sabato 9 gennaio 2021

Trumpusconi. - Marco Travaglio

 

Vedendo Trump che gridava ai brogli e non riconosceva la vittoria di Biden, a B. è venuto in mente qualcuno, ma senza ricordare chi. E, nel dubbio, ha inviato un articolo al Giornale di famiglia per dire che certe cose non si fanno: “È la fine peggiore. Noi liberali siamo un’altra cosa. Il voto va rispettato. Trump ha minato la democrazia Usa” per “non aver riconosciuto la vittoria di Biden”. Figurarsi la delusione di Trump, che ha copiato tutto da lui. Il quale, in 27 anni di malavita politica, non ha mai riconosciuto una sola vittoria avversaria, gridando regolarmente ai brogli. Se i suoi fan più pittoreschi non hanno mai invaso il Parlamento, è solo perché li stipendia lui nei suoi giornali e tv. Invece il resto della stampa se la prende con Salvini&Meloni (che hanno tanti difetti, ma non hanno mai negato la legittimità delle vittorie altrui). Nel 1994 B. vince: quindi elezioni regolari. Ma un anno dopo perde le Amministrative, ergo non vale: “La gente si è sbagliata, erano giusti gli exit-poll che mi davano vincente” (26.4.95). Nel ’96 stravince l’Ulivo di Prodi e lui strilla allo scippo: “Nel ’96 ci hanno tolto 1 milione e 705 mila schede” (6.4.2000). Anzi “1 milione e 171 mila schede” (14.4.2001).

Nel 2001 rivince lui: nessun broglio. Ma a fine legislatura è sotto nei sondaggi: cambia la legge elettorale col Porcellum per ottenere almeno il pareggio e riattacca la guerra preventiva. “A sinistra ci sono dei professionisti dei brogli. Ci hanno sottratto 1 milione e 750 mila voti” (18.2.06). E invoca “gli osservatori dell’Onu per difenderci da questi signori esperti di brogli” (6.4.06). Il 10 aprile si vota: una notte di drammatica incertezza. Anziché presidiare il Viminale dove affluiscono i dati, il ministro forzista dell’Interno Beppe Pisanu fa la spola con Palazzo Grazioli, mentre Marco Minniti e altri Ds vanno e vengono dal Viminale per capire che accade. Su quella notte, si racconterà di tutto. Di certo c’è che Pisanu dice un no di troppo e rompe per sempre con B. L’11, finalmente, i risultati: l’Unione di Prodi ha vinto d’un soffio. B. chiama la piazza, poi la stampa: “Tanti brogli unidirezionali ai miei danni in tutta Italia. Ne ho parlato con Ciampi, cambieranno il risultato: schede non conformi, somme sbagliate, dati riportati male, schede trovate in giro evidentemente messe da parte. Ricontrollare i verbali di 60 mila sezioni”. Le stesse parole che 15 anni dopo userà Trump. E, come le sue, senza uno straccio di prova. Per un mese B. rimane asserragliato a Palazzo Chigi, senza sloggiare né riconoscere la sconfitta, per impedire a Ciampi di incaricare Prodi prima della scadenza del mandato e rinviare la nomina del nuovo premier al suo successore.

