giovedì 19 novembre 2020

Open, l’amico di Bisignani e la donazione saltata di Pirelli. - Antonio Massari e Valeria Pacelli

 

Firenze - L’inchiesta dei pm.

Oggi è il capo delle relazioni istituzionali della società pubblica Leonardo, quotata in borsa e controllata dal ministero dell’economia nell’era del Governo giallorosa. Nel 2014 invece Filippo Maria Grasso cercava di portare contatti e contributi alla Fondazione Open legata al neo-premier Matteo Renzi. Quattro anni prima metteva in contatto l’allora ministro del Governo Berlusconi Stefania Prestigiacomo con Luigi Bisignani che aveva già patteggiato 2 anni e sei mesi per la tangente Enimont del 1992. Insomma Grasso è davvero un uomo per tutte le stagioni perfetto per andare d’accordo con i renziani, al governo allora come ora.

Nel 2014, quando dialoga con Alberto Bianchi, allora presidente della Fondazione Open, Grasso era direttore degli affari istituzionali del gruppo Pirelli. Lo scambio di mail tra i due è finito agli atti dell’inchiesta della procura di Firenze sulla Fondazione nella quale sono iscritti per concorso in finanziamento illecito, oltre che Bianchi, l’ex premier Matteo Renzi e gli ex ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi. Mentre in un altro filone l’imprenditore Patrizio Donnini è indagato per autoriciclaggio e appropriazione indebita e lo stesso Bianchi per traffico di influenze. Grasso è completamente estraneo all’indagine fiorentina ma è interessante leggere quelle mail perché raccontano bene come i lobbisti si adattino al mutare della scena politica.

Grasso si impegna per fare ottenere alla Open un contributo (non effettuato) dalla Pirelli. Inoltre si muove per far inserire nell’albo dei fornitori della Pirelli la società Dot Media, di cui è socio al 20 per cento Alessandro Conticini, fratello di Andrea Conticini, cognato di Matteo Renzi.

La prima mail segnalata dalla Guardia di Finanza è del 27 febbraio 2014, 5 giorni dopo il giuramento del Governo Renzi. Bianchi invia a Grasso “una veloce presentazione della Dotmedia, in caso Pirelli fosse interessata ad inserirla tra i suoi fornitori.” Lo stesso giorno Grasso “in merito alla ‘presentazione Dotmedia’, comunica a Bianchi che può ‘anticipare a questo signore’ che sarebbe stato chiamato a breve dai suoi collaboratori per approfondire l’opportunità di essere inserito nel loro albo fornitori”.

Il 3 marzo 2014 Bianchi scrive a Grasso: “Caro Filippo, facendo seguito ai colloqui intercorsi, ti confermo l’interesse della Fondazione Open a ricevere un contributo da Pirelli s.p.a., per le proprie finalità statutarie, in modalità riconducibili alla sponsorizzazione di eventi, o mediante versamento sul c/c della Fondazione, secondo quanto potremo concordare”. Alla fine però non si concretizza nulla. Al Fatto, che ha chiesto se abbia mai finanziato Open o pagato Dot Media o altre società legate a Donnini, Pirelli risponde che dalle verifiche effettuate emerge solo “un rapporto intercorso con la società Dot Media nel 2016 per la realizzazione di un progetto di digital marketing, affidato a esito di processo di gara, per un importo complessivo al netto di Iva pari a 29.500 euro”.

Il nome di Filippo Maria Grasso (mai indagato) emerse nel 2010 nell’indagine della procura di Napoli su Luigi Bisinani e la cosiddetta P4. Intercettando Bisignani i pm scoprirono i rapporti confidenziali di Grasso con l’amico Luigi. I due organizzavano pranzi e cene anche con Stefania Prestigiacomo e la sua ex assistente (entrambe estranee all’inchiesta). Proprio Grasso mette in contatto Bisignani (mentre è intercettata la telefonata) nel maggio del 2010 con l’allora ministra dell’ambiente che voleva consigli. In un altro processo celebre, quello sulle presunte intercettazioni abusive in Telecom, Grasso (mai indagato) è stato convocato come persona informata sui fatti. Nell’indagine su Giuliano Tavaroli disse “di avere avuto presentato Marco Mancini (007 ora al Dis, ndr) da Tavaroli (ex responsabile sicurezza di Telecom Italia, ndr), il quale glielo aveva presentato come suo grande amico”.

