo di dirigente comunale, il quale avrebbe accordato una variante a una concessione edilizia della Biocasa, consentendo di aumentare le unità abitative da realizzare da 72 a 96. Il progetto era stato redatto anche in questo caso dal suo ex socio in affari Seminerio, al quale era stato assegnato l’incarico di direttore dei lavori.
Monteleone, già dirigente dell’Area recnica, curò alcune pratiche di concessione edilizia presentate dalla Biocasa anche per la realizzazione di un ulteriore complesso immobiliare sempre a Palermo, acconsentendo a varianti in aumento per consentire la realizzazione di un maggior numero di unità abitative da 96 a 133. In cambio Lupo, La Corte e Agostino Minnuto gli avrebbero promesso 15.000 euro. I primi due, inoltre, avrebbero assegnato a una strettissima amica di Monteleone, vari incarichi professionali con cospicue somme di denaro.
GLI EX DIRIGENTI. Li Castri e Monteleone, nel marzo 2018 erano stati condannati a due anni, in primo grado, insieme ad altre 19 persone (funzionari comunali, tecnici, imprenditori e un notaio), per la lottizzazione abusiva di via Miseno (dove entrambi risultano residenti e dove 12 villette sono state confiscate dalla magistratura), nella borgata marinara di a Mondello. Sulla vicenda, spiega l'avvocato di Li Castri, Marcello Montalbano, "è in corso il processo d'appello, anche per quanto riguarda la confisca. La lottizzazione - aggiunge - non riguarda l'attività di pubblico funzionario di Li Castri".
La terza sezione penale, allora presieduto da Marina Petruzzella, trasmise gli atti alla Procura per nuove indagini sui casi emersi in dibattimento e rimasti fuori dal processo. Poco prima della sentenza di primo grado Li Castri era stato nominato dall'amministrazione comunale nel Cda dell'Amg Gas. Nell'agosto 2015, quando Li Castri era già stato rinviato a giudizio, fu comunque nominato dirigente comunale. Al processo il Comune si costituì parte civile per aver subito un "danno d'immagine" e gli fu riconosciuta una provvisionale di 500 mila euro.
Secondo il pm Francesco Gualtieri, titolare dell'accusa nel processo di primo grado, per costruire le villette era necessario che il Consiglio comunale approvasse un piano particolareggiato, passaggio che non avvenne.
Come si evince dall'ordinanza emessa oggi dal Gip Michele Guarnotta, tre degli indagati (Li Castri, Monteleone e Fabio Seminerio) risultano residenti in via Miseno.
LE DICHIARAZIONI DEL PENTITO. Nelle indagini hanno avuto un ruolo anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Filippo Bisconti, imprenditore edile nell’area metropolitana di Palermo, arrestato dai carabinieri per associazione mafiosa il 4 dicembre 2018 nell'operazione Cupola 2.0 e ritenuto capo-mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno. Bisconti ha riferito circostanze e dinamiche interne agli uffici tecnici comunali, soffermandosi in particolare sugli interessi coltivati per anni da Li Castri, Seminerio e Monteleone nel settore dell'edilizia.