Eogni giorno spara cifre a caso: “1 milione di schede contestate”, “1 milione e 100 mila nulle”, “un calo del 60% nelle bianche” … Il Viminale parla di 43.028 schede contestate alla Camera e 39.822 al Senato. Cioè 82 mila schede in bilico, in grado di rovesciare la nuova maggioranza. Poi Pisanu ammette un piccolo “errore materiale”: i cervelloni del Viminale hanno sbadatamente “sommato le schede contestate alle nulle e alle bianche”. Le contestate alla Camera non erano 43 mila, ma 2.131; e al Senato non 39 mila, ma 3.135. La “svista” ha ventuplicato le contestazioni per Montecitorio e decuplicato quelle per Palazzo Madama. B. però continua imperterrito a non riconoscere la sconfitta. Nemmeno quando il 19 aprile la Cassazione mette fine alla querelle e divide le schede contestate fifty fifty tra Cdl e Unione e Prodi va al governo. B. grida all’“esecutivo illegittimo per le elezioni taroccate” e compra senatori per rovesciarlo. E per due anni invoca il “riconteggio delle schede” anche se è già stato fatto e gli ha dato torto (“ci han fregato almeno un voto per ognuno dei 60 mila seggi”).
Tira anche in ballo Pisanu: “Nel 2006 fu una notte di spogli e di brogli, i nostri tecnici ci hanno dato le prove. A mezzanotte il ministro dell’Interno venne da me e mi garantì la nostra vittoria con 100 mila voti in più alla Camera e 250 mila al Senato. Poi è successo qualcosa: l’appello di Fassino ai suoi rappresentanti nei seggi e la difficoltà nel ricevere i voti da Campania e Calabria, che dopo tre ore erano diversi, la Campania segnò la vittoria della sinistra” (10.4.07). “Ci hanno fregato un milione di voti” (30.8.07). Nel 2008 cade Prodi, si rivota e B. ricomincia: “Temiamo brogli ovunque: ci giunge notizia di 150.000 schede stampate in più in Argentina” (1.4.2008). Organizza “lezioni anti-brogli” ai suoi e distribuisce milioni di “normografi anti-brogli” agli elettori. Poi vince lui, dunque tutto regolare. Ma nel 2013 riecco la pippa del 2006. Stavolta Pisanu perde la pazienza: “Non è la prima volta che il presidente Berlusconi fornisce versioni fantasiose della notte elettorale del 2006. Ora basta. Nel 2006 nessuno delle migliaia di scrutatori e rappresentanti di lista berlusconiani sollevò un solo reclamo od obiezione in tutta Italia. Quello scrutinio fu assolutamente regolare, come poi confermò con voto unanime la giunta per le elezioni del Senato” (8.1.13). Stavolta per FI è una débâcle, ma il perchè è semplice: “I brogli della sinistra ci han portato via 1,6 milioni di voti” (17.12.13), per l’esattezza “23 voti a sezione” (3.5.15). E lo ripete a ogni pie’ sospinto nel 2016 e nel ‘17. Come si permette Trump di gridare ai brogli e di non riconoscere la vittoria dell’avversario? Non è liberale né democratico, suvvia.

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venerdì 8 gennaio 2021

Sala & Calenda, due “rivoluzionari” in cachemire rosé. - Gianni Barbacetto

 

Abbiamo aspettato tanto, ma poi, quando si è deciso, è partito col botto: “Mi ricandido per fare una vera rivoluzione”: così dice Giuseppe Sala. La “rivoluzione” la vuole fare in compagnia di un altro noto bombarolo, Carlo Calenda, autoproposto sindaco della Capitale. “È certamente un candidato credibile per Roma”, ha dichiarato Sala. Me li vedo, i due “rivoluzionari”, a chiacchierare in cachemirino pastello davanti al caminetto con i potenti delle due città. “Ci vogliono persone competenti al governo, per gestire la crisi sanitaria”, disse Sala, stupito che non avessero chiamato lui, competente per definizione, così competente da aver detto che #milanononsiferma, così competente da averla poi fermata, Milano, per non aver saputo spargere un po’ di sale, Sala: sono bastati dieci centimetri di neve a fine dicembre.

“Rivoluzione!”: ormai si è messo a capo del soviet di Brera, Sala, e sta preparando “la discontinuità e il cambiamento”: “La discontinuità è la consapevolezza che non si possa solo subire l’impatto della pandemia. Il cambiamento è inteso come i grandi temi che innervano le metropoli, dall’equità sociale all’ambiente. Con il Covid sento nella gente un’ambizione diversa nella gestione della propria vita in città. Le città stanno pagando salato il prezzo della pandemia, ma i milanesi vogliono vivere a Milano, solo in maniera diversa. In particolare ho in mente la questione ambientale e la mobilità. E quindi due macrorivoluzioni. La prima sul trasporto pubblico urbano ed extra urbano puntando su mezzi meno inquinanti. La seconda è muoversi meno, ovvero tutti i servizi nel raggio di 15 minuti a piedi o in bici”. Vedremo. Intanto Milano, per due anni prima nella classifica della vivibilità in Italia, è precipitata al dodicesimo posto (per il Sole 24 Ore) o al quarantacinquesimo (per Italia Oggi). E le parole altisonanti (“rivoluzione!”) coprono uno smarrimento e una mancanza di prospettive disarmanti. A Milano nell’ ultimo anno i ricchi (pochi) sono diventati più ricchi e i poveri (tanti) sono diventati più poveri.