Manager navigato con esperienze in Cina, Grasso è stato scelto a luglio per tenere i rapporti con le istituzioni e lavora sotto il presidente di Leonardo, Luciano Carta, che era a capo dell’AISE. Nelle mail tra Bianchi e Grasso si parla anche di Enel. Il responsabile relazioni istituzionali della società pubblica allora era Gianluca Comin ma è Grasso a proporsi: “Grasso – è scritto negli atti – fa presente a Bianchi che ‘Comin di Enel’ sarebbe interessato ad avere contatti con la Fondazione e gli chiede se lo vuole incontrare”.

Bianchi declina l’invito di Grasso “precisando che al momento non vuole incontrare ‘Comin’ per ragioni di opportunità”. Forse perché due mesi dopo, ad aprile 2014, l’allora presidente della Open sarà nominato nel cda di Enel.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/19/open-lamico-di-bisignani-e-la-donazione-saltata-di-pirelli/6008662/

Mediaset si salva ancora grazie alla “sinistra”. - Gad Lerner



All’indomani della visita del segretario Ds a Cologno Monzese, per non lasciare adito a equivoci, così titolava L’Unità del 5 aprile 1996: “Pace D’Alema-Mediaset”. E l’articolo esordiva: “Mediaset è un patrimonio di tutti gli italiani. La vostra azienda non corre nessun rischio”. Niente di nuovo sotto il sole? L’ho pensato leggendo su Il Fatto dell’altroieri la giustificazione fornita da Luigi Di Maio all’emendamento salva-Mediaset proposto al Senato dalla maggioranza M5S-Pd-Iv-LeU e votato da tutti con la sola astensione della Lega: “Nessuno scambio. C’è stata un’azione molto chiara da parte del ministero dello Sviluppo economico per tutelare un’azienda italiana, come abbiamo sempre fatto”.

La retorica sulla difesa dell’italianità delle imprese, che tanti danni ha prodotto in Alitalia, mal si applica al settore delle telecomunicazioni e in particolare dei network tv, già penalizzato da gravi distorsioni della libera concorrenza. Vedremo come il governo se la caverà in sede di ricorsi alla Commissione e alla Corte di giustizia europea preannunciati dall’azionista francese Vivendi, appoggiato da Macron (che in materia di nazionalismo economico è più agguerrito di noi). Restiamo in attesa degli esiti del braccio di ferro sul futuro di Mediaset e sul parallelo coinvolgimento di Berlusconi nelle scelte governative. Ma intanto vale la pena di interrogarsi anche sulla parte che svolgerà Mediaset nel dare voce al riassetto della destra italiana; costretta a fare i conti col fallimento delle spallate di Salvini.

Significativa, in merito, è la repentina giravolta della Lega: dopo aver votato in commissione contro l’emendamento salva-Mediaset, si è vista costretta a far parlare in aula lo stesso Salvini per scongiurare una rottura che non può certo permettersi. Come è noto, l’imprevisto sorpasso leghista ai danni di Forza Italia nelle elezioni politiche del 2018 fu assai favorito dallo spazio concesso da Rete 4 alle quotidiane esibizioni populiste dello stesso Salvini. Tanto che, a latte versato, per un’intera stagione i conduttori artefici di quella offensiva propagandistica videro sospese le loro trasmissioni. Salvo poi, dati gli ascolti modesti conseguiti da personalità più moderate, rilanciare con successo le trasmissioni dei vari Del Debbio, Giordano, Porro. E le ospitate fisse dei vari Belpietro, Maglie, Capezzone, Meluzzi. La rapida marcia indietro parlamentare di Salvini evidenzia come egli non possa fare a meno del supporto delle reti Mediaset. Tanto più che nel frattempo la Bestia social coordinata da Luca Morisi ha visto affievolirsi il suo impatto mediatico, imitata da rivali che hanno imparato a far propri gli stessi metodi grevi.

