La pandemia morde senza pause e Regioni e governo litigano sui colori che fanno rima con chiusure e divieti. Eppure è ancora sul Mes che si scaricano le tensioni nella maggioranza. Al punto che la capidelegazione di ieri, dove si sarebbe dovuto discutere anche delle misure contro il Covid, diventa uno scontro che si dilata sino al pomeriggio, tutto sul fondo salva-Stati. Una battaglia, sostengono fonti trasversali, più a uso interno che sul merito. Su cui peserebbero anche le resistenze di parte del M5S sul dl Sicurezza, che hanno irritato il Pd.
In mattinata il premier Giuseppe Conte riunisce i capidelegazione (Alfonso Bonafede, Dario Franceschini e Teresa Bellanova), ma con loro ci sono anche il ministro degli Affari europei, Enzo Amendola e quello dell’Economia, Roberto Gualtieri. Perché all’ordine del giorno non c’è il ricorso ai 37 miliardi della nuova linea di credito sanitario, ma la riforma del Mes di cui si discuterà lunedì all’Ecofin: congelata dal dicembre 2019 per le resistenze dei Cinque Stelle, ma alla quale il ministro dell’Economia si è deciso a dire sì. Però le risorse del Mes restano una faglia che divide i giallorosa. Con i dem e Italia Viva che ripropongono l’esigenza di utilizzarle. Mentre Bonafede e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio fanno muro: “La nostra posizione non cambia, rimaniamo contrari”. E si mostrano freddi anche sulla riforma del fondo. “La linea del governo – sostengono – era sempre stata un’altra, ossia che la riforma del Mes dovesse essere collegata all’Unione bancaria e al Bicc (uno strumento di bilancio per finanziare riforme e investimenti, ndr)”. Dal Mef ricordano una risoluzione dell’ 11 dicembre 2019, con la quale il Parlamento impegnava il governo a iscrivere le riforme dell’Unione in una revisione della governance economica europea. Cosa, sostengono, di fatto avvenuta con le novità introdotte per contrastare l’emergenza Covid-19. Attraverso una logica di pacchetto: la funzione del Bicc sarebbe stata assorbita dal Next Generation Ue, mentre è stato creato lo strumento di un titolo obbligazionario sicuro (ad esempio gli Eurobond, che hanno preso la forma dei prestiti Sure), ed è stato escluso qualsiasi meccanismo che implichi la ristrutturazione automatico del debito pubblico.
Ma dietro alle obiezioni dei grillini c’è soprattutto il sospetto che il sì alla riforma del Mes sia un cavallo di Troia per spingere poi l’Italia a farvi ricorso. Così Bonafede chiede e ottiene l’audizione del titolare del Tesoro davanti ai presidenti delle Commissioni Finanze e Bilancio. E Gualtieri fa sapere che l’avrebbe fatta comunque. Mediatore obbligato in mezzo al fuoco incrociato, Conte ci tiene a chiarire che per passare dall’ok politico alla firma (a fine gennaio) occorre che il Recovery Fund sia sbloccato. Prova a smussare, il premier. Ma un paio di grillini di governo sbuffano: “Rispetto a qualche settimana fa Conte pare più ambiguo sul tema”. E sussurrano un aneddoto curioso, ossia che alla riunione avrebbe fatto capolino l’eurodeputato di En Marche Sandro Gozi, ex dem.
Sul tavolo, Gualtieri mette l’accordo che prevede l’anticipazione al 2021 del cosiddetto “backstop”, il paracadute per il Fondo unico di salvataggio bancario, strumento caro all’Italia, da dove prendere le risorse necessarie per “salvare” banche di interesse per l’intera Ue. Questo punto dovrebbe aiutare a far ingoiare l’altra parte della riforma che prevede il salvataggio di interi paesi: i critici sostengono che renderebbe più facile la ristrutturazione del debito. I Paesi frugali chiedono delle condizioni sulle regole bancarie che l’Italia rifiuta. Per cui, può essere che lunedì non ci sarà alcun accordo. Ma Gualtieri alle Commissioni dirà che sarebbe suicida ora porre un veto come quello dell’Ungheria di Orban, dopo che l’Europa ha messo in campo un nutrito pacchetto di aiuti, che l’early backstop è vantaggioso per l’Italia, che se si chiude lunedì verrà approvato un documento secondo cui quasi tutte le banche europee e tutte quelle italiane hanno passato il test e sono sicurissime.
Ma mentre Gualtieri continua a cercare di abbassare i toni, dal Nazareno fino a sera parlano dell’ennesima grana che il governo non è in grado di risolvere.
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