L’unica rivoluzione possibile è bloccare questa tendenza e cercare di invertirla. Provare a ridurre le disuguaglianze. Per quello che può fare un amministratore di città, si tratta – come va ripetendo il direttore di Arcipelago Milano, Luca Beltrami Gadola – di difendere i beni comuni che i cittadini affidano al loro sindaco affinché li tuteli, li accresca e li difenda. Sala in questi anni ha fatto il contrario: li ha privatizzati, venduti, a volte svenduti. I beni comuni di cui Milano è ricca sono il suo territorio e il suo ambiente. Ci sono almeno 3 milioni di metri quadrati di territorio che nei prossimi anni devono trovare un loro nuovo destino: i sette scali ferroviari, l’area dello stadio di San Siro e dei contigui spazi dell’ippica, la Piazza d’Armi, il quartiere Rubattino, oltre all’area ex Expo che Sala conosce bene. Sì: si potrebbe davvero fare una “rivoluzione”, mettendo queste aree a disposizione dei cittadini, con più parchi e più servizi; Milano potrebbe diventare la metropoli più verde d’Europa e la sua aria potrebbe diventare meno avvelenata. La “rivoluzione” di Sala è invece un esproprio: i milanesi sono espropriati dei loro beni comuni, affidati a Fs (gli scali), a Milan e Inter (San Siro), ai grandi operatori immobiliari, Coima, Lendlease, Hines, in alleanza con banche e assicurazioni (Axa). Altro che “rivoluzione”: Sala ha lavorato – e promette di lavorare in futuro – per rendere Milano più “attrattiva”: per attirare cioè capitali, specie esteri, spesso anonimi e chissà se puliti o sporchi. Una città in vendita. Ai milanesi, le briciole: bei luoghi dove andare a vedere come vivono i ricchi, e periferie che restano periferie per tornare a dormire dopo il lavoro, per chi ce l’ha.

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Occhio a tutti i Trump: pure a quelli d’Italia. - Antonio Padellaro

 

Non sfotterò Matteo Salvini, quello delle photo opportunity con Donald Trump (che domandava: ma questo chi è?), quello che indossava la mascherina con il logo Trump (fino a quando non è stato battuto da Joe Biden), quello che oggi scarica l’ex amico eversore (come è sempre stato) dicendo “è una follia”. Né rinfaccerò a Giorgia Meloni la sbandata per il guru sovranista Steve Bannon, uno poi accusato di frode e diventato impresentabile perfino per l’inquilino della Casa Bianca (che infatti lo cacciò). E neppure infierirò sulle vedove del presidente “sciagura” (Paul Auster), come Maria Giovanna Maglie in gramaglie, come il mesto Daniele Capezzone, perché la coerenza richiede di sbagliare oggi come si sbagliava quattro anni fa. E mi auguro che adesso non venga in mente a qualcuno di moderare Rete 4, forse l’ultima emittente orgogliosamente trumpiana. Questi sono i miei sentimenti dopo aver visto l’altra notte le sembianze dei sovversivi di Capitol Hill, una massa di esaltati certo, ma anche gli avamposti di un’America la cui disperazione è stata vigliaccamente usata e abusata da quel signore con la chioma arancione. Fu proprio Bannon a ricostruire la genealogia della crisi che ha spinto masse di operai bianchi tra le braccia di Trump. Quando hanno mandato Lehman Brothers in bancarotta, la corruzione della finanza e poi “le banche che hanno guardato da un’altra parte, gli studi legali che hanno guardato da un’altra parte, le società di revisione che hanno guardato da un’altra parte, i media finanziari che hanno distolto lo sguardo”. Questo ha acceso un fiammifero, e Trump è stato l’esplosione. Tutti hanno guardato da un’altra parte e probabilmente starebbero (staremmo) ancora guardando da un’altra parte se non fosse emersa dagli scantinati della società quella moltitudine di facce qualunque, guidate da uno sciamano a torso nudo con un peloso copricapo vichingo, con al seguito un tizio abbigliato da Batman. Tra uno sventolio di bandiere a stelle e strisce ornate con i simboli complottisti di QAnon. Agricoltori senza terra, meccanici senza officine, famiglie senza sussidi, biker con armi automatiche, che per una volta nella vita si sono presi la loro rivincita violando lo studio di Nancy Pelosi, mettendo i piedi sulla scrivania. Sapendo che, prima o poi, verranno a prenderli, uno per uno. Ecco, vorrei che Salvini, Meloni, la Maglie, insieme allo show permanente del Covid governo ladro continuassero a funzionare come promemoria. A ricordarci che i sovversivi se ne sono andati, ma che continuando a guardare da un’altra parte quel Trump, o un altro Trump, potrebbe presto ritornare e sarebbe molto, molto peggio

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Renzi “rivuole” gli 007, ma perde l’arma “destra”. - Wanda Marra

 

Tra gli attacchi a Giuseppe Conte per i suoi rapporti con l’Amministrazione Trump e le penne un po’ abbacchiate dei populisti italiani, l’assalto al Congresso Usa ha più di una ricaduta sulla crisi politica nostrana. Tanto per cominciare, il governo di larghe intese, con tutti (o quasi tutti dentro), si allontana. E con questo il piano B di Matteo Renzi che non ha mai smesso di parlare con Matteo Salvini e di corteggiare FI e persino Fratelli d’Italia.