Per quasi un trentennio Mediaset è stata la principale artefice della formazione del senso comune di destra nel nostro Paese. Non so se le tv berlusconiane avranno ancora la capacità di plasmare il prossimo leader di quell’area, passando dal salotto di Barbara D’Urso agli strepiti dei talk show in cui spesso i pochi ospiti di sinistra assolvono involontariamente alla funzione di mere caricature. Può darsi che Mediaset decida di investire sulla maggior presentabilità di Giorgia Meloni o che vadano in cerca di figure alternative di qui al 2023. Si tratta di una partita aperta, resa ancor più incerta dal probabile ridimensionamento dell’influenza della destra nel riassetto di potere interno alla Rai, dove gli ascolti del Tg2 e dei conduttori orientati a destra restano deludenti.

Può aiutarci, nell’immaginare le future strategie della comunicazione nazionalpopulista italiana, seguire l’evoluzione in corso negli Stati Uniti prima e dopo la sconfitta elettorale di Trump. Archiviate le disastrose performance di Steve Bannon, sentendosi tradito da Murdoch e dalla sua Fox News Channel, nonché delegittimato su Twitter, Facebook e YouTube, il presidente sconfitto punta a riorganizzare la sua forza d’urto mediatica ricorrendo a network tv e social alternativi. Come ha ben raccontato Massimo Gaggi sul Corriere, The Donald ha cominciato a dirottare i fan verso altre reti tv disposte a trasmettere acriticamente la propaganda dei suoi “fatti alternativi” (quasi sempre bugie belle e buone). Una migrazione sarebbe in corso anche su nuovi siti dell’estrema destra, a cominciare da Parler, di proprietà della miliardaria Rebekah Mercer, che in una settimana ha visto raddoppiare da 5 a 10 milioni i suoi utenti. Questa pericolosa deriva della comunicazione politica, frazionata in compartimenti stagni nei quali ciascuno può sentirsi ripetere ciò in cui crede senza verifiche di realtà, è un fenomeno che da noi Mediaset sta già assecondando. Dubito che vi rinunci.

Ps. Una curiosità. L’articolo del 1996 sulla pace fra D’Alema e Mediaset era firmato da Fabrizio Rondolino che, quattro anni dopo, ritroveremo autore e capo della comunicazione del Grande Fratello.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/19/mediaset-si-salva-ancora-grazie-alla-sinistra/6008681/

Il piano Bertolaso: tutti nelle Marche, nel “suo” ospedale. - Vincenzo Bisbiglia

 

Il super “consulente volontario” all’emergenza Covid in Umbria, Guido Bertolaso, arriva a Perugia e nel giro di due settimane vara un piano straordinario dove un terzo delle nuove terapie intensive saranno previste nel “suo” ospedale di Civitanova Marche, a più di 150 km dal capoluogo umbro. Tutto ciò mentre la Usl locale comunica il depotenziamento di due ospedali in provincia di Terni. Il ricorso alla struttura “provvisoria” marchigiana, costata 18 milioni di euro e voluta in primavera proprio dall’ex capo della Protezione civile (già in carica con lo stesso ruolo di consulente nelle Marche su input dell’ex governatore Luca Ceriscioli) si sarebbe reso “necessario” anche per i continui intoppi e ritardi sulla realizzazione dell’ospedale da campo di Bastia Umbra (4,5 milioni per 12 posti di rianimazione), annunciato il 7 aprile dalla governatrice leghista Donatella Tesei e che non sarà inaugurato prima del 17 dicembre.

L’“astronave” sul mare di Civitanova è stata descritta da molti come un flop: aperto e chiuso nel giro di 10 giorni a giugno, è stato riattivato il 21 ottobre. Il problema è che se l’Umbria vorrà utilizzarlo, dovrà portarci tutto il necessario: dai macchinari al personale sanitario. “Non siamo in grado di organizzare il modulo – ha ammesso l’assessore marchigiano Filippo Saltamartini – perché dovremmo sottrarre medici, internisti e anestesisti da altri nostri reparti”.