Virus, governo ladro. - Marco Travaglio



C’è un solo mestiere più ambìto del ct della Nazionale e del virologo: il premier. Fior di editorialisti, comodamente assisi sulle rispettive poltrone, insegnano ogni giorno a Conte cosa si deve, anzi non si deve fare ai tempi del Coronavirus. Cosa farebbero al suo posto non lo dicono, ci mancherebbe: mica spetta a loro. Ma non dubitano che il premier dovesse fare e dire l’esatto opposto. “Un governo che non governa non serve a niente” (Andrea Malaguti, Stampa). “Aiuto! Salvateci! Si salvi chi può!”, “Si poteva, si doveva fare qualcosa di diverso? Certo” (Marcello Sorgi, Stampa). “Nel passaggio dalla pochette al maglione, Conte non ci ha guadagnato nulla” (Massimo Giannini, Repubblica). “Conte: la lotta è tra il Morbo e Io e a vincere sarà il sottoscritto” (Mario Ajello, Messaggero). “Il premier ha sfoggiato una varietà di ‘mascherine’… confermando l’attitudine da Zelig” (Massimiliano Panarari, Stampa), “Un governo arrivato al capolinea” (Giovanni Orsina, Stampa), “Precauzioni eccessive per non prendersi la responsabilità” (Luciano Fontana, Corriere), “Il governo ha letteralmente chiuso la vita pubblica ed economica del Centro-Nord” (Maurizio Molinari, Stampa).
L’Editorialista Unico rende ingiuste le accuse di allarmismo peloso e catastrofismo strumentale a Salvini e ai giornali di destra. Non perché Conte sia infallibile o incriticabile, anzi. Noi, per dire, lo sollecitiamo da giorni (in beata solitudine) a rispondere sulle gravissime questioni che rendono indecente l’intenzione di confermare Claudio Descalzi all’Eni. E anche sulla gestione del virus le critiche sarebbero benvenute. Ma a patto che si indicasse un solo atto o una sola frase di Conte che abbia agevolato il contagio o il panico. Invece nessun critico entra nel merito. Era sbagliato blindare la zona rossa con l’esercito per evitare che qualche svitato (com’è accaduto) fuggisse per infettare un po’ di gente in giro? Limitare le occasioni di affollamento per ridurre le possibilità di contagio? Autorizzare il telelavoro e lo smart working? Usare il pugno di ferro coi governatori regionali in fregola di originalità? Andare in tv, anche nei programmi più pop, a spiegare ai cittadini cosa fare e cosa sta facendo il governo con parole e toni tutt’altro che allarmistici ed esagitati, mentre i Due Cazzari seminavano panico e sfiducia? Boh. Molto meglio dire “Virus, governo ladro” e tenersi sul vago, a parte le giaculatorie contro il “populismo virale” (che stavolta non c’entra una mazza) e i soffietti sulla “saggezza quirinalizia” (Panarari, Stampa).
Così non si deve spiegare come mai l’Organizzazione mondiale della sanità si complimenti con Conte&C. per bocca del direttore europeo Hans Kluge: “Le autorità italiane stanno attuando misure in linea con la strategia di contenimento a livello globale. Per farlo, hanno dovuto prendere decisioni risolute ma corrette”. Idem il commissario Ue alla Salute, Stella Kyriakides: “Grazie al governo italiano per le misure messe in campo, molto veloci, per ridurre la minaccia del virus”. Elogi ignorati anche dai tromboni che hanno sempre l’Onu e la Ue sulla punta della lingua. Gli stessi che fino all’altro giorno la menavano con la “barbarie” e l’“ergastolo processuale” della blocca-prescrizione e ora oscurano le lodi della Commissione europea alla “benvenuta riforma Bonafede”, alla Spazzacorrotti e alle misure anti-evasione del governo Conte.
Col senno di poi, Fontana (quello del Corriere, senza mascherina), ripete il mantra che non bisognava “bloccare i voli diretti dalla Cina senza controlli ferrei di quelli che utilizzavano scali intermedi”: ma non spiega che danno avrebbe fatto il blocco dei voli diretti (al massimo è stata una precauzione inutile, ma si può dirlo solo oggi e non quando fu adottata e si ignorava che il virus fosse già arrivato in Italia), né come si possa scovare chiunque sia tornato dalla Cina con scali intermedi (mission impossible per tutto il mondo, infatti nessuno ci ha neppure provato). Sorgi invece avrebbe “bloccato anche i voli indiretti” (come se Conte avesse giurisdizione su aeroporti e compagnie di tutto il resto del mondo). Fontana, all’unisono con l’omonimo in maschera, deplora l’“uscita improvvida del premier sulla sanità lombarda”, protetta come il Papa dal dogma dell’infallibilità malgrado le falle scoperte nel sistema sanitario by Formigoni&C. e pure nell’ospedale di Codogno (dal Paziente 1 ai posti letto mancanti, agli infermieri rispediti al lavoro prima di sapere se sono infetti). Giannini, in perfetta sintonia con Sallusti, accusa Conte di non aver “saputo esercitare la sua ‘auctoritas’ con le Regioni” (e che doveva fare, oltre a trascinarle alla Consulta: bombardarle col napalm?). E di aver “dato fuoco alle polveri” dell’allarmismo in tv col suo tipico linguaggio incendiario. Intanto i pompieri di Repubblica spegnevano il fuoco con titoli sobrii sugli “untori”, “Paralisi da virus”, “Mezza Italia in quarantena” e “Italia? No grazie”. Per evitare lo stridio di tante unghie sui vetri, sarebbe molto meglio dirla tutta, e cioè che Conte non piace all’Editorialista Unico perché non fa marchette né insider trading agli editori (come qualche predecessore) e non proviene dai circoletti politico-affaristici che hanno prodotto tanti premier intoccabili del recente passato. Fortuna che Giovanni Orsina svela serafico il movente dei signorini grandi firme: il sogno, anzi l’incubo, di un’“ampia convergenza emergenziale”, cioè un inciucione che apra “una finestra di opportunità per Renzi” e naturalmente per Salvini, affinché siano loro, dopo le elezioni anticipate, a eleggere “il nuovo capo dello Stato”. Ve li meritate, i Due Cazzari. Il guaio è che poi ce li ciucciamo noi.
Il Fatto Quotidiano 29 febbraio 2020