Ma Renzi, che si trova con un’arma spuntata, è deciso a cercare di volgere la situazione a suo vantaggio. E così sferra l’attacco finale a Giuseppe Conte, chiedendogli di nuovo di lasciare la delega ai servizi segreti nel nome della sicurezza nazionale.

Già da mercoledì sera i social renziani cominciano a condividere foto del premier italiano e di Donald Trump, mentre nelle chat gira il video in cui Conte sosteneva che il suo governo e l’Amministrazione Trump fossero uniti nel “cambiamento”. I renziani si scatenano quando Conte fa il suo tweet (“Seguo con grande preoccupazione quanto sta accadendo a Washington. La violenza è incompatibile con l’esercizio dei diritti politici e delle libertà democratiche. Confido nella solidità e nella forza delle Istituzioni degli Stati Uniti”). Ieri mattina il premier, dopo che il Congresso americano ha certificato la vittoria elettorale di Joe Biden, interviene di nuovo: “Non vediamo l’ora di lavorare assieme al presidente Biden e alla vicepresidente Kamala Harris per promuovere insieme un’agenda globale di crescita, sostenibilità e inclusione”. Renzi in serata ci va giù diritto: “È stato importante che anche Johnson, altro uomo di destra, abbia detto parole durissime come Merkel”. Cita Veltroni, che ha criticato la scelta di Conte di non citare Trump esplicitamente, condannando i fatti. E affonda: “Non è che se uno è amico di Trump non dice parole chiare”. Nel pomeriggio, fonti Iv tirano in ballo il caso Barr, chiedendo “chiarezza” su quanto accaduto nell’estate 2019, con le visite di William Barr, Attorney general di Trump, in Italia. E ancora: “I fatti di Washington testimoniano che la sicurezza nazionale è tema centrale. Conte nel commentare quei fatti non ha citato Trump”.

Il riferimento è alle due visite di Barr in Italia nel 2019 quando avrebbe chiesto agli 007 italiani assistenza per cercare elementi al fine di screditare le indagini condotte dal Fbi per conto del super procuratore Robert Mueller sul Russiagate. L’amministrazione Trump voleva approfondire la pista investigativa secondo la quale lo scandalo delle mail private “rubate” dai russi a Hillary Clinton e poi offerte all’entourage di Trump fosse una trappola ordita dai democratici americani. L’Italia era un tassello fondamentale perché a Roma scomparve il professor Joseph Misfud, l’innesco della prima inchiesta sul Russiagate.

Le richieste erano arrivate a Roma già a giugno 2019 per canali diplomatici. Entrambi gli incontri, uno il 15 agosto e uno il 27 settembre, si svolsero nella sede del Dis, guidato dal fedelissimo di Conte, Gennaro Vecchione. Al primo parteciparono Barr e Vecchione. Al secondo erano presenti, oltre a loro, il procuratore John Durhan, e i direttori delle agenzie operative, Mario Parente (Aisi) e Luciano Carta (Aise). Di fronte al Copasir, Conte tenne a precisare di non aver mai parlato, né dal vivo, né al telefono, con Barr. E sostenne che di fronte alla richiesta degli americani non si poteva dire di no, che non c’erano sospetti sugli 007 italiani e che alla fine la nostra intelligence risultò estranea agli eventi in questione.

Conte finisce nel mirino per i buoni rapporti con l’ ex presidente degli States, che durante il G7 di Biarritz gli fece un endorsement decisivo, chiamandolo “Giuseppi”. Ma il governo ha sempre tenuto rapporti istituzionali con gli Usa. Ieri fonti diplomatiche italiane fanno sapere che Biden e Harris hanno accolto con soddisfazione il messaggio del premier. Ma Renzi alza la posta della trattativa, cercando di porsi come l’uomo di Biden: che la delega ai Servizi venga data a uno dei collaboratori stretti del premier sembra non bastare. La crisi si fa sempre più buia, mentre Luigi Di Maio accetta di riferire in Parlamento sui fatti americani dopo la richiesta dei dem, Andrea Marcucci e Filippo Sensi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/08/renzi-rivuole-gli-007-ma-perde-larma-destra/6058734/

Napoli, voragine all'ospedale del Mare.