L’arrivo di Bertolaso in Umbria è stato annunciato da Tesei il 30 ottobre e formalizzato con una delibera di giunta del 4 novembre. Del 6 novembre la comunicazione della Usl Umbria 2 ai sindaci di Narni e Amelia che il personale specialistico di anestesia e rianimazione sarebbe stato trasferito altrove: “Ma dopo le nostre animate proteste, si sta lavorando per ridefinire il provvedimento”, chiarisce il sindaco di Narni, Francesco De Rebotti. Nel frattempo Bertolaso ha varato un “piano di salvaguardia” della sanità umbra in cui, si legge, “si prevede di realizzare – tra le altre cose – ulteriori 40 posti letto in Terapia intensiva”, di cui 14, appunto, a Civitanova, con “sottoscrizione di specifico accordo quadro con la Regione Marche”.

Per la verità, Bertolaso in Umbria per ora non si è visto molto. Alle principali occasioni pubbliche ha presenziato Patrizia Arnosti, per molti una “delegata di fatto”. Arnosti è direttrice generale e socia di Promedia srl, società di engineering di Teramo – ma con sede operativa a Roma, dove Bertolaso è in pole position come candidato sindaco di centrodestra – che ha materialmente realizzato l’ospedale di Civitanova, anche grazie al contributo determinante dell’Ordine di Malta. Altro socio della Promedia è l’amministratore unico Raffaele Di Gialluca, ingegnere e fratello di Vincenzo, ex consigliere regionale di Forza Italia in Abruzzo.

In questi mesi, Pd e M5S avevano presentato due progetti alternativi, anche rispetto all’ospedale da campo di Bastia Umbra, per il recupero di strutture pubbliche. La prima si trova a 100 metri dall’ospedale di Terni ed è nota come “Ex milizia”, un vecchio centro di ricerca per le cellule staminali, di proprietà dell’Ater e pressoché inutilizzato. L’altra è a Perugia, in zona Monteluce, anche questa disponibile per essere subito riconvertita.

La prima mozione congiunta è addirittura del 22 aprile. “Togliere medici dai nostri ospedali per mandarli in altre regioni sarebbe una scelta scellerata – attacca Thomas De Luca, consigliere regionale del M5S in Umbria –. Mandare i pazienti umbri, il nostro personale sanitario e i macchinari di terapia intensiva a Civitanova Marche, più che al sistema sanitario regionale sembrerebbe essere utile a trovare un senso al criticato ‘Bertolaso Hospital’ marchigiano”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/19/il-piano-bertolaso-tutti-nelle-marche-nel-suo-ospedale/6008652/

PERLE AI PORCI. - Rino Ingarozza

Eppure durante la prima ondata, almeno il popolo, sembrava tutto unito. Si stava a casa, si usciva per necessità, si leggeva un libro, si guardava un film o un programma in TV, alcuni cantavano persino sui balconi, altri suonavano sui tetti. Su quei balconi dove spiccavano dei lenzuoli con la scritta "Andrà tutto bene".