venerdì 28 febbraio 2020

Caro Fontana, il tuo selfie da psicosi è un insulto all’Italia che affronta il virus con dignità. - Luca Telese



La mascherina dell’ottusità, e il sorriso amaro del buonsenso. Se servivano dei simboli antitetitici e solari, per consegnare agli atti della storia la più grande epidemia di psicosi social che il mondo ricordi, oggi i giornali ce ne regalano due che sembrano fatti apposta per viaggiare insieme: la foto acchiappaclick e suicida del governatore Attilio Fontana, e l’intervista della donna guarita dal virus.
La prima, purtroppo, farà il giro del mondo e diventerà un nuovo colpo per la già martoriata economia Lombarda: un karakiri-selfie. La seconda è la vera reazione dell’Italia civile.
Una donna semplice, seria, che non vanta lauree in epidemiologia e spiega: “Noi saremo anche ignoranti, ma qualcuno ha soffiato sul fuoco della nostra ignoranza”.
Ma partiamo da Fontana: Milano è diventata una ghost town, la settimana della moda è stata distrutta, i negozi chiudono, tutti spiegano che bisogna trasmettere messaggi che rassicurino la popolazione, per la prima volta nella storia la fila alla stazione centrale la fanno i taxi, e non le persone, e lui cosa fa?
Dopo la scoperta della positività della sua collaboratrice, decide di auto-immortalarsi con la mascherina sul viso (forse ignaro, fra l’altro, che tutti i medici spiegano che coprirsi la bocca sia molto meno importante di lavarsi le mani).
Cosa avrebbe dovuto fare Fontana? Probabilmente nulla, avrebbe arrecato meno danno. O, se proprio voleva, farsi riprendere mentre beve un flacone di amuchina (che almeno serve a qualcosa): ma la sindrome dei pieni poteri ha travolto anche gli insospettabili, ha reso visibile la grana grossa dei piccoli governatori-Stramanore (sia di destra che di sinistra, ovviamente, vedi il caso delle Marche) e allora ecco questa pubblica esibizione di narcisismo virale.
Passiamo alla signora, invece. Dopo la morte di Adriano Trevisan, il primo decesso italiano che ha avuto come concausa il coronavirus, era stata subito sottoposta al tampone.
Sul Corriere della Sera, la penna arguta di Marco Imarisio ci regala la sua testimonianza, che purtroppo per ora resterà anonima: la donna è di Vo’ Euganeo, si sottopone spontaneamente alla prova per tranquillizzare quelli che ha intorno: “Mi guardavano come se avessi sputato il virus nel caffè. Tranquilli, ho detto ai miei amici, non ho sintomi, sarà negativo”.Invece, purtroppo, risulta positiva. I medici la ricoverano, per scrupolo. E lunedì mattina – come ci racconta Imarisio – è già tornata a casa, in “isolamento domiciliare fiduciario”: ovvero una quarantena autoimposta di 14 giorni. La sua degenza è durata appena un giorno e mezzo.
Chissà cosa avrebbe fatto, questa donna di 47 anni, se avesse avuto la febbre mediatica di Fontana: probabilmente un film. Invece, la prima persona dimessa dopo una diagnosi che le assegnava una infezione da virus Covid-19 ci regala la più grande lezione di intelligenza applicata alla crisi: “Sono solo una persona che è andata a casa, come faranno presto tanti altri. Svegliamoci ragazzi, che ci stiamo facendo del male da soli”.