 

Profonda 20 metri, ampia oltre duemila metri quadrati. Sgomberato il Covid hotel.


Un'ampia voragine si è aperta nel parcheggio dell'ospedale del Mare, nella periferia est di Napoli. Potrebbe essere riconducibile a un cedimento determinato da infiltrazioni. E' profonda una ventina di metri ed è ampia circa 2000 metri quadrati. Il fatto è accaduto all'alba di oggi.

Non si registrano persone coinvolte anche se alcune autovetture sono finite nella voragine. Sul posto sono presenti i carabinieri e i vigili del fuoco. Il fatto è accaduto lontano dal Covid center e ad un centinaio di metri dal primo edificio della struttura ospedaliera.

Al momento è esclusa la natura dolosa della voragine che si è aperta nel parcheggio dell'ospedale del Mare che si è verificata nella mattinata di oggi all'ospedale del Mare, nel quartiere napoletano di Ponticelli. E' quanto informa una nota dell'Asl Napoli 1. In tutto l'Ospedale del Mare al momento è interrotta l'alimentazione elettrica ma il presidio è alimentato dai gruppi elettrogeni che garantiscono la piena operatività della struttura. Nel più breve tempo possibile l'ASL Napoli 1 Centro provvederà a chiudere temporaneamente il Covid Residence per impossibilità a garantire acqua calda e energia elettrica.

Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha effettuato sopralluogo, accompagnato dal direttore generale dell'Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva."Ci occuperemo anche di questo", ha detto il governatore.

https://www.ansa.it/campania/notizie/2021/01/08/voragine-si-apre-in-parcheggio-ospedale-del-mare-a-napoli_607df8f4-bdf6-4c00-b138-610b5a10b157.html

Omm, si è chiuso il buco dell'ozono record in Antartide.

 

Picco a 24,8 milioni di chilometri quadrati.


Il buco dell'ozono antartico da record del 2020 si è chiuso alla fine di dicembre "dopo una stagione eccezionale a causa delle condizioni meteorologiche naturali e della continua presenza di sostanze che riducono lo strato di ozono nell'atmosfera". Lo comunica l'organizzazione mondiale della meteorologia (Omm-Wmo) ricordando che era cresciuto rapidamente da metà agosto scorso, raggiungendo il picco di circa 24,8 milioni di chilometri quadrati il 20 settembre, diffondendosi su gran parte del continente antartico.  L'Omm ricorda che "è stato il buco più duraturo e uno dei più grandi e profondi dall'inizio del monitoraggio 40 anni fa".

Questo buco è stato provocato da un vortice polare forte, stabile e freddo e da temperature molto fredde nella stratosfera (lo strato dell'atmosfera tra circa 10 km e circa 50 km di altitudine), spiega l'Omm, gli stessi fattori meteorologici che hanno contribuito al buco dell'ozono record nell'Artico del 2020. Una situazione in contrasto con il buco dell'ozono antartico insolitamente piccolo e di breve durata che c'è stato nel 2019. "Le ultime due stagioni del buco dell'ozono dimostrano la sua variabilità di anno in anno e migliorano la nostra comprensione dei fattori responsabili della sua formazione, estensione e gravità", affermato Oksana Tarasova, capo della divisione di ricerca sull'ambiente atmosferico dell'Omm. "Abbiamo bisogno di un'azione internazionale continua - aggiunge - per applicare il protocollo di Montreal" che vieta le emissioni di sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono.

https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/inquinamento/2021/01/07/omm-si-e-chiuso-il-buco-dellozono-record-in-antartide_0de56135-e158-4589-9a9b-b554ff9673fb.html

Morti Covid, cosa dicono i dati: in Italia +93 mila decessi sul 2019. - Franco Mostacci

 

Tassi simili in Inghilterra, Spagna e Stati Uniti.

In attesa di conoscere i dati ufficiali, si può ipotizzare che in Italia il 2020 dovrebbe essersi concluso con un numero complessivo di decessi di quasi 730 mila persone, un valore mai così elevato dalla fine della Seconda guerra mondiale. È questo l’infausto bilancio causato dal Sars-Cov2, nonostante qualcuno si ostini ancora a minimizzare la gravità della situazione.