Sembra, però, che qualcosa non abbia funzionato, perché non è andato tutto bene. Sembra che, in questa seconda ondata, la gente non sia più disposta a fare sacrifici, in nome del bene comune e ha trovato un nemico con cui prendersela. Il virus? No, su dai, sforzatevi, inizia con "G". Indovinato?
Facile. Certo, è sempre stato così.
"Piove, Governo ladro" si è sempre detto. In realtà a me pare che la situazione sia ben diversa, adesso, il nemico c'è, non è visibile ma è visibile quello che provoca. Tre, quattrocento morti al giorno, non sono sufficienti? E allora perché se piove è colpa del Governo? Perché molti sembra che godano nel remare contro? Perché non si cerca di fare la guerra al virus, invece di farla al Direttivo? Perché non si combatte il covid, seguendo le regole, invece di inveire contro Conte e i suoi, e trasgredirle, queste regole?
Ma davvero credete a quei politici dementi e a quei pennivendoli senza dignità che vi dicono che è tutta colpa del Governo? Davvero siete così ingenui da crederlo? Davvero credete che Conte goda nel fare le zone rosse? A rinchiuderci in casa?A me sembra proprio di si, altrimenti non si spiegherebbero le numerose proteste.
Ma come si fa a pensare questo.
È un insulto al vostro intelletto. Un'offesa al genere umano.
Sento i commenti di tutti e, sinceramente, mi viene un po' da ridere. "Vogliamo andare a scuola, la scuola è importante". Ma non mi dire....non vi rendete conto dell'ovvietà di questa frase? (E li intervistano pure). Prof, genitori, alunni. Specialmente questi ultimi che, a novembre, avevano sempre sofferto di novembrite, tanto da dover integrare il libretto delle giustificazioni (si usa ancora?), per giustificare le assenze, adesso, che si dice loro, di fare lezione da casa, per un mese, (il mese di novembre) hanno tutti voglia di alzarsi due ore prima, prendere il bus o la metropolitana e andare a scuola, magari sperando che qualcuno telefoni e dica "c'è una bomba nella scuola" per uscire e andarsene in giro. Ma dai, fate i seri.
Anche i professori, tutti ligi al dovere e contro questo Governo di analfabeti che tolgono loro la possibilità di praticare la loro missione: Alfabetizzare il mondo. Ma guardate che se, per un mese o due, lo fate da casa, non muore nessuno di ignoranza. Piuttosto qualcuno può morire se tutti voi vi spostate contemporaneamente. Perché tra di voi ci possono essere dei positivi che possono infettare persone più fragili e quindi condannarli. Siete laureati, come fate a non capire questo? Cosa c'entra il Governo, perché sbraitare contro di esso?
Siamo tutti in trincea, con dei soldati (medici ed infermieri) in avanscoperta, per salvare vite umane.
Come vi spiegate che loro non protestano per le chiusure ma, anzi, le chiedano? Perché loro sanno di cosa si tratta. Sanno cosa stiamo vivendo. Siete dei prof, ma lo siete della vostra materia. In questa, siete degli alunni, come tutti noi, i prof sono i medici e noi tutti dobbiamo cercare di seguire i loro consigli ed evitare di ritrovarci dietro la lavagna.
Capite, signori?
Stesso discorso per quelle persone che, all'improvviso, si sono sentite dei provetti Proietti, che non possono fare almeno dei teatri e dei novelli Fellini, che non riescono a fare almeno del cinema. Un mese, signori, un mese o forse due.
Per un mese o due la vostra cultura non si arruginisce certo.
Ma tutto questo, purtroppo, è niente, difronte a due notizie di queste ore.
La prima riguarda i sindacati italiani che, in piena pandemia, indicono uno sciopero generale per il 9 dicembre.
Questa è una cosa che non riesco proprio a mandar giù. Ma come, la gente non sa come andare avanti, o perché la cassa integrazione non basta o perché è un piccolo commerciante e deve stringere la cinghia, e voi fate sciopero per chiedere più soldi, per l'unica categoria che ha continuato ad vedersi accreditato lo stipendio, senza decurtamenti e senza problemi?
Ma, sinceramente, non vi fate un po' schifo? Non vi sentite dei miserabili?
Dei sanguisuga? Degli sciacalli? Ma volete, almeno, aspettare la fine della pandemia? Lo capite o no che c'è gente sull'orlo del suicidio? mentale o fisico che sia?
LANDINI, BOMBARDIERI E FURLAN ....
V E R G O G N A
L'altro fenomeno è il direttore di Radio Maria, un certo don Miele, che ha detto:
"Basta con queste corbellerie. Il virus è un complotto ardito da Satana".
Caro don, non so se Satana esista, ma sono sicuro che, se esistesse, somiglierebbe tanto a lei. Lei è un criminale, perché fuorvia i suoi ascoltatori. Lei è un irresponsabile perché plagia persone intellettualmente deboli, come quel cretino che commentando un mio post, scrive che la soluzione è "fare una marcia su Assisi".
Mi sento di dirle solo una cosa, ma glielo dico a gran voce : si cerchi un esorcista al più presto. E se lo cerchi bravo. Per il commentatore, invece, credo non ci sia niente da fare.
Per concludere, credo che dovremmo essere noi a dire al Governo "conta su di me" e non fare la guerra, perché è una guerra contro i mulini a vento.
Il nemico è il coronavirus, mettiamocelo in testa. E il Governo non è un nemico da combattere. Criticatelo per altre cose, se volete, ma non perché sta cercando di tutto per limitare i danni e salvare vite umane.
Perché dimostrerebbe che tutte le cose che vi si dice, nel vostro interesse e dei vostri cari, siano come "gettare perle ai porci".