Imarisio le chiede cosa le abbiamo detto i medici, e lei risponde così: “Quel che le sto dicendo io. Gli anziani devono stare più attenti, gli altri facciano attenzione a non pestarsi i piedi, a tenersi a distanza”.
Poi, quando il giornalista del Corriere della Sera chiede cosa pensi della paura che si è diffusa nel nostro paese esplode: “Ma di cosa? È una influenza, mica muori, se non sei già malato. Mi sembra che siamo diventati tutti scemi”.
La signora, che dice di essere “vecchio stampo”, e di frequentare poco i social, racconta di averlo fatto, come pena aggiuntiva, durante la degenza e spiega: “Mi ha colpito il video di un signore con la mascherina. Sembrava in panico, diceva che ci infetteremo tutti…”.Finché: “A un certo punto si è tolto la mascherina. E ha detto di essere un malato di cancro, a cui resta un mese di vita. Noi, diceva, andiamo via nell’indifferenza generale, senza rompere i c… a nessuno, mentre voi state impazzendo per questa cosa qui. Ma non vi vergognate? chiedeva. Secondo me, ha ragione lui. Un po’ ci dovremmo vergognare”.Poi ci spiega due o tre cose che farebbero bene al governatore Fontana: ”Ero positiva, ma senza neppure una linea di febbre. Appena arrivata mi hanno fatto un flebino, di zucchero liquido. Per precauzione, dicevano”.La profilassi? “L’ unica medicina me la sono data io. Avevo mal di testa, per tutto questo casino, e ho chiesto se potevo prendere un Moment che avevo in borsa. Fine”.
Poi l’ultima verità: “Se non fosse morto il povero Adriano, se fossimo andati lunghi, non avrei saputo di essere positiva. E come me, tanti altri. Non credo sarebbe cambiato nulla”.
Alla fine la signora ci regala l’ultima grande lezione civile della sua intervista: “Se la gente non ragiona con la sua testa e si fa guidare come un gregge, è inevitabile. Ma poi si stancheranno di andare in un altro paese. Quando sarà il momento, le cose torneranno alla normalità. Anche se non ce lo meritiamo”.
Imarisio ha incastonato in una pagina la più bella e sana testimonianza che riceveremo in questi giorni di follia collettiva: da far leggere ad alta voce nelle stazioni deserte, nelle aziende chiuse, sui treni vuoti. Mi viene voglia di baciarla, questa signora. E di chiedere all’ansiogeno governatore Fontana, visto che è a buon punto – già che c’è – di imbavagliarsi da solo.


https://infosannio.wordpress.com/2020/02/27/caro-fontana-il-tuo-selfie-da-psicosi-e-un-insulto-allitalia-che-affronta-il-virus-con-dignita/

Intercettazioni, la Camera approva: è legge. Il ministro Bonafede: “Potenziato lo strumento di indagine e garantita la difesa privacy”.

Intercettazioni, la Camera approva: è legge. Il ministro Bonafede: “Potenziato lo strumento di indagine e garantita la difesa privacy”