Al 31 dicembre, l’osservatorio epidemiologico contava 74.159 morti per Covid (o con Covid), consegnando all’Italia la triste condizione di essere tra i primi nel pianeta per numero di morti rispetto alla popolazione. Secondo i dati raccolti dalla Johns Hopkins University, nel 2020 la pandemia ha causato più di 1,8 milioni di decessi in tutto il mondo, ma la realtà va ben oltre le evidenze epidemiologiche e solo dopo che saranno disponibili le risultanze anagrafiche si avrà un quadro più preciso.

Al momento è possibile effettuare una stima preliminare, utilizzando come termine di confronto il 2019, un anno che non presenta particolari anomalie nelle statistiche sui defunti. In Italia, il bilancio demografico è ancora fermo ad agosto, ma l’Istat ha aggiornato i dati della mortalità fino al 31 ottobre. Se nei primi due mesi del 2020 i decessi si erano ridotti di quasi 9 mila unità, a partire da marzo – con la prima ondata del contagio – si è avuta una brusca inversione di tendenza. Alla fine di ottobre si contavano quasi 58 mila morti in più, di cui 48 mila al nord (27 mila nella sola Lombardia, 6 mila ciascuno in Piemonte ed Emilia-Romagna, 3.500 in Veneto). Alla stessa data, i numeri diffusi dalla Protezione civile ne segnalavano 38.618, circa 19 mila in meno, con oltre la metà della differenza imputabile alla sola Lombardia. La situazione è peggiorata negli ultimi due mesi, in cui i decessi dichiarati per Covid in Italia sono stati 35 mila, più di 500 al giorno. A fine anno dovrebbero quindi essersi verificati circa 93 mila decessi in più.

Nei Paesi a noi vicini, la situazione è assai simile. Anche in Inghilterra e Galles il 2020 ha fatto registrare oltre 90 mila morti in più, con quasi 20 mila che sfuggono alle statistiche della pandemia. In Spagna, dove viene diffuso un bollettino settimanale dei decessi totali che copre l’intero anno, il maggior numero di persone scomparse è di 72.400, 20 mila in più di quelli accertati per Covid. In Francia, ai 31 mila maggiori decessi rilevati fino a ottobre dall’istituto di statistica, ne vanno sommati quasi altrettanti per gli ultimi due mesi, arrivando a circa 60 mila morti in più. Un po’ meno pesante il bilancio per la Germania, che potrebbe chiudere con 35 mila decessi aggiuntivi, di cui la metà solo a dicembre.

Gli Stati Uniti, che al 31 dicembre registravano 345 mila persone decedute a causa del Covid, il maggior numero in assoluto nel mondo, nel 2020 si sono avuti 3,28 milioni di morti, 422 mila in più dell’anno precedente, ben oltre il dato pandemico. Anche in Russia, secondo The Moscow Times, il maggior numero di morti quest’anno potrebbe arrivare a 160 mila, mentre le statistiche sanitarie indicano appena 56 mila decessi per il Covid.

Rapportando il maggior numero di decessi alla popolazione residente, in Italia e Spagna sono 1,5 in più per milione di abitanti; in Inghilterra e Galles 1,4; negli Stati Uniti 1,3; in Russia 1,1; in Francia 0,9 e in Germania 0,4. Se questa è la situazione tra i Paesi più sviluppati, il bilancio delle vittime della pandemia va certamente oltre le cifre ufficiali in India (150 mila morti), Brasile (196 mila morti) e più in generale in America Latina, dove all’elevato numero di popolazione si accompagna una vasta estensione territoriale e condizioni igienico-sanitarie spesso carenti, che non consentono cure adeguate, specie nelle zone rurali e più lontane dai centri abitati. Ci vorrà del tempo, se mai sarà possibile, per sapere quante vite umane si sono perse direttamente o indirettamente a causa di questa pandemia.

All’inizio del 2021, con oltre 500 mila nuovi casi al giorno nel mondo, l’emergenza sanitaria è tutt’altro che rientrata, ma nei prossimi mesi si dovrebbero iniziare a vedere gli effetti della vaccinazione di massa. Purtroppo, nonostante l’appello di Papa Francesco a promuovere la cooperazione e non la concorrenza, il vaccino non sarà disponibile per tutti, lasciando indietro i più vulnerabili e bisognosi del pianeta, che ancora una volta pagheranno il prezzo più salato.

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