Se deve essere battaglia... - Massimo Erbetti

 

Se deve essere battaglia..
Se deve essere una battaglia, che lo sia veramente, se deve essere un aiuto ai nostri imprenditori, che lo sia veramente e non facciamo gli ipocriti, perché non basta lavarsi la coscienza con le belle parole. Non compriamo su amazon...giusto giustissimo...ma allora io vorrei sapere perché il tuo libro ce lo vendi su amazon? E perché ci vendi le magliette del tuo partito? E poi forse sarebbe anche il caso di chiedersi quante aziende italiane vendono su Amazon no?
Nel 2019 oltre 14.000, nel 2018 erano 12.000 e nel 2017 10.000 piccole e medie imprese italiane che vendevano su Amazon e superano i 500 milioni di euro di vendite all'estero. Una crescita di 2.000 l'anno, circa il 20%.
Se deve essere una battaglia, che lo sia veramente...basta fumo negli occhi.....cominciamo a non andare più nei centri commerciali...molti sono di proprietà di aziende estere...non compriamo più nei supermercati esteri...aiutiamo i piccoli commercianti, ma aiutiamoli davvero e non prendiamoli in giro, perché non è propio il momento.
E comunque il tipo di cui parlavo sopra non è l'unico che dice di comprare italiano..c'è anche la sua amica Giorgia Meloni...fatevi un giro su amazon e digitate il suo nome...oltre le solite magliette di partito, troverete qualcosa di molto interessante...troverete una bella Skill...la descrizione è più o meno questa:
"Questo articolo è disponibile solo per i dispositivi con integrazione Alexa e dev'essere abilitato usando l'App Alexa, disponibile gratuitamente. Se non la possiedi ancora, puoi scaricarla usando il pulsante Scarica qui sotto.
Scarica l'App Alexa
“Alexa, apri patriota italiana”
Informazioni di questa Skill
Descrizione:
Giorgia Meloni presidente di Fratelli d'Italia, leader della destra in Italia. Il personaggio politico più in ascesa nel gradimento del popolo italiano, merito della sua coerenza e chiarezza.
Come funziona? Attiva la Skill ed ascoltala chiedendo:
Alexa, apri patriota italiana."
....Capito cari amici? Non comprate su amazon...però loro i loro affari ce li fanno eccome se ce li fanno.
Ah dimenticavo, non c'è solo quella di Giorgia, ma anche quella di quell'altro...chissa se questi due possono metterla gratuitamente su amazon, o se devono dargli dei soldi?...Se deve essere una battaglia...che lo sia veramente...non è il momento di prendere in giro nessuno.

https://www.facebook.com/photo?fbid=10218751857693191&set=a.2888902147289

mercoledì 18 novembre 2020

Il Governo è pronto a fare di più per sostenere chi è in difficoltà. Conte: “Ci premono i tempi di contenimento del contagio. E’ una sfida insidiosa”.

 

“Ci premono i tempi dei contenimenti del contagio. Il sistema per parametri ci consente interventi mirati e di introdurre misure restrittive che siano limitate nel tempo e ben dosate sull’effettivo livello di rischio dei territori. Cerchiamo così di contenere e limitare il contagio”. E’ quanto ha detto il premier Giuseppe Conte intervenendo all’assemblea della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe).