Tensione in Aula durante le dichiarazioni di voto. Per Forza Italia è un provvedimento liberticida. Malumori nella maggioranza dopo che la deputata 5 stelle ha letto le conversazioni di Emanuele Buzzi finite agli atti delle indagini su Mafia capitale. Mentre dopo l'intervento di Sgarbi contro la deputata Occhionero sono dovuti intervenire i commessi per riportare ordine nell'assemblea.
La Camera ha approvato in via definitiva il decreto sulle intercettazioni che è ora legge. I voti a favore sono stati 246, 169 invece i “no”. A 48 ore dalla scadenza, è diventato legge il decreto sulle intercettazioni. Sul provvedimento martedì scorso il governo aveva chiesto e incassato la fiducia (304 voti a favore, 226 contrari e un astenuto). In un primo momento l’opposizione aveva annunciato ostruzionismo. Poi è arrivata la tregua raggiunta in cambio dell’approvazione rapida del decreto sul coronavirus, grazie al compromesso sui tempi suggerito dal presidente della Camera Roberto Fico. Presente in Aula al momento dell’approvazione anche Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia: “La legge appena approvata potenzia le intercettazioni come strumento di indagine ma nel contempo garantisce una difesa solida della privacy. È stato trovato un buon punto d’equilibrio per cui ringrazio tutte le forze di maggioranza”.
Protesta ancora Forza Italia che parla di un provvedimento liberticida. Nel mirino, soprattutto le norme sull’uso del trojan, il captatore informatico che viene inserito nei cellulari e negli altri dispositivi mobili. Attimi di tensione si sono registrati anche all’interno della maggioranza. Secondo alcune ricostruzioni infatti, le parole della deputata M5s Elisa Scutellà, hanno provocato i malumori di Pd e Italia viva. Intervenendo in dichiarazione di voto, la deputata ha infatti letto uno stralcio delle intercettazioni di Salvatore Buzzi tratte dall’inchiesta “Mafia Capitale”. Un intervento che avrebbe fortemente irritato i partner della maggioranza. “E’ un intervento da buttare… Vai a citare proprio le intercettazioni di una persona che i nostri avversari identificano come un ‘nostro’ uomo? Non si fa così…”, ha dichiarato il deputato dem Franco Vazio. Nemmeno tra i 5 stelle, le parole della deputata sono state accolte positivamente e c’è chi si è lamentato contro la scelta comunicativa di pungere un alleato di governo cavalcando una vecchia battaglia.
Ma non è stato l’unico intervento che ha provocato malumori. Poco prima del voto finale sul decreto, i commessi si sono dovuti precipitare al centro dell’emiciclo per evitare scontri che sembravano scoppiare. A innescare la miccia è stato Vittorio Sgarbi, che è intervenuto per ultimo, per una dichiarazione di voto a titolo personale, durante il quale ha attaccato sul piano personale la deputata Giuseppina Occhionero, cosa che ha suscitato le proteste dei gruppi di maggioranza. Occhionero è indagata con l’accusa di falso nell’ambito dell’inchiesta sul suo ex collaboratore Antonello Nicosia, arrestato a novembre. Dopo l’intervento del deputato è iniziato un botta e risposta con Sgarbi che replicava a microfono spento ai deputati. A questo punto alcuni parlamentari si sono avvicinati a Sgarbi, il che ha spinto l’ufficio di presidenza a far intervenire i commessi che sono intervenuti prontamente, evitando possibili scontri.
Nel merito del provvedimento si può dire che il decreto ha modificato la riforma Orlando del 2017, anche escludendo che il giornalista che pubblica le intercettazioni, possa essere incriminato. Tra le modifiche introdotte al testo varato dal Consiglio dei ministri a dicembre, c’è il rinvio di altri due mesi dell’entrata in vigore della riforma. Sarà operativa quindi dal primo maggio. L’obiettivo è dare tempo alle procure per avere attrezzarsi con i nuovi strumenti previsti, come l’archivio digitale delle intercettazioni. Ecco le principali novità.
PM SELEZIONERA’ INTERCETTAZIONI: ora sarà il magistrato, e non più la polizia giudiziaria, a valutare quali colloqui sono rilevanti per le indagini o meno. Toccherà a lui anche vigilare ché nei verbali non siano riportate espressioni che ledono la reputazione di singole persone o dati personali (“salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini”). Com’era prima della riforma del 2017, verbali e registrazioni saranno trasmessi immediatamente al pm, che li depositerà entro 5 giorni. I difensori potranno esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni.
USO DEL TROJAN: sarà possibile usare il trojan non solo per i reati contro la pubblica amministrazione commessi dai pubblici ufficiali, ma anche dagli incaricati di pubblico servizio e puniti con la reclusione oltre 5 anni. E le intercettazioni potranno avvenire anche nei luoghi di dimora privata (come previsto già dalla Spazzacorrotti per i pubblici ufficiali), “previa indicazione delle ragioni che ne giustificano l’utilizzo”.
USO IN ALTRI PROCEDIMENTI: i risultati delle intercettazioni possono essere usati in procedimenti diversi da quelli in cui sono stati disposti, solo se sono “indispensabili” e “rilevanti” per l’accertamento dei reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza e di quelli di particolare gravità indicati tassativamente dall’articolo 266 del codice di procedura penale. Il requisito dell’indispensabilità è necessario anche per le intercettazioni fatte con il trojan. Si tratta comunque di una previsione più ampia della sentenza delle sezioni unite della Cassazione che ha ammesso l’uso degli esiti dei colloqui intercettati con il captatore informatico, solo se si tratta di un reato connesso a quello per cui si sta procedendo.

