Quelli che “Renzi guarda al Pd: magari si convincono a scaricare Conte” (Corriere) e invece il Pd scarica lui.
Quelli che arriva il governo Draghi, anzi Cottarelli, anzi Cartabia, anzi Franceschini, anzi Di Maio, anzi Guerini (tutti i giornali) e invece niente, un’altra volta.
Quelli che invocano costruttori (Conte e i giallorosa) e si ritrovano in casa i muratori.
Quelli che “il governo di scopo anche col centrodestra”, anzi “di unità nazionale” (Francesco Verderami, Corriere), e vabbè.
Quelli che “un governo di scopo con un altro premier” (Pisapippa) e nessuno se li fila.
Quelli che “Rosato e Boschi ministri”, “Boschi alla Difesa” (Corriere), “Boschi, rientro quasi certo” (Messaggero) e ne avessero azzeccata una.
Quelli che “Giuseppi si illude di restare, ma lo scontro è su di lui” (Minzolingua), “Sul Conte sventola bandiera bianca” (Verità), “Conte fa testamento”, “Conte al capolinea”, “Ciaone Conte” (Giornale), e ciaone a loro.
Quelli che “La triade Conte-Casalino-Travaglio l’ha presa in quel posto. Mattarella e il Pd hanno abbandonato Conte” (Dagospia) e certo, come no.
Quelli che “Salvini sicuro: in arrivo altri senatori dal M5S” (Repubblica) e non ne arriva mezzo.
Quelli che “La crisi può aiutare Renzi a tentar la scalata alla Nato” (Domani) e appunto. Domani.
Quelli che “Renzi indica problemi veri” con “critiche inappuntabili” (Domani) e appunto, Domani.
Quelli che “ricucire con Renzi” (Fabrizio Cicchitto fu Licio) e “recuperare Renzi” (Piercasinando) e invece niente sarte e niente Muccioli.
Quelli che “Renzi: io rischio l’osso del collo, bisogna stare compatti come una falange” (Corriere) e poi glielo spiega Nencini il concetto di falange.
Quelli che, con l’aria di chi dice una cosa originalissima, “se sommassimo gli astenuti ai contrari sarebbero più dei favorevoli” (rag. Claudio Cerasa) e se poi sommassimo pure gli abitanti di Tor Tre Teste e tre quarti della palazzina sua, sarebbe proprio una débâcle.
Quelli che “non abbiamo un Recovery Plan e gli altri hanno già fatto i bandi” (Alessandro De Angelis) a un allibito Orlando che domanda chi, dove, quando, de che, in quale film.
Quelli che “La politica parla a se stessa e non più al Paese” (Marco Follini, Stampa) e prima di passare al Pd facevano il vicepremier di Berlusconi.
Quelli che leccavano i governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni con Forza Italia al gran completo o a rate alfaniane e verdiniane (giornaloni tutti) e ora fanno le faccine schifate per la Rossi e la Polverini.
Quelli che governavano grazie a De Gregorio, Razzi, Scilipoti&C. (Meloni, confratelli d’Italia e Lega) e strillano ai nuovi De Gregorio, Razzi e Scilipoti perché quelli vecchi erano meglio.
Quelli che per vent’anni erano alleati dei Mastella (FI, Lega e FdI) e ora ululano “Mastella! Mastella!”, per nostalgia.
Quelli che “Mi voleva Mastella, ho detto no” (Calenda), poi scoprono che sono eurodeputati.
Quelli che “Comunque la si pensi, Renzi l’ha giocata bene fin qui” (Gaia Tortora) e intanto gli medicano la mandibola sghemba e il naso rotto perché ha dato una lezione a Conte con una botta col mento sul pugno e una nasata sul ginocchio.
Quelli che “Conte con questi numeri è finito”, “Chiunque si dimetterebbe”, “Spera di governare con 152 voti al Senato”, “Conte ha 153 voti”, “Sotto i 155 per dignità dovrebbe dimettersi”, “Mi azzardo a dire che stasera Conte è politicamente morto”, “Renzi
ha fatto, coi mezzi dati nella situazione, la battaglia giusta. Riconosciamolo”, “È la stagione della mitomania” (Jacopo Iacoboni, Stampa), ecco appunto.
Quelli molto di sinistra che stravedono per la Bonino che è molto di sinistra, infatti fa perdere la sinistra, vota sempre come la destra e, se serve, ci fa un giro.
Quelli che volevano riaprire l’Italia il 28 marzo, col record dei morti perché gliel’avevano chiesto i morti medesimi (l’Innominabile), e ora rinfacciano a Conte il record dei morti.
Quelli che “senatori contattati da generali della Finanza, amici del capo dei servizi segreti Vecchione, arcivescovi e monsignori vicini al card. Bassetti” (Massimo Giannini, Stampa)… ah è falso? Eppure me l’ha detto mia zia.
Quelli che al governo Conte “serve un rilancio”, “una svolta”, “un cambio di passo”, “una scossa”, “un’anima”, “una visione”, “un nuovo patto”, “una ripartenza” (Pd e giornaloni) e non capiscono perché il Paese non capisce.
Quelli che “il governo è morto e al Colle farò il nome di Draghi” (Innominabile) e neanche li han fatti salire, al Colle.
Quelli che “entro lunedì mandiamo a casa Conte” (Innominabile) e invece martedì a casa ci sono andati loro.
Quelli che “un governo Giorgetti di ricostruzione” (Giachetti) e sono ancora lì con la paletta e il secchiello in mano.
Quelli che “Conte accerchiato non cede su nulla”, anzi “Conte pronto a cedere su tutto”, “Subisce la lista della spesa, obbedisce a Iv sui fondi Ue e dà gli 007 al Pd” (Giornale) e non ne azzeccano una neppure se dicono tutto e il suo contrario.
Quelli che “ora il governo è più debole di prima” (tutti), perché non sono più abituati a un governo senza i due Matteo.
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