“Abbiamo adottato misure per contenere al massimo il contagio. Dopo la prima battaglia contro il virus  – ha detto ancora il presidente del Consiglio -, quella che abbiamo di fronte è una sfida non meno insidiosa che nessuno può vincere da solo: commercianti, imprese, istituzioni, singoli cittadini devono fare squadra. E’ una fase evidentemente difficile della nostra storia repubblicana, un momento molto complesso dal punto di vista economico e sociale. C’è un disagio diffuso sociale e anche psicologico da parte di tanti cittadini e operatori economici. Dobbiamo tenerne conto: quanto più rapidamente riusciremo a contenere il contagio, tanto più rapidamente potremo ridare la fiducia necessaria a ripartire. Ci premono i tempi di contenimento del contagio”.

Il governo, ha detto ancora Conte alla Fipe, si è attivato immediatamente “per mitigare le conseguenze economiche delle restrizioni, ha adottato varie misure di sostegno economico”. “Siamo però consapevoli del fatto che la profondità della crisi richiede un sostegno economico finanziario prolungato nel tempo e anche più corposo. L’ho detto anche ai sindacati: dobbiamo essere consapevoli come governo che si stanno creando nuove disuguaglianze”.

“Il governo – ha aggiunto il premier – è già al lavoro per adottare ulteriori provvedimento di sostegno, saranno definiti a stretto giro, per stanziare ulteriori risorse. Ci rendiamo conto che quanto fatto fin qui non è sufficiente per gestire i prossimi mesi. Non possiamo e non dobbiamo rinunciare a proiettare il nostro sguardo verso il futuro. Il nostro paese ha dimostrato punti di forza ma anche punti di debolezza, come carenze strutturali che si trascinano da tempo”.

“Ci sono categorie che godono di una maggiore protezione – ha aggiunto -, fasce sociali che riescono anche ad accumulare maggior risparmio rispetto al passato, pensiamo ai pubblici impiegati che fanno smart working. Ma ci sono altre categorie che sono in forte emergenza e sofferenza perché l’impatto della pandemia interessa tutti coloro che non hanno reddito fisso: partite iva, professionisti, piccoli imprenditori che oltre alla perdita di fatturato devono sostenere costi fissi difficilmente comprimibili anche di questi tempi”.

https://www.lanotiziagiornale.it/il-governo-e-pronto-a-fare-di-piu-per-sostenere-chi-e-in-difficolta-conte-ci-premono-i-tempi/

L’alto debito è qui per restare: come conviverci (specie in Ue). - Alessandro Bonetti

 

Prospettive - Il peso in rapporto al Pil è esploso in tutto il mondo e non scenderà a breve: che fare? Le proposte: dai titoli perpetui alla cancellazione fino al riacquisto continuo delle banche centrali.

Fra gli articoli di fede dell’economia mainstream, la repulsione per il debito pubblico era una delle più incrollabili. La crisi da Covid però ha fatto cambiare idea anche ai più conservatori. L’alto debito pubblico da “problema” è diventato “male minore” e oggi è una realtà con cui convivere: il suo aumento dovunque nel mondo è qualcosa da cui non si tornerà indietro.

La combinazione di maggiori spese, minori entrate e caduta dell’attività economica ha portato ad aumenti vertiginosi del rapporto debito/Pil. In Italia eravamo al 135% nel 2019: l’Ocse prevede che con la seconda ondata si salirà al 170%. La Germania, che negli anni scorsi s’era portata sotto la soglia di Maastricht del 60%, si troverà alla fine dell’anno all’83%. In Francia il balzo è impressionante: dal 98% al 122%. E lo è ancora di più in Spagna: dal 95% al 130%. Negli Usa il debito pubblico lordo (federale e locale) crescerà dal 109% al 132%. In Giappone, dove l’indebitamento pubblico ha smesso da tempo di essere un tabù, si salirà dal 225% al 248%.

Forse nel 2021 il rapporto debito/Pil si stabilizzerà in molti Paesi, ma di certo non tornerà ai livelli pre-crisi. Accantonata l’austerità, si può pensare a come far crescere l’economia in modo sano. Ma non sarà un lavoro facile. Tradotto: se sicuramente non si tornerà indietro, le idee sono meno chiare su come andare avanti.