giovedì 27 febbraio 2020

Coronavirus, isolato all’ospedale Sacco di Milano il ceppo italiano. Il professore Galli: “Da quattro pazienti di Codogno”.

Coronavirus, isolato all’ospedale Sacco di Milano il ceppo italiano. Il professore Galli: “Da quattro pazienti di Codogno”

Intanto un progetto italiano per un vaccino contro Sars-Cov2 è quasi pronto per iniziare l'iter della sperimentazione prima negli animali e poi nell’uomo, ma i tempi rischiano di essere lunghi a causa della burocrazia.

I ricercatori dell’Istituto Spallanzani di Roma avevano isolato il coronavirus Sars Cov 2 dai due pazienti cinesi ora guariti, quelli ricercatori dell’Ospedale Sacco di Milano hanno invece isolato il ceppo italiano. Il professor Massimo Galli, direttore dell’Istituto di scienze biomediche, ha illustrato i risultati del lavoro di ricerca che procede ininterrottamente da domenica scorsa, coordinato dalla professoressa Claudia Balotta. Fanno parte della squadra le ricercatrici Alessia Loi, Annalisa Bergna e Arianna Gabrieli, precarie, insieme al collega polacco Maciej Tarkowski e al professor Gianguglielmo Zehender.

“Abbiamo isolato il virus di quattro pazienti di Codogno”, spiega il professor Galli aggiungendo che “siamo riusciti a isolare virus autoctoni, molto simili tra loro ma con le differenze legate allo sviluppo in ogni singolo paziente”. Si tratta di una scoperta che consentirà ai ricercatori di “seguire le sequenze molecolari e tracciare ogni singolo virus per capire cos’è successo, come ha fatto a circolare e in quanto tempo“. Il passo successivo sarà quello di studiare lo sviluppo di anticorpi e quindi di vaccini e di cure da parte dei laboratori farmaceutici.

Intanto un progetto italiano per un vaccino contro Sars-Cov2 è quasi pronto per iniziare l’iter della sperimentazione prima negli animali e poi nell’uomo, ma i tempi rischiano di essere lunghi a causa della burocrazia come ha spiegato all’Ansa Luigi Aurisicchio, amministratore delegato dell’azienda di biotecnologie Takis e coordinatore del consorzio Europeo EUImmunCoV. “Abbiamo realizzato il progetto molecolare del vaccino e saremmo pronti a testarlo negli animali per metà marzo, ma la normativa italiana sulla sperimentazione animale è più restrittiva rispetto a quella di altri Paesi europei”, ha rilevato Aurisicchio. Se la procedura partisse in tempi rapidi “sarebbe possibile avere i primi risultati sugli animali dopo circa un mese, dopodiché in collaborazione con l’Istituto Spallanzani potremmo passare ai test cellulari per verificare se il vaccino è in grado di neutralizzare il coronavirus“.

Il timore è che i tempi possano allungarsi a causa dell’interpretazione restrittiva del regolamento europeo in materia di sperimentazione animale, ha detto ancora Aurisicchio. “Negli Stati Uniti – ha rilevato – sono stati abbreviati tutti i processi regolatori, tanto che l’azienda Moderna ha recentemente annunciato la sperimentazione del suo vaccino anti-coronavirus nell’uomo già in aprile“. A livello europeo, ha aggiunto, “l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha istituito un canale preferenziale per chi sta sviluppando vaccini contro il coronavirus, ma comunque demanda le decisioni sulle autorizzazioni a condurre studi clinici alle agenzie regolatorie dei singoli Paesi”. Un’altra grande differenza fra Europa e Stati Uniti è nei finanziamenti: “Gli Usa hanno stanziato 2,5 miliardi di dollari per l’emergenza, un miliardo dei quali per vaccini e terapeutici; in Europa lo stanziamento finora è di soli 10 milioni“. Per quanto riguarda le strutture, il ministero per lo Sviluppo Economico ha dato il via libera al co-finanziamento di un laboratorio GMP (Good Manufacturing Practices) per la produzione di questa tipologia di vaccini innovativi, “ma da mesi siamo in attesa del decreto per poter cominciare i lavori necessari”.

Commissione Ue promuove Bonafede: bene spazzacorrotti e riforma della prescrizione. - Tommaso Lecca

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Bonafede con Crimi e Di Maio - foto Ansa, Angelo Carconi.

“Una riforma benvenuta che interrompe la prescrizione dopo una sentenza di primo grado, in linea con una specifica raccomandazione di lunga data, è entrata in vigore nel gennaio 2020”. A sorpresa, la Commissione europea si schiera dalla parte del Governo di Giuseppe Conte, e del suo guardasigilli Alfonso Bonafede, nel dibattito politico che ha accompagnato la riforma sulla prescrizione. La bontà del provvedimento, che ha portato a uno scontro interno alla maggioranza per la contrarietà di Italia Viva, viene riconosciuta all’interno della relazione economica sull’Italia pubblicata ieri dalla Commissione europea. Un rapporto nel quale, oltre a riconoscere la situazione difficile dell’economia del Belpaese, maglia nera d'Europa assieme a Grecia e Cipro, vengono promossi anche altri provvedimenti presi dall’esecutivo, come la cosiddetta legge ‘spazzacorrotti’, definita utile a “contribuire a un ambiente più favorevole alle aziende”, e il reddito di cittadinanza, già sostenuto in altre occasioni. 

Processo penale.
“Saranno necessarie misure per aumentare l'efficienza, soprattutto a livello di grado di appello, dove ancora circa il 25% dei casi è stato dichiarato prescritto nel 2018”, prosegue il documento. “Il Governo - si legge - ha discusso da tempo una riforma necessaria della procedura penale, compresa una revisione del sistema di notifica, un più ampio uso di procedure semplificate, una limitazione alla possibilità di presentare ricorso richiedendo una nuova procura per gli avvocati, l'introduzione di un giudice unico in seconda istanza per la citazione diretta, un più ampio uso di strumenti elettronici per l'archiviazione di documenti e regole semplificate sulle prove”. “Una rapida adozione di queste misure, insieme ad altre per affrontare il gran numero di casi nei tribunali d'appello, potrebbe migliorare l'efficienza della giustizia penale e l'efficacia della lotta contro la corruzione”, si legge nella relazione.

I tempi lunghi della giustizia.
“La scarsa efficienza della giustizia penale a livello di appello continua a ostacolare il perseguimento della corruzione”, sottolinea l’esecutivo Ue. I tempi lunghi della giustizia penale continuano “a sollevare preoccupazioni a livello di appello (860 giorni), nonostante una diminuzione di circa il 6% rispetto al 2017-2018”. Ma la Commissione fa luce anche sui “risultati positivi nel contenere la durata del processo” che  “sono stati recentemente registrati dai tribunali di primo grado (382 giorni) e dalla Corte di cassazione (156 giorni) nonostante un contenzioso superiore alla media Ue”.

Corruzione.
Per quanto riguarda invece la legge ‘spazzacorrotti’, la Commissione scrive: “All’inizio del 2019, l'Italia ha approvato una nuova legge anticorruzione, che potrebbe contribuire a un ambiente più favorevole alle aziende”. “Dall'altro lato - prosegue sul tema - ha annunciato le revisioni al codice di degli appalti che creano incertezza per la pianificazione degli investimenti”. 