Cancellazione. Come convivere con alti livelli di debito pubblico? La via più facile sembra la cancellazione del debito emesso durante la crisi: dato che le banche centrali ne hanno acquistato una parte notevole, potrebbero teoricamente eliminarlo dai loro libri contabili con un semplice tratto di penna. A ottobre, tuttavia, la presidente Bce Christine Lagarde ha escluso questa possibilità per l’Europa: sarebbe una violazione dei trattati, sostiene. Il problema, però, non è aggirare i trattati con interpretazioni “non convenzionali” (qualcosa che Mario Draghi ha fatto egregiamente in passato): per fronteggiare la crisi probabilmente il debito salirà ancora e cancellare quello emesso finora significherebbe solo calciare la palla più in là.

Perpetuities. C’è chi propone in alternativa l’emissione di titoli a lunga scadenza (30 o 50 anni) o addirittura perpetuities, cioè senza scadenza e a cedola fissa. Ne ha parlato John Cochrane della Stanford University e in Italia Francesco Giavazzi Guido Tabellini: per i due prof della Bocconi i titoli perpetui dovrebbero essere garantiti dalla capacità comune degli Stati dell’Eurozona e supportati dalla Bce. L’obiettivo? Evitare una nuova crisi dei debiti sovrani dagli esiti imprevedibili. Ma non è scontato riuscire a piazzare le perpetuities sul mercato, soprattutto se devono farlo i singoli Stati.

Eurobond. Altri propongono l’emissione di veri e propri eurobond emessi da un ministero del Tesoro Ue. Fra chi ha parlato di questa possibilità c’è anche il tedesco Jeromin Zettelmeyer del Peterson Institute. Decine di paper e articoli sono stati scritti a riguardo. La questione principale, tuttavia, non è tecnica. Gli eurobond presuppongono una mutualizzazione sostanziale del debito, da discutere politicamente. Se qualcosa del genere è stato fatto con i fondi Sure per la cassa integrazione, per rendere gli eurobond una soluzione stabile è necessario un radicale cambiamento delle posizioni di molti governi e ampie fasce dell’elettorato. Improbabile, per ora.

Per aggirare questo dilemma, alcuni professori italiani (Amato, Belloni, Falbo e Gobbi) hanno delineato il progetto di un’agenzia del debito europea, un’idea già abbozzata da Juncker e Tremonti. Secondo questi studiosi questo organismo dovrebbe finanziare gli Stati dell’Eurozona con prestiti perpetui, eliminando il rischio di liquidità e considerando solo il rischio fondamentale di ogni Stato. L’agenzia del debito troverebbe sui mercati i soldi da prestare emettendo bond comuni. In questo modo si eviterebbero sia spread ingiustificatamente alti, sia una mutualizzazione politicamente difficile. E la Bce potrebbe acquistare i titoli comuni senza nessun ostacolo legale.

Tuttavia, applicare questa proposta significherebbe ridefinire radicalmente i rapporti fra istituzioni europee e Stati nazionali. Si colpirebbe direttamente il nodo irrisolto dell’euro: aver pensato che una competizione per l’accesso ai mercati del debito avrebbe portato maggiore efficienza. Non ha funzionato proprio così: la competizione per piazzare titoli di Stato ha aggravato le divergenze fra le economie nazionali e creato pericolose spaccature.

Rollover. Finora ci siamo concentrati sull’Europa, proprio perché qui il problema del debito pubblico è più spinoso. In ogni caso, in tutto il mondo la probabile tendenza nel prossimo futuro sarà un rollover continuo del debito da parte della banca centrale. Che vuol dire? Le banche centrali a scadenza rinnoverebbero i titoli, girando gli interessi al Tesoro: sarebbe come se quella parte del debito non esistesse (quindi cancellarlo ha poco senso). Anche in questo caso, però, il problema in Europa resterebbe: rendere strutturale il programma di acquisti della Bce senza cambiare i trattati è una scelta esposta a rischi legali (vedi corte costituzionale tedesca) e a ricatti politici, come la recente minaccia di ridurre gli acquisti per chi non accetta i prestiti Ue.

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