Politiche del lavoro.
Anche il reddito di cittadinanza viene valutato, nel complesso, positivamente. Il sussidio ai disoccupati “ha sostituito il precedente regime di sostegno al reddito per combattere la povertà, ma occorre fare di più per portare le persone al lavoro”. “La mancanza di questi sforzi  - si legge nel documento - influisce sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro e sulle ampie tendenze demografiche, in un contesto di bassi tassi di natalità e di riduzione del tasso netto di migrazione”.


http://europa.today.it/attualita/ue-promuove-spazzacorrotti-prescrizione.html?fbclid=IwAR2MVwY2GQuUzaoL-wXrASgsxClG5hJ59rB7mWIqDmutrtv4k_wAQAIOrr4

Recuperato un manoscritto del 1838 con le memorie degli Inca: "Valore incalcolabile".

A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the...
CRIS BOURONCLE VIA GETTY IMAGES
A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the memories of the ancient Inca rulers in Lima, on February 20, 2020, which was recovered from collectors in Brazil after disappearing from the library's archives during the occupation of Lima by Chilean troops in the Pacific War (1879-1884). - The manuscript was written in the 1830s by Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), descendant by the maternal line of the Inca emperor Huayna Capac (1493-1525) and of Prince Christopher Paullo Inca (1518-1549). It was always considered an extremely rare documentary jewel, said Gerardo Trillo, director of Collections Protection of the National Library to AFP when presenting the manuscript to the public. (Photo by Cris BOURONCLE / AFP) (Photo by CRIS BOURONCLE/AFP via Getty Images)
l Perù ha annunciato di avere recuperato un prezioso manoscritto del XIX secolo, contenente le memorie di antichi governanti Inca, che era scomparso durante l’occupazione di Lima da parte di truppe cilene nella Guerra del Pacifico (1879-1884). Lo riferisce il ‘Canal N’ della tv peruviana.
Il documento, intitolato ‘Ricordi della monarchia peruviana o ritratto della storia degli Inca’, era stato scritto nel decennio del 1830 da Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), discendente per linea materna dall’imperatore Inca, Huayna Cßpac (1493-1525) e dal principe Cristóbal Paullo Inca (1518-1549).
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A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the memories of the ancient Inca rulers in Lima, on February 20, 2020, which was recovered from collectors in Brazil after disappearing from the library's archives during the occupation of Lima by Chilean troops in the Pacific War (1879-1884). - The manuscript was written in the 1830s by Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), descendant by the maternal line of the Inca emperor Huayna Capac (1493-1525) and of Prince Christopher Paullo Inca (1518-1549). It was always considered an extremely rare documentary jewel, said Gerardo Trillo, director of Collections Protection of the National Library to AFP when presenting the manuscript to the public. (Photo by Cris BOURONCLE / AFP) (Photo by CRIS BOURONCLE/AFP via Getty Images)
“Il valore di questo manoscritto datato 1838 è incalcolabile”, ha assicurato Gerardo Trillo, direttore del dipartimento Protezione delle collezioni della Biblioteca nazionale, presentando il prezioso documento ritrovato in Brasile.
Per la sua redazione Sahuaraura, che si definiva “ultimo discendente della stirpe imperiale degli Inca”, aveva potuto consultare documenti - oggi perduti - con cui aveva ricostruito il periodo Inca fino all’arrivo degli spagnoli nel XVI secolo.
Il testo contiene informazioni sull’Inca Garcilaso de la Vega, il primo intellettuale meticcio d’America (1539-1616), oltre a racconti dell’ingresso degli spagnoli a Cusco, capitale dell’Impero Inca, nel sud-est del Perù. Inoltre include una cronologia incaica e altre informazioni storiche dell’epoca.
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A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the memories of the ancient Inca rulers in Lima, on February 20, 2020, which was recovered from collectors in Brazil after disappearing from the library's archives during the occupation of Lima by Chilean troops in the Pacific War (1879-1884). - The manuscript was written in the 1830s by Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), descendant by the maternal line of the Inca emperor Huayna Capac (1493-1525) and of Prince Christopher Paullo Inca (1518-1549). It was always considered an extremely rare documentary jewel, said Gerardo Trillo, director of Collections Protection of the National Library to AFP when presenting the manuscript to the public. (Photo by Cris BOURONCLE / AFP) (Photo by CRIS BOURONCLE/AFP via Getty Images)